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Body Recomp Revolution: La guida definitiva alla ricomposizione corporea per perdere grasso e mantenere il peso ideale senza mai più diete restrittive
Body Recomp Revolution: La guida definitiva alla ricomposizione corporea per perdere grasso e mantenere il peso ideale senza mai più diete restrittive
Body Recomp Revolution: La guida definitiva alla ricomposizione corporea per perdere grasso e mantenere il peso ideale senza mai più diete restrittive
E-book422 pagine6 ore

Body Recomp Revolution: La guida definitiva alla ricomposizione corporea per perdere grasso e mantenere il peso ideale senza mai più diete restrittive

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Info su questo ebook

Con la scienza della Ricomposizione Corporea (in americano Body Recomp) abbiamo finalmente la chiave del dimagrimento perfetto, ovvero perdere grasso corporeo (e non solo peso sulla bilancia) e mantenere il peso ideale per sempre senza mai piú fare diete restrittive e dannose per la tua salute.

Questo libro è una guida che passo per passo ti spiega come rivoluzionare la tua composizione corporea, imparando a conoscere il tuo metabolismo e il cibo che ti circonda. Sarai quindi in grado di non cadere più vittima delle diete che puntano solo a farti perdere peso sulla bilancia (spesso molta acqua, come con le diete a basso tenore di carboidrati) e che mettono in allarme il tuo organismo, facendoti ogni volta riprendere i chili persi e creando un effetto yo-yo che continua a farti accumulare sempre piú grasso, dieta dopo dieta.
LinguaItaliano
EditoreBookness
Data di uscita28 mag 2024
ISBN9791254895016
Body Recomp Revolution: La guida definitiva alla ricomposizione corporea per perdere grasso e mantenere il peso ideale senza mai più diete restrittive

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    Anteprima del libro

    Body Recomp Revolution - Alberto Russo

    Un’infanzia obesogena

    Mia madre racconta che da piccolo mangiavo pochissimo e che fino ai sei anni sono stato secchissimo. Poi la leggenda narra che appena ripreso da un morbillo particolarmente aggressivo, per il quale stavo per rimetterci la pellaccia, io abbia pronunciato apparentemente per la prima volta in vita le paaccesskey: "Mamma, ho fame".

    E da quel momento la fame non mi ha mai più abbandonato, fino ai giorni nostri. Nella mia famiglia siamo stati tutti sempre XXL, io ho raggiunto quota 120 kg a 19 anni, mio padre ha sempre viaggiato stabile intorno ai 110 kg, mio fratello che cicciottello ci è proprio nato ha toccato i 140 kg nella sua vita adulta e mamma che... beh delle signore non è carino dire l’età o il peso, ma diciamo che la sua figura ben si presterebbe alle freddure americane che cominciano con Yo mama so fat¹

    Avete mai notato che gli animali domestici delle persone in carne tendono ad essere cicciottelli anche loro²? Per quanto consideriamo i nostri animalini come figli, anche il padrone piú devoto concorderebbe sul fatto che il patrimonio genetico il cagnolino non l’abbia ereditato da lui. E allora com’è possibile questa correlazione tra la tendenza ad ingrassare dei cani che hanno padroni grassottelli?

    È l’ambiente obesogeno (ovvero che fa ingrassare) in cui entrambi vivono. È probabile che l’umano sia una persona poco attiva, che si muova e cammini poco, con la conseguenza che sia una persona che mangi troppo rispetto a quanto consumi. E magari psicologicamente sia una persona che tende a coccolarsi col cibo e quindi abbia la tendenza anche a coccolare l’animale che ama, gratificandolo con dei bocconcini prelibati perché gli dà gioia vederlo felice.

    Tutte cose non applicabili solo a cani e gatti, ma anche da genitori a figli. Dei genitori che non facciano regolarmente sport, che magari tendono ad utilizzare l’auto per andare ovunque invece di andare a piedi quando possono, che magari hanno vissuto un’infanzia dove il cibo non era poi cosí abbondante è naturale che vogliano coccolare la loro paccesskey con l’abbondanza che magari loro non hanno potuto avere.

    Il rovescio della medaglia è che nei tempi in cui viviamo con grande abbondanza di cibo ad alta densità calorica (un parametro che approfondiremo piú avanti) questi sono atteggiamenti che purtroppo tendono a far più male che bene alla salute.

    Solo che, a differenza di come capita tra padroni e animali domestici, quando questa correlazione tra aspetto fisico e stile di vita accade tra genitori e figli si ha la tendenza ad addossare la colpa al DNA e alla genetica e si parla delle famose ossa grosse.

    I miei genitori amano me e mio fratello alla follia e noi amiamo loro. Non c’è dubbio che tutte le scelte che hanno fatto nella vita le abbiano fatte pensando di fare il nostro bene, e per questo li ringrazieró per sempre. Non li ho mai sentiti giudicare nessuno per l’aspetto fisico nemmeno una sola volta, e questo è davvero un grande valore che mi è stato trasmesso da loro, magari a livello inconsapevole, perché non è che sia mai stato detto in famiglia non è giusto parlare del fisico delle persone ma semplicemente e genuinamente i miei non fanno proprio caso se uno sia grasso o magro, e nemmeno a come uno si veste o a che tipo di macchina guida.

    Non è che siano santoni buddisti, è proprio che non hanno il senso dell’estetica (non me ne vogliate mamma e papà, ma la parete del soggiorno piena di maschere comprate da ogni ambulante incontrato ne è un esempio), quindi proprio non se preoccupano né per loro né per gli altri.

    Se mio fratello a tre anni si annoiava seduto nel carrello della spesa, loro per tenerlo buono gli prendevano un pacco di wurstel dal banco frigo e glielo facevano mangiare in loco, poi alla cassa lasciavano la plastica vuota sul nastro per pagarlo. A pranzo e cena loro bevevano vino e noi bambini bibite zuccherate gassate. Oggi da genitore capisco che era il loro modo per dimostrarci che se loro invece di bere semplice acqua si dissetavano col succo di Bacco, era giusto che anche noi bambini potessimo bere qualcosa piú palatabile della semplice acqua del rubinetto.

    Ed ecco piazzati i primi mattoni di un ambiente obesogeno.

    Aggiungiamo inoltre il fatto che i miei hanno davvero costruito tutto da soli, lavorando entrambi spesso fino a tardi. Noi bambini abbiamo passato quindi tanto tempo chiusi in casa dalla nonna, che oltre ad essere dolcissima e buonissima era anche una delle donne più paurose della storia. Mai uscire di casa, troppo pericoloso, quindi le mie giornate trascorrevano sul suo terrazzo al terzo piano a combinarne di tutte i colori, lanciando di tutto giu di sotto (una volta anche delle forbici) o cantando a squarciagola canzoni senza senso inventate sul momento per uccidere la noia. Se ancora oggi nominate il mio nome a Via Trionfale a Roma qualcuno avrà ancora un brivido sulla schiena.

    Oltre a non farci muovere un dito, come ogni nonna che si rispetti, la mia ci ha rimpinzati di cibo a tutte le ore. Avevamo una pasticceria e una pizzeria esattamente sotto il palazzo, quindi ogni mattina si partiva con un vassoio con sei bombe alla crema a colazione e una pizzetta rossa verso metà mattinata. Poi immaginate il resto che poteva preparare lei per pranzo e cena stando tutto il giorno chiusa in casa a vedere telenovelas.

    Mio padre costruisce piscine da tutta la vita. È anche bagnino e grande appassionato di mare. Ma siccome le piscine si fanno d’estate, noi il mare l’abbiamo visto solo durante le vacanze di Natale e l’unico sport considerato tale a casa mia era naturalmente il nuoto.

    Ora immaginate un ragazzino di 10 anni obeso, con mega tettine adipose e rotoli di ciccia penzolanti al quale infilano un costume rosso a mutandina e una cuffietta di gomma in testa, che deve presentarsi nudo in una piscina dove sguazzano tutti i suoi compagnetti di scuola e di borgata. Comprese le bambine per cui magari stavo avendo le mie prime cottarelle.

    Mia madre si faceva in quattro per incastrare anche un viaggio in autobus fino alla piscina nella sua giornata, e mentre io nuotavo lei stava seduta a fare la maglia dagli spalti. Oggi ripenso a questo con grande tenerezza, ma in quei secondi che mi dividevano dal togliermi l’accappatoio e tuffarmi in acqua per nascondere il mio corpo il più velocemente possibile io quel nuoto lo odiavo.

    Un mio amico una volta mi disse che aveva sentito dire alla ragazza che mi piaceva: "L’ho visto in piscina, è immenso". Mi faceva ribrezzo l’idea di denudarmi in quella piscina, e ho vissuto anni di grandi complessi psicologici che mi hanno fatto odiare il nuoto e lo sport in generale per molti, moltissimi anni.

    Condivido questa esperienza molto personale per sottolineare due cose molto importanti prima di andare avanti:

    è l’ambiente che ci rende obesi e non la genetica (naturalmente mi riferisco alla maggioranza dei casi escludendo chi soffre di malattie particolari come la sindrome di cushing, ma generalmente le ossa grosse sono una scusa e non una realtà)

    i genitori sono spesso inconsapevoli di quanto lo stile di vita accomodante che ci creano intorno per coccolarci possa avere un frustrante rovescio della medaglia

    E purtroppo, come se non bastassero i risvolti psicologici di tutto questo, c’è una notizia ancora piú temibile che riguarda l’obesità durante infanzia, pubertà e negli anni dello sviluppo in generale: il termine scientifico di questa brutta notizia è iperplasia degli adipociti.

    Iperplasia degli adipociti

    Vado dritto al punto e do subito la cattiva notizia: una volta create nuove cellule di grasso nel periodo puberale e adolescenziale, ce le portiamo dietro per tutta la vita.

    E anche se dimagriremo in età adulta, gli adipociti si svuoteranno del grasso riducendo il loro volume (come palloncini sgonfi), ma il loro numero rimarrà sostanzialmente invariato. Si stima che ci siano 25-30 miliardi di adipociti nella persona normopeso, mentre il numero sale a 40-100 miliardi di cellule adipose nelle persone obese, questo è il fenomeno che chiamiamo iperplasia degli adipociti, ovvero formazione di nuove cellule che rimarranno con noi per tutta la vita.

    La scienza è ormai piuttosto concorde al riguardo³, se diventiamo obesi nel delicato periodo della pubertà e adolescenza siamo destinati a portarci dietro gli effetti per il resto della nostra esistenza, combattendo una guerra latente contro il grasso ostinato, un metabolismo più lento e un senso di fame piú acuto. Che suona proprio come una brutta combinazione astrale.

    Ne so qualcosa io che essendo arrivato a 120 kg da adolescente mi ritrovo a combattere con un alterato senso della fame e una predisposizione ad accumulare grasso alla velocità della luce. Tuttavia spero che la mia stessa storia possa anche essere uno sprone a capire che mai tutto è perduto e anche le persone con una storia passata simile alla mia possono raggiungere risultati incredibili applicando la scienza della ricomposizione corporea.

    Se riusciamo comunque a prevenire anziché curare è tutto di guadagnato, quindi cercate in primis di non ingrassare e di non far ingrassare le persone che amate.

    Quindi genitori di tutto il mondo unitevi e portatevi a casa questa prima fondamentale osservazione scientifica: seguite con coscienza e conoscenza dal punto di vista alimentare e sportivo i vostri figli in questi delicati anni della loro vita, perché i danni fatti in questa fase se li porteranno dietro per sempre.

    E ci tengo a precisare ancora una volta la modalità "con coscienza e conoscenza" perché naturalmente l’aspetto psicologico di come discuteremo di questo con i nostri figli avrà un impatto possibilmente ancora piú dirompente della semplice iperplasia adipocitaria.

    Affronteremo piú in dettaglio tutto in questo libro naturalmente, ma per ora è importante per me sottolineare che dobbiamo insegnare ai nostri figli (e in primis a noi stessi):

    A qualcuno suonerà scontato, ma nella mia esperienza indiretta ne vedo troppe tutti i giorni per non permettermi di sottolineare anche quello che non dovrebbe MAI essere fatto nei confronti dei nostri figli:

    Da genitore mi rendo conto che spesso questi errori vengono fatti con la buona intenzione di fare il bene delle persone che amiamo, ma come scientificamente è provato che alzare le mani sui bambini è profondamente sbagliato -anche se nella nostra testa è per il loro bene (come sempre si autogiustifica chi lo fa)-  è altrettanto provato che i danni psicologici protratti da queste pratiche sono quasi sempre alla base dei più comuni disturbi alimentari.

    Dopo questa prima introduzione sull’importanza del non creare un ambiente obesogeno, e sull’insegnare il giusto rapporto col cibo ai nostri bambini quanto prima possibile, converrete con me quanto sia difficile affrontare questi aspetti da genitore e che sicuramente anche se mossi dalle più buone intenzioni è probabile che qualche sciocchezza scappi pure a noi, ma almeno eviteremo gli errori grossolani scientificamente provati che fanno più danni in assoluto e per il resto delle nostre mancanze… beh, benvenuti nel club dei genitori.

    Tuttavia una domanda legittima rimane: ma perché come esseri umani e animali accumuliamo scorte di grasso così facilmente?

    Macchine accumula grasso

    Congratulazioni, hai vinto la lotteria (milioni di volte)

    Quando ti senti giù di morale, quando ti sembra di non azzeccarne una nella vita, ricordati di una cosa: prima ancora di lanciare il tuo primo vagito sei stato ufficialmente uno dei vincitori della piú improbabile e selettiva lotteria che sia mai esistita nell’intera storia dell’intero universo. Le possibilità che tu nascessi sono di una su un numero molto più grande di tutti gli atomi presenti nell’universo, così grande che le probabilità che nascessi proprio tu sono le stesse di due milioni di persone ognuna delle quali lancia un dado con 1 trilione di facce ottenendo lo stesso numero⁴.

    Il fatto che tu che stia leggendo questo libro dopo essere arrivato in questo mondo può essere considerato alla stregua di vincere il primo premio al Superenalotto per milioni di volte consecutivamente. Una fortuna piú che sfacciata amico mio, pensaci la prossima volta che sprecherai un intero pomeriggio su Farmville o lamentandoti di quanto sei sfortunato.

    Ed il premio che ti spetta, mio caro fortunello, è davvero onorevole ed elitario: hai vinto l’occasione più unica che rara di diffondere e perpetuare il tuo unicissimo e preziosissimo patrimonio genetico: il tuo DNA.

    Questo prezioso filamento di codice che ti è stato tramandato ha attraversato le sfide piú impervie per riuscire a sopravvivere e giungere fino a te, attorcigliato nella testa dello spermatozoo che alla fine di una lunga corsa è riuscito per primo ad infilarsi nell’ovulo della tua mamma. Sono centinaia di migliaia di anni che questo tuo DNA si batte senza sosta per sopravvivere in un mondo ostile, dove altri DNA vogliono ucciderlo per prendere il suo posto.

    Ma lui imperterrito ha vinto tutte le sue guerre fino ad arrivare a te, ed in tutta onestà si auspica che tu ti dia da fare sotto le coperte e non interrompessi la catena, perchè è un gene egoista come direbbe il grande biologo Richard Dawkins (che ha scritto proprio un saggio con questo titolo) e l’unica cosa che vuole è continuare a sopravvivere per qualche altro milione di anni. È mosso da puro istinto di replicazione.

    Ora immagina il mondo qualche migliaio di anni fa e pensa quanto fosse difficile per il mio pro-pro-pro-pro-pro-pro-zio Albert The Russian vivere un’infanzia obesogena come è successo a me.

    Non che non gli sarebbe piaciuto avere la mia d’infanzia povero zio: in effetti mentre io a dieci anni mi vergognavo di sguazzare in piscina con la mia cuffietta di gomma, lui si tuffava in un fiume gelato con un bastone in mano nella speranza di tramortire qualche gustoso pesce paleolitico. Mentre io tornavo a casa dalla piscina con mamma seduto in autobus mangiando pizza bianca e mortadella, lui forse spiluccava un paio di bacche secche mentre attraversava di corsa la savana con fare circospetto per paura che qualche tigrone con mega zanne lo inforcasse a tradimento nella schiena.

    Altro che infanzia obesogena povero zio Albert, le sue giornate erano sempre in movimento, perlopiú per cercare di raccogliere o cacciare un po’ di cena, e per sfuggire o combattere con chi la cena voleva farla proprio a base di lui. Eppure non si lamentava piú di tanto poverino, grato al dio sole e consapevole che era già un miracolo che a dieci anni fosse ancora vivo, mentre la metà dei suoi amichetti d’infanzia non aveva avuto la stessa fortuna.

    Ma in questa sua infame esistenza, lo zio Albert portava con sé una interessante piccola mutazione nel suo DNA: una combinazione di geni che gli permetteva di accumulare e mantenere grasso più velocemente del suo molto più magro e asciutto vicino di caverna. Quest’ultimo era un vero tipo da spiaggia, con addominali d’acciaio scolpiti ed il metabolismo a mille che gli faceva bruciare molte calorie anche mentre era fermo a riposo.

    Non che zio Albert avesse un grosso pancione per carità, ma a differenza del suo vicino i suoi addominali erano coperti da un piccolo strato adiposo, un po’ di grassetto che andava a depositarsi proprio in quelle cunette dell’addome che rendevano il suo six-pack piuttosto appannato, come diremmo oggi noi gente di palestra.

    Ma indovinate cosa successe alla prima carestia o al primo gelido inverno piú lungo che i due vicini di caverna dovettero affrontare? Ritrovandosi con pochissimo cibo da raccogliere o cacciare, successe che l’homo spiaggiantis, col suo metabolismo da auto di formula uno, rimase senza benzina e venne sepolto sotto un piccolo Menhir proprio da mio zio Albert, che invece col suo metabolismo da utilitaria, che consuma poco e rende tanto, riuscì a superare quel tragico inverno proprio per un soffio.

    Ora, reiterate questo melanconico episodio su vasca scala, riproducetelo su milioni di anni, e capirete come ritrovarsi il DNA dell’homo spiaggiantis sia una vera rarità oggi e quanto invece noi gente accumula-grasso-alla-velocità-della-luce e fai-una-fatica-erculea-per-perderlo siamo così popolari nel mondo odierno.

    Se anche voi avete la tendenza ad accumulare grasso e fate una grande fatica nel tentativo liberarvi delle maniglie dell’amore ora sapete che succede perché discendete da un’elite di grandi guerrieri che ce l’ha fatta a sopravvivere in tempi molto ostili e che ha letteralmente lottato col sangue per riuscire a tramandarvi il suo DNA.

    Il risultato darwinistico di tutta questa storia è che praticamente tutti noi, chi più chi meno, oggi giorno siamo delle vere e proprie macchine da guerra accumula grasso, che è un privilegio fantastico in caso di carestia ma che diventa un’arma a doppio taglio in un ambiente tendenzialmente obesogeno come quello in cui viviamo oggi.

    Infatti, a differenza dello zio Albert, la maggior parte di noi oggi:

    E aggiungiamo che oggi conservare, immagazzinare e proteggere il cibo è incredibilmente più facile, senza contare la tranquillità di essere sicuri che i funghi nei ravioli in busta del supermercato non siano tossici come potrebbe capitare quando affamati allo stremo tentiamo la sorte con l’unica Amanita Phalloides trovata negli ultimi due giorni dopo aver minuziosamente esplorato un ettaro di bosco.

    Per non parlare dell’energia quotidiana che risparmiamo grazie ai piumini in piuma d’oca e ai termosifoni! Una volta il corpo doveva attingere alle sue riserve interne anche per riscaldarci (anche oggi lo fa naturalmente, ma spende molto meno), oltre che per muoverci, combattere, arrampicarci, raccogliere e cacciare.

    Possiamo andare avanti per altre innumerevoli pagine a fare conti metabolici su quanto oggigiorno ci sia più semplice risparmiare e immagazzinare energia, ma credo che appaia già abbastanza evidente quanto nel mondo moderno sia più semplice bruciare di meno e introdurre di piú, e purtroppo o per fortuna (lo rivaluteremo alla prima carestia globale) il DNA che ci portiamo dietro è invece ancora settato su un mondo completamente diverso da quello in cui viviamo oggi.

    Ma se il DNA si adatta perché non si è adattato anche a questi cambiamenti? Perché ci vogliono migliaia e migliaia di anni affinché queste caratteristiche dell’organismo umano possano modificarsi, mentre l’ambiente in cui viviamo è esponenzialmente cambiato in pochissimo tempo. Lasciamo un attimo da parte Albert il cavernircolo, e pensiamo a quanto fosse già così diversa la vita dei nostri nonni dalla nostra.

    Si muovevano molto di più, sia per spostarsi che nel lavoro quotidiano (dove la quota di persone sedute ad una scrivania nell’era pre-computer era notevolmente più bassa di adesso), non avevano lo stesso accesso al cibo che abbiamo noi ed il cibo stesso non era così densamente calorico. Inoltre, prima che enti come l’americana FDA (Food and Drug Administration) o la USDA (il dipartimento di agricoltura americano) entrassero in funzione nei primi anni del ‘900, non era nemmeno così raro prendersi un’intossicazione da cibo avariato comprato al mercato⁵.

    L’isolamento termico dei tessuti e delle case non era al pari di quello di cui godiamo nel nuovo millennio, e non è difficile tirare le somme e convenire che i nostri nonni bruciassero più energia di noi e ne avessero meno a disposizione da immagazzinare.

    È un gran cambiamento in positivo, il mondo oggi è indiscutibilmente un posto migliore rispetto a ieri⁶, un povero del terzo mondo oggi vive meglio di un nobile inglese del 1700: accesso alla sanità, cibo a disposizione, riparo e mezzi di trasporto. Quindi ben venga tutto questo lusso intorno a noi, ma è importante prenderne coscienza e prendere le misure per contrastarne i possibili risvolti negativi.

    Da Otzi al food delivery

    Qualche tempo fa sono andato con la mia famiglia a fare una gita fuori porta nella vicina Bolzano e tra un piatto di canederli e uno strudel di mele siamo andati a visitare il Museo Archeologico dell’Alto Adige, dove siamo rimasti affascinati dalla storia di Otzi: l’uomo venuto dal ghiaccio.

    Si tratta di una mummia ritrovata negli anni 90 in un ghiacciaio sul confine tra Italia e Austria, con un'età di circa 5300 anni e quindi un Homo Sapiens esattamente uguale all’essere umano moderno. Insomma Otzi è uno di noi.

    Eppure visitando le sale del museo dove si ricostruisce in dettaglio la sua storia si percepisce subito quanto la sua vita fosse totalmente diversa rispetto alla nostra. Stesso corpo e stesso metabolismo, ma ambiente e stile di vita totalmente e drasticamente diverso.

    Otzi viveva in un ambiente dannatamente ostile, dove doveva camminare per chilometri e chilometri ogni giorno per cercare di procurarsi poche calorie da mangiare, mentre si guardava le spalle da predatori e nemici. Una vita talmente infame che infatti morí molto probabilmente infilzato da una freccia mentre consumava il suo ultimo pasto a base di stambecco, cereali e bacche (che gli sono stati ritrovati nello stomaco dalle analisi). Il suo assassino forse voleva solo rubargli il cibo che Otzi stava mangiando, all’epoca quando si era affamati da giorni una vita umana poteva benissimo valere quel magro bottino.

    E Otzi viveva già in un’epoca dove procurarsi il cibo aveva fatto un indiscutibile salto di qualità, visto che già da altri 5.000 anni prima di lui era stata inventata l’agricoltura e quindi la possibilità di non vivere più da cacciatori-raccoglitori come il povero pro-pro-pro zio Albert, ma evidentemente il buon Otzi era uno spirito libero e non amava la stanzialità.

    Ma per capire ancora meglio l’influenza che l’ambiente e il nostro stile di vita hanno sul nostro modo di accumulare grasso oggi giorno non c’è nemmeno bisogno di immedesimarsi nella

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