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Due occhi d'assenzio e di veleno
Due occhi d'assenzio e di veleno
Due occhi d'assenzio e di veleno
E-book291 pagine4 ore

Due occhi d'assenzio e di veleno

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Info su questo ebook

Questo romanzo è il quarto capitolo della saga “Il nobile casato dei Kingsdale” ed è la continuazione di Due ali di sangue.
La storia inizia con il ritorno di Cattleya a Mosca dove incontrerà qualche difficoltà per poter raggiungere la sua Corte. Una volta tornata a casa, avviserà i Sovrani di quel che era successo a Benson e del complotto tra Rod e Sodom, senza tralasciare la descrizione del blud-virus, il siero nato da un miscuglio di farmaci, agenti chimici e sangue affetto da malattie ematologiche, in grado di uccidere facilmente e definitivamente le fate e i vampiri.
Rod, sentendosi ormai in trappola, scapperà dai drow i quali scopriranno che Sodom è ancora vivo e tiene con sé il siero.
I drow quindi lo useranno per modificare tutte le loro armi e attaccare la Corte dei Belyy dichiarando guerra. Miserabilmente, il regno crollerà e i superstiti saranno davvero pochi.
Cattleya si ritrova così con le spalle al muro e l’unico che può aiutarla davvero, l’unico sul quale possa contare è Zack.
Tutti insieme raggiungeranno la Corte dei Mestyr, ma la guerra in corso non terminerà tanto facilmente.
Come sconfiggere Sodom una volta per tutte e far cadere l’impero dei drow? Come sfuggire alla loro potente arma?
La chiave per la vittoria sembra essere il legame tra Cattleya e Zack. I loro sentimenti, i loro poteri, il loro sangue.
Come faranno a spuntarla?
Ti aspettano nuovi personaggi e nuove sfide per l’ultima battaglia tra fate Unseelie e drow.
LinguaItaliano
Data di uscita16 mag 2016
ISBN9786050439458
Due occhi d'assenzio e di veleno

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    Due occhi d'assenzio e di veleno - Elèonore G. Liddell

    -Il nobile casato dei Kingsdale-

    Due occhi d’assenzio e di veleno

    La fata e il vampiro

    Elèonore G. Liddell

    Quarto capitolo della saga Il nobile casato dei Kingsdale;

    Gli altri titoli sono:

    -Due cuori di seta;

    -Due ali di sangue;

    -Due destini nelle tenebre;

    Come da copyright, tutti i diritti sono riservati. Nessuna parte del libro può essere riprodotta o diffusa con un mezzo qualsiasi, fotocopie, microfilm o altro, senza il permesso dell’editore o dell’autrice.

    Personaggi e situazioni citati, sono invenzioni dell’autrice. Qualsiasi analogia con fatti, luoghi e persone, vive o defunte, è assolutamente casuale.

    Le informazioni di cui sopra costituiscono questa nota del copyright:© 2016 di Elèonore G. Liddell. Tutti i diritti riservati

    Distribuito da Streetlib Selfpublish

    Narcissus

    Sede legale:

    Via della Regione, 20

    95037 San Giovanni La Punta CT

    Italia

    Contatti:

    Simplicissimus Book Farm

    Email: publish@streetlib.com

    Sede operativa:

    Villa Costantina, 61

    60025 Loreto AN

    Italia

    PROLOGO

    Di correre e scappare non ne poteva più. Stava ancora accadendo tutto in fretta. Troppo in fretta. Ma Cattleya non poteva mollare proprio in quel momento. Doveva mettere in salvo la sua sorellina.

    «Che cosa ti prende, Cat?» chiese Maya vedendola accasciarsi a terra.

    «Nulla, solamente un capogiro» la rassicurò Cat, esaminando lo zainetto che aveva recuperato e in cui vi aveva riposto due cellulari con le loro batterie e cavi per ricaricarle. Un computer portatile e un paio di Glock con le munizioni. E l'occorrente che serviva per sopravvivere qualche altro giorno.

    C'era tutto. Fortunatamente nei magazzini dei sotterranei del castello, c'era ancora fornitura per un intero esercito.

    Maya accarezzò la volpe Akai e strinse la bambola che portava in braccio. Pensierosa, si rivolse nuovamente alla sorella maggiore:

    «Cat, sarà meglio sbrigarci e andare all'ascensore» l'avvisò, ricordandole quanto fosse pericoloso rimanere nel corridoio, illuminato da luci a led, che separava i magazzini dall'accesso ai sotterranei.

    Pericoloso perché erano rimaste senza poteri. Gli Ausiliari, innalzarono una barriera che circondava tutta la Corte, per assorbire ogni tipo di energia e potere derivante da qualsiasi creatura, fate comprese. E ciò significava consumare la vitalità delle creature stesse. Tuttavia questa drastica decisione era inevitabile: gli Ausiliari dovevano impedire ai drow di usare i loro poteri, se non altro. Le loro armi e la tecnologia avanzata erano già abbastanza minacciose e distruttive per le fate.

    Cat si rialzò in piedi facendosi coraggio, ma nello stesso istante, la porta scorrevole del corridoio, si spalancò e cinque drow armati fino ai denti fecero irruzione.

    «Eccole! le abbiamo trovate!» avvertì il primo agli altri che caricarono le loro mitragliette modificate.

    Cat non avrebbe fatto in tempo a recuperare una Glock dallo zaino. I drow avrebbero fatto fuoco per primi.

    Dovevano arrendersi.

    «No!» urlò Maya in lacrime, colta da una profonda paura.

    Non si sarebbero arrese. Non dovevano, affatto.

    Akai si piazzò davanti le due sorelle, i drow avrebbero dovuto passare sul suo cadavere se volevano arrivare a loro.

    «Prendetele!» ordinò uno dei soldati.

    Maya si inginocchiò e bisbigliò una formula che venne ascoltata dalla bambola.

    La porcellana del viso della bambola si fece gelida e i suoi occhietti vitrei che da prima erano totalmente bianchi, divennero di un giallo paglierino.

    I drow si bloccarono all'istante, percependo una forza misteriosa che il giocattolo nascondeva.

    «Maya, chi diavolo c'è in quella bambola?» chiese stupita Cat.

    «Un amico» rispose sussurrando la bambina, concentrando le sue ultime energie sulla bambola per evocarne il demone al suo interno.

    I demoni erano immuni alla barriera degli Ausiliari. Colui che era rinchiuso nella bambola dunque, era la loro unica salvezza.

    Poteva sembrare una comune bambola, o quasi, col suo vestitino viola in merletti neri e lunghi boccoli corvini.

    il viso e il corpo erano ricoperti di crepe, dalle quali ne fuoriuscì un fumo argenteo dopo che Maya terminò di pronunciare le parole d'evocazione.

    I drow intimoriti si consultarono fra loro sul da farsi. Nessuna arma umana poteva contrastare un demone. Specie nella sua forma astratta.

    Il fumo si tinse di nero e prese la forma di una bestia enorme, con fattezze quasi da Windigo con lunghe corna simili a quelle di un alce. Occhietti gialli scintillanti si fissarono rabbiosi sui nemici.

    «Ma non ci tenevi solo le anime degli umani in quelle cavolo di bambole?» chiese sorpresa Cat.

    «Uzhas è un regalo di nostro padre» rispose tranquillamente Maya. «Ciao Uzhas!».

    Il demone si voltò verso la bambina in segno di saluto e attese i suoi ordini.

    Tutto accade nella frazione di pochi secondi. I drow di certo non potevano prevederlo.

    Maya fece segno a Cat e alla volpe di indietreggiare.

    «Beh Uzhas, per piacere fai a pezzettini questi cattivoni» cantilenò Maya prendendo per mano il demone che annuì all'ordine.

    La manina della bambina era tanto piccola rispetto a quella del demone che doveva addirittura piegarsi in avanti, per quanto era alto. Le sue proporzioni, eccessive per lo stretto spazio dei sotterranei, e la sua aura, trasmettevano una sensazione che dire negativa sarebbe stato poco.

    Il demone dunque lasciò la mano di Maya che raggiunse la sorella, mentre i drow decisero di battere in ritirata.

    Troppo tardi.

    Uzhas lanciò contro di loro uno stridio acutissimo che li paralizzò, e subito dopo, divenne un urlo dal timbro vocale basso e profondo, surreale, terrorizzante, che solidificò il suono in un raggio d'energia che travolse i drow facendoli a pezzi, proprio come Maya desiderava.

    La potenza dell'energia plasmata dal suono, staccò gli arti e la testa dei nemici. I loro organi interni esplosero, facendo schizzare il sangue da ogni orifizio, imbrattando le pareti di liquido nerastro.

    I loro corpi furono letteralmente ridotti in poltiglia.

    Dopodiché, Uzhas venne risucchiato nella bambola. Il suo involucro, la sua casa di cui Maya si prendeva tanta cura.

    Le due fate e Akai dovettero coprirsi le orecchie, tanto era acuto il suono perfino per il loro udito.

    «Non per niente è la mia bambola preferita!» esclamò trionfante la bambina.

    «Beh fortuna che lo è! ci ha salvato la vita!»

    «Oh ma nel borsello tengo il carillon con Siska!»

    «Chi?»

    «Siska la ballerina!» a Maya parve talmente ovvio che Cat dovette rinunciarci.

    «Lascia stare, andiamo.»

    La ragazza non aveva idea di che cosa ci tenesse Maya nei suoi giocattoli.

    I tre dunque superarono i resti dei nemici e aprirono la porta del corridoio, per raggiungere l'ascensore.

    «Che cosa faremmo dopo?» chiese Maya preoccupata.

    «Troveremo un posto per nasconderci.»

    «Lo chiamerai per farlo venire qui?»

    «Sì. Zack Kingsdale è la nostra unica salvezza.»

    Cat non si rese conto di dirlo ad alta voce, ma corrispondeva alla realtà. Zack avrebbe potuto aiutarla, lo sapeva bene.

    Ma non avrebbe salvato soltanto la Corte, ma anche lei stessa. Soprattutto lei.

    Il cuore di una giovane donna che stenta a pulsare.

    -1

    Mosca, quattro settimane prima.

    Nel Domodedovo, l’aeroporto internazionale della capitale russa, la gente affollava i Terminal, in una tarda mattina col sole luminoso che filtrava dalle ampie vetrate dell’aeroporto.

    E tra famiglie di turisti, uomini d'affari e studenti provenienti da ogni luogo, c'era Cattleya Belyy, appena arrivata col volo proveniente da Los Angeles. Lo scalo a Francoforte la disorientò ulteriormente.

    La prima volta non ci fece gran caso, troppo occupata a fuggire e seguire l’istinto per orientarsi e comprendere il meccanismo di sistema di un aeroporto tra biglietto d’imbarco, Terminal immensi e moli altrettanto dispersivi. Questa volta era diverso. Si guardava attorno e si rese conto di quanto si sentisse smarrita in quell’ambiente che non le apparteneva e che le suggeriva che non si sarebbe abituata mai. Proprio come New York e Los Angeles, tanto diverse dalla sua piccola, al confronto, Corte Unseelie nella quale era cresciuta.

    Si potrebbe quasi dire che era una Mosca in miniatura.

    In quel momento, Cat aveva assolutamente bisogno di riprendersi con un caffè. Lo aveva bevuto in rare occasioni e sapeva dei suoi effetti eccitanti. Così, dopo aver recuperato il suo unico bagaglio, un anonimo trolley, si diresse di fretta verso uno dei punti ristoro dell'aeroporto.

    Si aggirò tra negozi di cosmetica, giocattoli dove i bambini dei turisti si divertivano a correre tra gli scaffali per acciuffare il giocattolo del momento. Chioschi di souvenir erano presi d’assalto da turisti coreani che viaggiavano in gruppi numerosi. Infine vi erano boutique d’abbigliamento e accessori, fino ad arrivare all’angolo dei ristoranti e delle caffetterie.

    Tra le luci e i colori non le sembrava vero di essere lì. Tutto ancora nuovo, tutto da scoprire. Fino a quel momento, dopo la fuga in America, di cose nuove e stimolanti ne aveva apprese parecchie.

    Purtroppo però era anche distratta dalla stanchezza del viaggio e dalla preoccupazione verso la sua famiglia e l'intera Corte. I pensieri l'avevano decisamente messa alla prova più di quanto avesse voluto in quel momento. La dilaniavano crampi allo stomaco e avvertiva un senso di smarrimento, quasi come se si sentisse improvvisamente disorientata, catapultata nuovamente nel suo mondo e nella sua realtà, sebbene di fatto, non ci avesse ancora rimesso piede.

    Da qualche ora a quella parte, sarebbe tornata a Corte, e quella consapevolezza la destabilizzava. Dopotutto, poteva ancora considerarla casa?

    Durante il volo, nelle ore a disposizione per elaborare un piano, non era riuscita a farsi venire in mente nulla di serio. Non aveva trovato affatto il modo giusto per avvisare i suoi genitori dei diabolici piani di suo zio Rod. Considerando che i suoi genitori stessi, la volevano morta, ignari del fatto che lei era la loro unica salvezza.

    Il pericolo era imminente.

    Sebbene Sodom fosse fuori gioco, Rodion non si sarebbe arreso nella sua conquista alla corona e di drow da combattere ce n'erano ancora parecchi. L'intero popolo dell'impero sotterraneo di Sodom.

    I pensieri di Cat, quella notte, si rivolsero a ben altro. In primis vi erano Andron e Zack a tenerla distratta. Il passato e il futuro.

    Sapeva bene che prima o poi quel momento sarebbe arrivato, presto o tardi. Per quanto un amore sia grande, incontrastabile, la vita ci impone di metterlo da parte quando si tratta nulla più che di un tragico trascorso. Doveva lasciare andare Andron, l'amore che provava per lui e il suo ricordo.

    Ma lasciarlo andare per Zack? Era davvero lui quello giusto? Ne valeva la pena?

    Ancora non lo conosceva abbastanza bene, dato che non ve ne era stata occasione. Tante cose ancora doveva scoprire Cat, e mettere a punto, su quel vampiro misterioso e dalla bellezza sfacciata. Prepotente come i pensieri della ragazza a tal riguardo, sorpresa di esserci cascata così facilmente.

    Purtroppo però, le riflessioni sui sentimenti non riuscirono a tenere lontane le crude parole di Sodom circa la sua famiglia e la guerra che erano intenzionati a mettere in atto i drow, con l'aiuto di suo zio. Non poteva di certo permettersi da farsi rendere vulnerabile a causa dei sentimenti.

    Il potere. Sempre il potere. Una razza che domina sull'altra. Pareva quasi di rimanere intrappolati nel solito circolo vizioso, nella stessa storia che si ripete da secoli. Tra umani e tra creature di immortali.

    Quanto dolore tra gli innocenti e quanto odio, sprecato in toraci vuoti. In politica. In sangue che continua a scorrere per mano dell'illusione del potere. Perché, in fondo, nessuno al mondo è davvero libero e dominatore. Forse all'apparenza, ma sotto l'epidermide ogni creatura è identica, che sia umana o non.

    O perlomeno, questa era da sempre la ferma convinzione di Cat.

    Ma doveva farsi coraggio e affrontare la situazione, così terminato il caffè e quindi la breve sosta che si era concessa, si diresse verso l'uscita dell'aeroporto. La prima cosa che avrebbe dovuto fare, sarebbe stato recuperare l'auto di suo zio che aveva lasciato poco lontano dall'aeroporto, lasciata in un luogo appartato dell’ampio parcheggio nella zona circostante.

    Si coprì più che poteva con tanto di cappellino e sciarpa color panna, per proteggersi dal sole e dal freddo, confondendosi ancora una volta tra la gente, per non dare troppo nell'occhio.

    Indossava un lungo cappotto bianco e un outfit chiaro che si sposava con il suo incarnato e i capelli biondissimi. Era candida come la neve, poteva sembrare una regina di ghiaccio delle favole.

    Mettendo da parte i pensieri e le preoccupazioni quindi, si affrettò a raggiungere il luogo del parcheggio, ma l'auto non c'era più.

    Poté ipotizzare che l'avevano rubata, oppure che Rod l'avesse ritrovata grazie al Gps. In ogni caso, senza un mezzo, non avrebbe potuto fare ritorno a Corte, decisamente troppo distante da Mosca.

    Decise quindi di fare marcia indietro, dirigendosi nuovamente verso l'aeroporto per chiamare un taxi, quando ad un certo punto, mentre camminava a passo svelto, percepì un'aura inquieta.

    C'erano dei drow nei dintorni.

    Di sicuro anche loro potevano percepirla e l'avrebbero trovata da lì a poco se non si fosse sbrigata. Dunque si guardò attorno, nascondendo il viso più che poteva con la sciarpa.

    Proprio mentre stava per raggiungere l'ingresso, i suoi occhi si posarono su un manifesto flagellato da cartelloni pubblicitari e biglietti di annunci di ogni tipo, tra i quali una serie di cartelli con la sua foto e la scritta ricercata.

    I suoi famigliari erano giunti a tal punto da esporsi con gli umani pur di trovarla e stanarla?

    Cat rabbrividì. Se non fosse stato per Maya o poche altre persone, avrebbe lasciato perdere tutto e avrebbe lasciato i suoi genitori in balia degli eventi, come molto probabilmente meritavano.

    Se davvero si erano esposti con gli umani, i quali non devono assolutamente conoscere l'esistenza delle fate e della Corte Unseelie, significava che la faccenda era gravemente seria per lei, ma significava anche che i drow li stavano lasciando in pace.

    E a proposito degli elfi oscuri, ecco che la sensazione negativa tornò a turbare Cat.

    Erano vicini. Sempre più vicini.

    In preda al panico, si guardò nuovamente attorno, sperando che nessuno la riconoscesse.

    Entrò in fretta nell'aeroporto, e due agenti della sicurezza le si piazzarono di fronte, bloccandola.

    «Signorina, qualcosa non va?» chiese il primo con una voce profonda e corposa.

    «Documenti, prego» ordinò il secondo, senza dare il tempo a Cat di spiegarsi.

    Indossavano un giaccone col cappuccio che copriva loro le teste e parte del viso, ma dalla pelle eccessivamente scura, Cat capì che non erano due semplici agenti. Non umani perlomeno.

    Erano i drow che aveva percepito!

    Quando alzò lo sguardo, Cat sussultò e rimase pietrificata dinnanzi i due.

    «Cerchiamo di non dare nell'occhio. Venite con noi, principessa» ringhiò a denti stretti il primo, con un tono che non ammetteva repliche.

    «Non credo proprio!» esclamò indietreggiando la ragazza.

    Non poteva utilizzare i suoi poteri tra gli umani, quindi combattere era tassativamente escluso. Doveva scappare.

    «Abbiamo l'ordine di portarvi nella nostra base, con le buone o con le cattive!» aggiunse minaccioso il secondo drow in divisa.

    Se non altro, pensò Cat, non erano stati i suoi genitori a spargere manifesti col suo ritratto. Era fin troppo strano che si esponessero in quel modo agli umani. Una sfrontatezza del genere non poteva che appartenere agli elfi oscuri.

    Senza possibilità di scelta e senza aggiungere nient'altro, non appena uno dei due tizi in divisa si mosse verso Cat, questa sfrecciò di corsa verso l'uscita dell'aeroporto.

    Quando fu all'esterno, la ragazza si gettò tra la folla di gente che andava e veniva su e giù, prendendo carica con l'ausilio dei suoi poteri. Le fate infatti, potevano incrementare la loro energia nella corsa, spostandosi a una velocità tale, da risultare impercettibili, come fossero libellule.

    Riuscì così a farsi largo tra la gente, a slalom, mentre i drow coi loro movimenti pesanti e goffi, rimasero parecchio indietro.

    Cat raggiunse il parcheggio dei taxi e si avventò sul primo disponibile, gettando il suo bagaglio sul sedile posteriore e finalmente, mettersi in salvo.

    «La prego, parta! subito!» ordinò la ragazza col cuore in gola.

    «Per dove?» chiese il tassista, un uomo dall'aspetto trasandato di una quarantina d'anni portati male, con un tono assonnato e impastato dal chewingum che stava ruminando.

    Un tono che innervosì parecchio Cat.

    «Verso il centro di Mosca!» rispose seccamente lei. In realtà, ogni zona andava bene, ma optò per il centro. Seminare i drow, sarebbe stato più semplice in mezzo al caos urbano.

    «Si tenga forte...» si limitò a dire il tassista svogliato.

    Sebbene all'apparenza quell'uomo sembrava un bradipo reincarnato nel corpo di uomo tarchiato e poco affidabile, il tassista sterzò l’auto e diede il via a una folle corsa verso la ramificazione di strade che dall'aeroporto si estendevano in direzione di Mosca.

    Si piazzò così sulla tre corsie che dava alla tangenziale investendo per poco una famiglia che litigava sul numero eccessivo di bagagli a mano.

    Cat si sentì rincuorata dal fatto che il tizio non dormisse alla guida e si chiese se per caso avesse compreso la situazione e avvertito la sua agitazione.

    In ogni caso, la presenza degli elfi era ancora vicina. Cat si voltò per osservarli dal finestrino posteriore del taxi e li vide privare due motociclisti dai loro veicoli, per raggiungerla ad alta velocità.

    «Non sarà mica una pazza criminale lei, vero dolcezza?» chiese in tono piatto il tassista, scrutandola dallo specchietto retrovisore.

    «No! Certo che no!» si offese Cat.

    «E allora perché quei due sbirri ci stanno alle costole?!»

    Dannazione, pensò Cat, come spiegarglielo?

    «Non sono veri poliziotti, ma gente che vuole farmi del male!»

    «Non hanno l'aria da poliziotti infatti... ha almeno i soldi per pagarmi?»

    Di tutta risposta, Cat gli mostrò una banconota da 500 rubli.

    A quella visione, l'uomo premette sull'acceleratore a tavoletta, continuando la sua spericolata corsa in mezzo al traffico mattutino.

    Facendo slalom tra le auto in coda, il tassista raggiunse la tangenziale piuttosto facilmente.

    Il guaio stava nel fatto che era un lungo rettilineo, quindi seminare i drow sarebbe stato impossibile.

    Riuscirono comunque a raggiungere in fretta l’anello che circondava la città di Mosca, pur tenendosi attaccati gli ostinati inseguitori che riuscirono a stare al passo col suo spericolato modo di guidare.

    Più di una volta infatti, per poco non andò contromano a sbattere contro auto e camion, oppure riuscì a schivare un paio di pedoni che per non li investì per un soffio.

    «Ma lei dove ha imparato a guidare?» chiese perplessa Cat, sentendosi lo stomaco sottosopra, come se fosse in balia di una giostra pericolosa.

    «La guida è una mia passione signorina!» rispose fiero l'uomo.

    «Lei è proprio fuori di testa!»

    «Ma è con la pazzia che la sto salvando.»

    Cat non poteva di certo dargli torto. Se non fosse per lo spirito spericolato di quell'uomo, i drow li avrebbero raggiunti già da un bel pezzo.

    Tuttavia, nel fitto traffico della città, il tassista dovette rallentare se non voleva causare seriamente un incidente, senza contare la vera polizia che sarebbe arrivata di corsa per multarlo. Due inseguitori bastavano e avanzavano.

    «E ora come facciamo? Ci bloccheremo! Se ci fermeremo a un semaforo, quelli ci raggiungono!» si allarmò la ragazza.

    «Non ho altra scelta purtroppo! Qui davvero rischiamo di farci del male!» sbottò l’uomo.

    «Il centro è ancora parecchio lontano?»

    «Abbastanza signorina. Ora ci troviamo nel quartiere di Birjulëvo Vostočnoe e mi servirà un altro bel bigliettone, per portarla a destinazione…»

    «Sì certo, certo, pensi a guidare» Cat capì che la stava fregando, ma doveva stare al gioco.

    Il tassista senza poter aggiungere altro, proprio mentre dovette rallentare per le auto ferme in coda, uno dei drow iniziò a fare fuoco contro il taxi.

    «Oh cazzo! sono pure armati! merda!» imprecò impaurito l'uomo con gli occhi sgranati. Dovette ammettere che in tutta la sua carriera, sebbene avesse accompagnato in ogni dove pure dei malfattori, non si era mai trovato coinvolto in una situazione del genere.

    «Si calmi e faccia qualcosa lei che è esperto nella guida!» lo intimò Cat col cuore in gola per la paura, abbassandosi sul sedile. Purtroppo era disarmata e senza poter usare i suoi poteri, non aveva modo di ricambiare all’attacco.

    «Si tenga forte allora!»

    Un terzo sparo che colpì uno degli specchietti dell'auto, convinse il tassista a compiere un ulteriore gesto spericolato, quanto disperato.

    Virò sul marciapiede di destra, suonando il clacson a tutto spiano per avvertire i pedoni e farsi largo, fino a raggiungere una stradina secondaria, decisamente più sgombera e premendo sull'acceleratore, si inoltrò nelle ramificazione del quartiere, dove troneggiavano altissimi palazzi residenziali.

    Stavolta i drow, colti di sorpresa, rimasero indietro.

    «Visto eh signorina, sono troppo fico!» esclamò urlando tutto eccitato il tassista, voltandosi verso Cat.

    «Sì, ma guardi avanti! Oh santo cielo!» indicò la ragazza in direzione della strada.

    Il pericolo nella strada. Pericolo che si rivelò fatale. Tutto accadde nell'arco di una frazione di qualche secondo.

    Un camion di traslochi fece retromarcia uscendo dal parcheggio di un palazzo e il tassista distratto, ci andò a sbattere contro.

    L'auto trascinò con sé il camioncino e il tassista, nel tentativo di riprendere il controllo del volante, fece virare l'auto, ma un furgone che giungeva nella loro direzione, non ebbe il tempo di frenare che si schiantò contro il taxi e lo fece spaventosamente sollevare da terra.

    Prontamente, Cat afferrando la sua valigia, si gettò fuori dal taxi e rotolò sull'asfalto ferendosi le

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