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Il gioco del demone
Il gioco del demone
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E-book277 pagine3 ore

Il gioco del demone

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Info su questo ebook

Questo libro è il secondo volume della serie di paranormal romance “Cronache dal Mondo Parallelo”, della stessa Autrice. Devlin Harmont, avvenente e sensuale nella sua forma umana, appartiene alla stirpe dei licantropi, con l’incarico del Direttivo di mantenere l’ordine nel Mondo Parallelo. Il suo compagno di missione, il vampiro Reese, ha formato una famiglia con un’umana, e Devlin ha bisogno di un nuovo partner. È Angmar la designata, ma c’è un problema: è un demone, e per il licantropo è difficile accettare di stringere il Giuramento di Sangue con un essere tanto diverso da lui... La situazione è ulteriormente complicata da una certa caratteristica sessuale del demone, assolutamente inaspettata... L’imprinting, la forza che lega i maschi licantropi alla loro compagna, è però molto forte, ed è capace perfino di far sbocciare l’amore e di abbattere barriere – anche mentali – che si pensavano inviolabili.
LinguaItaliano
Data di uscita19 apr 2012
ISBN9788866900443
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    Anteprima del libro

    Il gioco del demone - Panova Maino Irma

    Proust

    Uno

    Devlin passeggiava nervosamente davanti al grande finestrone che si affacciava sulla Moldava. Misurava a grandi passi il lungo tappeto che correva da una parte all’altra della stanza, gettando occhiate nervose al doppio battente della porta che immetteva nell’altro ufficio.

    Odiava aspettare, non sopportava l’idea di dover fare anticamera negli uffici burocratici e meno che mai poteva tollerare i ritardatari. Tuttavia, trattandosi del suo superiore, nonché di un membro di quel Direttivo che regolava le loro vite, non poteva fare a meno di abbozzare e mantenere il sangue freddo necessario per non esplodere.

    In quel preciso periodo della sua vita era particolarmente nervoso ed irascibile, il suo notorio carattere pacato ed affabile doveva essere rimasto disperso durante l’ultima missione, insieme alla sua pazienza ed alla voglia di sorridere. Ultimamente si scopriva a digrignare i denti così spesso, da iniziare ad avere qualche problema con una mascella perennemente indolenzita, soprattutto al mattino, dal momento che passava le sue nottate in uno stato di agitazione tale da rendere il letto un vero campo di battaglia. E tutto questo a causa del fatto che il suo compagno di squadra era stato dichiarato ufficialmente dimesso e fuori dai giochi. Un compagno con cui aveva condiviso la propria vita negli ultimi quattrocento anni… anno più, anno meno.

    Devlin non lo avrebbe mai creduto possibile, ma la simbiosi con cui avevano convissuto lui e Reese per qualche secolo si era talmente radicata nel suo intimo che, adesso, benché si sentisse felice per l’amico, data la sua situazione affettiva ormai risolta, lui soffriva maledettamente di solitudine.

    Devlin era un licantropo ed in quanto tale non avrebbe potuto sopportare una vita che non includesse un Branco e Reese, per lui, aveva in qualche modo rappresentato proprio la familiare sensazione del Branco, nonostante il fatto che fosse un vampiro.

    La porta dell’ufficio venne finalmente aperta e da essa sgusciò fuori la bellissima Barbie, l’onnipresente assistente del suo capo.

    Il Decano ti sta aspettando.

    Io sto aspettando lui da quasi mezz’ora borbottò contrariato, fermandosi un momento prima di entrare. Lei gli pose una mano sul braccio richiamando la sua attenzione.

    Aspetta di vedere che cosa ti aspetta e poi ne riparliamo.

    Devlin, che si stava apprestando ad entrare, si voltò per guardarla in faccia, cercando di scorgere sul suo volto un indizio che gli desse modo di capire a cosa si riferisse, ma la donna, al pari del suo superiore, riusciva a mantenere un’espressione totalmente neutra anche nei momenti più imbarazzanti.

    Devlin sospirò, pensando che avrebbe voluto avere le medesime capacità, le stesse che aveva avuto Reese quando ancora lavoravano insieme. D’altra parte non si poteva pretendere dalla sua natura animale un simile comportamento compassato. Quanto meno questo fattore non rientrava nei tratti peculiari del suo carattere.

    Rimase per un momento fermo sulla porta, lasciandosi squadrare dal proprio superiore, cercando a sua volta di decifrare l’espressione enigmatica che l’altro aveva sul volto.

    Il Decano Ander era uno dei membri più giovani del Direttivo ed era tutto dire visto l’avanzato stato di anzianità che dimostrava, sottolineato dalla ragnatela di rughe che gli solcava il volto e la massa di capelli candidi come neve.

    Devlin varcò la soglia dell’ufficio notando subito l’essere che, seduto su una delle poltroncine degli ospiti, gli dava le spalle ed il cui aspetto estetico lasciava qualche dubbio sulla sua sanità mentale. Persino visto di spalle aveva un che di inquietante. A partire dai capelli che, più corti sulla cima della testa, diventavano improvvisamente più corposi all’altezza della nuca, allungandosi in maniera piuttosto vistosa oltre di essa e raggiungevano con una sorta di coda il pavimento.

    Non aveva idea di quanto potesse essere alto il tizio, ma ad occhio e croce, una volta in piedi, quella coda poteva arrivare a sfiorargli le natiche. E se non fosse bastata questa stranezza, il colore lasciava assolutamente a desiderare. Partendo da un bel giallo canarino sulla sommità, sfumava verso la nuca passando al verde, finendo sulle punte con un viola intenso.

    Santo cielo! Nemmeno Carrie nei suoi momenti peggiori aveva portato tanti colori in testa. E da quando avevano messo su famiglia, lei e Reese, se li era tinti definitivamente di un bel biondo platino che le donava decisamente molto.

    Carrie era stata la ragazza che Reese aveva assunto per farle fare da esca, in modo da poter catturare più facilmente i soggetti che avevano sulla lista dei ricercati. In otto mesi lei e Reese si erano innamorati, passando attraverso alcune controversie che avevano visto protagonista anche Devlin ed avevano finito per costituire un nuovo nucleo famigliare perfettamente funzionante.

    Al punto che il figlio che adesso avevano avuto, lei e Reese, in realtà era stato concepito con Devlin.

    Pareva tutto molto complicato, ma in realtà era stato fin troppo semplice fin dall’inizio. D’altra parte, Reese era un vampiro di quasi novecento anni e nemmeno nella sua più fervida immaginazione avrebbe potuto pensare di mettere al mondo dei figli. Non senza il suo aiuto!

    Ah, eccoti… vieni, Devlin.

    Generale Ander Devlin salutò il proprio superiore con un cenno del capo e si avviò verso la scrivania, mantenendo però lo sguardo concentrato sull’altra persona presente nella stanza.

    Quando arrivò al suo fianco ebbe la sgradita sorpresa di trovarsi al cospetto di una delle donne più inquietanti che avesse mai visto e questo a prescindere dai suoi capelli strampalati. Vista da dietro pareva più un uomo, soprattutto per quelle spalle larghe e le braccia muscolose che spuntavano da una sottospecie di gilè, che probabilmente in origine doveva essere stato una giacca alla quale erano state strappate le maniche. Un gilè lasciato aperto, oltre il quale s’intravvedeva un reggiseno di pizzo viola e la pelle ambrata.

    Squadrò l’essere da capo a piedi, cercando di non arricciare le labbra di fronte agli innumerevoli piercing che le costellavano la faccia. Spille da balia erano state conficcate in bell’ordine su una guancia, parallele le une con le altre, come a voler sottolineare la linea affilata degli zigomi. Una barretta in acciaio, corredata da punte acuminate alle estremità, le sporgeva dal naso, congiungendosi tramite una catenella al piercing posto sopra il sopracciglio sinistro. Una fila di anellini le bucavano il labbro inferiore ed i due crocefissi, che le pendevano dai lobi delle orecchie, a quel punto, parvero del tutto normali rispetto al resto.

    Occhi viola tendenti al rosso ricambiarono la sua ispezione, mentre le pupille a forma di rombo si restringevano fino a diventare una sottile fascia orizzontale, marchiandola per quello che era.

    Un demone!

    Se non fosse già stato per l’aspetto, in senso generico, piuttosto bizzarro, quegli occhi tradivano comunque le origini della donna, mettendo a nudo la sua reale natura.

    Bravi ragazzi, è un bene che iniziate a conoscervi. Devlin girò lo sguardo verso il Decano, distogliendolo finalmente da quella specie di valchiria infernale che gli aveva già fatto venire i brividi. Tuttavia le parole appena pronunciate gli diedero il primo crampo di apprensione, facendogli presagire il disastro.

    Devlin… lei è Angmar. La tua nuova compagna.

    Boccheggiò un paio di volte prima di decidersi ad aprire bocca e dare finalmente sfogo a tutta la propria frustrazione.

    Cazzo, è un demone!

    Certo che lo è, pensi che non lo sappia?

    Bene! Perché io non lavoro con i demoni! Non gli piacevano, erano infidi, traditori, ambigui e notoriamente poco sani di mente! E a giudicare dal suo aspetto, la realtà non poteva essere troppo diversa dalle sue convinzioni personali!

    Era stato proprio un demone il primo essere in assoluto che aveva tentato di fargli la pelle!

    Che c’è, Sacco di Pulci? Hai paura che ti morda le natiche non appena ti giri? lo apostrofò subito lei distorcendo le labbra, mostrando lo stesso disgusto che doveva essere apparso sul volto del licantropo.

    Quello sarebbe il meno! Dai demoni c’è da aspettarsi di peggio! replicò stizzito.

    Lei gli rivolse un sorriso appositamente ambiguo, mentre la lingua biforcuta le saettava tra le labbra.

    Che razza di demone sei? chiese inorridito, osservando quelle doppie punte rosse che parevano farsi decisamente beffe di lui.

    Appartengo alla stirpe degli Incantatori e credo che ti farà piacere sapere, che nemmeno io mi sto lasciando andare ad un particolare entusiasmo. La sola idea di dover fare coppia con un animale mi fa prudere la pelle! Credi che mi faccia piacere l’idea di dover condividere le tue pulci? Caro il mio licantropo, persino un Troll sarebbe stato più interessante di te.

    Ecco, brava! Rivolgiti ai Troll! Il Decano picchiettò la penna che aveva in mano sulla superficie lucida della scrivania, richiamando l’attenzione di entrambi.

    Devlin… credi proprio che il Direttivo sia composto da idioti? Lui sussultò di fronte a quella domanda. Non si sarebbe mai permesso di pensare una cosa del genere, soprattutto dal momento che le entità che componeva l’organo di controllo erano state appositamente selezionate fra i migliori della propria specie, proprio per garantirne la funzionalità.

    Non l’ho mai pensato rispose deciso.

    Ed è un bene, perché ti posso assicurare che dopo aver preso in esame alcuni candidati, per il posto vacante che si è venuto a creare, dopo che Reese ha deciso di lasciarci, Angmar è risultata la più idonea per lavorare in coppia con te.

    E secondo quale criterio? domandò brusco, non riuscendo a trovare una sola ragione valida per essere stato messo insieme ad un maledetto demone!

    Perché sono più intelligente di te, bamboccio! replicò lei freddamente.

    Dall’aspetto non si direbbe borbottò lui di rimando, scoccandole un’occhiata che avrebbe incenerito un iceberg.

    Devlin… perdonami se insisto, ma prima di rifiutare la collaborazione, dovresti almeno provare a…

    E dovrei instaurare un collegamento con lei? Condividere la mia sfera interiore con lei?

    Hai paura che scopra i tuoi altarini? Forza licantropo, fammi morire dal ridere con i tuoi miseri segretucci! La voce di lei strideva contro i suoi timpani, come le unghie passate sopra ad una lavagna. Devlin grugnì per il fastidio.

    Angmar! l’Anziano le rivolse un’occhiata malevola e lei distorse le labbra producendo un sibilo.

    Sì, Anziano. Agli ordini, Anziano! gli rispose beffarda, mantenendo lo sguardo fisso in quello del licantropo.

    Devlin non cedette e si limitò a sorriderle in un modo estremamente minaccioso. Nessuno dei due volle tirarsi indietro da quella sfida aperta, mantenendo in questo modo incollati gli sguardi, con delle espressioni che riflettevano chiaramente il disprezzo che avevano l’uno dell’altra. Tuttavia Devlin si rendeva conto di non poter disobbedire ad un ordine del Direttivo e questo il demone lo sapeva fin troppo bene ed era questo il motivo per il quale lei lo stava così palesemente sbeffeggiando. Ma non le avrebbe reso semplice la questione, non l’avrebbe agevolata in alcun modo e non le avrebbe reso facile l’esistenza.

    L’immediata empatia che avevano provato lui e Reese, la prima volta che si erano visti, era stata di un’intensità tale da poter essere solo paragonata all’avversità che provava in quel momento per la donna. Donna… Questo era ancora tutto da verificare! Non si sarebbe stupito se fosse stata lesbica. Benché fisicamente avesse tutti gli attributi necessari per essere classificata fra il genere femminile, a parte le spalle larghe, le braccia muscolose, la postura aggressiva e l’aura inquietante che emanava, teoricamente poteva essere definita donna.

    Se non altro per le tette.

    Un bel paio di tette in realtà, le quali purtroppo stridevano con tutto il resto, che pareva decisamente maschile. Oltretutto un maschio dominante e forse era proprio da questo fattore che scaturiva l’immediato senso di rivalità che lo aveva colto.

    Due galli nello stesso pollaio, pronti a darsi battaglia. Questo, sembravano in quel momento.

    Due

    Ehi, Liche, devi darmi il tuo sangue ed io ti darò il mio. Così vivremo felici e contenti! lo canzonò lei non appena misero piede fuori dall’ufficio. Devlin si fermò talmente tanto rapidamente, voltandosi contemporaneamente, da costringere Angmar a fare un passo indietro. Lo so!

    Beh? Che cosa aspettiamo? Prima lo facciamo e prima ci leviamo anche questa grana.

    Lo so! ribatté lui stringendo nervosamente i pugni. Le avrebbe volentieri tirato un cazzotto in mezzo agli occhi e solo per il gusto di toglierle quel sorrisetto beffardo dal volto. Ed anche se non era affatto avvezzo a picchiare le donne, in quel caso non si sarebbe fatto scrupolo alcuno nel cambiarle i connotati. Quella cosa, che lo tallonava da vicino, non poteva essere proprio definita una donna! Merda! Ma che diavolo avevano per la testa, quelli del Direttivo? Da quando erano usciti dall’ufficio del Decano Ander, lei non aveva fatto altro che stuzzicarlo, deriderlo, sbeffeggiarlo e rendergli l’emicrania sempre più intensa.

    Hai finito? le chiese con un ringhio nel quale espresse tutta la scarsa pazienza che gli era rimasta.

    Angmar si scrutò le unghie per qualche istante, assumendo l’aria più innocente possibile. Finito di fare cosa? persino la voce le si era ammorbidita, diventando quasi melodiosa. E mentre si esaminava le mani con interesse, lei fischiettò un motivetto che lui non riuscì a riconoscere, ma che in qualche modo gli parve famigliare. Un semplice giro di note, seppur complicato allo stesso tempo. Un suono che per un istante lo fece vacillare.

    Devlin sbatté le palpebre più volte, cercando di capire in che modo, guardandola, gli potesse dare l’impressione di essere diventata più minuta, più snella, persino più carina.

    Inspirò bruscamente indietreggiando di un passo e fu allora che lei gli rivolse un sorriso decisamente diabolico.

    Se aumento la frequenza degli impulsi che ti sto inviando, posso addirittura sembrarti Scarlett Johansson… o preferisci una mora in stile Angelina Jolie?

    Che cosa cazzo mi stai facendo?

    Sono un Demone Incantatore, ricordi? Hai idea di che cosa significhi? Devlin non rispose e non tanto per non fare la figura dell’ignorante, riconoscendo di non avere nemmeno la più pallida idea di che cosa fosse un demone in senso generico, quanto per il fatto che non voleva darle modo di tormentarlo ulteriormente.

    Tuttavia non era così idiota da non ammettere, almeno con se stesso, che quella lacuna andava colmata al più presto, se non altro per una propria cultura personale. Quanto più ne sapeva di lei, tanto più facilmente sarebbe riuscito a gestirla. Ma non poteva fare a meno di chiedersi che cosa il Direttivo avesse visto in lei, per dichiararla adatta a fare coppia con lui!

    O meglio… Che cosa non andava in lui, per costringerlo a fare coppia con un essere del genere?

    Dimmi la verità Liche, perché mi odi tanto? Era tornata ad avere lo stesso aspetto che gli aveva mostrato nell’ufficio, facendo nascere qualche dubbio su quale fosse quello originale.

    Non ti odio. Semplicemente non mi fido. E poi saresti così cortese da farmi capire qual è il tuo aspetto? Quello vero, intendo?

    Lei si strinse nelle spalle, dando un’occhiata indifferente a quanto li circondava. Come se l’ampio cortile, all’interno del Palazzo che ospitava gli uffici centrali del Direttivo, potesse in qualche modo fornirle lo spunto per una risposta più adeguata. Quando tornò a fissare lo sguardo in quello di Devlin, ogni traccia di sarcasmo era sparita. Credimi Liche, non ti piacerebbe saperlo.

    Con questo intendi dire che dovrei lavorare con una persona estranea, di cui nemmeno conosco la vera faccia? Mi stai dicendo che dovrei mettere la mia vita nelle mani di chi si cela dietro continue illusioni, senza mai darmi la possibilità di capire con chi ho a che fare? E su questo dovrei basare la mia fiducia?

    No. Non su questo. Ma solo su quello che senti. Al di là di tutti i pregiudizi che puoi avere. Gli occhi possono ingannare, Palla di Pelo. Il tuo animo no. Per un momento Devlin credette di scorgere una punta di rammarico in quelle iridi scarlatte e se ne stupì alquanto. Rammarico per che cosa?

    Cercò di sgomberare la mente da tutte le idee distorte che si poteva essere fatto su di lei, comprese tutte le dicerie che normalmente circondavano i demoni, spacciandoli appunto per esseri infidi ed inaffidabili. Soprattutto diabolici e vendicativi.

    Cercò di vederla per quella che era, escludendo dai propri pregiudizi tutti i piercing, i tatuaggi, i capelli colorati e la muscolatura degna di un pugile professionista. La squadrò nuovamente dalla testa ai piedi, evitando di soffermarsi su quel gilè improvvisato, sul reggiseno in pizzo, sulla minigonna inguinale, le calze strappate ad arte e gli anfibi lasciati per metà slacciati.

    Dove diavolo doveva andare conciata in quel modo?

    Quando tornò a scrutarle il volto, cercando di guardare al di là delle apparenze, vide una donna che, vestita ed acconciata in modo più civile, forse sarebbe riuscita persino ad apparire attraente.

    Le fattezze del viso non erano male. Gli zigomi alti ed affilati ben si sposavano con quegli occhi grandi e leggermente allungati, circondati da folte ciglia di colore scuro. Il naso dritto e ben fatto pareva darle un’aria altezzosa, quanto potevano esserlo le labbra appena poco più che sottili, ma sufficientemente carnose da apparire morbide. Ma tutto perdeva importanza di fronte a quella lingua biforcuta che saettò fra le labbra, leccandole appena. Quella lingua non riusciva proprio a sopportarla!

    Devi proprio farlo? chiese trattenendo a stento il disgusto.

    Fare che cosa?

    La lingua… non puoi fare proprio niente per quella? Lei sorrise mettendo in mostra una dentatura perfetta, assolutamente umana: niente punte aguzze e taglienti. La lingua? Non la trovi carina? Hai la minima idea di quello che posso fare con un organo del genere? Riesci ad immaginare l’utilizzo che se ne può fare, dal momento che ogni punta è indipendente dall’altra?

    Devlin rabbrividì davanti agli scenari che improvvisamente gli affollarono la mente. Tutte istantanee a luci rosse, decisamente censurabili.

    Lei gli lanciò una breve risata divertita, intuendo il filo dei pensieri che aveva contribuito a scatenare.

    Certo… vedo bene che immagini. Ebbene Liche, perché dovrei farci qualcosa?

    È inquietante.

    Il demone sospirò impercettibilmente, allargando le mani con fare esasperato.

    Quella è l’unica cosa che un demone Incantatore non può modificare del proprio aspetto ed è un segno di riconoscimento facilmente identificabile. Quando si hanno dei dubbi sull’autenticità di una persona, basta controllare la lingua. Questo è un segreto che i non-demoni non dovrebbero conoscere, ma dal momento che dobbiamo iniziare a fidarci… l’uno dell’altra, credo che certe cose dovresti saperle. Lo disse con una serietà che lo sorprese, lasciandogli intuire quanto fosse importante l’argomento.

    Fidarsi significava appunto imparare a conoscere gli aspetti più reconditi della persona con cui si doveva trattare. Individuare i lati positivi e quelli negativi, accettandoli per quello che erano. E benché Devlin sospettasse di non essere affatto pronto per immergersi nella realtà contorta e complessa del demone, si rendeva anche conto di non poter fare altrimenti. Non quando gli era stata imposta una partner del genere. Con tutta la migliore buona volontà di questo mondo, non era affatto sicuro di poter accettare alcuni aspetti di lei e per quanto non li conoscesse ancora, era certo che avrebbe trovato altri motivi per sentirsi disgustato dall’essere che lo guardava con assoluta serietà.

    Devlin incrociò le braccia all’altezza del petto e rimase per qualche istante silenzioso, immerso nelle proprie considerazioni. Se quella era un’offerta di pace, non l’avrebbe rifiutata. Non se lo poteva permettere e sarebbe stato estremamente stupido pensarla altrimenti.

    Quindi? Che cos’altro dovrei sapere sui demoni?

    La questione è lunga, Liche. Vuoi rimanere qui, in piedi in mezzo ad un cortile, oppure vogliamo metterci comodi da qualche parte, in modo da poter iniziare la nostra conoscenza? La proposta era sensata e questo Devlin lo sapeva,

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