La musicoterapia per un migliore sviluppo cognitivo ed emotivo del bambino
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Anteprima del libro
La musicoterapia per un migliore sviluppo cognitivo ed emotivo del bambino - Martina Scarimbolo
cognitivo.
CAPITOLO PRIMO
LA MUSICOTERAPIA PER FAVORIRE LA CRESCITA ARMONICA DI OGNI INDIVIDUO
Il linguaggio musicale è oggi come nel passato un mezzo rapido ed incisivo per l’espressione e la comunicazione dei sentimenti umani e come tale offre un potenziale enorme sia sul piano strettamente ispirativo per la amplificazione di un preciso stato emotivo, che si trasforma in creazione, sia sul pian o più squisitamente relazionale, dove la tensione emotivo-affettiva, sottesa al processo creativo, apre il grosso capitolo di ciò che oggi viene denominato musicoterapia
e che può risultare di fondamentale importanza per l’approccio e la gestione di alcune patologie così come per la loro prevenzione.
È indubbio ormai che la musicoterapia come disciplina ha ottenuto in campo internazionale un suo livello di credibilità, che si è tradotta in alcuni paesi addirittura in un riconoscimento della figura professionale dell’operatore che la espleta con annesso Albo e Codice Deontologico.¹
Con il termine musicoterapia si intende l’utilizzo della musica e degli elementi musicali (armonia, melodia, ritmo,timbro) per
favorire l’integrazione fisica, psicologica ed emotiva dell’individuo.
È stato dimostrato che il canto, i suoni, la musica possono guarire i mali del corpo e dell’anima.
Sin dall’antichità si hanno notizie della musica per fini terapeutici, ma il riconoscimento come disciplina specifica ed efficace risale ai primi del secolo scorso quando si iniziarono ad effettuare vere e proprie ricerche scientifiche sulle modificazioni fisiologiche indotte dalla musica attraverso la misurazione dei suoi effetti sulla respirazione, il ritmo cardiaco, la circolazione e la pressione sanguigna.
Si conoscono due principali indirizzi di pensiero: uno prettamente medico e uno pedagogico.
Sull’onda di questi studi è nata la musicoterapia, introdotta in Italia negli anni Settanta, una metodica che considera il corpo umano un’enorme cassa di risonanza dentro cui penetrano e si espandono le onde sonore.²
L’uomo entra in contatto con la musica già nella vita intrauterina, ascoltando il battito cardiaco, la respirazione e la circolazione sanguigna materna. A questi suoni si associano tutti quelli esterni che, in qualche modo, influenzeranno la vita futura.
Le risposte degli esseri umani alla musica vanno ben oltre il
suono. La musica può essere sperimentata fisiologicamente, con cambiamenti della frequenza cardiaca, attraverso il movimento, lo stato d’animo e le emozioni, ma anche cognitivamente, tramite conoscenza e memoria.
Il fenomeno musicale può avere importanti effetti positivi o negativi sulla sfera affettiva dell’individuo e sul suo stesso equilibrio psicofisico.
La musica, infatti, superando i filtri logici e analitici della mente, riesce ad entrare direttamente in contatto con i sentimenti e le passioni più profonde e a stimolare la memoria e l’immaginazione fino a provocare vere e proprie reazioni fisiche.
Ascoltare e fare
musica in prima persona, dunque può rilassare divertire, attivare le energie fisiche e mentali, favorire il contatto con le parti più profonde di noi stessi.
Non bisogna, però, dimenticare che il suono è una forza potente che può anche disorientare e irritare fino a condurre alla perdita di coscienza.
Il sovraeccitamento psicofisico causato da un eccesso di stimolazioni sonore, per esempio, è dannoso!
La musica, infatti, ha un duplice effetto psicoterapico sia nell’ambito fisiologico che psichico, infatti, riuscendo a far evocare sensazioni e stati d’animo, può far scattare meccanismi inconsci e aiuta così a rafforzare l’IO facendo da ponte tra conscio e inconscio.
Può aiutare a sbloccare repressioni e resistenze permettendo agli impulsi ed ai complessi che producono conflitti e disturbi neuro – psichici di affiorare a livello di coscienza, anche attraverso il processo catartico (tensione – liberazione).
Invia segnali al cervello ed in particolare al sistema libico, la zona cerebrale detentrice dei più arcani sentimenti ed istinti posseduti dall’uomo riguardo ad una filogenesi evolutiva di tutto il sistema nervoso centrale.
La musica sembra essere l’unica funzione superiore dell’encefalo, che direttamente coinvolge in uguale misura l’emisfero destro e l’emisfero sinistro.
In breve, mentre l’emisfero sinistro ha un peso determinante sull’esplicazione dei processi linguistici e a tutti gli approcci di tipo analitico-logico-relazionale, l’emisfero destro svolge una serie di funzioni definite analogiche, consistenti nella possibilità di apprezzare ed elaborare criteri ritmici, musicali, spaziali, dove tutto viene colto in maniera immediata.
Il linguaggio della musica, come linguaggio degli affetti e delle emozioni (attraverso il quale vengono richiamati stati d’animo, memorie, immagini) appartiene certamente all’emisfero destro.
Se invece, consideriamo il linguaggio musicale per le sue caratteristiche timbriche, ritmiche-armoniche e compositive, ricco di tutti quegli aspetti che implicano l’applicazione di leggi fisico- acustiche, ci accorgiamo che questo rientra in un’area logico-matemetica che interessa l’emisfero sinistro.
Merita di esser ricordato H. Gardner che definisce la musica come una competenza che non dipende da oggetti fisici del mondo.
L’intelligenza musicale ha una sua traiettoria di sviluppo come pure una sua rappresentazione neurologica; le operazioni centrali della musica non hanno connessioni intime con le operazioni centrali di altre aree; perciò, la musica merita di esser considerata un ambito intellettuale autonomo.
La musicoterapia è una disciplina che studia il rapporto suono - essere umano. Essa permette di comunicare attraverso un codice alternativo rispetto a quello verbale. Attraverso la comunicazione analogica ci si esprime con un sistema di simboli più ricco e in più le stimolazioni musicali possono suscitare miglioramenti nella sfera affettiva, motivazionale e comunicativa; essa utilizza il suono, la musica, il movimento per provocare effetti regressivi ed aprire canali di comunicazione, con possibilità di un’apertura comunicativo – relazionale e una finestra nel mondo intero.
È chiaro che si può usare la musica per catturare l’attenzione, stabilire un dialogo e quindi ancora condurre la persona ad un obiettivo voluto. In questa ottica le tecniche psicomusicali, offrono un mezzo di espressione e comunicazione complementare: fattore di sviluppo per l’uomo normale, esse sono una vera terapia per il disadattato. Attraverso la terapia musicale vengono messe in gioco le abitudini, i significati palesi e inconsapevoli, le aspirazioni, i problemi vivi e angoscianti, la ricerca di significati che vanno al di là dell’apparente infantilità di certi testi, rendendo l’esperienza sonoro – musicale molto meno banale di quanto possa apparire a prima vista e di notevole valore se affrontata correttamente.
Bisogna, però, scartare l’idea semplicistica di alcuni per i quali qualsiasi disco o cassetta di musica può andare bene (proponendo molto spesso alcuni generi musicali pre- confezionati, spesso propinati come terapeutici, non adatti allo scopo da raggiungere).
In questa ottica naturalmente i risultati non saranno soddisfacenti e di conseguenza il metodo criticato, ridicolizzato e abbandonato.
I principi teorici della musicoterapia
La musicoterapia si basa sui principi dell’Iso che caratterizza l’identità sonora di un individuo: esso è un elemento dinamico che ha in sé tutta la forza di percezione presente e passata.
Si possono riconoscere: l’Iso universale, gestaltico, complementare e gruppale; ognuno interviene nell’identità sonora di ogni individuo.
Iso universale: è una identità sonora che caratterizza o identifica tutti gli esseri umani, indipendentemente dal particolare contesto sociale, culturale storico e psico- fisiologico.
Fanno parte dell’iso universale le caratteristiche particolari del battito del cuore, dei suoni di inspirazione ed espirazione nonché la voce della madre al momento della nascita e