Un bacio rubato: Harmony Collezione
Di Sandra Field
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Info su questo ebook
Sandra Field
Prolifica autrice inglese, cura con particolare amore la sua piccola collezione di bonsai.
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Anteprima del libro
Un bacio rubato - Sandra Field
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
The English Aristocrat’s Bride
Harlequin Mills & Boon Modern Romance
© 2005 Sandra Field
Traduzione di Sonia Indinimeo
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 2006 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-3052-380-7
Frontespizio. «Un bacio rubato» di Field Sandra1
In quella casa viveva sua sorella. La sorella che non aveva mai incontrato. Della quale, fino a quattro settimane prima, ignorava l’esistenza.
Karyn Marshall si appostò meglio tra gli alberi. Se qualcuno si fosse avvicinato a una delle grandi finestre aperte sulla facciata di mattoni rosa, non sarebbe riuscito a scorgerla. Nascosta come una ladra, pensò con un brivido. Ma era necessario. Doveva osservare e aspettare.
Era una grande villa. Da un lato, un glicine maestoso accarezzava il muro con i suoi rami fioriti, fino al primo piano. In fondo al giardino, sulla sinistra, riusciva a scorgere le stalle e un garage per quattro macchine, da cui si snodava un vialetto lastricato.
Ogni minimo dettaglio era curato alla perfezione, e questo non faceva che accrescere il suo disagio.
La sua gemella, Fiona Talbot, viveva in quella casa, a Willowbend. Karyn sapeva che la famiglia di Fiona era benestante, ma non avrebbe mai immaginato tanto lusso.
Sconfortata, abbassò il capo per guardare i suoi pantaloni e la camicina di seta che indossava: le era parso un abbigliamento abbastanza elegante per quell’incontro, ma forse sarebbe stato più indicato un abito da sera. Se solo ne avesse avuto uno...
Si appiattì contro il tronco di un albero, quando una signora, con indosso un elegante abito rosso, apparve a una delle finestre. Nonostante la distanza, riuscì a vedere con chiarezza il collier di diamanti che portava al collo.
Era forse Clarissa Talbot, la madre adottiva di Fiona? La donna si voltò per parlare con qualcuno che si trovava con lei nella stanza, poi scomparve. Un attimo dopo Karyn la vide ripassare, seguita da un maggiordomo in livrea.
Un maggiordomo! Soffocò una risatina isterica. Ma perché non aveva scritto alla famiglia per informarli della sua esistenza, prima di presentarsi lì?, si domandò, consapevole di conoscere la risposta.
Non aveva scritto per timore che i Talbot le dicessero di stare fuori dai piedi. Di lasciare il passato dov’era. Sepolto e dimenticato.
Ma per lei conoscere sua sorella era diventata una ossessione. Se solo non fosse stata così disperatamente sola...
D’un tratto il rumore di un ramo spezzato alle sue spalle la fece rabbrividire. Si voltò, fissando lo sguardo attento tra il folto della vegetazione, e con un tuffo al cuore vide un’ombra scura che avanzava lungo il sentiero. Un uomo stava camminando verso di lei con disinvoltura. Trattenne il respiro e si guardò intorno per trovare un nascondiglio adeguato.
Il soprabito chiaro non l’avrebbe aiutata a mimetizzarsi, sicché rimase dov’era, sollevando il mento. Forse l’avrebbe presa per una ladra, ma non era il caso di comportarsi come tale. Ormai non poteva fare altro che affrontare la situazione.
L’uomo, alto e con i capelli corvini, era a pochi passi da lei. Indossava jeans e maglione. La grazia felina con cui si muoveva aumentò l’ansia di Karyn. Aveva letto di bracconieri che si aggiravano nei boschi lì intorno, approfittando dell’oscurità.
Forse avrebbe dovuto nascondersi, scappare.
Qualcosa avrebbe dovuto fare, ma era tardi.
L’uomo la vide all’improvviso. Si fermò di colpo e la fissò, gli occhi neri come il carbone. «Fiona!» esclamò con dolcezza. «Che cosa ci fai qui fuori?»
Il respiro di Karyn si era fermato in gola. Non avrebbe potuto pronunciare una parola neanche se avesse voluto. Il proprietario della locanda di Droverton, dove aveva preso una stanza, l’aveva chiamata signorina Fiona, e quando lei gli aveva detto di essere Karyn Marshall, una turista canadese, lui le era parso turbato. L’aveva guardata con sospetto e non le aveva riservato il trattamento cordiale, di amichevole ospitalità, tipico di quei piccoli villaggi.
Adesso, il comportamento dello sconosciuto che aveva davanti non faceva che confermare la sua idea: lei e Fiona erano gemelle identiche, tanto da poter essere scambiate l’una con l’altra.
Karyn osservò meglio l’uomo. Era molto alto, con le spalle ampie e le gambe lunghe. Vicino a lui cominciò a sentirsi fragile e vulnerabile, in un modo che non le piaceva. Anche se era in ombra, Karyn notò che il suo viso era molto bello e pieno di carattere. Carattere? Era un po’ poco per descrivere quella miscela esplosiva di carisma, fermezza, potere e sensualità. Fece appello al suo orgoglio per non scappare e si sforzò di distogliere lo sguardo dalle sue labbra lussuriose.
Pensa, Karyn, pensa in fretta...
L’uomo la aveva chiamata semplicemente Fiona, e quindi doveva conoscere bene sua sorella.
Forse sarebbe riuscita a servirsi di lui per incontrarla quella sera stessa.
Rafe Holden stava pensando a Fiona mentre andava a Willowbend. Aveva sperato di arrivare in tempo per la cena, ma il suo volo da Atene era atterrato in ritardo, e lui aveva telefonato a Clarissa dicendole di non aspettarlo.
Poi, uno strano movimento tra gli alberi lo aveva messo in allarme, strappandolo ai suoi pensieri. Aveva sollevato il viso e aveva immediatamente riconosciuto Fiona, appoggiata alla quercia che mille volte avevano scalato da bambini.
Lui, leader indiscusso di sette anni più grande, era sempre stato protettivo nei confronti della sua bionda vicina di casa dai grandi occhi azzurri.
«Fiona» ripeté. «Che cosa stai facendo qui?»
Attese invano una risposta, affondando leggermente con i piedi nello strato di foglie morte che copriva il terreno, mentre le felci gli accarezzavano le ginocchia. Fece un altro passo verso di lei e la osservò con maggiore attenzione. Sembrava spaventata. Anzi, più che spaventata. Sembrava che qualcosa l’avesse terrorizzata tanto da renderla sorda. Se era stata Clarissa a ridurla così, era pronto a far scoppiare un pandemonio!
La prese tra le braccia e la strinse a sé, sentendo il suo corpo teso e un nuovo profumo. Più intenso e sensuale di quello che usava di solito. Gli piaceva moltissimo. Anche i suoi capelli erano diversi. Troppo diversi! Fiona aveva sempre obbedito a sua madre, che le aveva imposto di lasciarli crescere, e solo raramente li raccoglieva in una coda austera e virginale. Austera e virginale proprio come Clarissa voleva che fosse sua figlia.
Ma ora erano corti, e i riccioli le incorniciavano il viso. Sembrava un’altra donna. Una donna più tormentata e sensuale. Ecco... ancora una volta quella parola si era insinuata nella mente di Rafe.
Quella decisione di trasgredire agli ordini lo sorprese piacevolmente. Da parte sua, avrebbe incoraggiato ogni tentativo di ribellione di Fiona. Si chinò per baciarle la guancia. «Mi piace molto questo taglio di capelli, e immagino che tua madre si sia infuriata.»
Gli piaceva tenere Fiona tra le braccia. Era come tornare a casa, a tutto ciò che gli era familiare. Da anni li legava una forte amicizia e l’amore per quella terra che li aveva visti crescere. Strofinò con dolcezza la guancia sui corti capelli di lei.
Era quasi certo che sarebbe stato necessario un suo intervento per placare l’ira di Clarissa Talbot. E contrastare quella donna quando dissotterrava l’ascia di guerra non era mai un’impresa facile, pensò, preparandosi al peggio.
Poi, con sua grande sorpresa, lei sollevò il capo e quasi inavvertitamente gli sfiorò il viso con le labbra. Erano fresche e seducenti. Il suo corpo, avvolto in un soprabito che Rafe non aveva mai visto, era rigido come quello di una statua. Sembrava una di quelle orrende ninfe greche di gesso che Douglas Talbot aveva piazzato qua e là in mezzo alle aiuole di azalee. «Va tutto bene» mormorò sulle sue labbra. «Puoi rilassarti, adesso. Ci sono io accanto a te.»
Le mise una mano dietro la nuca e soffici ciocche di capelli biondi gli accarezzarono le dita. Lei soffocò un suono gutturale e la bocca si ammorbidì sotto la sua. Il profumo inebriante gli penetrò nel cervello, costringendolo ad approfondire quel contatto.
Cosa mi sta succedendo? Non si era mai sentito così attratto da Fiona. Era la sua più vecchia e cara amica! Una sola volta nella vita Rafe si era lasciato travolgere dalla passione, e i risultati erano stati tanto devastanti da indurlo a non cascarci più. Per lui, la più grande attrattiva di Fiona era la familiarità che rappresentava, la consuetudine, la tenera complicità che era cresciuta insieme a loro. Tra loro c’era grande serenità, nessuna pretesa e una fiducia totale.
E lui poteva vivere senza passione. Una volta scottato, aveva deciso di starne alla larga per sempre.
Il corpo di lei si ammorbidì e le spalle, sotto le sue mani, erano meno tese. Rafe la strinse di più, con estrema cautela, passandole le mani sotto il soprabito e massaggiandola dolcemente attraverso il tessuto della camicia. Sembrava così diversa, pensò con un fremito d’eccitazione. D’un tratto non gli bastò più il contatto con il tessuto. Voleva sentire la sua pelle calda.
Approfondì il bacio, chiedendole di più. In un lampo di scioccante delizia si rese conto che lei gli stava dando ciò che le chiedeva. Si stava aprendo a lui, accondiscendente e remissiva. Teneva le mani premute sul suo petto e il loro calore gli penetrava nella pelle.
Piano, come se volesse assaporare ogni istante, gli passò le braccia intorno al collo, tuffando le dita tra i suoi capelli. Ho bisogno di un buon taglio, pensò Rafe scioccamente.
Quando avvertì la punta della lingua sulla sua, smise di colpo di pensare. Si perse nel calore della sua bocca, ipnotizzato dalla sua dolcezza. La strinse a sé e lei si piegò tra le sue braccia come una fiamma. Il suo sottile sospiro di piacere lo travolse come una cascata. Com’era possibile, si chiese Rafe, che dietro la delicatezza di Fiona fosse celato tanto ardore? Come aveva potuto ignorarlo per tanto tempo? Lo aveva tenuto così ben nascosto, dietro quella maschera di distacco e inviolabilità che indossava costantemente?
Quando non gli fu più possibile nascondere la sua eccitazione la allontanò da sé, per evitare che venisse travolta dalla paura e dalla vergogna. Ma con sua sorpresa la sentì spingersi contro i suoi fianchi, come se anche lei desiderasse essere sua nel più primitivo dei modi.
Rafe infilò una mano nella cintura, sollevandole la camicia. Voleva accarezzare la sua pelle nuda, calda e liscia come seta, sentire le sue costole, fragili e delicate. Quando riuscì a raggiungere le rotondità del seno, sentì i capezzoli duri come piccole pietre preziose. E in quel mentre continuarono a baciarsi. Le loro bocche allacciate, frenetiche, desiderose solo di dare e ricevere piacere.
Come in un sogno avvertì la mano di lei che gli si insinuava sotto il maglione e gli accarezzava il petto, soffermandosi vicino al suo cuore, che batteva come un martello pneumatico impazzito. Le morse dolcemente il labbro inferiore, e la sentì tremare tra le sue braccia in una resa muta e totale. Con un lampo di lucidità, Rafe si chiese se fosse possibile morire d’estasi.
La voleva. Subito! Proprio lì, su quel letto di foglie, in mezzo al bosco... contro un albero... Non aveva mai provato un desiderio tanto folle e incontrollabile.
Ma non poteva. Non con Fiona. Non a pochi passi da Willowbend. Cercò di riacquistare l’uso della parola. «Vieni a casa con me» riuscì a dire. «A Stoneriggs. Voglio fare l’amore con te, Fiona.» Soffocò una risata imbarazzata. «In un letto, però, non sotto le querce. Tu meriti più di questo.»
Voglio fare l’amore con te. Come se all’improvviso una freccia le avesse attraversato il cuore, Karyn si irrigidì tra le braccia dell’uomo. Anche se, pensò vagamente, niente avrebbe potuto fermare il battito del suo cuore, e lo spasmo di desiderio insoddisfatto che avvertiva nel ventre.
Durante quel bacio, che sembrava dover durare in eterno, aveva viaggiato in un mondo in cui non era mai stata prima. Lei. Karyn Marshall.
Non Fiona Talbot.
«Lo so che mi vuoi» sussurrò lui, accarezzandole la guancia. «Tu vuoi me come io voglio te.»
Karyn stava tentando disperatamente di riprendere il controllo del respiro e di ritrovare la voce. Ma cosa le stava accadendo? Come poteva un semplice bacio ridurla in quello stato? Perché non gli diceva chi era?
Prima che potesse trovare le parole un coro di guaiti eccitati ruppe il silenzio del bosco. Dalla macchia sbucò fuori un piccolo branco di cani