Mistretta antica e moderna - ed. 1906
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Recensioni su Mistretta antica e moderna - ed. 1906
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Anteprima del libro
Mistretta antica e moderna - ed. 1906 - Salvatore Pagliaro Bordone
Indice
Prefazione
CAPITOLO PRIMO Età della pietra
CAPITOLO SECONDO Epoca sicana
CAPITOLO TERZO Epoca Fenicia
CAPITOLO QUARTO Epoca greco - sicula
CAPITOLO QUINTO Epoca Cartaginese – Romana
CAPITOLO SESTO Amestratos e Mytistraton erano forse due città?
CAPITOLO SETTIMO Repubblica Romana
CAPITOLO OTTAVO Saraceni e Normanni
CAPITOLO DECIMO Angioini
CAPITOLO UNDICESIMO
CAPITOLO DODICESIMO Castigliani
CAPITOLO TREDICESIMO Austriaci
CAPITOLO QUATTORDICESIMO Borboni
CAPITOLO QUINDICESIMO 1860
CAPITOLO SEDICESIMO
CAPITOLO DICIASSETTESIMO
CAPITOLO DICIOTTESIMO
CAPITOLO DICIANNOVESIMO
CAPITOLO VENTESIMO Notizie varie
Salvatore Pagliaro Bordone
MISTRETTA
ANTICA E MODERNA
(Edizione 1906)
Prefazione
A seguito della prima edizione del libro Mistretta antica e Moderna
, avvenuta nell’anno 1902, Salvatore Pagliaro Bordone (meravigliato e al contempo scandalizzato dalla posizione storica assunta da Hadolf Holm che, contraddicendo la sua stessa precedente versione, nella edizione finale della sua Storia della Sicilia antica
pubblicata verso la fine del secolo XIX, asserì che l’ubicazione di Mitistrato fosse da supporre non nel sito della attuale Mistretta bensì presso il monte Castellazzo di Marianopoli) pubblicò nel 1904 una corposa integrazione al suo primo libro controbattendo puntigliosamente la posizione dello storico tedesco, asserendo che era sua precisa convinzione il fatto che Amestratos e Mitistraton fossero gli antichi nomi di Mistretta, di fatto contraddicendo non solo l’autorevole Holm ma anche Ettore Pais, altro famoso storico italiano, il quale teorizzò che Amestratos si trovasse nel sud della Sicilia.
L’identificazione di Mistretta con l’antica città di Amestrata, seppure anch’essa per qualche tempo messa in dubbio dallo storico Ettore Pais, è, invece, conclamata dai richiami storici di Cicerone che nelle sue Verrine cita Amestrata nel contesto geografico delle vicine città di Halesa e Calactae, ed è stato confermato dall’archeologo Giacomo Scibona il quale nel 1970, durante la campagna di scavi effettuata ad Alesa, scoprì una lapide con epigrafe contenente i nomi di quattro città associate (Halesa, Calactae, Amestratus ed Herbita), che ricordava una loro vittoria durante una battaglia in mare contro i pirati che volevano assaltare la costa. Nocciolo duro della questione è però rimasta la identificazione di Mytistraton (città che all’epoca della prima guerra punica diede del filo da torcere all’esercito romano resistendo a due assedi, di cui uno durato sette mesi, cedendo al terzo assalto avvenuto nel 258 avanti Cristo) con Amestrata, nome ufficialmente assunto dalla cittadina intorno al 200 a.C. con la coniazione di un paio di monete. Nonostante le carte geografiche della Sicilia messe a punto da importanti geografi di varie nazionalità successivamente al quindicesimo secolo abbiano concordemente avallato la identificazione di Mytistraton – Amestratum con l’odierna Mistretta, come precedentemente detto, tale identificazione è stata prima messa in dubbio (dal Mommsen) e poi successivamente smentita dall’Holm e, a seguire, da altri.
Successivamente alla pubblicazione di questi suoi due libri riguardanti la storia di Mistretta, l’autore che era di origine capitina, acquisendo nell’ambito culturale mistrettese una discreta notorietà, ricevette la copia di un antico manoscritto risalente al XVI secolo riguardante la storia di Mistretta, originariamente scritto in lingua latina dal sacerdote Francesco Testagrossa, che, tre secoli dopo, venne tradotto in italiano dal sacerdote Gaetano Salamone. Ricevuto il manoscritto del Testagrossa tradotto dal Salamone, dalle mani di un pronipote, tale Vincenzo Testagrossa, e notate in esso diverse interessantissime informazioni, il Pagliaro Bordone decise di riscrivere una nuova versione della storia di Mistretta riassumendo i capitoli dei suoi primi due libri e integrandoli con numerose note storiche provenienti dall’opera del Testagrossa, delle quali almeno due di grande interesse in quanto riportanti notizie storiche coeve alla sua esistenza.
Una di tali notizie riporta una festa in onore di Maria Santissima avvenuta il giorno 8 Settembre 1505, avendo il popolo mistrettese ricevuto un Decreto, dal regnante spagnolo in terra di Sicilia Giovanni Primo, tutto favorevole alla città che consentiva ai suoi abitanti di non pagare la tassa doganale in alcun luogo della Sicilia. Le modalità di tale festa che, come racconta il Testagrossa, si svolse, fra l’altro, gridando "in segno di grande giubilo: Viva Sua Maestà, Viva Il Sindaco, Viva il Dignitario e questa dimostrazione fu un gran divertimento fino alla sera del giorno otto e si vedevano tanti lumi in tutte le finestre e in tutte le strade della Città, e molti giovani cantavano e suonavano e ballavano nella piazza della Madrice Chiesa sembrano anticipare le caratteristiche di quella che in seguito divenne la festa della Madonna
della Luce, con la variante che i balli davanti alla Chiesa Madrice furono effettuati dai subentranti gesanti e i
tanti lumi vennero trasformati in
luminaria" anch’essa festeggiata dal ballo dei giganti.
D’acchito, dopo la lettura dei primi capitoli di questo libro, si può trarre una impressione negativa a causa della insistenza dell’autore sulla presenza nel territorio, in tempi primitivi, di creature gigantesche che avrebbero costruito "alte, solide e grossissima mura che sembravano proprio pelasgiche in tempi remoti. Tale sua personale credenza, corroborata da una antica leggenda locale che ha séguito e manifestazione con l’annuale, antica processione della
Madonna della Luce" accompagnata da una coppia di giganti di cartapesta, era intimamente motivata dalla impressionante capacità di resistenza mostrata dalla città in occasione dell’assedio romano durante la prima guerra punica.
Ritengo però che egli riscatta questa sorta di ingenuità iniziale con l’ampia e diligente ricerca di tutte le fonti storiche che hanno parlato della plurimillenaria città di Mistretta e la caparbietà con la quale contrastò con i suoi, sia pure provinciali, mezzi le autorevoli ma fallaci opinioni di illustri storici.
Per completezza di informazione informo i lettori che a questa sua terza edizione, il Pagliaro, in origine, inserì una lunga introduzione con ampio panegirico dell’avvocato Carmelo Grassi di Motta Camastra, il quale, si intuisce, ne sponsorizzò la pubblicazione; introduzione che non viene qui riportata costituendo un corpo estraneo alla storia che a noi interessa.
Filippo Giordano
CAPITOLO PRIMO
Età della pietra
I.
La tradizione dei giganti.
Interroghiamo anzitutto la tradizione e cerchiamo di rischiarare con la fiaccola della scienza le reliquie di quelle genti che prima abitarono la nostra terra a famiglie separate le une dalle altre, e che poi, riunitesi, vi fondarono la primitiva comunità socievole, la quale in tempi molto posteriori si ebbe il semitico nome Amashtart e Metashtart, oggi Mistretta.
Non c’è forse paese in Europa che sia tanto ricco di feste tradizionali e caratteristiche quanto l’Italia; ed il popolino mistrettese da tempo immemorabile rinnova ogni anno nei giorni sette e otto settembre il giro per le vie della città di due sposi giganti, creduti i primitivi abitanti di Amastrata; dacchè, giusta la costante tradizione, due grandi scheletri umani furono anticamente trovati in una grotta, dove per l’appunto oggi sorgono la chiesa sacra alla Madonna della Luce ed un eremo mezzo diruto¹.
Noi dunque possiamo prestare piena fede alla tradizione, la quale ci dice che i primi abitatori della nostra Mistretta furono i giganti? La scienza ha sfatato la favola dei Ciclopi e dei Lestrigoni, dimostrandoci soltanto che la primitiva razza umana, nelle sue diverse branche, non scendeva mai al disotto della statura media² ma la tradizionale festa dei giganti ci rivela dal canto suo l’esistenza dell’uomo primitivo in Mistretta e nei suoi dintorni; poiché la tradizione, scrive il Figuier, è senza dubbio la migliore sorgente a cui ricorrere per formarsi un’idea dell’umanità nel tempo della sua infanzia³.
II
Tombe ciclopiche e strumenti di pietra
Ma per provare esplicitamente l’esistenza dell’uomo primitivo in Mistretta e nei suoi dintorni, abbiamo altri fatti incontestabili. L’anno 1844 nella