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Doppio omicidio
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E-book303 pagine4 ore

Doppio omicidio

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Info su questo ebook

Dina Nasi vive la sua vita con un ritmo regolare e cadenzato, dividendo le giornate e le notti tra il suo essere tastierista in una rock band e insegnante di musica. Una sera, dopo un concerto del gruppo in cui suona, viene avvicinata da un ammiratore che, con fare ambiguo, le confida come una delle sue canzoni abbia prodotto effetti devastanti sull’agire di un altro non meglio identificato ascoltatore. Suo malgrado, Dina si trova così coinvolta in una serie di situazioni che sconvolgono profondamente il suo quotidiano. Il susseguirsi serrato degli avvenimenti la investe con forza devastante conducendola, insieme a tutte le persone che le ruotano attorno, a un inaspettato epilogo.
LinguaItaliano
Data di uscita19 gen 2015
ISBN9788865379011
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    Anteprima del libro

    Doppio omicidio - Oreste Borgatti

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    Capitolo 1

    Well I’ve heard them call my name

    And it sounds so unreal

    Good traditions of love and hate

    Good traditions must be saved

    One… Two… and

    One Two Three Four…

    E qualche volta ricordarsi che la pausa dopo il primo ritornello è di due quarti? Dai, mi fai veramente incazzare… e sì che suoni la batteria!

    Dee come al solito è il più agguerrito e non risparmia critiche a nulla e nessuno. Iniziando preferibilmente con il batterista.

    Ma sentilo il signorino… e tu, usare un effetto diverso con quel distorsore? Mi sembra una friggitrice del pesce?!

    Anche Train non sa stare zitto e così tutte le tensioni accumulate nelle lunghe ore di prove, trovano naturale sfogo nel post concerto.

    Voice e Ciano annuiscono, in realtà senza far capire con chi dei due litiganti sono d’accordo: li ammiro, sono veramente due abili diplomatici.

    L’unico che continua a veleggiare nella sua dimensione parallela, sordo a quelle che sembrano essere sterili beghe di portineria e lontano dal benché minimo coinvolgimento è, come al solito, Dark.

    Dark tutto d’un pezzo, che senza di lui ogni serata sarebbe una vera catastrofe, sia da un punto di vista musicale che tecnico.

    Il basso – signori – è il cuore pulsante di una rock band! Armonia, melodia e ritmo in una nota… sublime sensazione!

    Quante volte l’ho sentito ripetere questo ritornello, senza sosta e senza ripensamenti, al punto che ha quasi convinto tutti!

    E adesso, la nostra miss come al solito si dilegua, perché lei è troppo tenera per sporcare le sue belle manine con gli strumenti da smontare!… Va là che se non fossi mia amica te lo direi io cosa potresti fare adesso!

    Eccoli alla carica, con il loro maschilismo che manifestano in considerazioni e battute rivolte a me che nella band sono l’unica presenza femminile, tastierista e autrice della maggior parte dei nostri brani, ma, anche quella che nei momenti del lavoro da roadies, ritorna a essere semplicemente la donna, quella con la D maiuscola, quella che certa letteratura narra non esser capace neppure di far benzina da sola… ma sì… li lascio sproloquiare tra loro, mentre espongono quelle convinzioni così radicate che so non cambieranno mai e intanto faccio quel che so fare meglio: pubbliche relazioni con i fans e gestori dei locali.

    D’altra parte qualcuno dovrà pur farle, dico io, mentre mi allontano, confermando così le loro certezze.

    Mi scusi signorina, perdoni l’ardire e non vorrei assolutamente importunarla ma, mi sto chiedendo, le canzoni che avete suonato questa sera le avete composte veramente voi? Cioè, sono proprio tutte vostre?

    Mi giro e vedo un tipo che se non avesse parlato credo non avrei mai notato, uno di quegli uomini tappezzeria apparentemente senza età e senza storia che compaiono e scompaiono senza lasciare traccia.

    Eh sì che le nostre canzoni sono tutte nostre, altrimenti non sarebbero nostre, non credi? rispondo un po’ sarcastica e un tantino scocciata.

    Certo signorina, non sono completamente ottuso, cosa crede? A volte alcune frasi vengono dette solo per interagire o come vien più comunemente detto, per rompere il ghiaccio. Permetta che mi presenti: io mi chiamo Manlio Rognoni e stasera vi ho ascoltato molto attentamente. Potrei cogliere l’occasione per offrirle da bere?

    Si avvicina e mi tende una morbida mano bianca latte da stringere.

    Ma sì dai… un gin tonic a quest’ora mi aiuta con la buona notte. Allora, cosa dicevi della nostra musica?

    Mentre gli rispondo lo guardo meglio: penso che la prima impressione forse non è stata così indovinata.

    Mi conosco e so che a volte sono un po’ precipitosa nelle mie valutazioni. Mi accorgo dell’errore in un secondo momento, e non sempre in tempo utile per tornare sui miei passi.

    Il tipo è senz’altro fuori posto in questo locale frequentato per lo più da un gruppo di motociclisti cloni di qualche film americano di seconda categoria e da giovanotti a tutto interessati fuorché alla musica, ma dietro quell’espressione vagamente retrò, le sue parole e il tono di voce lasciano intuire un personaggio di ben altro spessore. Indossa un completo a piccoli scacchi marroncini e panna, e intravedo anche la catena di un orologio da taschino che sbuca dal panciotto tinta unita. Il farfallino intonato alla mise completa quell’immagine che definirei molto, ma molto british: un piccolo ritratto alla Oscar Wilde. Sorrido intanto che lo studio.

    Ecco il suo gin tonic signorina la sua voce mi riporta al presente, distogliendo il pensiero da quelle divagazioni.

    Le chiedevo delle canzoni che avete presentato questa sera perché mi sembra che possano ambire a ben altri palcoscenici.

    Oddio, e senti come si esprime – sembra veramente uscito da qualche romanzo vittoriano – continuo a pensare tra me e me. Forbito e di charme, senza dubbio, ma c’è qualcosa in lui che mi infastidisce, e non saprei dire cosa, così a pelle.

    Senti signor Manlio o come ti chiami, non sono abituata al signorina e soprattutto mi piacerebbe capire cosa mi stai dicendo! reagisco con quel mio solito stile che molte volte si rivela inopportuno.

    Signorina insiste lui la sua musica è senz’altro meglio del suo carattere! Sto semplicemente facendo degli apprezzamenti sulla qualità di quello che ho ascoltato questa sera. Credevo di esser stato chiaro! Ma forse io non mi spiego bene oppure lei crede che io possa essere uno dei soliti corteggiatori da bar che flirtano inventando qualsiasi scusa per raggiungere il loro scopo…

    Basta, ok basta lo interrompo ho capito, non ci stai provando e ti piace la nostra musica. Sono veramente contenta ma si è fatto tardi. Devo aiutare gli altri a sistemare gli strumenti e poi voglio andare a casa… ci sentiamo un’altra volta bello… stasera può bastare così.

    Detto fatto torno dalla band che mi reclama a gran voce lasciando il nostro estimatore senza parole.

    Ti sei fatta pagare? mi chiede Dee.

    Ma figurati… la conosci. Sarà stata a spettegolare con qualcuno e dei soldi si è dimenticata perché lei tanto vive d’aria. Lei sogna chissà cosa, ma di money nada aggiunge tentando di essere spiritoso Train.

    Adesso vado, adesso vado taglio corto, intanto che mi allontano sbuffando.

    Il padrone del locale – che conosciamo da tempo visto che suoniamo sul suo palco come se fossimo a casa nostra – è veloce e preciso… talmente veloce a pagare che se ti distrai un momento i soldi manco li vedi.

    Oh Dina mi chiede Ho visto che hai fatto colpo sul dandy. È ancora lì al banco che ti aspetta…

    Ma piantala dai… piuttosto sai chi è?

    No, mai visto, ma se vuoi chiedo. Non dirmi che ti piace!

    Ma fammi il piacere… ci vediamo il mese prossimo che abbiamo un paio di canzoni nuove da presentare. Ciao bello! lo saluto intanto che controllo il compenso della serata.

    Ciao sexy, ti aspetto!

    Sexy?… ti aspetto?… lo incenerisco con lo sguardo e lui subito si corregge Vi aspetto volevo dire…

    Mentre mi avvio verso l’uscita ecco che l’omino vintage si piazza davanti e, puntando l’indice in modo poco elegante, senza altro aggiungere dice: "La canzone In my bones… quelle parole… I can feel bells ringing… io so cosa sono le campane… io so che quando suonano risvegliano la voce… io so… io lo so…"

    Mi fissa con quegli occhietti miopi nascosti dietro occhiali dalla montatura rotonda e se ne va, lasciandomi immobile e perplessa. Ha ascoltato sul serio la mia canzone?

    Mah, forse sono stanca e lui ha recitato qualche verso che si ricordava così tanto per far colpo… anche se in realtà le parole sono proprio quelle che ho scritto e cantato.

    Capitolo 2

    A broken mirror shows a face

    With a smile full of mistakes

    Empty pages filled up with dreams

    Where are the notes we used to sing?

    Il risveglio è sempre lento: non sono una di quelle persone attive e reattive da subito, ma per fortuna oggi inizio a lavorare un po’ tardi, alle 11, e questo mi garantisce un certo margine di ripresa.

    Perché, anch’io come altri, dopo avere soddisfatto il mio buon Mister Hyde di sera, ho un terribile Dottor Jekyll che, inflessibile, mi aspetta di giorno: mi piacerebbe che fosse il contrario ma quel che vorrei non sempre può essere quel che in realtà è.

    Mi alzo, lentamente mi dirigo verso il bagno e ammiro il mio viso riflesso.

    Dio, come mi manca lo specchio fatato, quello della più bella del reame, che nella fiabe ti dice che sei sempre al top eccetera eccetera…

    Scuoto la testa e intanto che provvedo al restauro di rito, ripenso al tipo della sera precedente e alle sue parole.

    Ma ha veramente ascoltato la canzone?

    Sembrerebbe innegabile, visto che se ne ricordava qualche parte.

    E quel Io so… io lo so delle campane in testa: ma cosa ne sa lui delle mie campane?

    Mah… meglio che io mi muova e anche alla svelta.

    Oh là Dina, anche stamane di corsa eh… non proprio come la tua squadra la voce allegra di Alex mi ricorda che devo veramente sbrigarmi, ma al suo caffè non ci posso rinunciare. E il suo bar è proprio sotto casa.

    Cosa ci vuoi fare Alex, lo sai che è sempre così: più tardi inizio e più in ritardo sono gli rispondo meccanicamente cercando di ignorare l’allusione alla mia squadra che quest’anno è messa proprio male.

    Oh bellina… che tu fai finta di nulla, ma che tu sai che ti dico… squadra di cadaveri a strisce la tua rincara il toscano.

    Lo odio. Calcisticamente parlando, lo odio.

    Salgo in macchina e pregodiocheparta… et voilà… partita!

    Sono anni che mi riprometto di cambiarla visto che ormai sembra uscita da quei video in bianco e nero memorabilia di tempi andati, ma, mese dopo mese anno dopo anno, va a finire che i pochi soldi che risparmio li investo in strumenti musicali e la vettura rimane sempre la stessa.

    Guardo nello specchietto retrovisore e credo di intravedere qualcuno fermo all’angolo del marciapiedi che mi fissa.

    Mi giro… no nessuno… devo essermi sbagliata.

    Eppure…

    Buongiorno signorina! Sempre elegante lei! E si è sistemata i capelli! Ma come trova anche il tempo per andare dalla parrucchiera! Oh, sapesse come la invidio! Così giovane, così bella Kalashnikov, la segretaria che parla come fosse una mitragliatrice, non mi lascia neppure varcare la soglia che già mi investe di tutto e di più.

    Guardi signorina, deve firmare l’avviso per presa visione e dovrebbe gentilmente confermarmi la sostituzione della Signora Maffei che come certamente si ricorderà ha chiesto un permesso per motivi familiari manco respira la mitragliatrice.

    Sa signorina, sembrano gravi motivi familiari aggiunge enfatizzando le ultime parole.

    Non la sopporto lei e tutti i suoi signorina e tutte le firme che chiede sempre a mo’ di questua!

    Anche se è sempre gentile e direi pure affettuosa a modo suo. Del soprannome che le ho dato ovviamente non sa nulla: credo ci potrebbe rimanere male. Sorrido con fare complice intanto che firmo.

    Entro in sala insegnanti e così completo la mia trasformazione in Dottor Jekyll.

    Rocker di notte e prof di musica di giorno…

    Non che mi spiaccia, anzi: l’aver centinaia di adolescenti aggrappati al cervello tutti i giorni con i loro come quando dove perché mi permette di non sentire il peso del quotidiano.

    Apro il cassetto alla ricerca dei registri.

    Ma ecco che arriva lei, quella di italiano da evitare a tutti i costi… sembrerebbe che… sì, mi punta… ce l’ha con me.

    Collega esordisce in perfetto professorese. I tuoi ragazzi oggi mi han fatto proprio ammattire!

    I miei ragazzi? Ci risiamo: è come nelle discussioni in famiglia… se il figlio ha sbagliato è figlio tuo eccetera eccetera.

    Non studiano e non stanno neanche ad ascoltarmi! E sì che io parlo per il loro bene! Guarda, sono proprio scostumati! Fai tu qualcosa, che a te danno retta! guaisce incalzandomi imperterrita.

    Hyde da dentro mi implora di mollarle un cazzotto proprio lì, sulla bocca… e sa dio se non lo farei… ma Jekyll mi blocca sul più bello e mi sento dire:

    Tranquilla, ci penso io! Vai a bere un caffè e cerca di riprenderti.

    Prendo il registro e la chitarra incrocio lo sguardo di Cesare, l’insegnante d’inglese che, comodamente seduto, si è goduto la scenetta.

    Anche oggi il volpino è in forma eh mi dice ridendo.

    Lascia stare dai che altrimenti dico quel che penso e non sarei carina per niente! Tu piuttosto, cosa fai qui?

    Ora buca. Correggo un po’. Ma se vuoi uscire con me, smetto subito!

    Cesare è simpatico, c’è un certo feeling, capisce anche di musica il che non guasta ma – per dirlo in modo carino – ha l’alito sempre un po’ pesante e quando si fa troppo vicino mi sento come il Titanic affondato dall’iceberg!

    Manteniamo le distanze baby.

    Signorina le ricordo che ha quella sostituzione e che la campanella è già suonata.

    La voce di Kalashnikov mi investe e obbligandomi a iniziare la mattinata.

    Curioso: anche lei con le campane che suonano…

    Capitolo 3

    Holy men they preach from chairs

    Suggesting words of wisdom there

    Good traditions of love and hate

    Good traditions must be saved

    Certo è che l’altra sera avete suonato proprio male!

    Rivedersi e venire accolti con una frase del genere detta da Voice che, come suggerisce il soprannome, canta e non suona, significa dare Fiato alle Trombe del Giudizio.

    Ha parlato il verbo! Colui che tutto sa e tutto saprebbe sistemare! ribatte Dee, intanto che allarga le braccia assumendo quasi una posa profetica.

    Non li sopporto più.

    Belli, che ne dite di suonare un pochino? intervengo tentando disperatamente di stemperare l’inevitabile. Ho l’abbozzo di una nuova canzone che mi piacerebbe provare insieme. Eddai…

    Mission impossible.

    Gli animi anche stasera sono già caldi, bollenti direi.

    Troppo testosterone nell’aria.

    Incurante di loro, accendo le tastiere e inizio a suonare, sperando che qualcuno della band segua l’esempio.

    Dimmi che accordi usi che non mi sembra male. Ciano, chitarra solista, quello della band che non capisci mai se è presente solo fisicamente mentre la sua mente vaga altrove, ha abboccato immediatamente.

    Dark, come al solito senza parole e grandi proclami, trasforma il duo in un trio e lascia gli altri tre a crogiolarsi nel Paradiso Perduto dei Musicisti Litigiosi.

    Bella… sì funziona. Hai anche delle parole di senso compiuto da cantare o posso sbizzarrirmi a piacere? Un altro pesce all’amo. Teo the Voice sembra interessato.

    E così un po’ alla volta, la band si ricompatta dando un senso alla mia idea.

    Potere della musica.

    Nell’ora successiva la nuova canzone prende forma, si modifica e cresce fino a essere ascoltabile. Il testo di Voice mi piace. Oltre ad avere un bel timbro, usa anche un inglese fluido e corretto… la fortuna di avere la mamma americana…

    "Avrei in mente un titolo… Dream. Cosa vi sembra?" azzardo.

    "Sì, proprio bello… ma dai Dina… scontatissimo! Ce ne saranno almeno mille con un titolo così! Anche se suona bene! Se poi riusciamo a unire a dream un aggettivo, che so magico gotico erotico, vedi tu cosa suona meglio, beh allora direi che il gioco è fatto!"

    Apprezzamenti della band: ci stanno e mi piacciono.

    Passami da bere va. Train è sempre il più assetato, sarà forse che per dissetare un fisico di quasi due metri per più di cento chili occorre una damigiana di birra e non la solita bottiglietta.

    Chi era il tappetto che ti parlava dopo il concerto? Dillo, dillo a papà tuo…! domanda mentre apre l’ennesima bottiglia.

    Non lo so, o meglio, è arrivato all’improvviso e si è presentato dicendo di essere un nostro attento ascoltatore. Mi ha anche detto il nome… uno di quelli poco usati… tipo… sai quei nomi che non senti mai se non – forse – negli sceneggiati di una volta rispondo.

    Dina, sei riuscita a rimorchiare uno come si deve e non ti ricordi il nome! Pensa un po’, forse ha anche i soldi! Uno ricco è quel che ti ci vuole! Oh band, la Dina si sistema! La Dina si sistema! La Dina si sistema! ripete ballando come fosse uno sciamano che fa la danza della pioggia.

    Tutti ridono, me compresa.

    È vero che a volte sembrano dei bambinoni mai cresciuti ma, comunque, mi piacciono.

    Sono entrata in questa band ormai qualche anno fa e – dopo i classici inizi della serie chi ci prova con la tipa che non si sa mai magari ci sta, subito trasformati in un ah no lascia, stare che anche se non sembra quella è tosta – dicevo, ora sono anch’io parte del gruppo e le prese in giro sono distribuite tra tutti senza distinzione di religione età o provenienza… Beh, sul fatto che io sia donna, qualche presa in giro in esclusiva rimane sempre.

    "Giuro non lo ricordo… era un nome con la M… tipo Manrico… boh, giuro che non mi ricordo ma – e voi qui non ci crederete – mi ha ripetuto le parole di In my bones. Cioè, roba da matti! Train, tu le avrai sentite migliaia di volte e quasi non le sai ancora! E invece quello, un ascolto solo e me le ha ripetute, perlomeno una parte!" mi infervoro.

    Vuoi dire che al Revolution c’è gente che ascolta? Gente che ci ascolta? E non dico i soliti amici che ci seguono ovunque andiamo, ma addirittura un fan nuovo, un piccolino tutto stiloso che sembra uscito da un cartone animato!

    Va là Dina… sei tu che vorresti trovare chi capisce qualcosa di quello che scrivi… e le cose te le immagini… illusa! interviene Dee colorando le sue parole con quella punta di invidia che spesso gli capita di utilizzare.

    E così, tra risate, battute e qualche birra la serata in studio di registrazione si conclude e ancora ridendo ci si saluta.

    Oh Dina fai la brava a scuola! Pensa a noi che eravamo più scemi dei tuoi alunni e trattali bene! Niente brutti voti, eh prof mi grida Dark dal finestrino abbassato della sua macchina facendomi l’occhiolino.

    Guido e ripenso alla serata. La notte è calda e di quell’appiccicoso tipico della stagione.

    Pensieri si rincorrono nella testa.

    Le strade sono deserte e la città è buia… mmhh non male… belle parole… ci potrei scrivere una canzone…

    Un’auto silenziosa nella notte scura… sì sì, una canzone…

    Asfalto nero pioggia di velluto e correre andare e non fermarsi mai… mi sa che la scrivo.

    Che fortuna… un posto libero proprio sotto casa… così non devo neanche camminare un po’.

    Parcheggio, scendo, chiudo la portiera e mi avvio verso casa cercando le chiavi del portone per non perder tempo quando: Scusi signorina…

    Cazzo, mi si gela il sangue nelle vene e un lungo brivido mi scende lungo la schiena.

    Sul serio.

    Capitolo 4

    Time elapses killin’ slow

    ‘cause my baby has to go

    No more stairways up to the sky

    No more tears are left to cry

    Il Dottor Rebetti è piuttosto perplesso. Ormai si occupa di casi del genere da una dozzina d’anni, ma la scena che si materializza davanti ai suoi occhi gli sembra veramente esagerata.

    Ma qui sembra che abbiano infilato questa donna in una centrifuga e lasciato che il tutto si sparpagliasse in giro! ripete Astolfi palesemente disgustato.

    Il corpo adagiato sul pavimento della stanza in una posa innaturale, quasi fosse un burattino a cui hanno tagliato i fili, è solamente un ricordo di quello che senza dubbio doveva esser stato fino a qualche ora prima.

    Una persona con sogni amori, ansie, paure, felicità e tristezze.

    Una persona viva.

    Allora domanda Rebetti c’è qualcuno in grado di fare un veloce riassunto di quel che è successo, o perlomeno di quel che si pensa possa essere successo?

    C’è poco da dire signor commissario: abbiamo ricevuto una chiamata al pronto intervento effettuata dalla signora che risiede nella abitazione attigua a questa. La vicina, tale signora Missiroli, si lamentava dei continui latrati del cane provenienti dall’appartamento accanto. La signora in questione, dopo aver ripetutamente suonato il campanello, non avendo ricevuto risposta alcuna, si è insospettita ed ha pensato di chiamarci.

    Spiega Astolfi cercando tra gli appunti del suo taccuino.

    E, visto che nessuno lo interrompe o chiede altro, continua:

    Giunti sul posto, i colleghi, dopo aver bussato ed essersi identificati, hanno pensato di forzare la porta dell’appartamento che, già a un primo sommario esame, è risultata solamente chiusa con la maniglia e non a chiave. Entrati, il cane della vittima, animale che risponde al nome di Toby, come da targhetta identificativa al collare, era legato con il guinzaglio a un mobile dell’ingresso e ha accolto i colleghi scodinzolando. Percorso il corridoio che conduce alla sala, hanno trovato la vittima, che si presume possa essere tale Skophje Sokolova, come risulta dai documenti rinvenuti nella borsa accanto al corpo. Credo si potrà esser più precisi dopo l’autopsia e la necessaria identificazione.

    Conclude Astolfi cercando di darsi un contegno.

    Tutti i presenti, nonostante lavorino nella Squadra Criminale da tempo, sembrano nauseati dallo spettacolo al quale sono costretti ad assistere.

    Le pareti della sala, un tempo rivestite da carta da parati giallina decorata con piccoli motivi floreali intonati, hanno ora ghirigori rossi tracciati con il sangue della vittima. Schizzi di sangue sono su mobili, lampade, divano e poltrone e sembrano essercene anche sulle pareti interne dell’acquario, dove alcuni pesciolini ignari continuano a nuotare.

    Il corpo è sdraiato a terra, seminudo, il viso sfigurato non mostra più alcun tratto distintivo di

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