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Mezzogiorno di fuoco. Il duello all’ultimo spot
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E-book131 pagine1 ora

Mezzogiorno di fuoco. Il duello all’ultimo spot

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Info su questo ebook

Di ogni elezione americana si dice che sia la più importante. Questa veramente lo è, come scrive il Premio Nobel per l’Economia Paul Krugman. Lo è perché la disoccupazione è altissima, il debito pubblico sfiora il 100 per cento, Obama è una pallida ombra del Barack del 2008, capace di accendere la speranza in un futuro di possibilità. Secondo molti, saranno gli ultimi dati economici a decidere la contesa. E invece sarà l’oscillazione impercettibile in mano a un pugno di elettori indecisi di due o tre Stati a decretare il vincitore. E allora la domanda è: come si conquistano questi elettori? Con una valanga di spot che fanno dell’avversario il minaccioso fuorilegge che giunge in città come nei grandi classici western.

Oscar Bartoli, direttamente da Washington DC, con il suo stile schietto e corrosivo di reporter indipendente che conosce e ama l’America quanto l’Italia, ricostruisce lo scenario del cruento duello presidenziale alla Mezzogiorno di fuoco, ripercorrendo le tappe della campagna elettorale e delineando i profili dei duellanti.
LinguaItaliano
EditoregoWare
Data di uscita15 ott 2012
ISBN9788897324676
Mezzogiorno di fuoco. Il duello all’ultimo spot

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    Anteprima del libro

    Mezzogiorno di fuoco. Il duello all’ultimo spot - Oscar Bartoli

    Anno 2012

    ISBN 978-88-97324-67-6

    © goWare per l’edizione digitale

    Redazione: Valeria Filippi

    Copertina: Lorenzo Puliti

    Sviluppo ePub: Elisa Baglioni

    goWare è una startup del Polo Tecnologico di Navacchio, a pochi chilometri da Pisa, la città della Torre e di Galileo.

    Fateci avere i vostri commenti a: info@goware-apps.it.

    Blogger e giornalisti possono richiedere una copia saggio a Maria Ranieri: mari@goware-apps.com.

    Made in Navacchio on a Mac.

    Le citazioni dalla campagna presidenziale sono riprese dai servizi di The Economist sulle elezioni usa e liberamente adattate al pubblico italiano da John Akwood.

    Environment. L’ambiente

    Gli italiani credono di poter valutare la competizione che si sta svolgendo negli Stati Uniti per il rinnovo della presidenza sulla base del loro metro di giudizio nazionale. L’Italia, come estensione geografica e densità della popolazione, può essere paragonata a qualcuno degli Stati più popolosi della Federazione americana. Ad esempio alla California. Ma la cornice geo-politica della competizione per rinnovare o confermare l’inquilino della Casa Bianca è totalmente diversa da quella italiana.

    Le connotazioni dell’elezione che si terrà il prossimo 6 novembre sono frastagliate, suddivise in nicchie di diverso spessore culturale, gravate da differenti aspetti della persistente crisi economica. Ma, al di là delle singolarità locali, vi sono alcune considerazioni di fondo che è opportuno sottolineare. Negli Stati Uniti le competizioni elettorali – da quelle per la carica di sceriffo di un piccolo centro, alla nomina dei giudici della Corte Costituzionale – sono una sorta di scontro di wrestling o di full contact. Ma, mentre soprattutto nel wrestling i colpi assestati sono patacche eseguite con tecnica televisiva per suscitare emozioni forti nell’audience, in politica – nonostante la mano sul cuore e nonostante il sempre sottolineato fair play, ovvero il rispetto delle regole e dell’avversario – i colpi scambiati tra i contendenti sono sempre al calor bianco. Non si fanno prigionieri nelle contese politiche americane. E per distruggere il competitore si usano tutti i mezzi.

    Soprattutto i media, che assolvono a una funzione legittima di cane da guardia e che spesso si avvalgono dei tanto criticati tabloid, i giornali gossippari, che in molte occasioni sono stati la punta di diamante che ha consentito di distruggere uomini politici che sembravano dei monumenti di moralità. Basta ricordare quanto è accaduto al senatore John Edwards, scoperto da due giornalisti del National Enquirer in un Hilton di Santa Monica (California) mentre usciva dalla stanza della sua amante, dalla quale aveva avuto una figlia. Il senatore, noto per il suo ciuffo sbarazzino e per aver messo su una fortuna come avvocato di grido, era sposato con una collega, Elizabeth, che oltre ad avergli dato quattro figli lo sosteneva attivamente nelle sue campagne elettorali. Elizabeth, malata terminale di cancro, è morta nel 2010. John Edwards è stato incriminato per avere distolto una buona parte dei finanziamenti per la sua campagna elettorale per coprire l’amante e il frutto della relazione adulterina, dando dei soldi a un suo collaboratore che avrebbe dovuto accollarsi la paternità della bambina.

    Come sempre succede nelle migliori pochade, tutto poi è scoppiato e il senatore ha rischiato 30 anni di prigione. Poi, nel maggio del 2012, la giuria si è dichiarata incapace di giungere a una conclusione certa sulla base delle prove presentate e John Edwards è stato lasciato libero. Ma la sua carriera, sin dal momento della pubblicazione della sua storia sul National Enquirer, è tramontata miseramente. Lui – che era stato nel ticket presidenziale delle elezioni del 2004 come candidato vicepresidente di John Kerry, e nel 2008 aveva partecipato alle primarie democratiche vinte da Barack Obama – è stato cancellato da amici e conoscenti e la sua carriera di politico e avvocato è stata distrutta.

    Gli americani sono di memoria molto corta, ma alcune cose le ricordano con chiarezza: per esempio il fatto che John Edwards all’epoca dello scandalo Clinton-Lewinsky fosse stato un duro accusatore del collega presidente democratico esponendosi come un protettore della sacra morale puritana.

    ... negli Stati Uniti tutte le competizioni elettorali sono una sorta di scontro di wrestling o di full contact...

    Sull’opposto versante repubblicano l’immagine rampante di Sarah Palin – inserita nel ticket con il senatore John McCain nelle elezioni del 2008 – fu messa in pericolo da una storia pubblicata dal solito National Enquirer (ovviamente sulla base di consistenti soffiate degli avversari) che, oltre a mettere in evidenza notizie sulle piccole ruberie della governatrice dell’Alaska, mise in prima pagina foto della focosa esponente che aveva avuto una relazione extramaritale con il miglior amico del marito quando costui era impegnato a lavorare nelle perforazioni petrolifere con 50 gradi sotto zero. Quanto alle foto della moglie del senatore McCain avviticchiata a un fustone di cowboy, furono fatte sparire non si sa a quale prezzo. La signora è uno dei principali azionisti di una nota marca di birra.

    John Kerry ha visto svanire nel nulla le sue quattro medaglie al valore militare ricevute durante la sua missione in Vietnam come comandante dei Swift Boats, le vedette che pattugliavano i fiumi vietnamiti. Nonostante le ferite ricevute in tre distinte missioni, i ricchi sfondati sostenitori del candidato George W. Bush riuscirono a mettere su una campagna denigratoria fatta di dichiarazioni spontanee di ex commilitoni di Kerry e di testimonianze di donne vietnamite che hanno distrutto l’immagine eroica del politico democratico. Confermando il noto detto secondo cui calunniate, calunniate, anche se non è vero qualcosa resterà.

    Un principio di comportamento politico, questo, ampiamente utilizzato anche dalla destra italiana quando venne imbastito il noto scandalo su Telekom Serbia, che avrebbe dovuto coinvolgere tra gli altri Romano Prodi e che si è dissolto, nonostante le assatanate prime pagine dei media di Berlusconi, nel processo fatto a un noto mestatore a pagamento, Igor Marini, condannato ad alcuni anni di reclusione. Ma dei mandanti occulti nessuno ha più parlato.

    Qualcuno riesce a sopravvivere ai propri errori e alle calunnie degli avversari. È il caso di Bill Clinton che, nonostante sia stato empeached da un ramo del Congresso americano per le sue bugie sulla relazione con la stagista Monica Lewinsky, una volta terminato il suo secondo mandato ha continuato a godere di una popolarità internazionale che gli ha consentito sino a ora di guadagnare somme consistenti con i suoi discorsi superpagati e la vendita dei suoi libri. Quando l’allora giovanissimo governatore dell’Arkansas si presentò sulla scena politica come pericoloso contendente democratico, i repubblicani avevano già allestito un voluminoso faldone sul ragazzo noto per essere un womaniser, un donnaiolo incallito. Il faldone fu poi utilizzato in diverse occasioni e si concluse con le confessioni rubate e registrate alla Lewinsky in un pub dall’amica Linda Tripp (grazie alla complicità dell’fbi).

    Significativo è il fatto che la convention del partito democratico che si è tenuta a Charlotte, in North Carolina, il 3 settembre sia stata suggellata da un memorabile discorso di conferma del presidente Obama da parte di Bill Clinton.

    Bill Clinton a proposito del suo essere l’ex presidente più amato dagli americani. Intervento alla convention democratica di Charlotte

    21 settembre 2012

    Il ring

    Le elezioni si fanno con i soldi. Un’elezione presidenziale si fa soprattutto con i soldi. Il denaro serve per mettere in piedi organizzazioni centrali e periferiche che devono trovare voti, preparare un programma dettagliato e

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