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Tattooed Dots
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E-book331 pagine3 ore

Tattooed Dots

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Info su questo ebook

Le persone entrano nelle nostre vite per le ragioni più disparate. Con il tempo comprendiamo chi è destinato a rimanere una semplice conoscenza e chi resterà al nostro fianco per il resto della nostra vita.


Easton Crawford ha sempre messo al primo posto la sua carriera come modello finché il suo matrimonio non sfocia in un divorzio. Anni dopo, comincia finalmente a capire come essere il padre di cui sua figlia ha bisogno. Non è in cerca di qualcuno che occupi il ruolo di madre… è interessato solo a del sesso occasionale.


Quando il suo migliore amico lo convince che il modo migliore per conoscere una donna sia partecipare a una crociera per soli single, trova molto di più di una semplice avventura.
Con una madre incapace di rispettare il ruolo di genitore, Brooke Bradley è stata costretta a crescere in fretta e a occuparsi della sorellina già dall’età di tredici anni. Da quel momento, Brooke non ha mai smesso di prendersi cura dei suoi cari, incluso quel fannullone del suo ragazzo, Jared.


Per il trentesimo compleanno di Brooke, le sue amiche la sorprendono con una crociera, ma tralasciano un piccolo dettaglio… si tratta di una crociera per soli single. Quando Brooke incontra Easton, l’unico uomo disposto a essere una costante nella sua vita, troverà finalmente il coraggio di lasciare Jared?


Quando un problema minaccia di cambiare la situazione e Brooke ed Easton saranno costretti ad affrontare domande irrisolte e tacite paure, resteranno solo dei conoscenti oppure trascorreranno insieme il resto della loro vita?

LinguaItaliano
Data di uscita12 gen 2020
ISBN9781547525218
Tattooed Dots

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    Anteprima del libro

    Tattooed Dots - Kimberly Knight

    DEDICA

    Per tutti quelli che hanno perso la speranza. Ricordate che niente è impossibile.

    PROLOGO

    Easton

    Il momento in cui strinsi tra le braccia la mia bambina, ripromisi a me stesso che avrei fatto di tutto per impedire che le accadesse qualcosa.

    Sua madre ed io eravamo fidanzatini al liceo e ci sposammo direttamente dopo il diploma e, per nostra grande sorpresa, scoprì presto di essere incinta di Cheyenne. Quando Dana mi mostrò il test di gravidanza, sorridente e impazzita dalla gioia, pensai che niente potesse andare storto nella mia vita. Stavamo facendo ciò che era giusto: matrimonio, figli, il nostro per sempre insieme.

    Gli stessi fidanzatini del liceo adesso si ritrovano in un’aula di tribunale seduti dietro due tavoli separati, in attesa che un giudice ci dica quanto debba alla stronza che mi ha dato il dono più importante che non mi ero mai reso conto di desiderare. Sono trascorsi cinque giorni da quando abbiamo messo piede la prima volta in aula. Non abbiamo avuto molto su cui discutere, ma l’unica cosa su cui non cederò è mia figlia.

    Dana stava cercando di sfruttare qualsiasi cosa in suo poter per ottenere la custodia esclusiva. Nell’ultimo anno del nostro solido matrimonio, si è comportata come un angioletto facendo passare me per il cattivo ragazzo. Ha anche fatto in modo che il suo avvocato richiedesse che mi sottoponessi a un test anti droga. Ovviamente, il risultato fu negativo.

    Al liceo fumavamo il venerdì dopo la partita di football quando ci riunivamo con i nostri compagni per festeggiare. Non smettemmo di fumare perché era un male per noi; eravamo poveri e avevamo di bisogno di quei soldi per mangiare, soprattutto perché eravamo dei ragazzini che giocavano a marito e moglie che tra meno di nove mesi avrebbero avuto una bocca in più da sfamare. Non fumavo erba da quando quella stronza era rimasta incinta. Ma adesso, mentre eravamo quasi alla fine del processo, ero così nervoso che avrei tanto desiderato farmi una bella canna e soffiarle su quella faccia di culo che si ritrovava.

    Il giorno in cui Dana mi disse di aspettare un bambino risposi a un annuncio per uno shooting fotografico e iniziai la mia carriera come modello. Potrei mentire e dire che stiamo divorziando solamente per Dana e il suo carattere petulante, ma la verità era che l’avevo tradita ripetutamente con diverse puttane. Era semplice dal momento che quelle puttane vedevano solamente un bel visino e un corpo da urlo, mentre Dana restava a casa a prendersi cura di Cheyenne.

    Una parte di me si pentiva di essere stato infedele, ma un’altra era sollevata. C’eravamo sposati giovani, e non potevo immaginare di trascorrere il resto della mia vita con una moglie stronza e assillante sempre pronta a urlarmi contro. Adesso era seduta alla mia destra, mentre picchiettava le sue unghie sul tavolo con una perfetta French manicure, e tutto quello che volevo fare, era andare da lei e strappargliele dalle sue fottute dita.

    Sapevo volesse solamente farmi incazzare. Era una sorta di schiaffo, perché era consapevole che non avrebbe ottenuto l’affidamento esclusivo di Cheyenne. L’inferno avrebbe dovuto congelare prima che potessi permettere a un giudice qualunque di strapparmi il cuore dal petto e servirlo su un piatto d’argento a Dana.

    Osservai l’orologio fare tic tac, secondo dopo secondo, minuto dopo minuto. Sentii gli altri parlare, ma non stavo davvero prestando attenzione. Il processo era già durato una settimana per tutti i testimoni coinvolti, l’assistente sociale e gli avvocati che avevano seguito il nostro caso. Dana stava giocando sporco ed io non ero stato da meno. Se voleva mentire dicendo che facessi uso di droghe davanti a Cheyenne, allora doveva trovarsi un lavoro. Non l’avrei mai più mantenuta.

    Naturalmente, Dana non voleva lavorare. Voleva continuare a vivere a spese dei miei incarichi e del lavoro che facevo per la compagnia di architettura paesaggistica di suo padre. Non appena il processo sarebbe finito, e il giudice avrebbe emesso la sentenza, avrei mollato quel fottuto lavoro. Meno sapeva della mia vita, meglio sarebbe stato per me. Non avevo bisogno che suo padre mi desse ordini e la informasse di ogni mia mossa. Inoltre, l’assegno per gli alimenti sarebbe diminuito.

    La mia carriera nella moda mi avrebbe permesso di mantenere la mia bambina. Il padre di Dana mi pagava una miseria e non ne valeva la pena. Se i miei ingaggi avessero cominciato a diminuire, avrei trovato un altro massacrante impiego.

    «Lunedì dovrai preparare una strategia per dire al giudice che le mie entrate sono diminuite,» mi piegai per sussurrare al mio avvocato.

    «Perché?» rispose con voce suadente.

    Già, il mio avvocato era una donna, ed era davvero sexy. Inizialmente avevo assunto Allison perché ero certo Dana avrebbe pensato che andassi a letto con lei. Okay, era vero, ma era un modo per scambiarsi un favore. Io le regalavo orgasmi multipli da urlo, e lei mi garantiva uno sconto per i suoi servizi legali. Era un avvocato con le palle, e adoravo ammirare le sue toniche e leggermente abbronzate gambe muoversi davanti a me mentre interrogava un testimone e presentava una prova al giudice.

    «Lascerò la Parker & Sons,» risposi, avvicinandomi per annusare il suo profumo che restava su di me dopo aver fatto sesso.

    «Cosa?» Sussurrò, sgranando gli occhi per la sorpresa.

    «Ti spiegherò quando questa stronzata sarà finita,» le risposi, notando alle sue spalle Dana che ci stava fissando. Solamente per farla incazzare di più, appoggiai una mano sulla coscia di Allison, che poteva vedere perfettamente da quella posizione, e la avvicinai tra le sue gambe. Allison afferrò la mia mano, mi lanciò un’occhiataccia, e si rivolse al giudice.

    «Che c’è?» Chiesi con un sorrisetto malizioso.

    Cazzo, stavo solamente facendo in modo che la sua fantasia diventasse realtà. Una notte dopo uno dei nostri... incontri, mi aveva confessato di aver sempre desiderato di essere scopata sul tavolo di un’aula di tribunale fino a non poter più camminare. Suppongo quella fantasia non includesse la presenza della mia quasi ex moglie o un anziano giudice sul punto di rimetterci le penne proprio sul suo banco.

    Dopo un interrogatorio di almeno un’ora, l’avvocato di Dana permise finalmente al mio migliore amico di respirare. Naturalmente, Avery non aveva detto nulla che potesse dare l’impressione che fossi un pessimo padre per mia figlia come ero stato ingiustamente accusato.

    Avery ed io eravamo amici da molto prima che conoscessi Dana. Avevamo giocato a baseball dall’età di quattro anni fino al diploma. Poi lui si era iscritto all’università mentre Dana ed io giocavamo alla famiglia perfetta. Sapevo avrei dovuto seguirlo e sfruttare la borsa di studio per il baseball concessa dallo stato della Florida invece di ascoltare Dana. Diciamo soltanto che non avevo pensato con la testa.

    Maledetta stronza.

    «Ci sono altri testimoni?» Domandò il giudice a quell’incapace di un avvocato che Dana aveva assunto.

    «No, vostro onore.»

    Il giudice disse qualche stronzata che non ascoltai e poi ci congedò. Così accompagnai Allison fuori fino al parcheggio.

    «Ti va di bere qualcosa?» domandò Allison quando raggiungemmo la sua auto, accarezzando il mio petto muscoloso e guardandomi con uno sguardo che avevo imparato a conoscere negli ultimi sei mesi. Significava che era arrapata e voleva il mio cazzo.

    «Non posso, tesoro. Cheyenne è con i miei genitori che sono venuti da New York, ricordi?» Era il mio fine-settimana con Cheyenne, e non vedeva i miei genitori da cinque mesi.

    «Che ne dici di una sveltina? Voglio scopare da almeno venti minuti, da quando mi hai accarezzato la coscia in aula.»

    Osservai il cellulare quasi scarico e mi resi conto che mancavano trenta minuti alle cinque. «D’accordo, ma tieni gonna e scarpe. È da tutto il giorno che mi provochi con quel sedere.»

    «L’ho fatto per tutta la settimana.» Ammiccò.

    I pantaloni divennero insopportabilmente stretti a quel ricordo. «Lo so, e sai che cosa ti ho fatto due notti fa proprio per questo?»

    «Sì, e desidero che lo faccia ancora,» disse, sciogliendosi i capelli castani e avvicinandosi.

    Le afferrai i capelli spingendola contro la sua BMW grigio metallizzata, e inarcò la schiena quando le baciai la gola.

    «Non qui, Easton. I miei colleghi ci ...» Allison ridacchiò e fremette quando sentì la mia erezione, mentre pensavo di scoparla in auto con le mani legate con il manico che usava per appendere la giacca.

    «Lo sapevo che ti stavi scopando la servitù,» disse una voce che conoscevo bene e che non aveva intenzione di lasciarmi in pace.

    Avrei tanto voluto scappare. Allison si sistemò la gonna quando ci allontanammo e mi rivolsi alla madre della mia bambina.

    «La servitù, come la definisci, può andare avanti per tutta la notte e non fermarsi dopo un solo orgasmo,» risposi, prima di rendermi conto che Dana fosse con suo padre.

    Cazzo!

    «Oh Dio,» mormorò Allison.

    «Fottiti, Easton! Perché non sei a casa da nostra figlia? Ovviamente l’hai mollata ai tuoi genitori.»

    «Dana ...» disse Bill, cercando di portarla in auto.

    «Per tua informazione, stavo salutando il mio avvocato ringraziandolo per averti fatto il culo in tribunale.»

    «Basta così!» Urlò Bill, e tutti gli occhi si posarono su di lui.

    Avevo ancora paura di quell’uomo. Durante il nostro primo incontro, quando passai a prendere Dana per il nostro primo vero appuntamento, quasi me la feci addosso. Era ancora in forma per un uomo della sua età, e quando aveva scoperto le ragioni per cui Dana ed io stavamo divorziando, avevo davvero temuto per la mia vita.

    «Dana, sali in auto. Easton, ci vediamo lunedì.»

    «Già, a proposito ...»

    «No, non ho più voglia di parlare con te oggi. Passa del tempo con i tuoi genitori e salutameli. Parleremo da uomo a uomo lunedì.»

    Deglutii rumorosamente quando pronunciò quelle parole. Dana salì nella mia Ford Edge, sbattendo lo sportello e suo padre la seguì. Quando andarono via, mi voltai verso Allison e la salutai. Nonostante desiderassi sprofondare con il mio uccello nella sua fica stretta, desideravo di più vedere mia figlia. Decidemmo di vederci lunedì sera, quando Cheyenne sarebbe andata da Dana e i miei genitori sarebbero tornati a New York.

    Dopo quella lunga giornata in tribunale, accesi la radio per rilassarmi. Ne avevo bisogno, soprattutto per la mia bambina.

    Cheyenne non aveva idea di ciò che stesse succedendo, anche se doveva averlo intuito dato che i suoi genitori non vivevano più insieme e la maggioranza dei suoi compagni di scuola aveva dei genitori divorziati.

    Dieci minuti dopo essere uscito dal parcheggio del tribunale, le note di Sorry di Buckcherry riecheggiarono nella mia Ford F150. Sì, ero un modello, ma non ero il tipo di uomo che spendeva tutti i suoi soldi per delle auto nel tentativo di conquistare qualche pollastrella. Fidatevi, ero pieno di donne. Cavolo, Tim McGraw aveva anche scritto una canzone a proposito.

    Mentre ascoltavo la canzone di Buckcherry, presi in considerazione l’idea di chiamare Dana per scusarmi. Il mio non era stato un matrimonio felice. Ero sempre stato circondato da belle donne e non ero stato giusto né con lei né con Cheyenne. Dana era stata il mio primo amore, e quando le avevo chiesto di sposarmi dopo aver vinto l’ultima partita del campionato a liceo, ero stato sincero.

    Volevo davvero sposarmi e avere una famiglia. Se avessi saputo prima che cosa il futuro avesse in serbo per me, avrei aspettato di diventare una persona più matura e la laurea prima di dichiararmi.

    Era colpa mia se la nostra famiglia era andata in pezzi. Se fossi stato un uomo migliore, avrei fatto tutto in maniera diversa. Mi vergognavo del modo in cui l’avevo trattata, e non ero nemmeno stato nemmeno un bravo padre per Cheyenne.

    Mi asciugai gli occhi con la manica della camicia e sussurrai un mi dispiace, anche se non poteva sentirmi. Ad ogni modo, non lo avrei mai detto in faccia a Dana.  Non dopo l’inferno che mi aveva fatto passare nel tentativo di portarmi via Cheyenne, ma dovevo sistemare le cose e diventare un uomo e un padre migliore.

    Parcheggiai nel vialetto e non vidi la mia piccolina aspettarmi affacciata alla finestra come sempre.

    «Easton!» esclamò mia madre quando entrai in casa.

    «Che succede?» domandai, osservando il suo viso arrossato e gli occhi gonfi per il pianto. «Chey sta bene?» Mi guardai attorno.

    «Sì, è in giardino con tuo padre.»

    Sospirai per il sollievo. Forse Cheyenne si era distratta giocando con i miei e non mi aveva aspettato al solito posto.

    «Okay, allora che succede? Perché stai piangendo?»

    «Bill ha chiamato.»

    «Che stronzo!» Mi passai la mano tra i capelli biondi. «So che siete amici...»

    «No, non è questo,» mia madre singhiozzò scuotendo il capo.

    «Allora parla!» Stavo davvero perdendo la pazienza.

    «Si tratta di Dana ...»

    «Ovviamente. Che cazzo vuole adesso? L’ho vista trenta minuti fa. Ricordi che sono stato in tribunale con lei tutto il giorno?» Mi sedetti sul divano, non avendo per niente voglia di parlare della mia ex.

    «Chiudi il becco e ascoltami!» mia madre esclamò. Lacrime ripresero a rigarle il viso quando continuò a parlare. «Dopo aver lasciato il tribunale, Dana... ha avuto un incidente d’auto ...»

    Sì, odiavo Dana, ma era la madre di mia figlia, e non avrei mai voluto che morisse. Cheyenne aveva bisogno di sua madre e il pensiero che Dana avesse avuto un incidente mi sconvolse.

    «Sta bene?» sussurrai, cercando di trattenere le lacrime.

    «No,» rispose. «Dana è morta prima di arrivare in ospedale.»

    Dicono che gli uomini non piangono. Stronzate.

    Quel giorno mia figlia perse sua madre senza nemmeno dirle addio. Quel giorno persi il mio primo amore e fu anche in giorno in cui piansi tra le braccia di mia madre, continuando a ripetere mi dispiace.

    CAPITOLO UNO

    Cinque anni dopo ...

    Brooke

    Ho sentito dire che il periodo migliore della tua vita comincia quando compi trent’anni. I miei venti non erano stati male, ma speravo che il prossimo anno sarebbe stato ancora meglio visto che domani avrei raggiunto i temuti trenta. Naturalmente, avevo paura, sebbene mi avessero detto che fossero gli anni in cui diventi la persona che sei destinato a essere, che dovresti aver tutto ciò che desideri... un lavoro stabile, essere sposati o quasi, forse avere anche dei figli. Io ne avevo due su tre.

    Invece di frequentare un corso universitario di quattro anni, andai in un community college nei fine-settimana per ottenere la certificazione di assistente legale mentre lavoravo a tempo pieno come receptionist per un hotel di lusso. In compenso rinunciai a ubriacarmi come tutti gli studenti universitari, ma fu comunque un periodo divertente. Avevo frequentato bar per anni, avevo un buon lavoro come assistente legale, amici fantastici... ma sentivo la mancanza di qualcosa. Mentre stavo facendo carriera, avevo raggiunto un momento di stallo nella mia vita amorosa.

    Amavo il mio ragazzo, Jared. Stavamo insieme da quattro anni, e speravo che un giorno mi chiedesse di sposarlo. La maggioranza dei miei amici era prossima al matrimonio, ma lui non ne aveva mai parlato. Quando tiravo in ballo l’argomento, lui cambiava discorso. Cavolo, vivevamo insieme. Era come essere sposati... perché non renderlo ufficiale?

    «Brookie, sei pronta?» chiese la mia migliore amica da ormai quindici anni entrando in bagno senza bussare.

    «Sì, ti sembra vada bene?» domandai a Nicole, voltandomi per osservare il mio sedere allo specchio del bagno. Gli strass sui miei jeans luccicarono sotto la luce quando mi mossi. Sembrava quasi che volesse dire: Guardate il mio sedere, gente!. Speravo solo che non sembrasse troppo grosso.

    «Stai bene. Sbrigati, o faremo tardi.» Sistemò il ciuffo biondo che le ricadeva sulla fronte. Era da un po’ che i capelli di Nicole erano tornati lunghi. Una volta li aveva tagliati sopra le spalle. Era un taglio carino, ma li preferivo più lunghi con ricci morbidi sotto le spalle e un tocco di lacca.

    «Come posso essere in ritardo alla mia festa?» Ridacchiai, alzando gli occhi al cielo.

    Nicole odiava fare tardi. Io, al contrario, potevo sopportare cinque minuti di ritardo, soprattutto se si trattava della mia festa di compleanno. Di certo non potevano iniziare senza di me. Quando ero più piccola, facevo sempre tardi agli appuntamenti per assicurarmi che mia sorella fosse pronta in tempo in qualsiasi occasione.

    «Ad ogni modo, andiamo. Ho fame, e sai quanto posso diventare spiacevole quando sono affamata,» mise il broncio.

    Lanciai un’ultima occhiata allo specchio, raddrizzando il mio top nero con lustrini che avevo abbinato a dei jeans a zampa e a delle zeppe nere. Dopo essermi accertata che lo smokey eye sui toni del grigio facesse risaltare i miei occhi verdi, cercai di dare più volume ai miei capelli castani che avevo allisciato con la piastra.

    «Hai portato i calzini?»

    «Merda, no. Non riesco ancora a credere che voglia andare al bowling per festeggiare il tuo compleanno. Dovremmo andare a ballare o roba simile.»

    «Ti ho detto che da bambina sognavo di avere una festa stile bowling, ma non è mai successo. Inoltre, usciamo quasi ogni fine-settimana. Oggi voglio solo andare a cena con i miei migliori amici e sfidarvi a bowling. Desidero qualcosa di diverso

    Avevo sempre desiderato che mia madre mi organizzasse un compleanno al bowling, ma il mio sogno non si era mai realizzato. Lei era sempre fuori per lavoro, e lasciava che mia sorella e io ce la cavassimo da sole. Tutto iniziò quando compii tredici anni mentre mia sorella, Baliee, ne aveva sei. Quel giorno tornai a casa da scuola e trovai un biglietto di mia madre sul tavolo della cucina con una banconota da cento dollari che sarebbe dovuta bastare per almeno una settimana per me e mia sorella. Non avevo idea di come occuparmi di una bambina di sei anni senza alcun aiuto. Quello fu il giorno in cui smisi si essere un’adolescente e divenni un’adulta, una nutrice che doveva pensare al bene di un’altra persona prima che a se stessa.

    In prima superiore scoprii che i suoi viaggi di lavoro non erano altro che delle occasioni per divertirsi con i suoi fidanzati in posti lussuosi. Mia madre aveva sempre avuto un certo fascino che riusciva a conquistare gli uomini. Era in grado di ottenere qualsiasi cosa da loro... regali e viaggi su isole tropicali. Non ci chiese mai di accompagnarla né ci presentò ai suoi spasimanti, ma ci portava sempre un regalo per farsi perdonare della sua assenza.

    A volte ascoltavo le sue conversazioni telefoniche da dietro la porta. Ovviamente, fu in quelle occasioni che scoprii il sesso telefonico. Non glielo confidai mai. Se le aveva dei segreti, allora anch’io li avrei avuti.

    Non vedevo mia madre da quasi quattro anni, dal diciottesimo compleanno di Bailee e dal suo trasferimento a Berkeley. Non mi importava. Crescendo avevo imparato ad accettare che fosse una madre assente. Sapevo che vivesse a Beverly Hills con il suo fidanzato riccone, che non avevo mai conosciuto. Bailee mi aveva detto che aveva provato a farle visita nei fine-settimana, dato che il volo da Berkeley a Beverly Hills è molto breve, ma nostra madre era sempre impegnata.

    Per quanto riguarda mio padre... quale padre? Mia madre non aveva idea di chi fosse. La mancanza di genitori amorevoli doveva essere uno dei motivi che mi aveva spinto a scegliere una carriera come assistente legale specializzata in diritto di famiglia. Non lo facevo per i divorzi ma per i bambini. Erano innocenti e avevano bisogno di qualcuno che combattesse per loro. Amavo il mio lavoro. Adoravo i miei colleghi a parte il mio capo arrogante, che aveva una tresca con una delle nostre clienti. Grazie a Dio non aveva figli con la sua attuale moglie. Non sono certa che potrei rappresentarlo nella causa per il divorzio.

    «Jared, sei pronto?» domandai, entrando in soggiorno, dove lo trovai seduto sul divano con gli auricolari a giocare a Call of Duty... ancora.

    «Sì, abbiamo quasi finito,» rispose, senza staccare gli occhi blu dalla TV da cinquanta pollici. Continuò a parlare con i suoi amici online attraverso la cuffia come se Nicole ed io non lo stessimo aspettando.

    Com’era prevedibile, Jared non ere ancora pronto. La sua vita ruotava attorno ai video giochi. All’inizio, mi dava fastidio, ma con il passare degli anni, mi ero resa conto che potesse andare peggio. Nicole ed io uscivamo nei fine settimana mentre lui restava a casa a giocare online con i suoi amici. Immagino che frequentare locali pieni di ragazze che gli sbavavano addosso potesse essere più preoccupante.

    Sì, capitava spesso che dei ragazzi ci provassero con noi quando andavamo a ballare, ma non tradirei mai Jared. Credevo che lo stesso valesse per lui, ma dovevo ammettere che mi rincuorasse sapere che fosse a casa e non con un’altra.

    «Ci vorrà solo un minuto,» dissi a Nicole.

    «Come no,» sospirò afferrando il cellulare quando si sedette in soggiorno. «Lasciamolo qui.»

    «Non andrò alla mia festa di compleanno senza il mio fidanzato,» dissi, scuotendo la testa.

    Nicole non era una persona paziente. Forse per questo eravamo così amiche da parecchio. Si prendeva cura di me impedendo che la gente mi mettesse i piedi in testa, ed io mi preoccupavo per lei come una sorella maggiore, anche se pochi mesi ci separavano. Il matrimonio dei suoi genitori sembrava andare alla grande, almeno dall’esterno. Non puoi mai sapere ciò che accade nelle vite degli altri, e lei non aveva mai detto nulla per farmi pensare il contrario.

    Aspettammo Jared per altri quindici minuti. Nicole non fu contenta finché non le proposi uno shottino di tequila che le fece sgranare i suoi occhi

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