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Angeli & Whisky: Saddles & Racks Libro 1
Angeli & Whisky: Saddles & Racks Libro 1
Angeli & Whisky: Saddles & Racks Libro 1
E-book333 pagine3 ore

Angeli & Whisky: Saddles & Racks Libro 1

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Info su questo ebook

Whisky, donne e notti insonni… Il Capitano dell’Esercito Americano Gabriel Hastings era certo che avrebbe servito il proprio paese seguendo le orme del nonno. Fin quando non s’innamorò… Quando la storia d’amore di Gabe finisce, lui si rifugia nel whisky e ripromette a se stesso di non innamorarsi mai più. Questo finché non incontra un angelo… Dall’esterno, Autumn Jones ha una vita perfetta. Suo marito, Richard, è un uomo affettuoso che non vede l’ora di diventare padre. Tuttavia, Autumn conosce la verità. Richard ha un lato nascosto e oscuro che tende a controllare qualsiasi cosa, soprattutto Autumn. Non si fermerà di fronte a nulla per trasformarla nella moglie trofeo che tanto desidera. Quando Autumn incontra Gabe, non riesce a smettere di pensare a lui, ma non può seguire i suoi sentimenti. È una donna sposata con un uomo autoritario che non può lasciare. Quando Gabe scopre che tipo di uomo sia veramente il marito di Autumn, farà di tutto per proteggerla. Ma sarà troppo tardi per salvare il suo angelo?

LinguaItaliano
Data di uscita12 gen 2020
ISBN9781547539000
Angeli & Whisky: Saddles & Racks Libro 1

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    Anteprima del libro

    Angeli & Whisky - Kimberly Knight

    DEDICA

    Per tutte le Autumn del mondo.

    Non è necessario aggiungere altro.

    La vostra vita è importante!

    PROLOGO

    9 Marzo

    Gabe

    Non avrei mai pensato che un giorno il mio mondo sarebbe stato consumato da una persona, piuttosto che dal dovere che ho nei confronti del mio paese.

    Era già stato stabilito che avrei seguito le orme di mio nonno. Era il mio destino. Avevo dimenticato che avesse incontrato mia nonna mentre serviva in Vietnam, altrimenti avrei saputo che avrei conosciuto la mia futura moglie in Afghanistan.

    «Hai una ragazza a casa di cui non sappiamo nulla, Capitano?»

    Spostai lo sguardo dallo schermo del computer al Primo Tenente Paul Jackson e poi passai a Cochran, che era seduta dall’altro lato della stanza. L’esatto momento in cui avevo poggiato gli occhi su Cochran, quando si era unita alla mia squadra, non avevo idea che sarebbe diventata il mio primo amore.

    Per qualche secondo, guardai Cochran ridere con Stone, la sua amica che faceva il medico. «Qualcosa del genere,» mormorai, tornando al sito sul mio computer che mi stava permettendo di creare un anello di fidanzamento per lei in tutto segreto. Io ero il Capitano della Specialista Cochran e, a causa delle regole militari, nessuno poteva sapere che ci frequentavamo da nove mesi e che volevo chiederle di diventare mia moglie.

    Avevo sempre pensato che avrei lavorato fino al mio ultimo respiro. Tuttavia, adesso volevo stare con Cochran e passare il resto della mia vita a renderla felice. Era difficile non poterla baciare ogni volta che volevo... sfiorarla quando passava o tenerla per mano. Mi sentivo uno stalker; sempre a guardarla di nascosto.

    «Perché stai progettando un anello di fidanzamento?» chiese, interrompendo il mio monologo mentale.

    Mi voltai a guardarlo. «Sei un imbecille, LT?» ridacchiai.

    «Non sapevo che avessi una ragazza.» Scrollò le spalle e continuò a guardare lo schermo del computer.

    «Beh, invece ne ho una.» Guardai di nuovo Cochran e poi il computer, prima che Jackson lo notasse. «Ne ho fin sopra i capelli di te. Togliti dalle scatole e vai a controllare il tuo equipaggiamento, prima che il Maggiore Cazzone ti faccia il culo.»

    «Tu non ne hai.» Rise, fissando la mia testa calva.

    «Mi piacciono così, Tenente. Adesso sparisci.» Mi passai una mano sulla testa. Avevo cominciato a perdere i capelli un paio di anni fa, così avevo finalmente deciso di mandare tutto a fanculo e rasarli. Cochran pensava fossero sexy.

    «Sai che dovrai inviarmi le sue foto nuda.»

    «Nei tuoi sogni, P.J. Sul serio, vaffanculo.»

    Ero il suo Capitano, ma eravamo come fratelli. Era l’amico più intimo che avessi alla base, quindi era normale che mi facesse delle domande sulla mia vita sentimentale.

    «D’accordo,» sbuffò. «Comunque, l’equipaggiamento va bene, Cap. Ma ti lascerò alle tue cose da femminuccia.» Rise di nuovo, mi diede una pacca sulla spalla e poi si unì al resto della squadra. Stavano guardando Lost mentre aspettavamo una chiamata dalla MEDEVAC, il soccorso medico.

    Ero stanco della guerra. Non avrei mai pensato di dirlo. Da quel che ricordo, ho sempre voluto essere un eroe americano, ma adesso era tutto diverso.

    Avevo già servito per due volte e, non appena avessi finito la terza, mi sarei ritirato. Non volevo più stare nel deserto. Non volevo più sentire il rumore dei fucili a distanzaspari in lontananza ventiquattro ore su ventiquattro. Non volevo provare quella terribile sensazione allo stomaco ogni volta che la MEDEVAC chiamava per dirci che eravamo sotto tiro.

    Volevo Alyssa Cochran... su una spiaggia alle Hawaii.

    Volevo svegliarmi accanto a lei e vedere i suoi occhi blu brillare ogni volta che il sole sorgeva.

    Volevo vedere i suoi capelli biondi sul mio cuscino.

    Volevo stare con lei alla luce del sole.

    Volevo che diventasse mia moglie.

    Cochran si alzò dal divano ed io cercai di coprire lo schermo del computer. La guardai con disinvoltura. Si passò una mano sul naso. Il nostro segno. Provai a nascondere il mio sorriso quando salvai il mio progetto online e cancellai la cronologia, poi chiusi la finestra del computer. Non vedevo l’ora di averla tra le braccia.

    Andai in corridoio, fingendo di aver bisogno del bagno. Mi voltai e, quando mi assicurai che non ci fosse nessuno, uscii dalla porta e andai da Cochran.

    «Ti ho mai detto che mi piacciono gli uomini in uniforme?» sussurrò afferrandomi per un braccio e trascinandomi in una stanza vuota.

    Chiusi la porta. «Mi assicurerò di tenermi l’uniforme allora.» La avvolsi tra le braccia e la strinsi come se fosse il nostro ultimo giorno insieme. Odiavo tutta quella situazione: vedersi di nascosto, non poterla baciare ogni volta che lo desideravo, non poterci accoccolare sul divano e guardare un film.

    «Bene.» Sorrise quando abbassai il volto e la baciai, godendomi il leggero sapore del suo rossetto alla ciliegia.

    Afferrandola per mano, la guidai verso una delle brande e mi sedetti al centro, poi la attirai su di me. Mi mise le braccia al collo. «Perché tu e Stone stavate ridendo prima?» chiesi inalando il suo odore. Profumava di vaniglia... un sensuale peccaminoso zucchero alla vaniglia.

    Allontanò il volto e sogghignò. «Non posso dirtelo. Sei il mio Capitano.»

    «Alys...»

    «Stavamo giocando a Scopa, Sposa, Uccidi,» disse all’improvviso.

    Serrai la mascella. Non volevo sapere chi volesse scopare, ma la mia curiosità ebbe la meglio. «Chi hai scelto?»

    Dopo un po’ rispose. «Non puoi arrabbiarti, Gabe. Era soltanto per ridere.»

    «D’accordo, non mi arrabbierò. Dimmelo.» Le sistemai dietro l’orecchio una ciocca di capelli che era sfuggita dal suo chignon.

    «Beh, ovviamente sposerei te... ti amo. E Stone e io vogliamo entrambe uccidere il Maggiore Cazzone, nonostante non sia male.» Si fermò e prese un respiro profondo prima di continuare. «Ora arriva la parte per cui non puoi arrabbiarti...»

    «Dillo e basta, piccola.» Sapevo di non potermi infuriare per uno stupido gioco, ma era come quando fai un sogno e qualcuno ti fa incazzare; ti svegli e sei arrabbiato con quella persona senza nessuna ragione. Ed era così che mi sentivo. Volevo sapere con chi dovessi competere.

    «Io... io scoperei Jackson.»

    M’irrigidii e la strinsi con più forza. Sì, volevo strangolarlo nonostante fosse il mio migliore amico.

    «È soltanto un gioco C.S.» Sorrisi. C.S. stava per Capitan Schianto. Sapevo avesse usato il mio nomignolo per alleggerire l’atmosfera. «Voglio soltanto scopare te... e vado a letto soltanto te.»

    «Lo so, piccola. Ma il mio migliore amico?»

    «È solo un gioco, C.S.»

    «Devo preparare una lista anch’io.» Ridacchiai. Occhio per occhio.

    Mi diede un buffetto sul braccio. «Non osare!»

    «D’accordo, non lo farò. Ma spero che i prossimi sei mesi passino in fretta. Voglio che Jackson sappia che tu sei mia.» Feci scivolare la mano sotto l’orlo della sua maglia militare, sfiorandole il ventre e sentendo il bisogno di toccare la sua pelle calda e morbida.

    Mi sorrise. «Anch’io.»

    «Forse...» Mi fermai per un secondo, per capire se fossi veramente sicuro di quello che stavo per suggerire. «Forse dovremmo dirlo a Jackson e Stone? Mi fido di loro e possono guardarci le spalle.»

    «Vuoi rischiare parlandone con loro?»

    Senza che me ne rendessi conto, avevo sfilato la maglietta di Alyssa dai suoi pantaloni. La volevo in quel momento, non mi interessava che la mia squadra potesse scoprirlo. Se qualcuno lo avesse detto al Maggiore Cazzone, me la sarei vista io con lui. Avrei rischiato di essere cacciato dall’esercito pur di poter stare con lei e di prendere a calci in culo il Maggiore Cazzibe. Quello non era il suo vero nome, ma se lo era meritato. A nessuno piaceva un Cazzone.

    «Rischierei tutto per te.»

    «Okay, allora facciamolo. Mi fido di loro. Stone è la mia migliore amica.»

    «Bene.» Concordai e cominciai a toglierle la maglietta proprio quando qualcuno bussò alla porta. Ci fermammo improvvisamente, trattenendo il respiro.

    «Cap, abbiamo un Dustoff,» disse Jackson da dietro la porta. Anche se avrei voluto passare tutta la giornata con Cochran, avevamo una chiamata della MEDIVAC a cui rispondere.

    «Merda, lo sa già,» sussurrò Alyssa e con occhi spalancati si allontanò da me.

    La guardai ma non dissi nulla mentre si rinfilava la maglietta dentro i pantaloni. Jackson aveva bussato alla sua porta. Sapeva che fossi con lei.

    «Quanti?» chiesi mentre Alyssa si sistemava.

    «Due.»

    «Quanto è grave?»

    «Urgente. Non ci sono nemici nell’area.»

    Andai alla porta e la spalancai, Alyssa alle mie spalle. «Tu non sai niente.» Gli puntai un dito contro, avvertendolo.

    Sorrise. «Ti ho trovato al cesso. Non ho idea di cosa tu stia parlando.»

    «Bene. Fai strada.» Afferrai la mano di Alyssa e la fermai mentre Jackson continuava a camminare. «Uno è andato, passiamo all’altra.» Sorrisi e baciai le sue labbra rosee.

    «Stone non sarà un problema. Questa sera ti mostrerò quanto sono felice di poterlo finalmente dire a qualcuno.»

    «Mi piace la tua idea. Ho una domanda veloce... dato che vuoi sposarmi, che genere di diamante preferisci?»

    «Che cosa?» chiese, alzando le sopracciglia.

    «Nel tuo gioco Scopare, Sposare, Uccidere, quale anello speravi che ti regalassi?»

    Rise. «Sei un idiota.»

    «Rispondimi. Non abbiamo molto tempo per discutere.»

    «Non saprei. Non ci ho mai pensato in realtà. Mi piacerebbe qualsiasi anello scelto da te.»

    «Bene. Buono a sapersi. Adesso andiamo, così dopo potremo dire tutto a Jackson e Stone e mi prenderò tutto il tempo che voglio per assaporarti senza dovermi preoccupare che qualcuno possa beccarci.» La baciai ancora una volta prima di raggiungere il resto della squadra.

    I ragazzi parlavano di quanto fosse accaduto nell’ultimo episodio di Lost mentre ci avviavamo verso le nostre coordinate. I miei pensieri erano solo per Alyssa. Non vedevo l’ora che arrivasse la notte per fare l’amore con lei in un posto che non fosse lo sgabuzzino.

    La osservavo ridere insieme a Stone e, vedendo la sabbia del deserto dietro di lei, la immaginai subito in bikini sulle spiagge delle Hawaii. Odiavo l’Afghanistan. Desideravo tornare sul suolo americano con l’oceano Pacifico in lontananza.

    Quando finalmente atterrammo, l’elicottero fece sollevare la sabbia intorno a noi. Ogni giorno trovavo sabbia sul mio corpo in punti che non avrei mai pensato potesse raggiungere. Era come se non riuscissi a essere pulito al cento per cento, non importava con quanta forza sfregassi la spugna contro la pelle.

    Nel punto in cui ci trovavamo, era possibile udire gli spari che rimbombavano in lontananza. A testa bassa, armi in mano, raggiungemmo i soldati ricoperti di sangue. Dopo che Cochran e Stone avevano fasciato con delle garze le ferite di ogni soldato affinchè potessimo trasportarli alla base, li legammo su delle barelle. Riuscivo a sentire il suono flebile degli spari farsi più vicino quando ci fermammo.

    Pam. Pam. Pam.

    «Sbaglio o avevi detto che non c’erano truppe nemiche nell’area?» chiesi a Jackson.

    «È quello che mi ha riferito la Linea-9.»

    Di solito una spedizione era corretta quando richiedevano una 9-Line MEDEVAC. Ci comunicavano il luogo, il numero dei pazienti, se c’era bisogno di equipaggiamenti speciali... nove voci per prepararci. Ovviamente questa volta si erano sbagliati.

    «Dobbiamo muoverci. Si stanno avvicinando.»

    Si alzò il vento, sollevando la sabbia ruvida nell'aria e rendendo difficile vedere anche le nostre stesse mani davanti agli occhi.. Odiavo dannatamente l’Afghanistan.

    Gli spari si fecero più forti.

    Pam. Pam. Pam.

    «Muoviamoci!»

    Jackson chiamò la base via radio. «Charlie Tango, qui è Delta Sky. Abbiamo fuoco nemico e stanno per tenderci un agguato. Inviate rinforzi, subito.»

    Afferrammo le due barelle e cominciammo a correre verso l’elicottero. Gli spari erano già vicini quando caricammo la prima barella.

    Pam. Pam. Pam.

    «Capitano!» urlò Jackson.

    Guardai indietro e vidi le truppe nemiche in lontananza, il vento si calmò abbastanza da poterli vedere accovacciarsi e mirare.

    Prima di poter prendere le nostre armi, fecero fuoco.

    «Salite quella barella!» urlai, impugnando la pistola e coprendo la mia squadra.

    L’istinto prese il sopravvento mentre miravo verso il nemico, cominciai a sparare pregando che nessuno dei miei fosse colpito, dato che nel deserto non c’era che potesse fare da nascondiglio. Mentre rispondevamo al fuoco, Cochran e Stone si occupavano dei soldati feriticolpiti.

    «State giù, continuate a sparare!» ringhiai.

    Pam. Pam. Pam.

    «Copri le spalle di Cochran e Stone, Woodring!»

    Pam.

    «Muoversi, muoversi, muoversi!»

    Pam. Pam.

    Continuammo a sparare. Non avevo idea di quante fossero le truppe nemiche. Con tutta quella sabbia nell’aria non riuscivo a vedere bene, ma continuammo a sparare fino a quando il vento non si abbassò permettendoci di vedere tutti i nemici a terra.

    «State tutti bene?» chiesi. Mi voltai e vidi uno dei miei medici a terra. Non sapevo chi fosse, ma il mio cuore si fermò.

    «Jackson!» gridai correndo verso il medico a terra.

    Quando la raggiunsi, caddi sulle ginocchia, tirandola su... Cochran.

    «No!» urlai, il mio cuore batteva così forte che ebbi paura potesse uscirmi dal petto. Alyssa non si muoveva e il sangue impregnava la sua uniforme.

    «Cazzo!» gridò Jackson, inginocchiandosi al mio fianco.

    «No!» urlai ancora. Non poteva essere vero. Era Alyssa, l’amore della mia vita. Faceva parte della mia squadra. La squadra per la quale ero stato addestrato a proteggere, e l’unica persona che volevo proteggere più di tutte era a terra, il suo petto ricoperto di sangue nero, immobile.

    «Capitano, dobbiamo portarla su. Potrebbero arrivare altri nemici,» disse Jackson.

    Ero intorpidito, paralizzato. Alyssa era ancora tra le mie braccia, non muoveva un muscolo e respirava a malapena. La strinsi a me e le chiesi di aprire gli occhi...

    Ma non lo fece.

    «Apri gli occhi, Cochran.» Riuscivo a sentire la mia gola irrigidirsi mentre cercavo di trattenere le lacrime. Non m’importava più nulla di ciò che mi circondava. M’importava soltanto di Alyssa, che era stata colpita... colpita sotto la mia supervisione.

    «Capitano, dobbiamo muoverci,» insistette Jackson.

    «Portala sull’elicottero, così potrò fermare l’emorragia,» mi supplicò Stone.

    Esitai per un minuto, tenendo gli occhi su Alyssa. Non avevo ancora compreso la gravità della situazione.

    «Cap...»

    «D’accordo!» La sollevai da terra e la portai dentro l’elicottero. Le tolsi l’elmetto. I suoi bellissimi occhi blu non ricambiarono il mio sguardo. Il suo sorriso non le illuminava il volto come aveva fatto trenta minuti prima.

    Le lacrime mi rigarono le guance. Nessuno mi aveva mai visto piangere prima di allora. Ero un soldato. Un eroe americano. Ero un fottutissimo capitano... non potevo piangere. Tuttavia, quando la mia più grande paura divenne realtà, persi il controllo.

    Le lacrime rigavano il mio viso per poi ricadere su Alyssa che giaceva tra le mie braccia, il suo respiro sempre più debole. Non m’importava più nulla. Stava accadendo sul serio e lei era l’amore della mia vita. Volevo tornare indietro per preparare tutti all’imboscata. Volevo essere io quello colpito dal proiettile... non Alyssa. Volevo salvarla.

    Cominciammo a volare verso la base e le lacrime continuarono a scendere. Nessuno proferì parola. Stone e Jackson si occupavano di Alyssa mentre gli altri cercavano di prendersi cura dei soldati feriti nel migliore dei modi, dato che non erano dottori.

    Alyssa cominciò a tossire sangue e prima che potessi accorgermene, il suo cuore si fermò.

    «Resta con me, piccola,» la implorai, accarezzandole una guancia.

    Alzai lo sguardo e vidi gli occhi di Stone pieni di lacrime mentre ascoltava attraverso lo stetoscopio, dopo scosse la testa verso Jackson, evitando il mio sguardo.

    «No!» Non poteva succedere veramente. Alyssa non era morta. Stavamo per sposarci. Avrebbe preso il mio cognome. Mi sarei svegliato al suo fianco ogni mattina... speravo per sempre.

    Ma non sarebbe successo.

    Alyssa morì tra le mie braccia lungo il tragitto di ritorno alla base, e la cosa peggiore di tutte era che...

    Non ero nemmeno riuscito a dirle quanto l’amassi.

    CAPITOLO UNO

    Due anni dopo...

    Autumn

    San Valentino.

    Il giorno più romantico dell’anno.

    Come la maggior parte delle donne, ho fantasticato di ricevere dolcetti e rose in un giorno come questo, e di essere portata a cena fuori dall’unica persona che io abbia mai realmente amato. Per ventisei anni della mia vita, questo non era mai successo... fino a oggi.

    Io e Rich ci frequentiamo da sei mesi ed è il ragazzo più romantico con la quale io sia mai stata. Lui si prende cura di me. Si accerta che la mia automobile abbia abbastanza carburante da riuscire a portarmi a lavoro, mi scrive sempre dei biglietti carini che nasconde nel mio portapranzo quando sono distratta e la cosa mi fa sorridere ogni volta che li scopro, inoltre mi dice sempre che mi ama.

    Era perfetto.

    Sorrisi leggendo il messaggio che Rich mi aveva mandato quella mattina, c’era scritto che mi amava e che non vedeva l’ora di incontrarmi per cena. Non ero tanto certa di come avrei affrontato il resto della giornata. Mi sembrava quasi il giorno di Natale, e l’attesa mi stava uccidendo. Era il mio primo vero appuntamento di San Valentino, e non lo avrei festeggiato con una bottiglia di Pinot e una scatola di cioccolatini comprati da me. Ero al settimo cielo, per dirla tutta. Mi ero perfino alzata prima che suonasse la sveglia.

    Mi ero tolta il pigiama per poi indossare dei pantaloni neri e una blusa rossa per festeggiare quel giorno a lavoro. Dopotutto, il rosso era il colore dell’amore. Dopo essermi accertata che il trucco fosse in ordine, e dopo aver piastrato i miei lunghi capelli color cioccolato, appesi il mio abitino nero all’asta della doccia. Non volevo si sgualcisse.

    Avevo incontrato Rich un pomeriggio d’agosto. Era entrato nella banca in cui lavoravo per aprire un nuovo conto corrente e, quando lo vidi comparire nella stanza con indosso l’uniforme dell’esercito, rimasi folgorata. Quale donna non amava gli uomini in uniforme? Soprattutto un’uniforme militare.

    Ah.

    Non avrei mai pensato che avesse nove anni in più di me. Non li dimostrava. Era bellissimo. Il modo in cui sorrise timidamente quando si avvicinò alla mia scrivania e i nostri occhi si incontrarono, il modo in cui i suoi penetranti occhi blu mi scrutarono e quella sua voce calda che mi fece quasi sciogliere... mi fece scordare come si parlasse.

    «Ho bisogno di aprire un nuovo conto... Autumn.» Sorrise, con lo sguardo rivolto alla mia targhetta... o alle mie tette. Non ero certa su quale delle due cose avesse gli occhi sopra, ma non m’importava.

    Balbettai prima di riuscire a trovare la voce, e il suo sorriso si fece più ampio. «S... Sì... prego, uhm, si accomodi. Come posso aiutarla...»

    «Richard. Richard Jones.» Mi porse la mano. Le mie sudarono al pensiero di poterlo sfiorare.

    Allungai la mano, prendendo la sua mano nella mia, pregando Dio, in silenzio, che non si accorgesse del mio palmo sudaticcio. Aveva le mani ruvide, come quelle di un vero uomo, e deglutii nervosamente prima di parlare. «Piacere di conoscerti. Hai già un conto con la nostra banca?» Sentii il mio sorriso allargarsi un po’ troppo mentre l’infatuazione prendeva il controllo delle mie emozioni. Il modo in cui ricambiò il sorriso mi fece chiaramente capire che riusciva a percepire la bramosia che irradiava il mio corpo.

    Avrei voluto insinuare le mie mani tra i suoi capelli castani chiari senza distogliere lo sguardo dai suoi profondi occhi blu. La barba corta metteva in risalto il suo viso evidenziando la mascella possente.

    Calma, ragazza!

    «No.» Sorrise ancora, e i miei occhi si spostarono sui suoi denti perfetti quando si sedette di fronte alla mia scrivania. «Non vivo in città da diciassette anni.»

    «Giusto.» Dissi indicando la sua uniforme. «Grazie per ciò che fai per il paese.»

    «Qualsiasi cosa per proteggere belle donne come te.»

    Rimasi senza fiato. Cazzo. Gli uomini flirtavano con me, a volte, ma di solito non erano uomini che desideravo vedere senza vestiti. Mi schiarii la voce. «Grazie. Direi di... ehm... cominciare.»

    Aprii il conto per Rich che, prima di andarsene, prese il mio biglietto da visita dicendo che si sarebbe fatto vivo. Pensai a lui per il resto della settimana... a volte con l’aiuto del mio vibratore. Ma più aspettavo la sua chiamata, più mi rendevo conto che aveva flirtato con me solo per essere carino. Stavo cominciando a perdere le speranze quando il venerdì seguente mi chiamò per invitarmi a cena. Siamo stati sempre insieme da allora.

    I suoi genitori erano morti durante un incidente stradale mentre lui era in servizio, così trascorse ogni Ringraziamento e Natale con la mia famiglia. I miei genitori lo accolsero come un figlio e gli vollero subito bene, soprattutto mio padre.

    «Dovremmo andare a sparare un giorno di questi.» Esclamò mio padre sorseggiando la sua birra mentre aspettavamo il tacchino.

    «Va spesso al poligono?» chiese Rich.

    «Ogni tanto. Non sono un tiratore scelto come te, ma sono curioso di vederti all’opera, Maggiore.»

    «Signore,» Rich sorrise, «per favore mi chiami Richard o Rich come fanno i miei amici.»

    Papà ricambiò il sorriso come se avesse vinto alla lotteria. «Rich, puoi chiamarmi Dan.»

    A mio padre non era mai piaciuto nessuno dei miei fidanzati precedenti. Nessuno era mai stato abbastanza per la sua bambina, ma un eroe americano era perfetto e non potevo di certo obiettare. Ovviamente, anche mia madre era d’accordo.

    «È così bello,» disse mia madre elogiando Rich.

    «Lo so.» Sospirai, avvicinandomi al banco da cucina, poggiai il mento sul palmo della mano osservando Rich in soggiorno, seduto accanto a mio padre a guardare la partita.

    «È meglio tenerselo stretto. Un uomo che si prende cura di te in quel modo non puoi lasciartelo sfuggire.»

    Senza distogliere il mio sguardo da Rich, le risposi: «È proprio ciò che intendo fare.»

    Mentre guidavo per andare al lavoro, ricordai gli ultimi sei mesi. Non riuscivo a credere quanto fossi felice. Non avrei mai pensato di poter trovare il ragazzo perfetto. La maggioranza dei ragazzi che

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