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Sogni d'Ombra
Sogni d'Ombra
Sogni d'Ombra
E-book143 pagine2 ore

Sogni d'Ombra

Di Jcm

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Info su questo ebook

Una scia di omicidi. Un simbolo ricorrente. Due uomini, due personalità, due filosofie due mondi diversi si incrociano dal passato al presente alla ricerca di una verità più profonda. Un gioco di specchi e illusioni della vità e della realtà.
LinguaItaliano
EditoreJcm
Data di uscita17 giu 2014
ISBN9786050307986
Sogni d'Ombra

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    Sogni d'Ombra - Jcm

    I

    Un altro colpo ne trafisse il volto, poi un altro e un altro ancora. Giaceva a terra in una maschera di sangue, non come un uomo ma solo come una preda pronta a essere divorata mentre ancora esala l’ultimo respiro.

    Alla fine, piuttosto di morire, confessò. Lo avevano cercato per quasi un anno, era lui lo stupratore seriale capace di terrorizzare una città per mesi, di distruggere vite, spezzandole come delicati fili di seta, o cambiarne per sempre altre.

    Nessuno avrebbe mai sospettato Nolan Davies: un uomo pacifico, in apparenza tranquillo, piccolo con la faccia rotonda, sempre in giacca e cravatta da messa anni ’30; un quieto contabile, colpevole di nessun reato, neanche una multa, niente di niente. Era illibato e innocente, o almeno così, sembrava.

    A questo pensava Aaron Talley, il detective autore dell’arresto, mentre tornava a casa dalla famiglia, a giocare con i figli poco dopo aver quasi ucciso un uomo a botte, a come le apparenze possano ingannare e a quell’input che scatta imprevedibile e ti riporta nella giungla, a uno stato di violenza e natura, all’incapacità di trattenere i tuoi istinti e sfogarti in qualunque modo su chiunque.

    Ne aveva incontrate di persone così nel suo lavoro ma, pur avendo buone doti da psicologo, indispensabili per chi insegue maniaci seriali, non aveva mai trovato una risposta per lo scattare improvviso di quell’input.

    Forse perché era felice della sua vita, della famiglia, della sua macchina come del lavoro e, in effetti, si considerava il migliore. Aveva risolto decine di casi all’apparenza impossibili e, nel suo campo, non solo era il più ricercato ma anche uno dei meglio pagati.

    A questo pensava mentre sfrecciava sulla superstrada per tornare a casa fumando una sigaretta e ascoltando blues; il fumo e la musica del diavolo lo ristoravano, erano il perfetto passaggio di scena dal lavoro, quella maleodorante stanza quadrata, tutta bianca, intrisa di sangue, violenza, bile alla sua armonia domestica.

    Lo preparavano e cambiavano per una nuova sequenza, come in un film.

    Dopo l’uscita della superstrada mancava solo un isolato a casa sua; una bella zona, piena di verde e di famiglie. Nonostante ciò, di tanto in tanto, non poteva fare a meno di domandarsi se pure la nebbia di serenità avvolta intorno a quel luogo perfetto, tranquillo e sicuro non fosse altro se non illusione.

    Viveva in un bell’appartamento, come tanti, in un moderno grattacielo. Dall’esterno apparivano come rettangoli decorati con tanti quadrati uguali, alcuni illuminati, altri no, e forse neanche all’interno differivano più di tanto: stereo, tv, dvd, cucine moderne, sciccherie d’arredamento; tante piccole tane confortevoli ricche di oggetti.

    Ad accoglierlo la famiglia al completo, Laurel, sua moglie, donna di mezz’età con ancora i segni della bellezza giovanile, Evan, il figlio diciassettenne, ragazzo modello, avuto da una fugace scappatella della moglie ma ormai parte della famiglia e Lucy, la sorella più piccola di due anni, forse l’unica in grado di dargli da pensare; qualche spinello, qualche richiamo dalla scuola, un atteggiamento da disadattata sociale mal tollerato ma niente di più grave.

    La vita, insomma, come un fiume placido nella piana, ormai privo di forza, scorreva tranquilla; così fu anche quella sera. Dopo cena i ragazzi andarono a dormire e lui, mentre Laurel sparecchiava, a fumare l’ultima sigaretta della giornata sul balcone, scrutando il cielo in cerca di qualche stella nascosta.

    Di solito rubava un momento di serenità ma da qualche sera no. Sentiva un turbamento, un presagio, come se qualcosa di grave, al di fuori della sua comprensione, fosse in procinto di accadere, privandolo del sonno.

    Laurel, in accappatoio, andò a chiamarlo e lo abbracciò sexy sussurrando all’orecchio di voler fare l’amore tutta la notte ma Aaron, rispondendo di essere stanco, rifiutò. In realtà mentiva; era sempre stato un buon amante ma da qualche tempo non ne aveva più voglia.

    La moglie, rassegnata, spense la luce prima di addormentarsi. Aaron restò sveglio al buio, sapeva che quella notte qualcosa sarebbe successo.

    Driin…driinn…driinnn…

    Sussurrò Laurel preoccupata.

    Talley si alzò ma si sentiva affaticato come se non avesse dormito neanche un’ora. Andò in bagno, si tirò un po’ d’acqua in faccia, tornò in camera, aprì l’armadio ma si stupì, davanti allo specchio, di scorgere la sua figura già vestita.

    Non capì, forse si era addormentato senza accorgersene ma non ci pensò più di tanto, doveva arrivare sul posto il prima possibile.

    Sfrecciò in macchina senza neanche accendere il navigatore, conoscendo bene quella zona dove abitava qualche conoscente del passato. Si trattava di un quartiere residenziale dove accadevano di rado reati, difatti era rimasto perplesso alle parole di Riggs.

    Giunto al grattacielo sembrava tutto normale; c’erano due o tre volanti a sirene lampeggianti, i soliti colleghi e qualche giornalista a caccia di qualsiasi cosa, vera o falsa.

    Salito al dodicesimo piano, entrò nell’appartamento non provando alcun ribrezzo per la scena, ne aveva viste troppe: l’uomo giaceva nudo, senza segni di apparente colluttazione, penzolante a una corda vicino a uno sgabello rovesciato. Sembrava un suicidio eppure una frusta sul letto e qualche goccia di sangue per terra non escludevano altre possibilità.

    E’ un caso strano disse il capitano Murray, suo superiore.

    S’intromise un altro agente.

    Rispose Murray.

    In quel momento, girando il cadavere, notarono un particolare inquietante: era stato marchiato a fuoco, sulla schiena, come un animale, con un omega

    Poiché non riuscivano a contattare la moglie tornarono in ufficio per iniziare a ragionare sul caso.

    Usavano una lavagna a fogli bianchi per annotare tutti i particolari e gli elementi utili:

    - Vittima: Kermit Wales

    - Sposato senza figli

    - Ingegnere per una compagnia di telecomunicazioni

    - Fedina penale pulita

    - Possibile movente sconosciuto

    - Marchiato a fuoco sulla schiena con un omega prima di morire

    Dopo alcuni istanti di riflessioni silenziose Aaron ruppe il silenzio.

    Disse a Murray.

    Era una donna sulla trentina, ne bella ne aggraziata, talmente piccola ed esile, che, sorpresa da una folata di vento, probabilmente sarebbe volata via. Entrò titubante, tenuta in piedi da un agente, spaventata, i capelli arruffati, gli occhi rossi rotti dal pianto.

    Rispose con tiepida freddezza.

    Non disse nulla di particolarmente significativo: riguardo all’alibi, domanda di routine, sostenne di essere andata a dormire presso una conoscente, avrebbero potuto verificare facilmente. Definì il marito come una persona tranquilla, con un buon lavoro, insieme non frequentavano molti amici ma erano felici così, figli non ne avevano mai voluti mentre l’ipotesi di eventuali nemici del consorte non aveva senso.

    Le sembravano senza ragione apparente il suicidio quanto l’omicidio. L’omega la conosceva solo come ultima lettera dell’alfabeto greco e, per l’efferatezza di quel gesto, non trovava spiegazioni. A quel punto scoppiò in un pianto dirotto.

    Ordinò Murray a un sottoposto. Concluse.

    Rispose il detective.

    Aaron tornò a casa per dormire almeno un paio ore. Quel caso l’aveva lasciato perplesso, quasi lo incuriosiva e ora attendeva con ansia puerile i referti della scientifica e i primi interrogatori.

    In famiglia sviava sempre i discorsi sul lavoro, non voleva impressionare gli altri. Usava frasi come il solito caso, routine, abbiamo una buona pista, nulla di più e forse neanche Laurel e i figli volevano davvero sapere più di tanto. Lui era il capofamiglia, loro avevano un ruolo diverso, stavano bene e non avevano bisogno di altro.

    Così, quel mattino, facendo colazione tutti insieme, evitarono discorsi sull’altra notte ma preferirono conversare di scuola, di andare tutti a fare spese e compere, dei nuovi programmi tv, dopo di che Aaron accompagnò a scuola Evan. Avrebbe dovuto portare anche Lucy ma era uscita sbattendo la porta urlando frasi disconnesse. Probabilmente avrebbe saltato la scuola, era già successo, ma al momento non poteva pensarci. Aveva ricevuto un sms urgente dal capitano Murray:

    <-vieni subito…ci sono grosse novità->

    Si recò in ufficio a sirene spiegate in modo da passare col rosso a tutti gli incroci; nonostante l’età questo gioco lo divertiva ancora.

    Appena arrivato notò la lavagna aggiornata:

    -Impronte sulla frusta diverse da quelle della vittima

    -Schedate sotto Pedro Gutierres, in arte Lola

    -Transessuale, già schedato

    -Sangue gruppo 0 sul pavimento compatibile col suo, diverso dalla vittima

    -Ultimo domicilio conosciuto presso il porto

    Froci immigrati, commentò Talley, vengono qua, muoiono di fame e uccidono i nostri. Vado a cercarlo e lo porto qui. Nel frattempo Riggs farà qualche domanda ai colleghi della vittima per scoprire qualcosa.

    Salì veloce in macchina, non amava gli immigrati, tanto più se erano gay. Questo Gutierres non l’aveva mai sentito ma aveva una foto, se non avesse saputo l’avrebbe scambiato per una bella donna, un po’mascolina forse, ma bella.

    Mentre Riggs, girava per uffici e cubicoli non scoprendo nulla d’interessante, Talley rovistava fra le banchine chiedendo informazioni e mostrando la foto ma nessuno sembrava sapere.

    Il porto era un altro mondo, chiuso e isolato su se stesso, sporco e puzzolente, in cui siringhe abbandonate, bottiglie rotte, vagabondi coricati formavano il pavimento.

    Uno di questi, ancora mezzo ubriaco dalla sera prima lo chiamò per chiedere due spiccioli ma il detective lo alzò, afferrandolo per la gola, e pose la foto sotto il naso:

    Ordinò Talley stringendo il collo.

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