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Malta per i golosi
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E-book243 pagine3 ore

Malta per i golosi

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Info su questo ebook

Da una conoscenza casuale a Valletta inizia un originale e divertente viaggio tra Malta, Gozo e Comino.
Il racconto porta il lettore a visitare luoghi, conoscere persone e scoprire prodotti tipici e moderne ricette proposte dai migliori chef locali.
Luoghi insoliti, ristoranti tipici e mille suggerimenti per una vacanza a Malta all’insegna del gusto.

LinguaItaliano
Data di uscita10 dic 2023
ISBN9788894208283
Malta per i golosi
Autore

Massimo Ghidelli

"I like to explore, observe, get curious"Passionate about tourism, travel and cooking, when Massimo is not out and about with his motorbike he lives in Desenzano del Garda (Italy). His books are printed in Italian, English and German and also available in eBook format on major international platforms.Follow me on Smashwords.

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    Anteprima del libro

    Malta per i golosi - Massimo Ghidelli

    L'ARCIPELAGO DEL SOLE

    Dal finestrino dell'aereo guardo il mare.

    Il Mediterraneo è blu, ma proprio di un blu scuro, intenso che ispira un senso di profondità, di infinito, di mistero. Da qui sono passati eserciti, mercantili, prodotti, genti, cose, culture, pescatori e migranti; alcuni graditi, altri scacciati alcuni in cerca di una nuova vita, altri autentici delinquenti che tali sono diventati forse neppure per colpa loro. Idiomi, gestualità, colori, profumi, vegetazione, popoli diversi qui si sono incontrati per scoprirsi accomunati dalla magia di quest'acqua che separa e unisce, respinge e accoglie, nutre, ritempra e divora. Come è nella natura del Mediterraneo, d'altronde, il mare più caritatevole, ospitale e più ricco di biodiversità di tutto il mondo.

    Abbiamo appena superato la Sicilia e tra poco sono a Malta. Nel mezzo di quest'immensa distesa di acqua si intravvede qualche barca; il sole disturba la vista, ma riscalda il viso e stimola a chiudere gli occhi e a lasciarsi accarezzare; anche solo per un istante. Finalmente ecco l'isola. La scogliera giallo-sabbia appare in lontananza, dapprima come un minuscolo faraglione, poi i contorni si fanno più precisi, sino a quando l'aereo si avvicina alla costa, la affianca e la penetra, superando il porto e la grande area industriale.

    Atterriamo a Luqa. Questo è il mio primo viaggio a Malta, la mia prima volta in un'isola di cui tutti parlano in termini entusiasti. Ho cercato informazioni prima di arrivarci e letto le mille e una recensioni che turisti ed esploratori ben prima di me hanno lasciato sui social; ho cercato immagini e descrizioni su internet, ritirato cataloghi da qualche agenzia viaggi, curiosato sui blog degli amici. Mi sembra di sapere ormai tutto di questo luogo tanto che, appena atterro, mi comporto già come un isolano: nella grande hall dell'aeroporto fingo indifferenza, sguardo sicuro e conoscenza di procedure, cose e abitudini.

    Luqa è il nome dell'aeroporto. Un tempo questo era un minuscolo villaggio maltese; la sua costruzione ha portato investimenti, infrastrutture, industrie e operosità per tutta l'isola. Le tracce del suo passato resistono ancora da qualche parte, ma si tratta ormai di poche cose: un cimitero (in Carmel Street - ‘Triq il-Karmnu’) che ricorda la tremenda peste che colpì la gente dell'isola, alla fine del Cinquecento; un altro cimitero (in Valletta Road – ‘Triq il-Belt Valletta’) con una targa che ricorda il colera che si manifestò nella seconda metà dell'Ottocento. L'orologio della chiesa è stato realizzato da Michelangelo Sapiano, inventore e costruttore di macchine del tempo. Sono tutte informazioni che si leggono su internet, perchè nella realtà nulla di tutto ciò è percepibile dall'aeroporto, né interessa il viaggiatore: qui è tutto un frenetico va e vieni di giovani, businessmen, operatori dei servizi, tassisti, accompagnatori, turisti, ciascuno con le declinazioni della lingua inglese che ognuno parla a modo suo. E' la naturale conseguenza dell'essere un luogo cosmopolita, un destino che accomuna ormai tutte le capitali mondiali; e anche Malta, con il suo intenso sviluppo, è parte di questo nuovo mondo in cui tutto scorre veloce.

    Come qualsiasi viaggiatore che arriva in qualsiasi aeroporto del mondo, si vuole raggiungere nel più breve tempo possibile il luogo prefissato e nulla si concede al romanticismo o alla scoperta. Luqa è luogo di transito e anch'io, appena uscito dall'edificio, mi dirigo alla fermata dei bus. La Valletta è vicina; una ventina di minuti soltanto e presto sarò nel mio hotel in Old Bakery Street – ‘Triq l-Ifran‘, meglio conosciuta come ‘La Strada dei Forni’, la centralissima e vivace via del quartiere. E qui inizierà la mia vacanza sull'isola: pochi giorni per visitare, postare foto, divertirmi e tornare a casa felice e abbronzato.

    Non sono venuto impreparato. Ho letto, visto, cercato, così come fanno tutti e anch'io ho digitato Cosa vedere a Malta, Cosa fare a Malta, Malta in 4 giorni. Ho scorso blog, letto i commenti e guardato foto eccezionali, riassunte da parole-chiave come: scogliere, mare turchino, sole, archeologia, piatti tipici. Infine ho scritto un mio programma di visite, eventualmente da aggiustare in tempo reale durante il soggiorno: una passeggiata alla scoperta di La Valletta, una gita in barca a Comino, il tuffo a Pretty Bay, uno Stuffat tal-Fenek da provare in qualcuno dei migliori ristoranti, shopping compulsivo secondo gli insegnamenti del cosa comprare a Malta.

    Credo di aver fatto un buon lavoro: ho pianificato il viaggio nel modo migliore, considerando che ho pochi giorni a disposizione e non è ragionevolmente possibile visitare di più. E poi devo sempre tener presente che questo è il mio primo viaggio, quindi visiterò i luoghi più belli, i ristoranti consigliati e seguirò tutte le raccomandazioni che l'incorporeo mondo del web lancia nell'etere. La prossima volta che ci torno approfondirò e vedrò altro.

    Arrivo a Old Bakery Street che è tarda mattina. Il volo con Air Malta, la locale compagnia di bandiera, è stato veloce, confortevole e il personale gentile e preparato (Air Malta, ma ormai è Ryanair...). Bakery Street è piena di gente: visitatori, turisti, lavoratori, studenti che creano un'energia positiva e danno l'impressione di una realtà giovane e dinamica. Anche senza aver visto ancora nulla, quasi quasi ho già deciso che Malta è stupenda, non solo per la gente, ma anche per lo scenario di queste strette vie trafficate, i piccoli negozi, le case che si affacciano sulla strada con, ai piani superiori, i tipici balconi in legno. Se la via centrale è grande e nobile e caratterizzata dagli edifici più eleganti, le vie laterali sono strette, lunghe, condizionate dal sali-scendi dell'altura su cui sorge la città e regalano sempre uno scorcio di mare, che si intravvede sullo sfondo. E' un'atmosfera mediterranea che un po' confonde, a metà fra il caos dei traffici commerciali e la presenza diffusa di un turismo di massa, incantato dai colori e frastornato dalle atmosfere autentiche.

    Mi dirigo verso il mio hotel, felice di aver scelto questa località. Disferò rapidamente la valigia per scappare subito fuori e immergermi anch'io nella quotidianità dell'isola.

    Oddio, qualche problema si presenta subito, appena entro in bagno: la presa elettrica. Qui si usa il modello G, quello degli inglesi, gente strana che, oltre alla particolarità tecnica della presa (con tre spinotti, ancora diversi da quelli americani), ha portato sull'isola anche la guida a sinistra e il fish & chips. Se vuoi incontrare un turista appena sbarcato dall'Italia, dalla Francia, dalla Germania o da qualsiasi altra nazione vai in un negozio di materiale elettrico o al supermercato (zona apparecchiature per la casa). E' lì che il malcapitato si riconosce subito: è quello che parla al commesso e tenta di illustrare il temporaneo bisogno di far funzionare un asciugacapelli mimando il gesto (pericoloso, perché simile a una pistola) o cerca di ricordare fra le reminiscenze scolastiche come si traduce quel cavolo di termine. Il problema è che in nessun corso di lingue, sia esso di base piuttosto che universitario, si è mai parlato di adattatore elettrico universale, mentre viaggiano alla grande i What time is it, The pen is on the table, What's your name. Adattatore elettrico universale proprio non c'è, mai.

    Per qualche secondo il commesso ti lascia fare, poi finalmente ti indica l'oggetto del desiderio. Lui aveva già capito tutto, ma voleva divertirsi un poco; tu ti senti rinato e te ne vai, con l'adattatore fra le mani. E così fai la prima scoperta: i maltesi sono gente pacifica, ironica, simpatica. E gli inglesi vadano a fare in culo.

    Un cambio veloce e scendo in Old Bakery Street. La percorro tutta, sino all'angolo con San Bastjan; qui attraverso la strada e mi affaccio su un'ampia terrazza naturale che dà sul golfo di St Elmo Bay. Di fronte a me c'è Forti Sant Iermu, le cui mura massicce una volta proteggevano da ogni aggressione e oggi ospitano il Museo della Guerra. Mi guardo intorno e osservo il panorama. Il mare cattura ogni cosa, il suo colore, la sua vastità; ma ci sono anche le tonalità delle case di La Valletta, il giallo intenso della pietra maltese e i riflessi luccicanti del vetro-cemento dei palazzi più recenti, architetture diverse in un mix di storia e modernità che non disturba, ma diventa armonia. Con l'aiuto di una cartina riesco a riconoscere Fort Tigné, situato sulla punta estrema del quartiere Sliema; appena sotto riconosco l'isola di Manoel, collegata alla terra da un piccolo ponte. Anche qui si intravede un bastione difensivo, Fort Manoel, e il profilo della cappella dedicata a Sant'Antonio da Padova.

    Sul lato opposto, a destra, nel braccio di mare che separa la zona dove io mi trovo da quella di Kalkara, transitano i traghetti, che attraccano al terminal loro dedicato. Vedo la punta della penisola di Kalkara e, appena sotto, quella di Vittoriosa (Birgu) e Senglea mentre, più nascosta, sorge Cospicua. Ricordo qualcosa di questi nomi; erano tre città fortificate che riparavano le popolazioni dalle incursioni dei corsari. Oggi l'urbanizzazione ha modificato le originarie architetture e ha sostanzialmente unito i tre centri abitati, ma rimangono bastioni poderosi, fortezze, cantieri nautici risalenti a tempi antichi. C'è qualcosa di quei posti che mi stimola: farò un giro, per scoprire di più.

    Riprendo la passeggiata. Dalla cartina leggo i nomi delle vie: East Street (Triq il-Lvant) e West Street (Triq il-Punent) delimitano La Valletta. Nomi non proprio originali, ma ne troviamo altri altrettanto curiosi come la strada Zecca, quella dei Forni, dei Mercanti, dell'Antico Tesoro e quella del Porto (scritta, però, in maltese: Marsamxett), oltre a quelle dedicate a Sant'Orsola, San Nicola, San Paolo e San Giuseppe. Nomi decisamente antichi che (immagino) siano legati sia alle vecchie occupazioni del passato sia alla devozione popolare. Ovunque mi volto, vedo gente in giro a curiosare, fare acquisti, visitare, riposarsi dopo lo studio o il lavoro. Intanto io arrivo a Triq San Gwann (via San Giovanni) dove si trova la maestosa cattedrale dedicata a San Giovanni Battista.

    La visita è d'obbligo; entro dall'austera facciata e, di colpo, i colori forti (oro, giallo, rosso) e le sue architetture catturano ogni attenzione. Non c'è bisogno di essere esperti d'arte; qui basta aprire il cuore, camminare e osservare, per lasciarsi pervadere dalla bellezza che ci avvolge. Questo luogo è certamente fra le principali attrazioni di Malta; è dedicata a San Giovanni, il santo che è anche patrono dell'Ordine dei Cavalieri. Fu edificata alla fine del Cinquecento ed è fra le più imponenti del mondo, splendido esempio di architettura barocca. Al mio fianco una guida illustra a un gruppo di visitatori le caratteristiche della cattedrale; non è il più elegante degli atteggiamenti, ma non posso non avvicinarmi per ascoltare (senza pagare) le tante storie che questo luogo conserva. Dapprima era un convento, semplice e modesto, poi fu trasformata in chiesa sfarzosa, sia grazie all'intervento di artisti della scultura, della pittura e della decorazione, sia grazie ai numerosi lasciti di opere d'arte da parte dei nobili locali; la scelta fu dettata dal fatto che si voleva dotare l’Ordine dei Cavalieri di una chiesa adeguata a rappresentare l'eccezionalità del Regno di Dio, il valore della fede cristiana da essi propugnata e anche per competere con le sfarzose basiliche di Roma. La forte ristrutturazione era il passo obbligato e così il piccolo convento è stato trasformato in una grande cattedrale.

    Passeggio fra le navate laterali. Scopro un susseguirsi di cappelle, ciascuna con una targhetta che descrive il collegamento con le otto lingue e le otto aree di provenienza dei Cavalieri di Malta: quella italiana, francese, tedesca, la anglo-bavarese, quella della Provenza, d'Alvernia, di Castiglia-Leon-Portogallo e quella d'Aragona; ce n'è una nona, dedicata alla Madonna di Fileremo, che porta con sé una storia avventurosa. Una volta in questa cattedrale era esposta un'icona della Vergine Maria, realizzata sull'isola di Rodi nel 1300. I Cavalieri avevano occupato l'isola e l'icona era stata portata a La Valletta, dato che i Cavalieri consideravano la Vergine Maria loro protettrice e segno della loro profonda spiritualità. Tra guerre, furti e avventure varie succedutesi nel tempo, l'icona era stata a sua volta trafugata, aveva preso la strada della Russia degli Zar e poi, attraverso chissà quali peripezie, era scomparsa da ogni radar per lunghi anni e finalmente è stata ritrovata in una chiesa del Montenegro, dove attualmente è esposta.

    Continuo a guardarmi in giro; grandi quadri, fregi dorati, volte affrescate, sculture: un vero trionfo dell'arte, dove ci si perde facilmente e dove, a un certo momento, si sente anche il bisogno di una sosta ristoratrice per l'animo e per le gambe. Mi siedo su una panca e rivolgo lo sguardo sulla navata, sul maestoso altare, sui turisti in giro per la chiesa e su un restauratore che lavora a un prezioso pavimento. Giusto un attimo, poi riparto; questo breve ristoro è stato tuttavia sufficiente a far crescere dal nulla, davanti all'Oratorio della Cattedrale dove intendo recarmi, una lunga fila di visitatori. Come me, anch'essi sono venuti per ammirare i due capolavori di Caravaggio: La decollazione di San Giovanni Battista e San Girolamo scrivente, esposti all'Oratorio cui si accede da un ingresso situato all'esterno della chiesa in una vietta laterale; anche questi dipinti sono la meta obbligata di visita a Malta, per cui mi armo di pazienza e mi metto in fila.

    Anche il salone dove sono esposte le due grandi tele ha la sua storia; anche qui ascolto una guida che spiega a incuriositi visitatori che ai tempi di Caravaggio questo edificio era spoglio, senza nessuno degli splendidi fregi dorati che oggi ne ornano le pareti; la collocazione dei due dipinti portò all'attuale ricco allestimento. Basta guardare per aria, ai lati o per terra ed è un tripudio di marmi, iscrizioni e simboli religiosi: spettacolare!

    Io amo Caravaggio e non posso non ricordarmi che qui a La Valletta il grande pittore si era rifugiato nel 1606 per sfuggire all'accusa di aver ucciso un uomo, forse un rivale in amore; mentre era qui aveva dipinto alcune grandi opere e il quadro della Decollazione è forse l'unico, fra tutti i suoi capolavori, che in un angolo porta la sua firma. Grazie all'opera esposta nell'Oratorio, Caravaggio era stato insignito della Croce dell'Ordine e Malta gli aveva offerto riparo sicuro e protezione. E' ironico e drammatico al tempo stesso ricordare che un artista oggi così celebrato in tutto il mondo sia stato spretato ed espulso dall'Ordine dei Cavalieri nel corso di una cerimonia che si era tenuta proprio in questo stesso salone dell'Oratorio, alla presenza del Venerabile Consiglio e con alle spalle la Decapitazione di San Giovanni Battista, cioè il lavoro che egli aveva così orgogliosamente realizzato e omaggiato ai suoi protettoti.

    Dopo questa parentesi culturale ci vuole un caffé. Giro intorno alla chiesa, ascolto un vecchio cantautore che scambia saluti con i passanti, osservo la gente che va e viene davanti alla Corte di Giustizia e raggiungo il vicino Caffè Cordina, uno dei più antichi della città. Il caffé prende il nome da una famiglia maltese che, dal lontano 1837, sforna prelibatezze di pasticceria. Sotto il lungo soffitto a volta decorata, dai colori caldi, luccicano moderne vetrine dove è esposto di tutto: dolci, gelati, stuzzichini che accompagnano l'aperitivo o il pranzo. Questo locale ha una particolarità: è stato il primo a introdurre a Malta il concetto italiano di tavola calda. Guardo i dolci esposti: biscotti e torte ripiene di frotta secca, fichi, mandorle: immagino siano tutti di derivazione maltese. Nel ripiano più sotto luccicano torte ricoperte di crema, frolla, frutta sciroppata, guarnizioni varie che mi fanno pensare all'influenza esterna, quella dei pasticceri inglesi, francesi e italiani.

    Perché così tanti dolci e perché tutti così Mediterranei? Intendo dire: perché l'uso di frutta, miele e formaggi freschi, che accomuna la pasticceria siciliana a quella del sud della Francia e della Spagna, del Marocco e della Libia, del Libano e di Malta? Un pasticcere mi risponde che la ragione è nella disponibilità di uova, farina, latte, datteri, fichi, agrumi, ricotte e miele, cui si sono aggiunti (a partire dall'Anno Mille) le spezie portate dai mercanti arabi (zafferano, cannella, zenzero, riso) e, dal Millecinquecento, lo zucchero. Il tutto è stato elaborato alla maniera locale e ha portato a ritrovare tanti dolci simili in varie regioni del Mediterraneo. La cucina è fusion...

    Mi sento osservato con la preoccupazione di voler fare altre domande e rubare del tempo prezioso; il pasticcere deve controllare clienti che aspettano e caffè da preparare e pasticcini e fette di torte da consegnare, per cui capisco la situazione e lo saluto. Come segno di ringraziamento ordino un bel biscotto e lo intingo nel cappuccino. E' delizioso, non gli chiedo neppure come si chiama. Gli stringo la mano e tornerò sicuramente a salutarlo.

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    * * *

    BENJAMIN – BENIAMIN

    La cosa strana di La Valletta è che basta immettersi in una qualsiasi delle trafficate vie centrali (St Lucia's Street o Triq Santa Lucija ad esempio, dove ora mi trovo) e, osservando sia a sinistra che a destra, incontriamo la linea blu del mare.

    Il mare risalta sullo sfondo delle strette vie che intersecano i viali centrali e disegnano geometrie perfette. Riflette i colori del cielo, li assorbe e, a sua volta, rilancia verso l'alto le sue infinite tonalità, che mutano a ogni ora del giorno e secondo le contingenze meteorologiche: un gioco magico che solo la Natura sa creare e che ci regala ogni volta atmosfere differenti. Ma ad esaltare la dolcezza dei colori delle case costruite in pietra maltese e le tonalità dei balconi in legno (a volte rosso fiammante, altre volte di tenui colori pastello) ci ha messo lo zampino anche l'ingegno umano.

    La progettazione e la costruzione di La Valletta fu commissionata dall'Ordine dei Cavalieri a un ingegnere militare italiano, Francesco Laparelli, nel 1566. Dopo l'ennesima aspra battaglia contro gli Ottomani, era apparso evidente che occorrevano interventi risolutivi per sopravvivere ai continui assedi; così Laparelli aveva colto l'occasione per progettare ex novo una moderna città-fortezza, eretta a picco sul mare sulla roccia del Monte Sciberras e con le due insenature di Marsamxett e Grand Harbour a fare da protezione naturale. Anzitutto furono intraprese imponenti opere di livellamento della roccia del Monte, poi si costruirono potenti mura difensive, edifici militari e civili e persino la cattedrale. Lo schema urbanistico era (è) molto semplice e funzionale: ogni strada si incrocia perpendicolarmente (avete presente New York?) in modo che fra le vie circola l'aria fresca del mare e la viabilità è resa più semplice. La modernità del progetto, fra tante altre cose, sta nel fatto che, con lungimiranza, lungo le vie erano state poste delle tubazioni che rifornivano di acqua le abitazioni. La città fu completata nell'arco di soli 15 anni e qui si trasferirono i Cavalieri, che prima abitavano nella vicina Birgu.

    Case e balconi sono due elementi caratteristici di La Valletta. Sono un simbolo dell'architettura cittadina e uno fra gli elementi più fotografati dai turisti, forse perché esaltano i colori e le forme di questa bella città. La loro origine è incerta e quasi certamente non sono

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