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I gioielli perduti
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E-book220 pagine5 ore

I gioielli perduti

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Info su questo ebook

Inghilterra, 1820
Un furto di gioielli, strane sparizioni, una villa abbandonata nella campagna inglese... Emily Winbolt, ormai rassegnata a rimanere zitella, si trova all'improvviso a dover aiutare il suo nuovo vicino, Sir William Ashenden, nella ricerca dei gioielli del Marchese di Valleron, rubati alcuni anni prima e nascosti probabilmente nell'antica dimora di proprietà di Will. Durante le indagini e dopo averla conosciuta meglio, lui le propone di sposarlo, sconvolgendo ulteriormente la sua vita tranquilla, ma Emily lo respinge, temendo che sia il solito cacciatore di dote. Fino a quando non scopre che l'ex ufficiale della Marina è molto più ricco di lei.
LinguaItaliano
Data di uscita10 ott 2018
ISBN9788858988268
I gioielli perduti
Autore

Sylvia Andrew

Like every writer she has ever met, Sylvia Andrew is a great reader. Her preference in fiction is for thrillers and historical romances, though she is ready to read anything if desperate. However, one benefit of writing seriously is that she no longer haunts the library looking for something new to read — she is usually too busy plotting her own! Sylvia and her husband live in Maidenhead with two delightful pets, and visit their small house in Normandy whenever they can.

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    Anteprima del libro

    I gioielli perduti - Sylvia Andrew

    Immagine di copertina:

    Bruno Faganello

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    Miss Winbolt and the Fortune Hunter

    Harlequin Mills & Boon Historical Romance

    © 2008 Sylvia Andrew

    Traduzione di Daniela Mento

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2009 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5898-826-8

    1

    Berkshire, maggio 1820

    «Dovete trovarvi un marito e farvi una famiglia, Miss Winbolt. Il matrimonio è l’unica soluzione per voi, non ne esiste un’altra.»

    Emily posò con molta calma la tazza di tè che aveva in mano.

    «Mrs. Gosworth, non credo che questo argomento...» tentò di ribattere.

    «Parlo nel vostro interesse, mia cara» continuò la sua ospite senza badare all’obiezione. «Il matrimonio di vostro fratello deve avervi reso piuttosto difficili le cose. Eravate la padrona di Shearings, adesso dovrete lasciare le redini della casa a vostra cognata. Una decisione che vi peserà molto, ne sono sicura.»

    Emily non poté fare a meno di scoppiare a ridere, per quanto fosse seccata dall’ingerenza di Mrs. Gosworth. «Vi assicuro che Rosa e io siamo molto amiche e andiamo assolutamente d’accordo. Mi dispiace dirvelo, ma vi sbagliate. Perché non parliamo invece di...?»

    Mrs. Gosworth, tuttavia, non era tipo da abbandonare un argomento che trovava così interessante.

    «Vostra cognata non direbbe mai una parola che vi fosse sgradita, naturalmente, però i domestici a Shearings sono abituati a ricevere ordini da voi. Come potrebbe la nuova Mrs. Winbolt diventare la vera padrona di casa, con voi ancora sotto lo stesso tetto? Una donna dolce e gentile come lei lo troverà un problema difficile da risolvere, se non impossibile. Voi siete una persona tanto decisa, Miss Winbolt, che esiste la possibilità che vostra cognata diventi una nullità nella sua stessa casa.»

    «Mia cara Mrs. Gosworth, vi sbagliate per quanto riguarda il carattere di Rosa» replicò Emily con un sorriso tirato. «Non è affatto una donna senza spina dorsale, come la state dipingendo. Ha dei modi gentili, ma è capacissima di imporre la propria autorità tutte le volte che è necessario.»

    «Santo cielo! Due donne dal carattere forte sotto lo stesso tetto? Sarà un disastro!» dichiarò convinta Mrs. Gosworth.

    «Dubito davvero che...»

    «Forse potreste andare a vivere da sola. No, vostro fratello non ve lo permetterebbe mai. E che cosa direbbero i vostri amici? Se la prenderebbero con sua moglie, senza dubbio. Come vi ho detto, l’unica soluzione è il matrimonio. Trovatevi al più presto un buon marito e assicuratevi un futuro sereno.»

    Emily era decisa a non perdere la pazienza, ma la sua calma si stava esaurendo. Fece appello al senso dell’umorismo e confessò con finta umiltà di non conoscere nessun candidato alla sua mano. Arrivò al punto di chiedere a Mrs. Gosworth di aiutarla.

    La sua ospite non si accorse che la stava prendendo in giro e rispose con un sorriso trionfante che mise in mostra i denti ingialliti.

    «Per il momento non me ne viene in mente nessuno, ma non sarà troppo difficile trovarne. È un peccato che il vostro aspetto lasci piuttosto a desiderare. Vostro fratello è un bell’uomo e nessuno può reggere il confronto in tutta la contea, sua moglie gli sta a pari per avvenenza, voi invece...» Scosse il capo desolata. «Un vero peccato, ma non siete un caso disperato. Vi siete occupata per anni di Shearings e questo vi ha dato una certa pratica nella conduzione di una casa, una qualità che molti uomini troveranno interessante. Soprattutto quelli che stanno cercando una moglie con una buona dote come la vostra.»

    A quel punto, Emily per poco non si alzò per andarsene. Decisa a non lasciare intendere a quella ficcanaso quanto fosse irritata dalle sue osservazioni, si limitò a scuotere tristemente il capo.

    «Temo che resterò nubile, dopotutto. Non desidero affatto un simile marito.» Si alzò in piedi. «Grazie di avermi invitato per il tè, Mrs. Gosworth. È stata una visita gradevole ma, se volete scusarmi, adesso avrei un altro impegno.» Poi fece una rispettosa riverenza. «Siete molto gentile a preoccuparvi tanto per mio fratello e per mia cognata» aggiunse. «Vi prego però di tranquillizzarvi almeno su un punto. Anche se dovessi decidere di andarmene da Shearings, non lo farei a causa di difficoltà con mia cognata. Buon pomeriggio, Mrs. Gosworth.»

    Prendendosela con se stessa, si incamminò verso casa. Aveva sempre saputo che Mrs. Gosworth era una vecchia inacidita e amareggiata dalla vita, che godeva soltanto nel ficcare il naso negli affari altrui, ma aveva accettato ugualmente il suo invito, un po’ per compassione e un po’ per vedere che cosa le avrebbe detto.

    Le cose erano andate peggio di quanto non si fosse aspettata, anche perché la donna aveva toccato un tasto dolente che la tormentava già da tempo. Che cosa avrebbe fatto della sua vita?

    Non voleva certo un marito che la sposasse per il suo denaro, ma come poteva andare a vivere da sola senza causare problemi a suo fratello Philip e alla moglie?

    Mentre si incamminava in un campo fra la casa di Mrs. Gosworth e Shearings, se lo chiese ancora una volta. Per quanto amasse teneramente suo fratello e la nuova cognata, sentiva sempre di più il desiderio di diventare indipendente.

    Procedeva immersa nei propri pensieri e soltanto quando fu in mezzo al campo si rese conto di un’ombra scura che la stava seguendo.

    Si voltò e, all’improvviso, Mrs. Gosworth, il fratello Philip e la cognata Rosa sparirono dalla sua mente, insieme a tutto il resto. Dietro di lei c’era un toro nero, grande e grosso, che la guardava ostile: il toro di Pritchard. Il suo cuore si fermò e le tornarono alla mente le storie terribili che si raccontavano su quell’animale. Sansone, così si chiamava, aveva già ucciso senza pietà due cani randagi che gli si erano avvicinati. Aveva attaccato senza ragione uno degli uomini che lavoravano per Mr. Pritchard, lasciandolo a terra con un braccio ridotto male. Altri erano riusciti a sfuggirgli soltanto per un soffio...

    Rimase impietrita fino a quando l’istinto di conservazione la spinse a cercare una via di fuga. Doveva trovare un rifugio, ma dove?

    La quercia gigante alla sua destra era abbastanza vicina, ma sarebbe stato imprudente mettersi a correre. Sembrava infatti che Sansone avesse perso, per il momento, ogni interesse in lei e guardava altrove.

    Emily fece qualche passo nervoso verso il grosso albero, ma non resistette alla tentazione di voltarsi indietro per controllare la reazione del toro. Purtroppo notò che la stava guardando di nuovo e, quando vide che aveva cominciato a muoversi verso di lei, perse del tutto la calma e incominciò a correre dopo avere lanciato un urlo isterico.

    Non avrebbe potuto fare di peggio.

    Forse il toro era soltanto incuriosito dalla donna che osava attraversare il suo campo, ma quando vide che correva la prese per una sfida personale e chinò il capo, pronto a caricare.

    Emily corse con tutte le proprie forze, ma il fiato le mancava e la quercia le sembrò troppo lontana. Non ci sarebbe mai arrivata prima che il toro la raggiungesse.

    I suoi zoccoli stavano facendo rimbombare il terreno mentre la inseguiva e si avvicinava sempre di più. Le sembrava quasi di sentire il fiato dell’animale sulla schiena.

    Emily inciampò proprio quando stava per raggiungere la meta e per un terribile istante fu sicura di avere tirato il suo ultimo respiro. Riuscì tuttavia a non cadere e riprese a correre, raggiungendo il ramo più basso della quercia.

    Lo afferrò con tutte e due le mani e riuscì a salire.

    Il toro dovette accontentarsi di strapparle con le corna il cappellino che le ricadeva sulla schiena, appeso a un nastro. Lo infilzò e lo gettò oltre la siepe che divideva il campo da un sentiero. Emily non se ne curò, saliva sempre più su, un ramo dopo l’altro, senza badare al vestito e alle proprie unghie. Si fermò soltanto quando trovò un ramo abbastanza grande e forte per sostenerla. Vi si mise a cavalcioni e rimase a guardare il toro che soffiava sotto di lei, infuriato per non essere riuscito ad acciuffarla.

    Emily tremava da capo a piedi. Restando seduta sul ramo, si appoggiò al tronco della quercia per riprendere fiato. Si tolse le scarpe e le calze, rovinate dalla corteccia dell’albero, e le gettò sull’erba. Le sue unghie erano spezzate e le mani le sanguinavano, ma almeno era salva.

    Come aveva potuto dimenticarsi del toro di Mr. Pritchard e passare per quel campo? Vide le scarpe e le calze nell’erba, calpestate e fatte a pezzi dall’animale, e realizzò che avrebbe potuto essere al loro posto.

    Will Darby le aveva detto solo il giorno prima che Pritchard aveva spostato il suo toro in quel campo, lontano dal paese e chiuso da uno steccato, mentre cercava un compratore per sbarazzarsene. Le malignità di Mrs. Gosworth glielo avevano fatto dimenticare, anche perché aveva l’abitudine di passare da quel campo per tornare a casa.

    Che cosa avrebbe fatto adesso?

    Una cosa era certa, non sarebbe scesa dalla quercia fino a quando il toro fosse stato nei paraggi. Che idiota era stata a rimandare a casa la carrozza che l’aveva portata da Shearings, pensando di fare una passeggiata per tornare!

    Non troppo lontano dalla quercia c’era la fitta siepe che il toro non sarebbe mai riuscito a saltare e oltre la siepe il sentiero. Se fosse riuscita ad arrivare alla siepe e ad andare dall’altra parte, sarebbe stata in salvo.

    Purtroppo, però, non se la sentiva di lasciarsi cadere dall’albero approfittando di un momento di distrazione del toro. Per scendere da lì senza farsi male aveva bisogno di aiuto.

    Di solito non passava nessuno da quelle parti, tranne Will Darby quando tornava a casa da Shearings, dopo una giornata di lavoro. Era ancora abbastanza presto, quindi avrebbe dovuto attendere ancora per ore il suo arrivo.

    Emily si rifiutò di lasciarsi prendere dal panico, anche se il ramo su cui si trovava vibrava pericolosamente tutte le volte che lei si muoveva. Doveva stare ferma o sarebbe caduta ai piedi del toro che non la perdeva un attimo di vista.

    Ricacciò indietro le lacrime e si preparò a una lunga attesa.

    Il tempo passava lentamente e, dopo un po’, Emily cominciò ad avere le vertigini a forza di guardare giù mentre cercava di non cadere. Il toro si era allontanato, ma questo non migliorava la sua situazione.

    Finalmente vide che qualcuno stava passando sul sentiero a lato del campo e il suo cuore si riempì di gioia. Per sua fortuna, Will doveva avere deciso di tornare a casa prima del solito.

    «Will!» gridò. «Will, aiutami!»

    Non riusciva a vedere chi fosse, i cespugli le coprivano in parte la vista del sentiero.

    «Will! Ho bisogno di aiuto, è da ore che sono su quest’albero!»

    Per fortuna l’uomo si fermò e cominciò a risalire dal sentiero verso la siepe. Solo che, quando poté vederlo bene, Emily si accorse che non era affatto Will Darby, ma un perfetto sconosciuto.

    «Una damigella in pericolo?» commentò l’uomo vedendola sulla quercia. «Noi non ci conosciamo, vero?»

    Non era un contadino. I suoi vestiti e i suoi stivali, per quanto impolverati, sembravano di buona qualità e aveva l’accento di un gentiluomo. La giacca però era sbottonata e la camicia aperta sul collo. Nessun gentiluomo sarebbe andato in giro così.

    «No, non ci conosciamo» confermò Emily, consapevole per la prima volta dello stato miserevole del proprio vestito e dei propri capelli spettinati, per non parlare delle calze e delle scarpe che erano finite a terra.

    «Che cosa diavolo state facendo su quell’albero?»

    Emily era troppo stanca per essere cortese.

    «Che cosa pensate che stia facendo quassù? Non posso scendere, ecco perché rimango qui.»

    «E perché ci siete salita, di grazia?»

    «Perché c’è un toro grande e grosso, in questo campo e, se non mi fossi arrampicata su questa quercia, mi avrebbe fatta a pezzi. Invece di fare inutili domande, perché non mi aiutate a scendere? Non so fino a quando riuscirò a stare in equilibrio su questo ramo!»

    Emily era pericolosamente vicina alle lacrime.

    «Ho già aiutato un gattino a scendere da un albero, ma con una donna adulta è molto più complicato» obiettò lo sconosciuto.

    La siepe era folta e piena di spine, non era facile da scavalcare. E la quercia era alta e su un terreno scosceso.

    «È meglio che vada a cercare aiuto» fu la sua conclusione.

    «No! Ci impieghereste troppo tempo e io non me la sento di rimanere qui fino al vostro ritorno. Dovete aiutarmi subito a scendere!» insistette Emily.

    «D’accordo, farò il possibile. Perché non vi spingete un po’ più avanti? Aggrappatevi al ramo di sopra e lasciatevi dondolare piano piano, venendo verso di me. Se vi lascerete andare, vi potrò prendere al volo prima che cadiate sulla siepe. La cosa importante è non avere troppa fretta. Fate come vi dico, coraggio.»

    Emily obbedì, anche se non aveva molta fiducia. Però sembrava che non ci fosse altro da fare.

    Si aggrappò al ramo di sopra, si spostò in avanti e si lasciò dondolare.

    «Ancora?»

    «Sì, spostatevi ancora di più» le suggerì lo sconosciuto che si sporgeva sulla siepe con le braccia tese. «Piano... piano...»

    Ci fu uno schianto, poi un grido terrorizzato. Il ramo a cui Emily era aggrappata con le mani si era spezzato e lei cadde fra le braccia del suo salvatore, che fece di tutto per trattenerla.

    Rotolarono sull’erba, oltre la siepe, avvinghiati l’uno all’altro, e si fermarono in un avvallamento del terreno, poco prima del sentiero, al riparo di alcuni arbusti. Lo sconosciuto era riuscito a proteggerla con il proprio corpo dai sassi e dalle buche ed Emily non si era fatta troppo male.

    «È stato eccitante» le disse lui entusiasta. «Come vi sentite?»

    Emily non avrebbe saputo rispondere. La paura era passata, adesso era in salvo, e l’abbraccio di quell’uomo le dava uno strano e inspiegabile senso di sicurezza.

    «Mi sento bene» dichiarò con voce incerta.

    «Ne siete sicura?»

    I loro volti erano vicini. Lui aveva un viso simpatico, decise Emily. Il viso di una persona rilassata, che rideva spesso, come testimoniavano le piccole rughe di espressione agli angoli dei suoi occhi azzurri.

    Era anche abbronzato, come se trascorresse all’aperto gran parte del suo tempo. Il naso era leggermente storto, il mento volitivo ombreggiato dalla barba che stava già ricrescendo. Sembrava davvero preoccupato per lei e la guardava serio.

    Emily aveva sempre pensato di essere una donna indipendente, ma recentemente si era sentita piuttosto sola, anche fra le persone che amava di più. Trovò quindi molto commovente che l’uomo si preoccupasse per lei e molto piacevole che continuasse a stringerla fra le braccia.

    «Vi aiuto ad alzarvi?»

    Emily prese in considerazione la proposta.

    «Non vedo perché dovrei alzarmi. Mi trovo bene dove sono» gli rispose con una tale sfacciataggine che più tardi, ripensando all’episodio, si disse che doveva avere battuto la testa quando era caduta.

    Emily Winbolt aveva un vivo senso dell’umorismo e un cuore dolce e affettuoso, anche se gli estranei se ne rendevano conto raramente. Di solito si comportava come una giovane donna molto beneducata,

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