Il vento del Carnaro
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Anteprima del libro
Il vento del Carnaro - Silvia Luscia
Silvia Luscia
IL VENTO DEL CARNARO IN GALLERIA
Il caldo autunno della rivoluzione. Tra Fiume e Milano nel 1920
IL CAFFÈ BIFFI E L’OPERA
INSURREZIONALE DEL
CAPITANO FULVIO BALISTI
Elison Publishing
© 2020 Elison Publishing
Tutti i diritti sono riservati
www.elisonpublishing.com
elisonpublishing@hotmail.com
ISBN 9788869632532
Il capitano Fulvio Balisti in divisa alla destra di Gabriele d’Annunzio (secondo la prospettiva del lettore) durante una processione religiosa (fonte: archivio RAI. Fotodocumentario per il 150° dell’Unità d’Italia)
PREMESSA
UN CAFFÈ STORICO CHE FA LA STORIA
Era il 1852 quando Paolo Biffi, confetturiere di Sua Maestà il Re di Italia, apriva il caffè e offelleria Biffi nel cuore di una Milano disseminata di orti e canali navigabili. La celebre pasticceria Biffi e la sua specialità, il panettone, divennero ben presto noti nei raffinati ambienti milanesi, allietando la tavola dei principi di Savoia e delle famiglie più prestigiose della città. Ultimati i lavori per la costruzione della Galleria, realizzati da Giuseppe Mengoni in onore di Re Vittorio Emanuele II e per festeggiare l’annessione della Lombardia al Piemonte, il Biffi spostò il suo locale all’interno di questa nuova elegante struttura: l’inaugurazione avvenne il 15 settembre 1867.
Mengoni pensò la Galleria come un enorme complesso edilizio formato da quattro bracci coperti da raffinate ed ardite volte in ferro e vetro che si intersecano al centro, generando uno spazio ottagonale – vero e proprio perno di tutto l’organismo architettonico – sul quale si imposta una grande cupola vetrata a base circolare. La pavimentazione è in marmo policromo, le facciate sono ornate da lesene con stucchi e cementi di gusto neorinascimentale e l’ottagono centrale è decorato con stemmi a smalti colorati della dinastia sabauda e delle principali città italiane (Milano, Torino, Firenze e Roma). La costruzione della Galleria si concluse il 30 dicembre 1877, data coincidente con la tragica scomparsa del suo progettista. Ma questa è un’altra storia, come se ne intrecciano molte quando si parla del Biffi.
Le vicende del Ristorante e quelle della Galleria, sia nei momenti di splendore, sia in quelli di crisi e di tensione sociale, che rivivremo in questo volume, hanno condiviso un destino comune. Il locale si trovava e si trova tutt’ora nell’ottagono, sotto l’affresco dell’Africa di Pagliano, e all’inizio della sua storia occupava diverse vetrine della Galleria e un primo piano con eleganti vetrate. Padre di 10 figlie, tutte lavoranti e maritate in galleria
, il signor Biffi era uno dei pochi a potersi permettere un affitto di 30mila lire annue per il mantenimento del caffè-birreria-ristorante Biffi, che nel 1882 fu il primo locale a dotarsi di luce elettrica creando non poco stupore tra i milanesi. Luogo di incontro di artisti, letterati e musicisti, frequentato da Luigi Capuana, Emilio de Marchi, Giovanni Pozza, il Biffi è spesso – non a caso – citato nei testi dedicati alla Galleria, in cui si fa riferimento ai concerti serali e al rumore di posate e mondanità che provenivano dall’interno del locale, suscitando la curiosità dei passanti.
Se nella prima metà del ’900 il Biffi era affollato da esponenti del mondo artistico e politico, tanto che da qui partirono le lettere di Fulvio Balisti e Alceste De Ambris, in accordo con Marinetti, verso D’Annunzio a Fiume, dalla Seconda Guerra Mondiale in poi i principali avventori sono stati attori, giornalisti sportivi, campioni dell’automobilismo e calciatori. Ancora oggi nel locale siedono spesso personaggi del mondo dello sport e dello spettacolo.
Tra gli storici avventori ci furono proprio Arturo Toscanini, che raggiungerà D’Annunzio a Fiume per il celebre concerto a sostegno dell’impresa e Giuseppe Garibaldi, grande ispiratore con Mazzini del repubblicanesimo che dal Biffi nel caldo autunno del’20 andava diffondendosi, fino a Filippo Tommaso Marinetti, altro grande protagonista con Balisti della propaganda fiumana, e ad Ernest Hemingway per citarne alcuni.
Proprio così Hemingway in Addio alle armi ricorda il Biffi:
«Più tardi, quando potei uscire con le stampelle, andavamo a cena al Biffi o al Gran Italia e sedevamo ai tavolini all’aperto sul pavimento della Galleria …»
Il Ristorante ha fatto inoltre da sfondo a grandi avvenimenti storici – di cui proprio questo libro è un’incredibile testimonianza – e culturali di Milano. Da qui le numerose citazioni in grandi classici della letteratura e rappresentazioni in prestigiose opere d’arte che fanno riferimento, al suo nome, alle sue sale e alle sue frequentazioni.
A distanza di oltre 150 anni, il Biffi si trova lì dove nacque, in Galleria. Oggi occupa soltanto due locali al pianterreno e tra l’interno e l’esterno ospita un centinaio di coperti distribuiti su circa 100 mq. Dagli anni’70 non ha subito sostanziali modifiche, le pareti verdi ricche di quadri conferiscono ancora all’ambiente una piacevole atmosfera retrò. Tarcisio De Bacco, con il socio Giovanni Valazza, da più di vent’anni dedica la sua vita al Ristorante Biffi in Galleria, e accoglie tutti i giorni i suoi ospiti consigliando le principali specialità della casa, come il famoso ossobuco con risotto alla milanese e la cotoletta. Il menu, sebbene ricco di proposte, è rimasto per gran parte inalterato negli ultimi venticinque anni.
Per la sua posizione centrale e per la gran fama di cui gode, il Biffi continua a rappresentare un punto di riferimento per i tanti turisti internazionali in visita ogni anno a Milano e prosegue nello scrivere le sue pagine di storia. Oggi permane una vena artistica e culturale che punta ad esaltarne la milanesità, con eventi ed esposizioni che negli ultimi anni hanno dato nuova visibilità allo storico locale, come le celebrazioni del 150esimo compleanno del ristornate insieme alla Galleria, l’esposizione del Rattin che ha invitato tutti i milanesi a riscoprire un simbolo della storia cittadina, la mostra del Menù originale del 1905 e la permanente affissione, in occasione del centenario dell’impresa dannunziana di Fiume, delle lettere scritte dal capitano Fulvio Balisti a D’Annunzio per l’insurrezione repubblicana direttamente su carta intestata dell’epoca dello storico caffè.
Indice
PREMESSA
IL CAFFÈ BIFFI E L’IMPRESA DI FIUME
IL VENTO DEL CARNARO IN GALLERIA
I VENTI RIVOLUZIONARI DEL CARNARO ALLA SOGLIA DELL’ORNITORINCO A FIUME
IL VENTO DEL CARNARO IN GALLERIA, IL CUORE RIVOLUZIONARIO DEL CAFFÈ BIFFI
RIPERCUSSIONI DELLA PROPAGANDA RIVOLUZIONARIA E DELLA COLLABORAZIONE COI FASCI DI COMBATTIMENTO
MILANO E L’IMPRESA DI FIUME TRA DOCUMENTI E TESTIMONIANZE
BIBLIOGRAFIA
RINGRAZIAMENTI
IL CAFFÈ BIFFI E L’IMPRESA DI FIUME
IL VENTO DEL CARNARO IN GALLERIA
INTRODUZIONE
CAFFÈ E RIVOLUZIONI
Il Caffè Biffi nell’agosto del 1920 divenne il teatro della corrispondenza tra il Capitano Fulvio Balisti, già capo della Segreteria Speciale di D’Annunzio a Fiume, nonché Delegato per Milano del Comando Fiumano, e D’Annunzio stesso. Dalla sede dello storico caffè vennero redatte una bozza e una lettera definitiva a D’Annunzio, nei mesi più caldi del contrasto tra il Governo italiano e il Comandante, al fine di organizzare un’insurrezione nazionale di stampo repubblicano per l’anniversario di Ronchi. Il rapporto tra caffè e rivoluzioni sembra una costante del 1900. Dai tavolini del Caffè Central di Vienna nel 1913, un allora sconosciuto giovane di nome Lev Trockji meditava e organizzava con Vladimir Il’ič Ul’janov, poi diventato celebre con lo pseudonimo Lenin, il sogno di una Grande Rivoluzione che avrebbe avuto vita pochi anni dopo in Russia. Nel dicembre 1919, in una diversa cittadina dell’ormai disgregato Impero Austro Ungarico, ovvero Fiume, una cinquantina di legionari rivoluzionari firmarono un documento denominato Rinnovamento, che sanciva l’inizio di un cammino che avrebbe portato alla Carta del Carnaro e al sogno di un’insurrezione italiana volta a instaurare la Repubblica su tutto il territorio nazionale. Una rivoluzione, un sogno di libertà che venne concepito dalle diverse anime della sinistra dannunziana durante i ritrovi fiumani all’Ornitorinco, ma che aveva bisogno di un sostegno tra i confini del regno, anche tra i tavoli del milanese Caffè Biffi, frequentato da futuristi, politici, industriali, giornalisti e intransigenti sostenitori dell’impresa fiumana.
Inserzione pubblicitaria del Ristorante Ornitorinco a Fiume
I VENTI RIVOLUZIONARI DEL CARNARO ALLA SOGLIA DELL’ORNITORINCO A FIUME
Tra le storiche locande fiumane, quella dell’Ornitorinco fu spesso prediletta da D’Annunzio e dai membri della sua Segreteria Speciale, dai legionari più fedeli, quando non furono commensali della mensa n. 2, e dai cittadini più vicini alla Causa, non solo per vivere momenti di convivialità cameratesca, ma anche per progettare nuove importanti fasi dell’impresa. Fu proprio D’Annunzio a ribattezzare Ornitorinco la vecchia locanda del Cervo d’Oro. Qui anche lo Sherry Brandy venne ribattezzato sangue di Morlacco, come ricordò nelle proprie memorie il giornalista-legionario belga Kochnitzky, proprio perché un quotidiano britannico rese di pubblica ragione come D’Annunzio fosse «un tiranno barbaro che succhiava il sangue dei morlacchi». La trovata tenne così allegro il Comandante che impose il nuovo nome al liquore. Qui tutto mutava forma, qui tutto trovava nuova identità e nuova vita. Qui Comisso avrebbe incontrato per la prima volta D’Annunzio e i membri della Segreteria Speciale, nell’attesa dei risultati del plebiscito, qui il Poeta-Comandante insieme a Magri avrebbe pianificato l’istituzione di pretta marca legionaria di un Ufficio Colpi di mano, poi presieduto e diretto proprio dal Capitano Balisti, firmatario delle lettere del Biffi, trasformando così i colpi di mano in un’attività regolare. Con un brindisi allo champagne presso l’Ornitorinco si sanciva così non solo la creazione del predetto ufficio U. C. M, per la pianificazione di collegamenti anche con l’Italia, ma la costituzione di un gruppo di falsificazione di timbri e passaporti, ancor più pericoloso per il Governo italiano. Infatti, i collegamenti tra le rappresentanze estere e nazionali erano diventati difficili per il blocco stradale e ferroviario intorno a Fiume. Bisognava perciò dare ai legionari la possibilità di varcare i confini in entrambi i sensi, senza pericolo di arresto. Ma dove dovevano recarsi molti di questi legionari dediti ai colpi di mano? Proprio a Milano. Dall’Ornitorinco si allestì la passerella occulta verso la città meneghina. Allo scopo appunto di preparare sempre nuovi colpi di mano che garantissero viveri, munizioni, vestiario e soldi contanti recuperati dai riscatti di merci sequestrate, veniva impiegata fattivamente la buona volontà di tutti coloro che già avevano aiutato, moralmente e coi mezzi, la causa fiumana. Per questo vennero inviati degli ufficiali legionari a Milano, oltre che a Trieste e Roma, per prendere contatto con le organizzazioni ferroviarie che avevano promesso il loro valido aiuto all’impresa dannunziana.
Furono quindi aperti a Milano degli uffici di rappresentanza, all’apparenza commerciali, che mantenevano invece contatto diretto con tutti i simpatizzanti che foraggiavano i colpi di mano, mantenendosi lontani dagli occhi della polizia