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Racconti in libertà
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E-book112 pagine1 ora

Racconti in libertà

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I cinque racconti che compongono l’opera, constano in tre favole e due brevi racconti. Le favole hanno come titolo “Il mistero del contadino scomparso”, “Misha l’orsetto magico” e “Un anno al buio”.
Nella prima si parla di un nonno burbero e un po' svampito alle prese con un quadro da lui dipinto e che sembra essersi improvvisamente trasformato senza alcuna logica. 
Nella seconda i protagonisti sono due, un bimbo e l’orsetto regalatogli a Natale. La favola è triste, al limite del psicodramma, ma avrà un finale sereno.
Infine nella terza, ambientata in un futuro prossimo, si parlerà di un pastore al quale succederà di trovarsi catapultato in un presepe. 
Gli altri due racconti si intitolano “Sotto tiro” e “Wanted”. Nel primo si parte da un prologo risalente alla seconda guerra mondiale per finire negli anni Settanta. I protagonisti sono mossi da un sentimento di vendetta verso un fanatico nazista.
Il secondo racconto è ambientato nel vecchio western. Durante un rodeo, si incontrano due persone. Una è sempre a caccia di qualcuno che possa regalargli storie interessanti, l’altra rappresenta proprio quello che cercava. Il finale non sarà per niente scontato.
LinguaItaliano
Data di uscita13 apr 2020
ISBN9788869632297
Racconti in libertà

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    Racconti in libertà - Giovanni Saia

    Giovanni Saia

    RACCONTI IN LIBERTÀ

    Elison Publishing

    Proprietà letteraria riservata

    © 2020 Elison Publishing

    www.elisonpublishing.com

    elisonpublishing@hotmail.com

    Tutti i diritti sono riservati. È vietata la riproduzione, anche parziale, con qualsiasi mezzo effettuata, compresa la fotocopia, anche a uso interno o didattico.

    Le richieste per l’utilizzo della presente opera o di parte di essa in un contesto che non sia la lettura privata devono essere inviate a:

    Elison Publishing

    ISBN 9788869632297

    IL MISTERO DEL CONTADINO SCOMPARSO

    A nonno Gianni piacevano molto i quadri che aveva dipinto con sana passione. Lo stile era il Naif ossia quella produzione artistica per autodidatti priva di specifica formazione all’arte pittorica. Chiunque può cimentarsi, anche se possiede una tecnica modesta ed elementare come recita Wikipedia. Alla fine della grande fatica guardava soddisfatto i suoi capolavori, perfetti per andare a occupare due spazi vuoti nelle pareti interne del rustico di casa. Erano in bella mostra vicini tra loro e li mostrava orgoglioso ad amici, parenti e quant’altro ricevendone in cambio i complimenti chissà quanto sinceri. Ma a lui non interessava molto l’opinione degli altri, era certo di aver fatto un buon lavoro e pazienza se, probabilmente, dopo la sua scomparsa dalla faccia della Terra sarebbero finiti in una cassapanca di qualche cantina in maniera indecorosa e impolverata.

    Ma quello che sto per raccontarti gentile lettore, prevarica i confini della realtà quotidiana. Sarebbe stato facile per lo scrittore raccontare gli avvenimenti e far finire il racconto con Gianni che si risveglia all’improvviso vittima di un sogno (o di un incubo) ma questa non è la realtà: tutto ciò è proprio successo!

    Cominciamo da quando il nostro eroe decise di dedicarsi anima e corpo alla realizzazione dei dipinti in questione. Si scaricò da Internet diversi soggetti e ne scelse due che più lo attraevano. In uno era rappresentato in primo piano un carretto trainato da un bel cavallo. Stava percorrendo un viale alberato formato da piante surreali, con colori non molto attinenti alla realtà ma, si sa, nel Naif tutto è concesso. Spiccavano soprattutto le vegetazioni di molte piante, tendenti a variazioni di blu intenso, celeste e verdognolo. I colori seppur brillanti, riportavano atmosfere irreali alla vista di chi lo stava guardando. Ultimava il paesaggio un paese lontano, posto sulla sinistra del quadro e che dalle prospettive poteva essere lontano qualche chilometro. Gianni lo scelse per la vivacità e il senso di tranquillità che il soggetto emanava.

    Il secondo invece era un tipico paesaggio marino, simile a quelli che si possono ammirare nella costiera Amalfitana. A occhio e croce, vista la totale mancanza di bagnanti e osservando la colorazione verde dei monti, si poteva pensare a una collocazione sulla tarda primavera o inizio autunno. La scelta per questo dipinto fu dovuta a un qualcosa di paragonabile a un colpo di fulmine. Quell’assembramento di case con colori vivacissimi poste in primo piano non poteva fare altro che catturare la visione di qualsiasi osservatore.

    A dire il vero era questo il dipinto che riceveva l’ammirazione più convinta e faceva in modo da oscurare i rilievi positivi dati al quadro di fianco. Se i dipinti avessero un’anima, si potrebbe parlare di assurda gelosia tra quadri. Chissà se nella notte buia e silenziosa della casa, quando gli umani sono a dormire e la pace è totale, non succeda qualche movimento strano che a Gianni piaceva immaginare. Movimenti tipo: una congregazione dei paesi del quadro marino, regolarmente eletta dai cittadini, nella notte fa incursioni nel quadro vicinante andando a dileggiare i paesani del quadro fuori dalla realtà con frasi offensive.

    Raffigurate un posto così schifoso che è un inno al suicidio.

    Oppure:

    Il vostro dipinto fa talmente schifo, ma talmente schifo che persino il camion della rumenta si rifiuta di caricarvi.

    Logicamente gli abitanti del quadro contrapposto replicherebbero con altri titoli che non posso riportare data l’eventualità che questo racconto possa essere letto anche da minorenni.

    Tutte le volte che nonno Gianni pensava a queste cose, un leggero sorriso gli increspava la bocca sopra la quale ergono poderosi baffi non più di un castano vivo come una volta, ma piuttosto imbiancati. L’importante era che questi pensieri dovrebbero rimanere nel limbo della sua memoria senza essere manifestati all’esterno in modo da non passare per matto.

    A dire il vero vi sono leggende nordiche che riportano casi del genere soprattutto riguardo ai giocattoli e alla quale si rifanno molti film di epoca recente tipo Toy story, i Goonies e quant’altro. Caro lettore, devi crederci, devi far spaziare la tua fantasia, devi a volte tornare bimbo e immaginare quello che non può accadere. Ogni oggetto inanimato, sia o no un giocattolo, la notte potrebbe animarsi, vivere avventure surreali con ciò che lo circonda per poi, prima dell’alba, ritornare a essere quello che l’umano vuole vedere. Quel soprammobile a forma di orsetto, quella ricostruzione di vascello antico, quella statuetta raffigurante Venere, quegli scacchi a forma di guerrieri greci, la riproduzione di Napoleone a cavallo e tutto ciò che è presente nella stanza o nel mobile nel quale sono relegati, la notte si animano, si sgranchiscono, si parlano, giocano assieme e, finito il tempo a loro disposizione, ritornano nelle posizioni originali.

    Non lo si potrà mai appurare poiché eventuali telecamere non riporteranno nulla di strano, mentre se l’umano, spinto da assoluta curiosità nell’accertamento della veridicità di quanto si racconta, volesse controllare di persona in assoluto silenzio alzandosi nella notte non si accorgerebbe lo stesso di niente in quanto probabilmente tutti e proprio tutti gli oggetti di casa comunicano tra loro e si avvisano a vicenda se qualche intruso si sta avvicinando. Sicuramente qualche animale domestico è stato testimone di questi strani avvenimenti ma purtroppo non è stato ancora inventato un linguaggio comune tra uomo e bestia.

    Il buon nonno Gianni viveva insieme alla famiglia del figlio Ettore, contornato dai due vispi nipotini di nome Luca e Marco. La casa era una villetta indipendente posta su due piani uno a livello stradale e il secondo nel sottostrada; nel primo l’appartamento vero e proprio e nel secondo collegato da una scala interna, un grande rustico con un bel camino di marmo. Gianni era una persona di buon senso che sapeva stare in compagnia senza disturbare la privacy della famigliola. L’avevano tenuto in casa dopo la scomparsa, in seguito ad una brutta malattia, della moglie Lidia. Aveva la sua cameretta e si dava da fare per aiutare in qualsiasi modo e rendersi utile per quello che poteva contribuire. I suoi sessantacinque anni se li portava bene e aveva avuto la fortuna, almeno per il momento, di essere sempre stato in buona salute a parte qualche acciacco di poco conto. Era un ex ferroviere, macchinista per la precisione, e si vantava di essere tra i pochi al mondo ad aver scritto un libro che nessuno aveva mai letto. Ne aveva fatte stampare cinque copie e quattro le aveva regalate, appurando nel tempo che nessuno dei quattro fortunati lo aveva letto fino in fondo. Di questo si può facilmente sincerarsene facendo domande opportune e non ottenendo risposta.

    Lo mandavano a fare la spesa, ad accompagnare i nipoti a scuola e a riprenderli all’uscita, ad andare alla Posta e negli uffici vari risparmiando ai giovani le terribili code tanto temute. Nel tempo libero spaziava tra letture di libri e la pittura. Dopo tanto tempo gli ricapitò tra le mani la copia del suo libro ma dopo quindici pagine si era addormentato rivalutando così il concetto negativo che si era fatto all’epoca riferito ai quattro fortunati (o sfortunati).

    Suo figlio lo aveva sempre ritenuto un visionario, una persona un po’ stralunata, spesso tesa a cercare sempre la perfezione assoluta in tutte le cose. Secondo lui nei ragionamenti del padre mancava sempre la variabilità, presente in tutte le situazioni e responsabile della mancata quadratura del cerchio. "Non sempre è tutto nero

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