La croce dipinta
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La croce dipinta - Carla Balossino
1
Jason aveva aperto il giornale del lunedì, seduto al bar tavola calda vicino al suo ufficio e gli era subito balzata agli occhi la fotografia di Marco Keller. Ancora nessuna notizia del giovane sacerdote, scomparso a Milano da più di tre mesi in circostanze misteriose. Ne avevano parlato a lungo i giornali e le trasmissioni televisive, poi erano calati i riflettori sulla vicenda ma quella mattina qualche giornalista zelante lo aveva riportato in prima pagina. Non si erano avute più notizie da quel cinque maggio, in cui era stato visto per l'ultima volta, in una precisa zona della città in compagnia di una giovane donna. La persona in questione era stata a lungo interrogata, Jason ricordava bene una nota trasmissione televisiva a cui la donna era stata invitata.
Non era emerso niente di nuovo nel frattempo. La giovane donna aveva affermato che aveva incontrato padre Keller per un parere riguardo al proprio lavoro, ma che poi si erano lasciati nei pressi dei giardini Indro Montanelli. Da lì si erano perse le tracce dell'uomo che non si era presentato all'appuntamento serale con i fedeli e che la mattina seguente non aveva officiato la messa domenicale delle dieci. Era scomparso nel nulla, volatilizzato, lasciando attorno a sé un grande vuoto. Le persone che parlavano di lui, lo facevano con grande affetto e rispetto. Era considerato un uomo buono e comprensivo, sempre presente nella vita dei parrocchiani, disponibile e generoso.
Jason aveva richiuso il giornale e si era alzato dal tavolo per andare a pagare il suo cappuccino, seguito da Leyla, il suo cane onnipresente, che non appena aveva udito la voce di Sandra, la proprietaria del locale, aveva iniziato a scodinzolare.
Mi sembra che si sia ripresa bene...
aveva detto Sandra, guardando affettuosamente il cane con ancora la zampa fasciata.
Si, pare che non fosse così grave, dopo l'operazione al tendine è ritornata quella di prima, solo che devo cercare di tenerla calma e soprattutto non devo permetterle di saltare sul divano come era abituata a fare
Jason aveva guardato il suo cane con affetto mentre allungava a Sandra cinque euro, pensando tra sé che avrebbe dovuto spostare un bel po' di mobili in casa se voleva farla guarire presto e bene. Improvvisamente gli era balenata nella testa Miriam. Erano giorni che non la sentiva, il corso di aggiornamento a Roma la teneva impegnata, lo sapeva, ma avrebbe almeno potuto mandargli un messaggio. Gli sarebbe bastato persino uno smile
. Jason sapeva di aver fatto un grande sbaglio, era veramente costernato ma ormai era successo, non poteva fare altro che accettare le conseguenze del suo comportamento e sperare che lei lo perdonasse. Non avrebbe mai voluto fare del male a Miriam ma era successo. Nascondersi dietro la sua depressione sarebbe stato facile, ma lui non ci aveva nemmeno provato anche se probabilmente qualcosa c'entrava. In tutta la sua vita, non gli era mai capitata una cosa simile, nemmeno nei momenti peggiori della sua malattia. Aveva perso il controllo delle sue azioni e soprattutto delle sue emozioni, aveva tradito la donna che amava e glielo aveva confessato. Perché glielo aveva detto? Aveva voluto liberarsi la coscienza addossando a Miriam un peso enorme; adesso capiva che avrebbe dovuto tenersi tutto per sé e cercare di rimediare al suo sbaglio senza addolorare lei.
Si era sentito diverso negli ultimi tempi, una sensazione di estraniamento si era insinuata nella sua mente, era stato come se stesse mutando qualcosa in lui, si stesse trasformando in un qualcosa d'ingestibile. Aveva momenti d'euforia e periodi di terribile stanchezza, solitudine, disperazione. Miriam sapeva a cosa sarebbe andata incontro quando aveva accettato di vivere al suo fianco ma quello che Jason aveva fatto era stato davvero imperdonabile e lei se n'era andata a Roma, con la scusa di un corso d'aggiornamento per il suo lavoro di biologa.
Jason si sentiva anche geloso, sapeva che a Roma viveva il suo ex marito. Erano rimasti in buoni rapporti dopo la separazione, un po' come era successo tra lui e sua moglie Frida, erano diventati amici dopo che si erano lasciati. Ma tra Miriam e il suo ex le cose stavano diversamente, lui l'amava ancora e lei chissà, magari la presenza di quell'uomo sicuro, paterno e comprensivo e soprattutto stabile, cosa che non si sarebbe potuta dire di Jason, avrebbe potuto indurla a tornare sui suoi passi. Jason cercò di distogliere la sua mente da quel pensiero doloroso ma il volto di Miriam continuava ad apparirgli in tutta la sua dolcezza mentre saliva le scale dell'ufficio.
Si fermò all'improvviso: Ma porca... sono proprio un cretino!
Si era detto. Aveva fatto fare le scale a Leyla che aveva appena subito un'operazione al tendine. Si era abbassato prendendo il cane in braccio e aveva aperto la porta dell'ufficio con un calcio. Il rumore aveva fatto alzare di colpo la testa di Stella, la sua nuova segretaria, dallo schermo del computer.
Mi ha spaventata...scusi...
la ragazza era arrossita ma aveva subito ripreso il controllo della situazione.
C'è una signora che lo aspetta nel suo ufficio, dottore
gli aveva detto con la sua solita professionalità. Jason le aveva sorriso, appoggiando delicatamente Leyla a terra. Non sapeva ancora bene come comportarsi con lei; gli sembrava troppo cerimoniosa, distaccata con quel dargli del lei
. Jason le aveva più volte detto che poteva chiamarlo per nome e dargli del tu
ma lei aveva preferito mantenere una certa distanza, rispondendo che sarebbe stato molto più professionale e serio per l'immagine dell'ufficio. Inoltre, era molto giovane, aveva appena compiuto ventiquattro anni e sicuramente le risultava difficile dare del tu
al suo capo che aveva il doppio dei suoi anni.
Jason la trovava molto carina, specialmente quando legava i suoi bellissimi capelli biodo scuro a coda di cavallo e la portava in avanti, appoggiata ad una spalla. I suoi occhi verdi, a mandorla come quelli delle donne orientali, le davano un'aria esotica. Inoltre con la sua magrezza, avrebbe potuto benissimo essere scambiata per una modella. Ma non era quella la vita a cui Stella aspirava. Iscritta al corso di laurea in psicologia sognava di diventare una criminologa.
Avevo appuntamenti per oggi? Me ne sono scordato di nuovo....
aveva detto Jason portandosi una mano alla fronte.
No, la signora si è presentata senza appuntamento e mi ha detto di non disturbarla, che avrebbe aspettato il suo ritorno, però è più di un'ora che è di là...
Okay, grazie Stella, dai un'occhiata a Leyla, per favore, guarda se zoppica o se si lamenta....la zampa lo sai, e dalle da bere, credo che abbia sete.
Stella si era appena alzata dalla scrivania per prendere la ciotola d'acqua per il cane quando un uomo era entrato rumorosamente nell'ufficio, senza nemmeno suonare il campanello.
Quando Jason lo vide piombare dentro si ricordò che avrebbe dovuto fare qualcosa per la porta d'ingresso. Le persone non potevano entrare a loro piacimento, senza nemmeno suonare, doveva fare installare un citofono con videocamera, il suo non era un ufficio qualunque, ne andava della privacy dei suoi clienti. Gli era venuto in mente lo studio del suo psichiatra, che aveva ben due camere d'attesa e due ingressi, in modo che i pazienti fossero sicuri di non trovarsi faccia a faccia con altre persone quando entravano o uscivano.
Buongiorno, ha cambiato idea su quello che le ho detto l'ultima volta?
Jason si era trovato davanti Stefano Raia, un uomo sulla cinquantina, ossessionato dai possibili tradimenti della sua giovane amante.
No, non ho cambiato idea...voglio che lei la segua, la controlli, faccia come le pare ma non ci credo, non posso pensare che abbia una relazione con il suo capo...è una donna! Cosa devo ancora sentirmi dire dal lei?
Io non so più cosa dirle signor Raia, le rifiuta di accettare la realtà, le ho mostrato il materiale...fotografie, intercettazioni telefoniche, registrazioni, non posso fare altro, è assolutamente inutile che continui ad occuparmi della signorina. Per me il caso è chiuso, se ne dovrebbe fare una ragione
.
L'uomo non voleva accettare il fatto d'essere stato tradito dalla propria amante e per di più con una donna. Pretendeva che Jason continuasse a seguirla, gli fornisse altro materiale. Jason cominciava a pensare che ci dovesse essere altro: Quell'uomo in realtà si eccitava con tutto quel materiale trasgressivo che lui gli stava procurando? Poteva avere un interesse morboso per quella relazione lesbica? Forse era l'unico motivo per cui Raia insisteva tanto per fargli continuare gli appostamenti. Jason rimase qualche attimo in silenzio, preso da un pensiero: Se quell'uomo voleva buttare via i suoi soldi l'avrebbe accontentato, in fondo si trattava semplicemente di fare il suo lavoro.
Va bene, senta, se vuole posso fare qualche altra ricerca ma se venissero confermati i miei sospetti dovrebbe prendere in considerazione l'eventualità di accettare la realtà. Io la capisco, creda, ma il mio lavoro si sta esaurendo, deve esserne convinto anche lei. Comunque, per il momento cercherò di raccogliere qualche altro particolare, la aggiornerò al più presto.
Jason aveva cercato di tagliare corto. Quell'uomo, piccolo di statura, quasi calvo, in realtà veramente poco attraente, appariva sconvolto, incapace di accettare la realtà che poi non sembrava essere così sorprendente. La sua amante, una ragazza di vent'anni più giovane di lui, attraente e disinibita intratteneva una relazione con il suo superiore nell'azienda dove lavorava come consulente legale. Il capo era una donna. Jason pensava che non ci fosse niente di così assurdo ma era pur vero che lui era abituato a certe situazioni mentre la maggior parte della gente non lo era affatto. In fondo, si era detto Jason, avrebbe guadagnato ancora un bel po' di soldi senza fare troppa fatica, se era quello che volevano da lui...
Dopo aver congedato l'uomo, Jason era entrato nel suo studio sovrappensiero, dimenticando completamente la persona che lo stava aspettando da più di un'ora.
Mi scusi, ho dovuto risolvere un problema...spero di poterle essere utile, mi dica signora....?
aveva detto leggermente imbarazzato per la sua scarsa concentrazione.
Keller, Vera Keller
aveva risposto la donna sui quarantacinque anni, ancora giovane e attraente.
Bionda e longilinea, portava i capelli piuttosto corti anche se con un taglio molto femminile. Era vestita con sobria eleganza: Pantaloni grigio perla, camicia bianca e un paio di costosissime scarpe sportive tinta cuoio.
Sono la matrigna di Marco Keller, credo che lei abbia sentito questo nome spesso ultimamente. Sa di chi sto parlando vero? Il sacerdote scomparso tre mesi fa... è mio figlio, cioè, voglio dire, è figlio di mio marito. Quando ci siamo sposati Marco aveva già ventiquattro anni, sua madre era morta due anni prima....un suicidio. Senta dottor Adler, sono stanca di aspettare senza fare niente, la polizia continua a dirci che stanno indagando ma io so che se non si arriva ad una conclusione dei casi velocemente, poi difficilmente si riescono a risolvere. Ho l'impressione che stiano solo perdendo tempo e che non sappiano in realtà dove sbattere la testa.....vorrei che lei si occupasse del caso.
La donna sembrava decisa, sicura di sé e non appariva neppure troppo sconvolta per la scomparsa del figlio adottivo. Jason evitò di farsi un'idea precipitosa della situazione e della persona che aveva di fronte, sapeva che era il miglior modo per prendere degli abbagli. Doveva invece parlare con il marito e con le persone che gravitavano attorno al ragazzo scomparso. Ricordava la storia. Ne avevano parlato i giornali e le trasmissioni televisive. Marco Keller era figlio di un imprenditore d'origine svizzera, trapiantato in Lombardia, che invece di entrare nella fiorente azienda del padre aveva scelto di prendere i voti e diventare sacerdote. L'immagine del ragazzo, estremamente attraente, alto, atletico, con i capelli castano rossicci, gli occhi vispi, chiarissimi, la mascella quadrata, aveva riempito le pagine dei giornali per settimane. Era scomparso nel nulla e nessuno era riuscito a dare una spiegazione all'accaduto. Jason ricordava di essere rimasto colpito dalla sua avvenenza e d'essersi chiesto cosa avesse potuto indurlo a scegliere una vita di rinunce e di solitudine.
Avrò bisogno di parlare con suo marito e gli altri familiari
aveva chiesto Jason mentre prendeva appunti su un'agenda.
Si, certo, ho due figlie. Una è Silvia, la figlia adottiva di mio marito. Quando lui e la sua prima moglie l'hanno adottata aveva dieci anni, ora ne ha venticinque....poi qualche anno dopo il mio matrimonio ho avuto una bambina...ha nove anni, vuole parlare anche con lei?
Dovrò parlare con tutti, ovviamente la bambina dovrà essere accompagnata da uno dei genitori, è importante conoscere il punto di vista di tutti. Non ha idea di quante volte i particolari più importanti siano stati rivelati proprio dai bambini....dovremmo prendere degli appuntamenti, tanto per cominciare, e dovrebbe anche farmi una lista delle persone vicine a suo figlio: Parenti, amici, conoscenti, insomma tutte quelli che le vengono in mente
le aveva risposto Jason risoluto.
E' a conoscenza di qualche fatto strano o particolare riguardo alla sua vita? Persone in collera con lui, donne infatuate, mariti gelosi o semplicemente se avesse avuto problemi personali, motivi per indurlo a scomparire? Non possiamo escludere del tutto l'allontanamento volontario...
Non è così, mi creda. Marco non avrebbe mai fatto una cosa simile, gli è successo qualcosa, lo conosco troppo bene
aveva risposto la donna.
Le scriverò nomi e numeri telefonici. Per quanto riguarda mio marito sarebbe meglio che lo convocasse lei in persona, credo che sarebbe più convincente di me. Ultimamente si è lasciato andare, continua a ripetere che non rivedrà più suo figlio, che sente che gli hanno fatto del male....è caduto in una forte depressione; lo chiami lei per favore, le darà ascolto...a proposito, le lascio un anticipo, so che funziona così
Come desidera, passi dalla mia segretaria...
aveva risposto Jason con indifferenza mal celata. I conti, anche se era ormai diventato un detective famoso, non tornavano mai. Negli ultimi tempi aveva avuto più lavoro ma anche più spese, non riusciva mai a mettere via un po' di soldi, così, tanto per stare tranquillo.
Allora siamo intesi, convocherò in ufficio suo marito e sua figlia, la maggiore, intendo. Lei dovrà invece accompagnare la minore, può prendere appuntamento con la mia segretaria. Aspetterò il materiale che riuscirà a raccogliere...non le devo cerco ricordare che prima riuscirà a farmelo avere, prima potrò iniziare le indagini
.
Jason sapeva che non doveva perdere tempo, né energie con dell'inutile lavoro. Cominciando dalle persone più vicine al ragazzo scomparso, avrebbe potuto allargare il raggio delle investigazioni velocemente. Era il primo passo da fare, poi sarebbe stato suo compito scovare persone e situazioni occulte.
La donna aveva allungato la mano abbronzata e ben curata, con un vistoso anello a fascia in oro bianco, stringendo con vigore quella di Jason ed era uscita dal suo studio. Aveva firmato alcuni fogli a Stella e le aveva compilato un assegno di tremila euro. Jason, come faceva con tutte le persone che passavano dal suo ufficio, l'aveva osservata dalla finestra. Era un modo pratico per farsi un opinione dei suoi clienti. La donna era uscita decisa dal portone del palazzo e ancora più decisa aveva preso la direzione del centro.
2
Jason era in un momento difficile, ma ormai cominciava a pensare che la sua vita sarebbe stata sempre così, piena di complicazioni. Molto era dovuto al suo carattere, lo sapeva. Dopo il suo ritorno da New York, dove aveva lavorato per quattro anni in un prestigioso studio legale, si era sempre sentito in bilico, senza radici, senza equilibrio. Quando era tornato in Italia, la depressione lo aveva colto all'improvviso, una sera, mentre da Roma, dove aveva seguito una causa per una grande azienda farmaceutica, tornava a Milano. Era in treno, lo ricordava perfettamente: Era una sera di fine di giugno e faceva caldissimo. L'impianto dell'aria condizionata era fuori uso e sua moglie Frida aveva appena perso il bambino che stavano aspettando. Jason era stato costretto a partire ugualmente per Roma; aveva provato a farsi sostituire ma il suo capo non aveva voluto sentire ragione. Quella sera torrida, sulla via del ritorno, aveva avvertito tutta la stanchezza e il senso d'impotenza che si prova in simili circostanze. Una profonda angoscia l'aveva invaso, ed aveva cominciato a sentire l'inutilità delle cose, della vita, del lavoro, di tutto. La forza, la voglia di vivere, lo avevano completamente abbandonato, aveva provato la sensazione d'essere in balia degli eventi sui quali non aveva più nessun tipo di controllo. Quando era rientrato a casa aveva trovato sua moglie Frida sul letto, priva di sensi. Aveva chiamato un'ambulanza e al pronto soccorso i medici avevano parlato di un tentato suicidio. Aveva ingerito una dose elevata di un sedativo ipnotico. Jason si era sentito in colpa per averla lasciata sola, per non aver capito quello che avrebbe potuto fare, per non averla aiutata. Così era iniziata la sua depressione, quel cancro che non lo avrebbe più abbandonato e che ora, alla soglia dei quarantatrè anni si stava trasformando per divenire ancora più ingestibile. Miriam non aveva più sopportato i suoi ultimi scatti d'ira, le sue intere giornate trascorse senza proferire parola e soprattutto non gli aveva perdonato di essere andato a letto con una cliente. Conosceva bene la malattia di Jason, la sua si era trasformata in depressione bipolare, alternava momenti di apatia e di aggressività ad altri di euforia incontrollata. Ed era stato proprio in uno di quei momenti di euforia che aveva ceduto alle avance di una giovane donna che lo aveva contattato per far pedinare il marito. Jason lo aveva beccato con diverse donne, ne aveva più d'una il bastardo e sembrava una cosa naturale, almeno per l'indagato. Jason ricordava di aver invidiato l'uomo per la leggerezza e il sentimento di assoluta innocenza con cui compiva gli adulteri. Jason aveva sempre avuto dei macigni sul cuore, persino quando non faceva niente di male. Così, per una volta, si era lasciato andare, aveva ceduto ad una donna giovane e bella che sembrava trovarlo irresistibile. Era stato come trovarsi altrove, in una vita in cui non aveva doveri, né regole, né impegni. Per qualche tempo si era sentito libero, leggero, ma poi il senso di colpa lo aveva schiacciato ed aveva cominciato ad avvelenargli ogni istante della giornata.
Miriam gli aveva chiesto spiegazioni, gli aveva detto che era cambiato, che non riusciva più a capirlo e lui aveva fatto l'enorme sbaglio di dirle tutto. Aveva caricato Miriam di un inutile dolore, perché lo aveva fatto? Avrebbe potuto benissimo non dirle niente, tenersi tutto dentro; le angosce, i pentimenti, il dolore, il senso di inadeguatezza che aveva provato ed invece aveva scelto la strada più facile, quella di liberarsi vuotando il sacco. Era stato davvero un terribile sbaglio, ora se ne rendeva conto. Aveva minato alle fondamenta la fiducia che Miriam, era una di quelle cose che sarebbe stata sempre tra di loro, anche se lei un giorno lo avesse perdonato. Nessuno dei due avrebbe dimenticato quella cosa. Loro due, non erano fatti come gli altri, non erano leggeri
non erano superficiali, le gioie e i dolori li scavavano entrambi senza pietà, andavano a finire nel profondo dove si sedimentavano, divenendo parte di loro stessi. No, Miriam non avrebbe mai dimenticato e nemmeno lui.
3
Dopo che Vera Keller era uscita, Stella era entrata nello studio di Jason con una decina di fotocopie, pinzate ordinatamente in tre piccoli fascicoli. Aveva scaricato le notizie su Marco Keller direttamente da Google. Sulla prima pagina Jason aveva subito riconosciuto la fotografia del ragazzo, vestito in borghese, con una camicia bianca e una giacca sportiva blu. Nella foto mostrava spalle larghe, quasi sproporzionate e un fisico atletico. Era uno di quegli uomini che loro malgrado, attiravano le persone, uomini e donne. Era un uomo virile, seducente. Jason cominciò a sfogliare le fotocopie, trovando una serie di informazioni interessanti.
Era molto contento della sua nuova segretaria, prima ancora di chiederle qualcosa, lei lo aveva già fatto, era come se leggesse i suoi pensieri. Mentre sfogliava le fotocopie, aveva chiamato Stella nel suo ufficio, l'aveva ringraziata e si era complimentato con lei per la sua competenza. La ragazza era apparsa sulla porta preoccupata, poi, sentendo i complimenti, era arrossita ed aveva accennato ad un grazie
, tornando velocemente alla sua postazione di lavoro. Non avrebbe potuto trovare una segretaria migliore Miriam, aveva pensato Jason, ed ancora una volta il pensiero era tornato su di lei.
Jason aveva aperto il computer e aveva cominciato ad annotare i dati anagrafici di Marco Keller. Nella sua biografia si parlava di due sorelle e un fratello deceduto in un incidente di barca a vela. La fotografia del ragazzo era sbiadita, ma la somiglianza con il fratello era sorprendente. Gli stessi occhi chiari, la pelle dorata, la mascella quadrata. I suoi capelli però erano ancora più chiari. Delle altre due sorelle non c'erano fotografie, solo un trafiletto che diceva che la maggiore, Silvia, era amministratore delegato nell'azienda del padre. Il materiale che Stella gli aveva preparato era completo e interessante, si parlava anche di una passione del sacerdote per la scrittura. Negli ultimi anni aveva scritto e pubblicato diversi libri, sugli argomenti più disparati, dalla pittura rinascimentale alle fiabe per bambini, testi filosofici e perfino un romanzo. Aveva conseguito la laurea in filosofia e si era appassionato allo studio dei grandi psicoterapeuti del passato, in particolare di Jung. Per più di due ore Stella non aveva sentito altro che il picchiettio persistente della pioggia che aveva cominciato a scendere,