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Il Capitano Fulvio Balisti: La storia del capo della segreteria speciale di D'Annunzio a Fiume
Il Capitano Fulvio Balisti: La storia del capo della segreteria speciale di D'Annunzio a Fiume
Il Capitano Fulvio Balisti: La storia del capo della segreteria speciale di D'Annunzio a Fiume
E-book636 pagine3 ore

Il Capitano Fulvio Balisti: La storia del capo della segreteria speciale di D'Annunzio a Fiume

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Una ricostruzione storiografica dell’impresa di Fiume, attraverso gli occhi privilegiati del Capo della Segreteria Speciale di D’Annunzio, basata su documenti e fotografie completamente inediti provenienti da archivi privati: l’Archivio e Museo Storico di Fiume in Roma e il CRS di Rovigno in Croazia. A meno di un anno dal centenario che ricorderà l’evento, l’opera risulta la più completa, corredata da documenti che erano secretati e per la prima volta svelano gli intricati rapporti tra la Reggenza, l’allora Governo Italiano e i membri del Consiglio Nazionale di Fiume. Non solo storia, ma anche riflessioni sul grande e preminente valore letterario di questa impresa. L’organicità dell’opera è la risultante di materiali diversi: carteggi privati, diari dattiloscritti, carteggio istituzionale completamente inedito con D’Annunzio, fotografie private e pubbliche, atti militari, cartoline storiche, per una nuova prospettiva aperta allo studio del Novecento.
LinguaItaliano
Data di uscita9 dic 2018
ISBN9788869631870
Il Capitano Fulvio Balisti: La storia del capo della segreteria speciale di D'Annunzio a Fiume

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    Il Capitano Fulvio Balisti - Silvia Luscia

    Silvia Luscia

    IL CAPITANO FULVIO BALISTI

    LA STORIA DEL CAPO DELLA SEGRETERIA

    SPECIALE DI D’ANNUNZIO A FIUME

    Elison Publishing

    Proprietà letteraria riservata

    © 2018 Elison Publishing

    www.elisonpublishing.com

    elisonpublishing@hotmail.com

    Tutti i diritti sono riservati. È vietata la riproduzione, anche parziale, con qualsiasi mezzo effettuata, compresa la fotocopia, anche a uso interno o didattico.

    Le richieste per l’utilizzo della presente opera o di parte di essa in un contesto che non sia la lettura privata devono essere inviate a:

    Elison Publishing

    ISBN 9788869631870

    INTRODUZIONE

    All’interno dell’archivio privato del sacrario della Piccola Caprera sito a Ponti sul Mincio, Mantova, è conservato tutto il materiale eterogeneo che documenta la permanenza del Capitano Fulvio Balisti a Fiume dalla fine del 1918 al Dicembre del 1920, prima come Granatiere di Sardegna e in seguito come Legionario, con incarichi quali capo della Segreteria Speciale del Comandante e Capo di Gabinetto. Il materiale consta di una varietà di lettere a famigliari, conoscenti, tra cui spicca anche Luisa Baccara, commilitoni, cartoline, atti ufficiali, atti secretati, diari e una fitta corrispondenza con il Comandante–Poeta Gabriele D’Annunzio, sia durante che dopo l’impresa fiumana. Il Capitano Balisti, tra i più esaltati legionari ai comandi di D’Annunzio, come lo definisce il generale Giovanni Breganze{1} nel suo Diario Fiumano{2}, mantenne un sodalizio di fede, stima, amicizia, ma anche letterario con D’Annunzio, come analizzeremo in appendice al testo. L’eterogeneità della documentazione rivolta, a diverse tipologie di interlocutori, ha creato alcune difficoltà nella sistemazione all’interno di un volume coeso sulla vicenda fiumana, ma ha il pregio di rendere le diverse prospettive del legionario come figlio, come devoto ufficiale incaricato addirittura del controllo segreto delle forze politiche fiumane appartenenti anche al Consiglio Nazionale, come politico mediatore nella permanenza milanese e come poeta–intellettuale che ha assimilato la lingua e lo stile dannunziano. Una personalità poliedrica e non facilmente inquadrabile dal punto di vista storiografico anche per la sua indole schiva che non ha volutamente lasciato di sé ampia testimonianza documentaria al di fuori del proprio archivio personale.

    La scrittura è per lo più chiara nelle diverse fonti, sia quella del capitano Balisti, sia quella di D’Annunzio, che quella di altri interlocutori della Segreteria del Comandante di cui Balisti ha conservato le missive. Si è deciso di trascrivere tutte le lettere, gli atti e gli appunti non dattiloscritti, attenendosi con filologico rigore al mantenimento dei costrutti grammaticali e sintattici (anacoluti per lo più in alcune lettere) propri dell’autore Balisti e dei suoi corrispondenti, nonché alle particolarità di scrittura, come l’utilizzo di à in sostituzione di ha, ò in sostituzione di ho, ànno in sostituzione di hanno{3}. Si è deciso di mantenere le sigle presenti nei documenti e missive, le sottolineature e le virgolette, l’uso anche piuttosto irregolare della maiuscola, impiegata da Balisti e D’Annunzio{4} per lo più per dare rilievo a parole cardine della propaganda (Causa, Fede, Legionari, Città di Vita, Città Olocausta ecc), e l’interpunzione a volte insofferente delle norme che la regolano. Si è solo deciso di non trascrivere il trattino{5} che talvolta segue la virgola e il punto fermo in modo da consentire un’agevole lettura dei testi nel pieno rispetto dell’impostazione formale congeniata dagli autori raccolti nel presente testo.

    §§§

    Fulvio Balisti nacque a Ponti sul Mincio (MN) il 19 agosto 1890 e ivi morì il 9 luglio 1959. Fu volontario di guerra 1915–1918 decorato al valor militare, legionario fiumano con l’incarico di Capo della Segreteria dannunziana responsabile dell’ufficio permessi-passaporti{6} e poi collaboratore del Capo di Gabinetto De Ambris dal 1919 al 1920. Venne decorato con la Stella d’Oro fiumana al valor legionario; volontario di guerra tra il 1940–1945 dove acquisisce due medaglie d’argento e una di bronzo al valor militare. Nel 1940 assunse il comando del Primo Battaglione Giovani Fascisti e il 3 dicembre 1941 fu ferito e mutilato nella battaglia di Bir el Gobi. Nel 1943 fu rimpatriato a seguito di uno scambio tra prigionieri di guerra; rifiutò la carica di Segretario Nazionale dei Reduci rientrati dalla prigionia, conferitogli dal Segretario del P.N.F. e si ritirò a Desenzano del Garda. L’8 settembre 1943 aderì alla RSI, successivamente ebbe quattordici colloqui con Mussolini esprimendogli il suo pensiero ed inimicandosi diversi Gerarchi del regime. Venne designato alla Segreteria del P.N.F. in sostituzione di Pavolini. Tenne la carica per due giorni e deluso dal comportamento di alcuni gerarchi si dimise passando alla carica di Commissario Prefettizio di Brescia, che gli permise il contatto con la classe operaia. Nell’aprile del 1945 fu arrestato e rifiutò la possibilità, datagli dalla mutilazione subita in guerra, di essere ricoverato in ospedale. Scelse il carcere. Rimesso in libertà, senza conseguenze giuridiche, venne epurato dalla vita civile come accaduto alla celeberrima Margherita Sarfatti. Si ritirò prima a Desenzano del Garda e poi a Ponti sul Mincio che chiamò la Piccola Caprera in ricordo di Giuseppe Garibaldi e del suo esilio{7}. Come per D’Annunzio l’esilio sarà momento di riflessione per dedicarsi alla scrittura di memorie, scrittura poetica dialettale e teatrale con drammi a sfondo sociale. Di Fiume non parlò più dopo l’impresa se non in un bigliettino autografo non datato, ma presumibilmente riferibile al periodo successivo l’Armistizio. Vengono qui per la prima volta edite le lettere dalla città e la corrispondenza col Vate, i dispacci della Segreteria e i telegrammi, gli atti secretati e le poche pagine dei diari. Di lui D’Annunzio scrisse in una missiva del 15 marzo 1934 conservata nell’Archivio privato Balisti: Mio carissimo Fulvio, tu sei veramente per me l’esemplare del legionario […] disperatamente dedito alla causa bella: non grande per la statura ma per l’altezza dell’animo. Vai nella menomata Fiume. […] Cantava una voce pura la melodia pura. Or quel che fu detto non può esser detto? […] Nel guardarti intorno abbi la mia pupilla superstite. Ti abbraccio. Gabriele D’Annunzio. A Lui D’Annunzio donò il Dante di Adolfo de Carolis, ribattezzato DANTES ADRIACUS proprio in ricordo dell’impresa fiumana.

    L’immagine è stata donata anche con una chiosa a mano di D’Annunzio recante il v. 9 del canto XXIII del Paradiso, Al combattente e discepolo, fiso guardando pur che l’alba nasca. La vicinanza al sentire dannunziano e alla causa fiumana del Capitano Balisti fanno emergere, anche dal diario del generale Breganze, un’immagine di legionario esaltato, seppur sempre contrario all’utilizzo della causa per fini personali e sempre contrario all’accettazione di una soluzione mediata e mediatrice col Governo Italiano in carica. Si discernono le due correnti esistenti in Fiume: da un lato gli entusiasti, gli esaltati, tutti per l’impresa, che hanno ora finito per fare i politicanti e caldeggiano possibili azioni politiche in Paese: dall’altro i temprati che si accontentano del riconoscimento dei diritti di Fiume e pensano ormai a non proseguire la resistenza. Dal carteggio di Balisti si può affermare indubbiamente l’appartenenza di quest’ultimo al primo gruppo. Sia per i toni di letteraria esaltazione delle lettere alla famiglia, sia per l’attestazione di volontà di propaganda in Patria a Ponti sul Mincio durante un rientro, come da testimonianza nella missiva del 1 giugno 1920 a D’Annunzio. Continua poi Breganze Sono concordi nella constatazione della stima ed affetto per D’Ann., e della esistenza di dissidi e contrasti e distinguono elementi torbidi preoccupati solo di sfruttare la impresa fiumana per speculazione privata e pel secondo fine politico della rivoluzione. Tali uff. sono assai preoccupati di perdere il loro posto. Tra i dirigenti alcuni hanno apertamente rivelato il loro atteggiamento. Fra questi Reina pel modus vivendi, ed il suo successore quale Capo SM cap. Balisti (in realtà membro della Segreteria speciale del Comandante, ma per la sua vicinanza a D’Annunzio sentito dagli alti comandi italiani come autorevole Dirigente), decisamente contrario ed esaltato.{8} Lo stesso Breganze attesta che la fiducia di D’Annunzio verso Balisti cresce più l’impresa sembra diventare difficoltosa e il contegno dei Legionari in decadenza. Nella pagina del 17 dicembre 1919 il generale attesta Il 15 D’An. ha portato le proposte a Badoglio […] ma le riluttanze dell’accordo continuano. […] Esempio di tale stato d’animo è il capitano Venturi che ha detto a Siciliani essere con molti altri convinto che tanto lui che Badoglio ed il Governo sono in malafede e vogliono giuocarli. Né Rizzo, né Giurati sono più ascoltati da D’Ann. che invece si è circondato dei giovani più esaltati che capeggiano gli ufficiali addetti alla Segreteria (Balisti, Toepliz). Si dice esser Rizzo indignato nella sua qualità di deputato e voglia dimettersi.{9} La vicinanza al Comandante rimarrà in Balisti anche dopo l’impresa come si nota dal fitto carteggio mantenuto fino al 1936 da entrambe le parti e le visite frequenti di Balisti al Vittoriale accompagnato dai familiari più stretti, momenti che solidificheranno l’amicizia anche con l’arch. Maroni. Balisti non condivideva solo la missione militare, ma e soprattutto il disegno letterario e spirituale del Poeta come andremo ad argomentare nell’epilogo di questo libro. La nomea di esaltato a carico di Balisti viene infatti dai reparti vicini a Badoglio e sostenitori delle posizioni di Nitti, nonché da un uomo d’armi poco incline a integrare rigore militare con il linguaggio poetico e la passionalità letteraria. Ben diversa appare la forma di redazione del diario del generale Breganze che non esula mai dall’essenzialità e schematicità militare e la forma di Balisti, incline a un atteggiamento letterario e mistico. Diversamente anche D’Annunzio non lo avrebbe definito apostolo oltre che legionario. Dietro l’impresa c’è stato un tentativo fallito di costruzione letteraria della società che pochi dei Legionari stessi hanno compreso e abbracciato.

    Sempre parlando dell’atteggiamento degli ufficiali della Segreteria particolare di D’Annunzio a Fiume e quindi dell’operato di Balisti che la presiedeva, Giovanni Breganze riporta che in un comizio datato appunto 17 dicembre 1919 al teatro FENICE di Fiume, i Fiumani confidano perfettamente l’idea del loro Consiglio Nazionale. Quello che nella mente di Gabriele D’Annunzio e dei pochi Ufficiali della segreteria particolare, che non vogliono rassegnarsi al fatto, che la questione Fiumana possa essere risolta col ritorno della città alla normalità, doveva essere un’aperta sconfessione dell’Opera del Consiglio Nazionale ed una completa dedizione del Popolo di Fiume ai voleri del Comandante, si è risolto invece in una manifestazione di plauso all’opera del Consiglio e del Deputato Rizzo. […] Il comizio fu da principio nervoso e inquieto perché I) gli Ufficiali contrari alla conclusione dell’accordo avevano diffuso in città la persuasione che il comizio si tenesse in odio Gabriele D’Annunzio e che il Consiglio Nazionale intendesse porre la questione: o D’Annunzio o noi. II) perché per opera della Segreteria Particolare di D’Annunzio (e quindi di Balisti) venne diffuso nel pomeriggio in città un manifesto nel quale erroneamente veniva dichiarato che era giunta ad Abazzia una nave Francese e ne erano sbarcate delle truppe destinate a formare un presidio francese a Fiume. Luigi Rizzo è riuscito a dissipare i dubbi e le apprensioni destate dalle suddette notizie nella cittadinanza dichiarando che nessuno pensa di mettersi contro D’Annunzio e smentendo la notizia relativa alle truppe francesi {10}.

    Nella documentazione del fondo Balisti presso l’Archivio della Piccola Caprera non vi sono testimonianze del manifesto cui accenna Breganze, ma la difficoltà del momento vissuta in prima persona tra gli Ufficiali devoti è testimoniata invece nella lettera di Balisti a D’Annunzio del 19 dicembre 1919: Comandante. Giornata di passione e di dolore, dal giorno in cui (per le proposte allettatrici del Governo) la causa di Fiume (la causa d’Italia) entrava nella sua fase più tremenda. Giudicando il momento gravissimo, estremamente delicato, riunii tutte le forze del mio spirito in quella aspettazione che precorre le decisioni supreme. Nel raccoglimento riaffermai la mia dedizione! …Il mio sogno non era apparso mai tanto bello e tanto minacciato, mentre dall’una e dall’altra parte, la violenza sosteneva la menzogna, la minaccia proteggeva la frode, lo scopo partigiano si sostituiva all’interesse supremo, la speculazione ignobile soffocava il sentimento purissimo. Queste cose gravi e tristi, cadendo ad una ad una come gocce di metallo fuso incandescente sulla parte più sensibile dell’anima, mi colpirono profondamente. Il mio abbattimento pregiudica tuttora la mia opera e un uomo, che comprende di non poter assolvere tutta intera una missione affidatagli, ha il dovere di dichiararlo. Al Battaglione Volontari Fiumani, ove domando di essere trasferito, io vivrò la mia fede inesausta. La causa dei forti e degli onesti, che Ella agita, anima ed infiamma, nulla à perduto della sua bellezza; io la sento, la vivo, e desidero offrire una opera semplice …ed una dedizione assoluta. Quanto più ci si allontana, Comandante amatissimo, tanto più ci si stringe davanti alle supreme prove della Patria. Con fede immutata, con l’anima devota. Un momento di dolore privato che sfocerà nella richiesta a D’Annunzio del 24 dicembre di riceverlo non tanto per la sua dignità, quanto per l’amore alla causa. Toni aulici e passionali del devoto soldato che ritroviamo nella lettera del 1 gennaio 1920 ai genitori. Un figlio sì, ma sempre più un figlio della Patria con toni meno famigliari e confidenziali rispetto alle lettere del 1918 e delle prime fasi dell’impresa fiumana: Ho lasciato tutto e tutti per unirmi a voi e portarvi tutto il mio spirito. Sulla città olocausta passano alcune raffiche di fuoco. È l’ultimo fremito eroico. La fede sarà coronata. La posizione di Balisti, che ne uscirà rafforzata da questa prova di forza, non è però isolata o condivisa da pochi ufficiali, al contrario lo stesso Consiglio Nazionale per il 1 gennaio 1920 invia una lettera di augurio e rinnovata fiducia alla causa fiumana a firma del dott. Grossich proprio all’indirizzo del Capitano Balisti quale Capo della Segreteria Particolare del Comandante: gli auguri che ella esprime a nome degli ufficiali del Comando giungono graditi al Consiglio Nazionale, il quale […] intende continuare la sua lotta sorretto dalla stessa volontà, finché i santi diritti dell’Italia siano riconosciuti. 

    Agli ufficiali del comando invio il più cordiale saluto con l’augurio che il 1920 segni il trionfo dei comuni ideali. Voglia la S. V. 

    gradire l’assicurazione della mia massima considerazione. Una attestazione di stima ben lontana dall’opinione che il Capitano Balisti sia un esaltato politicante. Nonostante la difficile situazione che aveva portato D’Annunzio in un proclama del 27 dicembre 1919 a destituire Carli dall’Ufficio di propaganda a Gennaio la posizione della resistenza sembra ancora condivisa dal Consiglio Nazionale, se si vuol dar fede alla lettera di Grossich. Stesso atteggiamento viene mostrato nella lettera sempre del 1 gennaio 1920 del Capo di Stato Maggiore che parla di una delicata manifestazione di solidarietà fiumana di cui la S. V. si è fatta interprete, per tutti gli ufficiali del Comando di questa città. […] Al valoroso Capo della Segreteria Speciale una particolare attestazione di simpatia. Due lettere che dovrebbero rappresentare due punti di vista diversi rispetto all’andamento dell’impresa, ma che mostrano un dialogo pacato, di stima e di comunanza di intenti che non emerge nel Diario di Breganze. Una discrepanza che può avere diverse interpretazioni e spiegazioni: dalla confusione della situazione, all’ambigua posizione del Consiglio Nazionale, a una reale constatazione del retto operato del capitano Balisti in mezzo al degrado di altri Ufficiali Legionari di cui il presente testo dà testimonianza in accordo con quella del generale Breganze.

    L’evoluzione della carriera di Balisti è prima di nuovo sul campo dove egli desidera tornare a difendere da soldato Fiume, presso la delegazione del comando della città di Fiume per l’Italia settentrionale a Milano poi, mantenendo i contatti con la politica milanese assai fervida tra movimenti socialisti e partito fascista, fino al comando del Gabinetto dannunziano. Un’ampia esperienza politica e militare che contribuisce, coi documenti che ha prodotto, ad ampliare lo specchio interpretativo dell’impresa dannunziana di Fiume dalla prospettiva privilegiata di chi ha vissuto interamente l’evento accanto al Comandante e ha conservato non solo diari e corrispondenza privata, ma anche documenti ufficiali secretati e preziosi per una ricostruzione storiografica sempre più completa.

    L’INCONTRO CON LA CITTÀ DI FIUME: DA GRANATIERE A LEGIONARIO

    La spedizione dannunziana a Fiume iniziò il 12 settembre del 1919. Abbiamo attestazioni che Fulvio Balisti si trovasse di stanza a Fiume già nel Novembre 1918{11} in quanto membro del corpo dei Granatieri di Sardegna destinati al presidio fiumano al termine della Prima Guerra Mondiale, corpo in cui Balisti aveva posto legami di amicizia patriottici come dimostrano i toni di una cartolina inviata dal commilitone Olivieri il 7 dicembre. La lettera datata 2 dicembre 1918 inviata alla famiglia riporta che già due giorni prima che Wilson si recasse a Versailles per i trattati di pace del primo conflitto bellico Balisti si trova in città e già avvertisse gli attriti tra jugoslavi/filo jugoslavi e italiani che sarebbero sfociati irrimediabilmente nel giugno 1919. Wilson pochi giorni dopo l’invio della lettera di Fulvio Balisti ai famigliari si opporrà all’annessione italiana della città promessa col Patto di Londra.

    Già nell’aprile del 1919 si creerà una legione fiumana costituita da volontari per difendere la città dai contingenti filo–jugoslavi e forse Balisti, informato dell’intenzione di creare una tale legione, medita, col cambio di divisa accennato nella missiva, di arruolarsi in essa riferendosi appunto nel testo ad altre imprese (sottolineato per rafforzarne l’importanza). L’uso dell’aggettivo altre indica appunto una possibile alternativa a una situazione in atto e quindi alla sua posizione militare di granatiere. I due telegrammi datati 30 marzo 1919 e 1 aprile 1919 e le due lettere a seguire datate 31 marzo 1919 e 6 aprile 1919 sono state redatte prima dei tumulti del giugno 1919 tra soldati francesi e italiani sfociati nell’allontanamento dei Granatieri di Sardegna il 25 agosto 1919 come sanzione imposta da Parigi e, nella missiva del 6 aprile, abbiamo la probabile notizia del rientro di Balisti a Peschiera a seguito della febbre malarica. Il telegramma del 29 Marzo inviato da Viganò risponde all’esigenza di tranquillizzare i genitori di Fulvio Balisti riguardo a un possibile imbarco del figlio per Fiume sul San Spiridione affondato per un urto contro una mina. Dalla corrispondenza del padre da Ponti S/M, datata 26 marzo 1919, sappiamo che Balisti era partito nella medesima

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