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Shien
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E-book276 pagine4 ore

Shien

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Info su questo ebook

Estate 1926. Catherine Smorth, chiamata da tutti Cat, è in vacanza e decide di soggiornare da suo fratello Filip che vive e lavora come botanico in una piccola isola indonesiana chiamata Shien. Durante il suo soggiorno sull'isola Cat farà nuove amicizie e trascorrerà delle giornate indimenticabili, condite da disavventure e colpi di scena, sullo sfondo di una natura ancora per lo più selvaggia e inospitale.
"Sono tanti e vari i personaggi che s’incontrano durante la lettura di “Shien”. Ognuno di loro appare così com’è, senza maschere, mostrando le proprie debolezze e soprattutto i propri sentimenti di amore e gelosia che li condurranno all’antagonismo." (recensionelibro.it)
"Come in un romanzo di formazione, Cat e gli altri personaggi, affrontano i primi innamoramenti e tante avventure quotidiane (positive e negative). Tali avventure contribuiscono alla loro crescita e maturazione, facendo loro capire l’importanza di essere sinceri, non solo con gli altri, ma innanzi tutto con sé stessi riguardo le proprie idee e i propri desideri." (sololibri.net)

LinguaItaliano
Data di uscita8 gen 2020
ISBN9780463558942
Shien
Autore

M.G. Marchiori

Maria Giovanna Marchiori nasce a Cittadella (Pd) il 4 Gennaio 1987.Dopo aver frequentato il liceo magistrale “Don G. Fogazzaro” a Vicenza, nel 2011 si laurea in “Scienze e Tecnologie Chimiche per la Conservazione e il Restauro” presso l’Università Ca Foscari di Venezia.Sul suo blog scrive recensioni di autori classici ed esordienti.Ama inoltre dipingere e ha partecipato a corsi di pittura a olio e a mostre d’arte.

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    Shien - M.G. Marchiori

    Shien

    Un romanzo di M. G. Marchiori

    Copyright © 2012 M. G. Marchiori

    Smashwords edition

    All rights reserved including the rights of reproduction in whole or in part in any form.

    Questo romanzo è un’opera di fantasia. Nomi, personaggi, luoghi ed eventi sono frutto dell’immaginazione dell’autrice. Ogni rassomiglianza con avvenimenti, luoghi o persone realmente esistenti, è da ritenersi puramente casuale.

    Personaggi principali

    Anyla (19 anni): è la cantante del varietà che anima le serate del locale Fine Fox.

    Catherine Smorth (18 anni): è inglese di nascita e studia antropologia in un collegio esclusivo di Hong Kong.

    Hasi (25 anni): è indigeno di Shien.

    Jeremy Paxton (26 anni): è un inglese di buona famiglia.

    Max (25 anni): è uno dei ballerini del gruppo dei Tangles che animano le serate al Fine Fox.

    Personaggi secondari

    Coniugi Samlin: Greg e Farsy Samlin. Sono entrambi dei ricercatori.

    Filip Smorth: fratello di Cat, è un ricercatore e botanico.

    Margaret Paxton Greyson: zia paterna di Jeremy Paxton.

    Nicolas O’Briell: irlandese di buona famiglia e membro del circolo esclusivo di Shien.

    Sebastian, Geraldine Rit, Sofia Bronster: membri del circolo esclusivo di Shien.

    Tangles: gruppo di sei ballerini tutti inglesi di nascita. Sono Max, Stephan, Cristof, Samuel, Gaia e Sara. Animano le serate al Fine Fox.

    Tina: domestica alle dipendenze di Filip.

    Parte Prima

    1

    «Cat… Cat…».

    Il suono di quella voce svegliò improvvisamente la giovane ma le ci volle più di qualche secondo per rendersi conto dove si trovava. I fuochi d’artificio erano appena iniziati e i loro bagliori illuminavano a tratti la stretta saletta in cui lei si trovava insieme a Tina.

    Gli avvenimenti di quella sera l’avevano scossa nel profondo tanto da farla appisolare e ora quella voce, quel sussurro: era Hasi, ne era certa ma forse se l’era immaginato tanto era disperata.

    Quello che aveva fatto non poteva essere perdonato: aveva avvelenato Filip! Suo fratello!

    Fortunatamente Tina se ne era accorta e aveva avvertito i soccorsi appena in tempo. Lei era tornata dal fratello proprio nel momento in cui lo stavano sistemando sulla barella pronto per essere trasportato all’ospedale.

    Lo shock che colpì la giovane la paralizzò e solo grazie alla forza d’animo della domestica riuscì a tornare in sé.

    Una volta sveglia dal torpore in cui era caduta Cat si mise ad aspettare col cuore in gola l’arrivo del medico che stava visitando suo fratello nell’altra sala. Tina, intanto, seduta in un cantuccio della panca e con le mani che le coprivano la faccia, continuava a pregare in un sussurro nervoso nella sua lingua nativa. Cat, fissandola, capì allora l’affetto che quella donna provava per Filip e la invidiò perché in quel momento non riusciva a pensare a lui ma solo che era stata colpa sua.

    Tre settimane prima

    La spuma del mare cominciava ormai a delineare lunghe scie dietro il battello Tailus che non era certo una vera e propria nave sebbene solcasse l’oceano ormai da più di dieci anni. Gli sbuffi di fumo provenienti dall’imbarcazione erano appena visibili all’orizzonte, sembravano piccole nuvole nere come un antico linguaggio indiano.

    Catherine si fermò a guardarli quasi ipnotizzata da quei buffi segnali d’addio.

    Lo sciacquio della marea, in quell’ora pomeridiana, rendeva l'atmosfera del luogo nostalgica ma allo stesso tempo serena e questo rese la ragazza ancora più contenta di quanto non fosse già in precedenza.

    Catherine Smorth era una ragazza allegra e le piaceva definirsi particolare con il suo modo tutto suo di intervenire in dialoghi altrui con sfacciata noncuranza.

    Oltretutto era deliziosamente carina con i suoi capelli biondo cenere e i suoi occhioni da cerbiatto, comunque Catherine non era vanitosa e nel collegio dove stava studiando per diventare un’antropologa il suo aspetto non le aveva mai causato grandi problemi con le altre ragazze.

    Cat, chiamata così ormai da tutti, era ora in vacanza e aveva chiesto e ottenuto dai suoi genitori, importanti membri dell’alta società di Hong Kong, di poter soggiornare da suo fratello che viveva e lavorava come botanico in una piccola isola indonesiana ancora per lo più selvaggia e inospitale.

    Il fratello di Cat, Filip Smorth, era una persona mite e gentile. Quel genere di persona che facilmente crede a tutto ciò che gli si racconta, ma era anche una persona corretta e altruista e questo gli aveva dato accesso ai migliori salotti della borghesia che abitava la piccola cittadina dell’isola di Shien.

    Questa deliziosa isoletta era un vero e proprio paradiso e le persone che la sceglievano come luogo di villeggiatura spesso e volentieri si stabilivano lì definitivamente aumentando ogni anno di più il numero dei cittadini residenti. Filip non era uno di questi, aveva scelto Shien semplicemente perché era presente un’interessante quantità di piante e arbusti che nel continente non erano presenti.

    Cat, distogliendo lo sguardo dai pennacchi fumosi del Tailus, si fermò a osservare quella piccola baia e quelle deliziose abitazioni di legno ormai scolorite tipiche dei villaggi di pescatori. Si chiese dove fosse la tanto decantata cittadina di Shien che Filip continuava, ormai da mesi, a descrivere con enfasi nelle sue lunghe lettere. Continuava a guardare, a osservare, ma ciò che vedeva erano solo un pugno di casupole arrampicate sullo scoglio antistante il piccolo molo dove stazionavano alcune barchette dei pescatori locali. Oltre a ciò un’immensa foresta che si inerpicava fino alle cime delle montagne che a malapena superavano i settecento metri d’altitudine ma, per Cat, quel paesaggio metteva una certa ansia infatti oltre a Hong Kong e a qualche cittadina del continente non aveva mai visto un luogo così selvaggio e inospitale.

    Stava di fatto che Filip era in ritardo, aveva promesso di aspettarla al molo, non era da lui.

    Cat si stava innervosendo ma, fissando i pochi villeggianti ancora sul molo, si ricordò della sua valigia, dov’era finita? Un’agitazione improvvisa l’assalì, dal piccolo molo si fece largo tra le piccole barchette e chiesto a qualche turista, che come lei era sceso dal Tailus, dove fosse il deposito dei bagagli si precipitò nella piccola casupola bianca indicatole.

    La casetta era davvero piccola, posta quasi sull’acqua era dotata di una palafitta in caso di marea troppo alta e di un piccolo molo dove le barche si fermavano per scaricare le merci che erano poi riposte con ordine all’interno.

    Sembrava che non ci fosse nessuno; fece i pochi gradini malfermi ed entrata si fermò di colpo.

    L’interno era buio data l’ora ormai serale e le poche lampade a olio davano il senso di un posto senza tempo e questa sensazione era accentuata dall’odore pungente di spezie proveniente da alcune scatole poste su un ripiano vicino all’entrata.

    Cat, intontita dall’odore, cercò di abituarsi all’oscurità del luogo e con cautela si avvicinò ad alcuni pacchi: la sua valigia non era lì! Presa dallo sconforto, e arrabbiata ancor di più dal ritardo di Filip, stava per calciare un sacco di mais quando udì una voce da vecchio che, con tono tra lo sorpreso e l’indispettito, le chiese:

    «Ehi che cosa sta facendo qui?».

    Giratasi di scatto Cat fissò quell’ometto piccolo e gobbo che, da sotto a un consunto berretto da pescatore, la stava fissando con occhi torvi. Stava per rispondere quando l’omino, senza perdere tempo, le si avvicinò e, mutato d’atteggiamento, le sorrise mostrandole i pochi denti rimasti.

    «Signorina cosa sta cercando? Non vede che ormai sto chiudendo? Mi dica…» e, prendendola gentilmente per mano, la portò vicino a una delle lampade per guardarla meglio.

    Cat si riprese da quell’improvviso incontro e guardandolo con speranza gli disse:

    «Scusi ma credo di aver perso la mia valigia. Sono arrivata con il Tailus…» e dicendo questo indicò con l’indice la porta in cerca di conferma del battello che ormai si era volatilizzato all’orizzonte.

    «Mi hanno detto che i bagagli vengono portati qui ma…»

    Il vecchietto, intuendo lo stato d’animo della ragazza, sorrise scuotendo leggermente la testa e senza dire una parola prese per il braccio Cat che, seguendolo docilmente, la portò davanti a un tavolo lungo e stretto che occupava quasi la metà di una parete del locale. Sopra, oltre a diversi pacchi e sacchi ben ordinati, c’erano anche alcune valigie, alcune vecchie e malconce e altre di nuova fattura. L'uomo le indicò dicendole quasi sussurrando:

    «Tutto ciò che è stato scaricato dal Tailus si trova qui. Se è una valigia che cerca la troverà di sicuro tra queste» e afferrata una lampada, che si trovava sopra a una sedia li vicino, la porse a Cat che, colma di gratitudine, l’afferrò e con un «grazie» deciso si mise all’opera per cercare la sua valigia.

    Scostata qualcuna la trovò e in mezzo a quelle borse e sacchi la vide come si vede una rosa appena sbocciata tra un roseto appassito. Strinse a sé quell’oggetto che racchiudeva i suoi oggetti più cari e fissando l’ometto, che nel frattempo la stava osservando con occhi gai e contenti, gli chiese:

    «Sa dirmi dove si trova la cittadina di Shien?».

    L’omino, visibilmente stupito della domanda, si mise a ridere e le rispose soffocando le risa:

    «Signorina è proprio dietro a questo promontorio!» e, dicendo questo, l’accompagnò alla piccola finestrella del locale da dove si potevano vedere, tra i rami degli alberi, le prime luci delle case del paese. La ragazza le fissò chiedendosi tra sé come mai non le avesse notate prima quando era scesa dal molo ma non fece in tempo a rispondere all’occhiata interrogativa dell’ometto perché sentì il rumore brusco di una macchina che si fermava.

    La casupola del deposito merci era proprio al di sotto di una stretta stradina che portava al paese. Si accedeva dal locale tramite una piccola scalinata racchiusa tra due spuntoni di roccia.

    L’ometto, aperta una porta, la indicò a Cat che, con stupore, vide scendere di fretta dalla scalinata un giovane ben vestito. A causa dell’oscurità serale non riuscì a intravedere il viso ma era certa: era Filip e questa consapevolezza la fece arrabbiare.

    Ringraziato il vecchietto si avviò incontro al giovane ma si fermò di colpo: la valigia era davvero pesante! Si ricordò allora la discussione avuta con la madre la mattina stessa riguardo il portare o meno i libri di scuola. Ovviamente Cat non voleva certo studiare, non in vacanza, perché dopotutto si meritava un po’ di riposo ma la madre era dell’opinione contraria sostenendo che fa sempre bene rispolverare i concetti acquisiti nel corso dell’anno. Cat si maledì tra sé per la facilità con cui si era arresa alle pretese della madre comunque non poteva farci niente, ora come ora, e comunque avrebbe dato a Filip la valigia da portare fin su alla macchina.

    Mentre stava tentando, con entrambe le mani, di trascinare la valigia si accorse che l’ometto aveva chiuso dietro di sé la porta e che il giovane ormai l’aveva raggiunta. Lasciata la valigia in malo modo si diresse decisa verso Filip e prima che gliene dicesse di santa ragione si bloccò riuscendo a dire soltanto:

    «Filip! Ma dove…»

    Oddio! Non era Filip! Un senso di vertigine la prese, chi era quel bel ragazzo di fronte a lei? E soprattutto dov’era finito suo fratello?

    Il giovane, accortosi dello sguardo stupito di Cat, le sorrise docilmente svelando i bei denti che rendevano ancora più affascinante i lineamenti del viso. Il giovane si affrettò ad assumere un’aria sottomessa e con fare galante porse la sua mano in cerca della valigia di Cat che nel frattempo era rimasta incustodita in un angolo della stretta viuzza.

    Mentre prendeva la pesante valigia le disse guardandola di striscio e sorridendole:

    «Filip non è potuto venire, aveva un incontro importante con il suo gruppo di studio. Mi ha incaricato di portarti subito a casa sua, mi dispiace molto di averti spaventata».

    E notando gli occhioni sconvolti della ragazza continuò:

    «Non sono esattamente puntuale come tuo fratello tuttavia ora sono qui!» dicendo questo accompagnò le parole con un grande sorriso e aprendo leggermente le braccia come un comico alla fine di una sua celebre battuta.

    Accortosi che la ragazza non era in vena di scherzare le disse quasi sussurrando:

    «Mi chiamo Jeremy Paxton e sono un grande amico di Filip»

    La fissò in cerca di risposta ma Cat era muta, lo guardava corrucciata pensando evidentemente ad altro. Jeremy si arrese: Filip gli aveva accennato del carattere della sorella ma se l’aspettava molto più aggressiva e alta, non certo una ragazzina dal volto di una bambolina triste.

    Fece gli scalini con naturalezza fino alla sua Chrysler Finer 70 ma, giratosi per verificare che Cat lo seguisse, sbottò con aria ironica:

    «Ma cosa hai messo dentro a questa valigia?! Mattoni?!»

    Cat, fissando il viso leggermente corrucciato del giovane e notando il suo sorrisetto ironico, non riuscì a trattenere una risata gaia con cui si sfogò trovando ciò che le accadeva davvero buffo e paradossalmente divertente. Gli rispose con un sorrisetto ironico di rimando:

    «No, non sono mattoni, sono libri che probabilmente non aprirò nemmeno!»

    Sorpreso dalla reazione della ragazza le sorrise e le aprì gentilmente la portiera dicendole:

    «Filip sarà contento di vederti»

    Cat gli rispose fingendo di offendersi:

    «Spero per lui! E comunque mi chiamo Catherine, Cat» e dopo qualche istante continuò sorridendo:

    «Mio fratello mi ha parlato di te»

    «Ah, bene immagino» le rispose ridacchiando, e notando che la giovane annuiva senza aggiungere nient'altro, mise in moto la macchina e si diressero verso il paesino che si stagliava nitido, con le sue luci serali, nel fondale scuro e immobile della foresta che lo circondava.

    2

    Jeremy Paxton era un giovane di buona famiglia e il suo accento molto british denotava la sua origine tipicamente inglese.

    Era nato in un delizioso paesino della campagna inglese e per vari motivi, tra cui lo studio, lo aveva con rammarico abbandonato in giovane età.

    Lasciati gli studi d’avvocato perché in contrasto con il suo carattere gaio e giocoso si dimostrò un eccellente uomo di mondo riuscendo a intrattenere con garbata ironia e amabile simpatia gli uomini più facoltosi di Londra. Tuttavia la sua vita mondana tra serate all’opera e feste lo stava ormai soffocando.

    Un giorno, venuto a conoscenza che una sua zia, che viveva in Giappone, stava poco bene si imbarcò senza indugio verso una nuova vita e nuove conoscenze.

    Il Giappone lo aveva subito affascinato con i suoi palazzi e templi con la loro tipica architettura ma soprattutto per lo stile di vita: molto più raffinato sia nel vestire, come l’abbigliamento delle geishe, che nell’etichetta rispetto a quello inglese.

    Tutto era perfetto e minuziosamente preciso: i gesti e i comportamenti erano tutti calcolati e armoniosi. Per Jeremy, abituato a sale da ballo affollate da persone rispettose, eleganti ma molto chiacchierone, la quiete e i discorsi quasi sussurrati erano una piacevole scoperta.

    La zia abitava in una piccola ed elegante abitazione tipicamente nipponica in riva a un tranquillo torrente che tagliava in due il paesino dal nome impronunciabile.

    La zia, Margaret Paxton Greyson, era la sorella del padre di Jeremy e aveva sposato un ufficiale che, per motivi di lavoro, si era trasferito in Giappone. Margaret con difficoltà si era abituata al ritmo lento e all’etichetta rigida giapponese. Purtroppo non era riuscita ad avere figli e quel mondo dove tutto doveva essere sempre armonioso e perfetto pian piano l’aveva fatta ammalare.

    La nostalgia per la giovinezza passata e la tediosa, a suo dire, tranquillità che imperniava la sua nuova vita la resero insofferente e aggressiva verso tutti coloro che la avvicinavano.

    La società altolocata di Osaka, che distava pochi chilometri dal paesino di Margaret, l’aveva presto abbandonata e suo marito con essa. Ora era sola, imprigionata in una casa e in una vita che cominciava a detestare e che ormai la stava distruggendo nell’animo.

    Un giorno Margaret, sfogliando in rassegna le riviste e alcune buste appena consegnate dal postino, si accorse di una lettera con timbro londinese. La osservò accorgendosi che la scrittura con la quale era scritto l’indirizzo sulla busta non era di suo fratello anche se sicuramente la provenienza era la stessa. La aprì con garbo chiedendosi come mai il fratello le avesse scritto, era da un po’ che non aveva sue notizie e in cuor suo sperava non fossero cattive.

    La lettera cominciava con Mia cara zia….

    Mia cara zia?! Margaret alzò gli occhi dal foglio e si mise a osservare dalla sua veranda un uccellino, che in quel momento si posò sul bordo della fontanella al centro del piccolo giardino ben curato. Come se si sentisse osservato il piccolo volatile volò via riportando la mente di Margaret al foglio.

    Non si ricordava di avere un nipote, suo fratello forse glielo aveva accennato in una sua lunga lettera ma erano passati anni. Margaret fece un rapido calcolo e con rammarico si accorse che erano passati almeno una ventina d’anni, se non di più, da quando era partita da Londra.

    Il peso di tutti quegli anni trascorsi lontano dalla sua patria la fecero intristire tutto di un tratto e riguardando il foglio scritto in bella calligrafia fece una smorfia quasi di disgusto.

    Tutto ciò che proveniva dall’Inghilterra le faceva ricordare la sua giovinezza e così richiuse la lettera nella busta e la posò sul tavolinetto accanto alla sua poltrona. Si sentì all’improvviso stanca e triste, non voleva saperne di quel ragazzo, non lo conosceva e non voleva conoscerlo. Tuttavia la curiosità cominciò pian piano a divorarla; con disinvoltura finì il suo the ma il suo sguardo continuava a posarsi su quella lettera. Alla fine si arrese e riaperto il foglio, e inforcati gli occhialini, cominciò a leggere.

    La lettera era scritta in un perfetto inglese e questo la fece subito sorridere abituata come era a parlare e scrivere giapponese, inoltre, nella lettera, Jeremy le descriveva con parole eleganti e con entusiasmo della sua vita e di ciò che era accaduto alla sua famiglia in quegli anni, quindi anche del fratello, come se avesse intuito il bisogno profondo di Margaret di sentirsi parte di una famiglia sebbene tanto lontana.

    Jeremy, nelle frasi finali, fece un accenno a una sua possibile visita per conoscerla e chiudendo con un sempre se desideri la mia compagnia dichiarava il suo sincero affetto per lei. Da come scriveva Jeremy doveva essere un bravo ragazzo tuttavia l’imminente visita di un estraneo, sebbene un parente mai visto, l’avrebbe senz’altro fatta innervosire.

    Margaret odiava le persone troppo piene di sé perché in fondo le ricordavano suo marito. Ora quel giovane ragazzo l’avrebbe senz’altro fatta arrabbiare sconvolgendo la sua tranquilla routine. Al solo pensiero le ribolliva il sangue, in realtà non per disgusto ma per un inaspettato desiderio di cambiamento.

    Sta di fatto che quando arrivò Jeremy, quattro mesi dopo l’arrivo della lettera, Margaret lo accolse con braccia aperte e piena di gioia volle assolutamente sapere tutto di lui e della vita londinese che da tanto tempo le mancava.

    Margaret era davvero sorpresa da quel giovane così loquace e simpatico, oltre a essere davvero carino aveva un atteggiamento verso di lei quasi di timidezza e rispetto e la cosa le piacque molto.

    Jeremy, dal canto suo, trovava in quella sua zia e nel suo modo di parlare e di gesticolare tranquillo e preciso nuova linfa da cui attingere: avrebbe imparato da lei come impostare il suo comportamento e come dare importanza e significato a ciò che diceva. Le giornate passarono così tra passeggiate nel bel curato giardinetto di casa e lunghe chiacchierate durante l’ora del the. Entrambi però si accorsero che gli argomenti, data l’età e l’esperienza, cominciavano a scarseggiare. Margaret ricominciò a essere insofferente anche con Jeremy che capì subito che il malessere di cui soffriva la zia era causato dall’ambiente in cui viveva. Decise allora di cambiare di nuovo: una nuova vita ma stavolta avrebbe convinto la zia ad andare con lui.

    Un giorno, mentre stava aspettando il suo turno dal barbiere, un famoso barbiere di Osaka, Jeremy lesse su di una rivista di viaggi dell’incantevole isoletta indonesiana di Shien dove le giornate passano tra escursioni, rilassanti nuotate e piacevoli serate danzanti. Ottimale per persone che hanno voglia di staccare anche per un solo giorno dalla noiosa routine.

    Era perfetto, la zia avrebbe sicuramente accettato (forse).

    Jeremy non era sicuro dell’esito di quella proposta ma avrebbe tentato. Tornato da Osaka con un nuovo taglio di capelli e con un piano in testa, si decise a parlarne alla zia solo durante la cena.

    La zia, vestita con un delizioso kimono a fiori, era seduta al suo posto intenta a intingere un involtino di pesce nella salsina scura che tanto le piaceva. Accortasi che il nipote la stava osservando depose garbatamente le bacchette e lo fissò, sorridendogli, aspettando che Jeremy cominciasse a parlare. Il giovane depose le bacchette e cominciò il

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