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Insieme per passione
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E-book299 pagine3 ore

Insieme per passione

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Info su questo ebook

The Club Series

Mezzo milione di copie vendute negli Stati Uniti
Dall’autrice bestseller di USA Today e New York Times, il secondo capitolo della serie bollente che è diventata un successo internazionale

All’improvviso tutta la sua vita è precipitata nel caos, eppure Sarah riesce a pensare solo a questa violenta, implacabile, insaziabile dipendenza dal magico tocco di Jonas. Ha scatenato in lei una fame che la consuma dentro e che si placa solo quando lui finalmente si arrende a lei nello stesso modo: mente, corpo e anima. La rovente storia d’amore tra Jonas e Sarah continua, ma la passione va maneggiata con cura se non si vuole restare bruciati…

«Questo romanzo è stato un turbine di emozioni. Passione, felicità e tenerezza… Assolutamente da leggere? Sì. Da amare? Sì.»

«Questo libro è stato ancora meglio del primo, quindi doppi complimenti alla cara Lauren per questa meraviglia. Se ancora non avete letto la storia di Jonas e Sarah vi consiglio di rimediare subito perché non è la classica storia d’amore, è realtà mista a fantasia, è amore misto a tormento, è tristezza e felicità, è respiro e inquietudine... è tutto, è meraviglia e dolcezza.»

«Insieme per passione è una storia brillante ed eccitante ma anche infinitamente dolce e divertente… Un finale da brivido, che mi ha scioccata, spiazzata, e fatto rimanere a bocca aperta. Preparatevi a finire sulle montagne russe. Allacciatevi le cinture.»

«Sono arrivata ai ringraziamenti e non me ne sono accorta... questa serie la divori!!»

«Due personaggi ironici ma anche teneri. La suspense non manca e... Che colpo di scena!»

«La storia prosegue e ti incatena sempre di più, il loro amore è così forte... I personaggi sono ben definiti e la loro storia scritta in modo così coinvolgente. L’unica pecca: dover aspettare il seguito per saperne di più.»
Lauren Rowe
è lo pseudonimo di una poliedrica autrice bestseller di USA Today, artista e cantante che ha deciso di liberare il proprio alter ego per scrivere The Club Series senza alcuna autocensura. Lauren Rowe vive a San Diego, California, con la sua famiglia. La Newton Compton ha già pubblicato Insieme per gioco.
LinguaItaliano
Data di uscita20 nov 2015
ISBN9788854189362
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    Anteprima del libro

    Insieme per passione - Lauren Rowe

    1106

    Titolo originale: The Reclamation

    Copyright © 2015 by Lauren Rowe

    Traduzione dall’inglese di Carla De Pascale

    Prima edizione ebook: gennaio 2016

    © 2016 Newton Compton editori s.r.l.

    Roma, Casella postale 6214

    ISBN 978-88-541-8936-2

    www.newtoncompton.com

    Realizzazione a cura di Librofficina

    Lauren Rowe

    Insieme per passione

    The Club Series

    A B., S. e C., per avermi insegnato ogni giorno l’amore profondo e duraturo.

    Capitolo uno

    Jonas

    Ci sono due donne agitate e tremanti nel mio soggiorno in questo momento, e non sto parlando di donne agitate e tremanti per una bella sensazione. Sarah e Kat sono spaventate da farsela sotto, terrorizzate a causa dell’irruzione nei loro appartamenti e del furto dei rispettivi computer (irruzione ovviamente compiuta da quei figli di puttana del Club). Inoltre si stanno domandando se gli accadimenti di oggi rappresentino l’intero iceberg che si sta abbattendo contro di loro o soltanto la punta. Non posso biasimarle per essere così impaurite. Adesso che Sarah conosce la verità sul Club – e al Club sanno che lei è al corrente del loro segreto – cosa potrebbero arrivare a fare quei bastardi per proteggere la vacca grassa rappresentata dal loro giro di prostituzione? Be’, non ho intenzione di restare fermo ad aspettare per scoprirlo, voglio smascherare quei figli di puttana.

    Ammetto di non avere la più pallida idea di come farlo al momento, ma qualunque cosa metterò in atto sarà efficace, definitiva, inequivocabile. Fine della storia. O, almeno, lo spero.

    Cazzo.

    A essere sinceri, non credo di riuscire a farcela da solo – non sono di certo abituato a vestire i panni del paladino della giustizia –, ma quando mio fratello sarà qui, e insieme eserciteremo la nostra forza di gemelli, quando uniremo il mio cervello con il fascino e il buon cuore di Josh, e appena aggiungeremo il suo amico hacker al mix, chiunque egli sia, nessuno potrà più fermarci. So che ce la faremo.

    Sarà meglio per noi.

    Com’è iniziato tutto questo casino? Soltanto un’ora fa, Sarah e io eravamo al settimo cielo dopo essere tornati a casa da un viaggio da sogno in Belize; stavamo varcando l’uscio del suo appartamento, felici per noi e per le nostre vite, dopo aver provato nei quattro giorni appena trascorsi ogni tipo di esperienza estatica conosciuta dall’essere umano. Ci siamo tuffati dalle cascate del Belize e abbiamo conquistato il Monte Everest ancora e ancora; poi, nella nostra casa sull’albero, progettata per una coppia come noi, abbiamo fatto numerose scoperte che ci hanno dimostrato, con estrema certezza e intensità, che siamo fatti l’uno per l’altra in ogni particolare.

    Laggiù in Belize con Sarah mi sentivo… mi vengono i brividi soltanto a tornare col pensiero a quello che ho provato… felice, mi sentivo davvero felice, per la prima volta in tutta la mia vita, o, almeno, per la prima volta da quando avevo sette anni.

    Stringere Sarah, nuda, tra le mie braccia, averla attaccata al mio corpo per tutta la notte, toccare ogni centimetro di lei, guardarla negli occhi, grandi e marroni, fare l’amore con lei ancora e ancora, sedere sul tetto della casa sull’albero e tenerle la mano ascoltando i rumori della giungla intorno a noi, parlare con lei per ore e ore di tutto e di niente per poi ridere fino ad avere i crampi alla pancia, essere preso a calci nel sedere da lei, dirle cose che non avevo mai confessato a nessuna prima – raccontarle persino delle mie paure –, restare semplicemente lì, seduto, incantato, a guardarla mangiare un mango… Non importava cosa facessimo, quella donna mi ha fatto credere per la prima volta agli arcobaleni e agli unicorni, ma anche alla stronzata dell’anello di San Valentino a forma di coroncina, e al vissero felici e contenti. (Davvero, sarei stato capace di far mettere la mia foto su una cartolina di Hallmark o Lifetime con su scritto questo: Avete vinto, figli di puttana). Ciò che abbiamo sperimentato io e Sarah lì in Belize non è stato altro che il regno ideale, proprio quello descritto da Platone.

    E poi, boom, ci siamo ritrovati a Seattle ed è comparsa di nuovo tutta la merda del mondo. Sarah ha perso il lavoro e le è stato rubato il computer. Adesso è atterrita all’inverosimile, comprensibilmente, e io sono qui come un coglione, con la bocca aperta, alla ricerca disperata di una soluzione. Cosa farebbe Superman?.

    Ho bisogno di una strategia infallibile per distruggere il Club – e giuro che riuscirò a trovarla non appena Josh sarà qui, davvero –, ma per il momento sono troppo stordito per occuparmene da solo. Con la testa completamente vuota, la sola cosa a cui riesco a pensare è abbracciare Sarah e fare l’amore con lei, con tanta tenerezza, dedizione, passione, e sussurrarle «ti amo» all’orecchio mentre siamo l’uno nell’altra.

    Avrei avuto la possibilità di dirle quelle due paroline magiche in limousine, durante il tragitto per arrivare qui, ma a causa della mia vigliaccheria non ho saputo cogliere l’occasione. Volevo farlo, ma stavamo andando a prendere Kat, mi rimbombava forte il cuore nelle orecchie, e poi volevo dirle che l’amavo e allo stesso tempo dimostrarglielo. Così, due minuti dopo, Kat si è seduta vicino a noi, si è abbracciata con Sarah e insieme hanno iniziato a singhiozzare, e il momento giusto è andato in fumo.

    Sì, va bene, fanculo a me. Non ho colto l’occasione. Lo so. Avrei dovuto farlo.

    E ora siamo a casa mia – c’è anche Kat, ovviamente – e io me ne sto qui con un’erezione per Sarah e un senso di fastidio: non riesco a pensare ad altro che a fare l’amore con lei e a sussurrale quelle due parole all’orecchio mentre lo facciamo, e mi sto arrabbiando con me stesso perché non riesco a smettere di pensarci in un momento come questo. Ovviamente, il sesso sarà l’ultimo pensiero di Sarah adesso, e non la biasimo.

    È spaventata, preoccupata, esausta e arrabbiata, proprio come sarebbe qualunque persona sana di mente. Quello di cui avrebbe bisogno, ovviamente, sarebbe un uomo forte che la facesse sentire al sicuro e protetta, non uno stronzo che continua a punzecchiarla con la sua erezione impertinente. Davvero. Ma non ci riesco. Mi eccita, a prescindere dalle circostanze, anche quando si sta scatenando l’inferno intorno a noi.

    Guardo le due donne. Sono sedute sul divano e stanno parlando tra loro. Sarah sembra sul punto di crollare. Kat le ha appoggiato un braccio sulle spalle per rassicurarla. Sembrano entrambe esauste, soprattutto Sarah, che ha viaggiato tutto il giorno per poi tornare nel suo appartamento e scoprirlo a soqquadro.

    Mentre guardo il volto bellissimo, e angosciato, di lei che parla con Kat, mi rendo conto sempre di più di che razza di stronzo possa essere a pensare alle cose a cui sto pensando. Devo cercare di ricompormi e concentrarmi su come prendermi cura di lei. Devo separare la mente dal mio corpo insaziabile. Devo avvicinarmi al mio io migliore, alla migliore versione di Jonas Faraday. Devo visualizzare il divino originario. Sì. Visualizzare il divino originario. Faccio un respiro profondo. Visualizzare il divino originario.

    «Posso portarvi qualcosa, ragazze?», chiedo con voce poco convinta. «Qualcosa da mangiare o da bere?».

    Sarah alza le spalle e apre la bocca per dire qualcosa.

    «Hai della tequila?», domanda Kat.

    Sorrido. Sarah mi ha raccontato tutto della sua migliore amica.

    «Non so cosa ci sia in casa», le rispondo. «Do un’occhiata». Non bevo mai tequila, ma Josh la adora. Di sicuro ne avrà lasciata una bottiglia qui, da qualche parte.

    Giro lo sguardo verso Sarah.

    Mi fa un sorriso poco convinto. Anche quando è stanca, i suoi occhi sono pieni di cordialità. Ma, aspetta, c’è qualcos’altro che si cela dietro quei grandi occhi marroni, oltre alla cordialità? Eccitazione?

    Cerco di sorriderle, ma sono troppo nervoso per farlo. Sento la mia bocca che trema, così distolgo lo sguardo. Mi sarebbe piaciuto che fossimo stati soli, soltanto io e lei. Avrei inoltre voluto che tutta questa tempesta del Club non si fosse abbattuta su di noi. Mi sarebbe piaciuto che ci trovassimo ancora in Belize.

    Vado in cucina per cercare qualunque cosa Alcolico Josh possa aver lasciato in dono in occasione di una delle sue numerose visite. Bingo. C’è una bottiglia enorme di Gran Patrón in un mobiletto ad angolo. Lo sapevo, soltanto il meglio da Josh.

    Frugo in giro in cerca di bicchierini da shot.

    Sento Sarah e Kat parlare piano tra loro in soggiorno. Si percepisce ansia nelle loro voci, un’ansia estrema. Sarah è soltanto spaventata e preoccupata, nient’altro. Sì, l’avevo immaginata quell’eccitazione nei suoi occhi poco fa, o forse avevo solo sperato di leggergliela. Ora devo concentrarmi su ciò di cui potrebbe aver bisogno lei e smettere di pensare a cosa desidero io, a cosa desidero ogni momento. E che anche Sarah desidera non meno di me.

    Tutta questa situazione è un casino inimmaginabile. Impreco. Perché, perché sono entrato nel Club? Perché, perché ho scopato con Stacy la Falsa – o forse dovrei chiamarla Stacy la Prostituta? Gesù. Perché, perché non ho fatto portare a Sarah il computer in Belize come mi aveva chiesto? E perché, perché, perché non ho dato retta al suo intuito?

    Fin dall’inizio, prima ancora che Stacy si avvicinasse a lei nel bagno di quel bar, Sarah mi aveva detto: «Sento che quello che ho fatto avrà qualche conseguenza», come se contattarmi nonostante i veti del Club fosse una sorta di peccato mortale. «Non hai sfidato la Chiesa», le avevo risposto prendendola in giro, travisando del tutto la situazione. Perché non ho fatto un passo indietro e non l’ho ascoltata? È così intelligente, avrei dovuto darle retta. Se soltanto l’avessi fatto invece di andare in giro a infilarlo dovunque e a comportarmi come uno che sa sempre tutto, come faccio di solito, del resto, forse non sarebbe successo niente. Per molti versi, sono stato io la causa di questo pasticcio. E ora tocca a me rimettere le cose a posto.

    Non riesco a trovare i bicchierini per gli shot, ma quelli per il succo di frutta andranno bene lo stesso. Controllo in frigo se c’è del limone. Niente. Verso tre doppi shot di Patrón e torno in soggiorno con una saliera.

    Porgo i drink alle ragazze. «Niente limone», dico. «Mi dispiace».

    «Salute», dice Kat prendendo un bicchiere e la saliera dalle mie mani. «Alla tua, Jonas. Grazie per l’ospitalità». Alza il bicchiere. «Piacere di conoscerti, comunque».

    «Piacere mio. Sei proprio come ti ha descritto Sarah».

    Sarah mi sorride. Ricorda esattamente come mi aveva descritto Kat: «Una festaiola dal cuore d’oro».

    Io e Kat facciamo un brindisi. «Mi dispiace che ci siamo conosciuti in quest’occasione», le dico.

    «Sì, be’, almeno stavolta ti incontro di persona, invece di spiarti al bar…». Si blocca. È imbarazzata.

    Sposto il peso da un piede all’altro e sospiro. Fantastico. Sì, Kat, ho scopato con Stacy la Falsa, quella con il braccialetto viola, che poi abbiamo scoperto essere una fottuta prostituta, la notte in cui tu e Sarah mi avete spiato al Pine Box. È bello da parte tua ricordarmi un fatto così increscioso – proprio davanti alla mia fidanzata – mentre sei seduta sul mio divano e bevi la mia tequila di ottima qualità.

    Osservo il volto di Sarah alla ricerca di un’espressione umiliata, ferita, o imbarazzata, ma non vi leggo nessuna di queste emozioni. O almeno credo.

    Il viso di Kat invece si fa rosso violaceo dalla vergogna. «Mi dispiace», farfuglia.

    Sarah posa una mano sul suo braccio. «È tutto okay». Mi guarda con un’espressione di rimprovero. «Non me ne frega proprio niente», fa spallucce. «Proprio niente».

    Oh, la mia meravigliosa Sarah.

    Dal primo giorno le ho chiesto se avrebbe mai potuto dimenticare la lunga (luuunga) lista di donne con cui ero andato a letto, così come il fatto che mi ero iscritto al Club per un anno, e lei mi ha risposto di sì. Non ha mai messo in dubbio quell’intesa. Neanche una volta. Perché la mia Sarah non è come tutte le altre. Kat le sussurra qualcosa all’orecchio. Lei sorride e annuisce.

    Non ho nulla contro Kat, ma perché, perché è qui? Voglio strappare via i vestiti di Sarah e fare l’amore con lei proprio sul mio divano, dove ora è seduta. Ma c’è quella Kat maledetta, seduta anche lei sul divano, che mi guarda e ride di me, glielo leggo negli occhi, proprio come fa sempre il mio dannato fratello.

    «Su il bicchiere», dice Kat. Lecca il sale sul dorso della mano e beve d’un fiato. «Roba buona». Arriccia le labbra e sospira.

    La imito. Gusto sorprendentemente rotondo. Non bevo mai tequila. È meglio di quanto ricordassi.

    Sarah non beve. Mi scruta, come farebbe un gatto.

    Qualcosa nei suoi occhi mi fa agitare, e non credo sia frutto della mia immaginazione quello sguardo fisso e accattivante.

    «Hai intenzione di berlo o cosa?», chiede Kat a Sarah facendo spallucce.

    Senza distogliere lo sguardo da me, Sarah si versa del sale sul dorso della mano e poi, lentamente, oh, molto lentamente, lo lecca utilizzando tutta la superficie della lingua. Porta il bordo del bicchiere alle sue splendide labbra e beve l’intero contenuto di doppia tequila in un unico movimento, fluido, senza batter ciglio. Quando manda indietro la testa, si lecca lentamente le labbra, sorridendomi da stronza qual è, con gli occhi fissi su di me.

    Merda. Sono eccitato. Non l’avevo mai vista bere uno shot prima. La maniera in cui ha mandato giù quella tequila era così sexy – così sessuale – che darei qualunque cosa per essere tequila in questo momento. O magari il bordo di quel bicchiere. No, aspetta, il sale. Sì, decisamente il sale.

    Posa il bicchiere sul tavolino, si appoggia con la schiena contro il divano e mette le mani dietro la testa. Un atteggiamento tipico dell’uomo alfa – quel tipo di posa che assumerebbe un amministratore delegato cazzuto durante una negoziazione impegnativa – e la cosa mi eccita. Non distoglie lo sguardo da me.

    Ricambio con lo stesso atteggiamento.

    Un lato della sua bocca si piega in un sorriso.

    Oh, sì, è eccitata. È eccitata come Donkey Kong, direbbe lei.

    «Quando arriva Josh?», domanda Kat, disturbandomi ancora una volta con la sua presenza.

    «Probabilmente tra circa tre ore», rispondo mentre guardo l’orologio. «Il suo aereo è appena decollato da Los Angeles».

    Sarah sospira forte. I suoi occhi sono come raggi laser su di me, anche se sta parlando con l’amica. «Sei stanca, Kat?».

    Il mio corpo è elettrizzato. Non riesco a togliermi dalla mente quello sguardo.

    Kat risponde di no con la testa e inizia a parlare, ma Sarah la interrompe.

    «Perché io sono molto stanca». Sembra che voglia mangiarmi vivo. «Credo che andrò a farmi una bella doccia bollente, per poi rannicchiarmi nel letto finché non arriverà Josh».

    «Oh, sì», commenta Kat. «Dimenticavo che avete viaggiato tutto il giorno. Dovete essere esausti».

    Sarah si alza in piedi. Il suo sguardo su di me è implacabile. «Hai una stanza per Kat?»

    «Certo. Vuoi che ti accompagni adesso, Kat? Oppure vuoi mangiare qualcosa, prima?».

    Sarah fa un sospiro rumoroso e mi rivolge uno sguardo torvo. Mette le mani sui fianchi.

    Oh, merda. L’ultima frase con la quale ho offerto del cibo a Kat è stata stupida. Non sono affatto bravo in certe cose.

    «Veramente sì. Sono…», inizia a dire Kat. Ma Sarah la interrompe.

    «Perché non le mostri adesso la stanza? Mangeremo dopo. Va bene per te, Kat?». Sarah le rivolge uno sguardo inquieto sollevando le sopracciglia con fare accusatorio.

    Anche Kat fa come lei, chiaramente sorpresa dall’intensità dell’espressione dell’amica. «Ehm, certo», risponde calma. Poi l’espressione di Sarah si fa impassibile, e il viso di Kat si illumina dalla perspicacia. Sorride a trentadue denti. «Oh». È in piedi. «Sì, certo. Mi arrangerò con della frutta, qualche cracker, o qualunque cosa riesca a trovare in cucina per sfamarmi. Voi due andate pure avanti e… riposate un po’». Pronuncia la parola riposate come se fosse la battuta conclusiva di una barzelletta.

    «Se stai proprio morendo di fame potrei…».

    «Oh, per l’amor di Dio», dice Sarah sbuffando. È infastidita. «Sono piena di repellente antizanzare e sporcizia accumulata in aereo». La sua voce ha un tono chiaramente piccato. «Voglio fare una lunga, lunga, doccia bollente, Jonas Faraday. Capisci? Una doccia molto lunga e bollente, subito».

    Kat scoppia a ridere. «Jonas, non sei sempre così tonto, vero?».

    Sento che sto arrossendo.

    «No, non lo è, te lo assicuro. Di solito capisce al volo», risponde Sarah alzando gli occhi al cielo.

    «Se lo dici tu».

    Le mie guance avvampano. Ecco perché odio le feste. Ecco perché odio le cose a tre. Ecco perché odio le folle. Ecco perché sono bravo soltanto con le interazioni uno a uno. Rivolgo a Sarah uno sguardo di scuse, ma lei non lo coglie. Mi fissa.

    Mi schiarisco la voce. «Andiamo, Kat». Prendo la sua valigia. «Ho una stanza perfetta per te, dall’altra parte della casa. Avrai il massimo della privacy».

    «Fantastico», dice Sarah, che ovviamente mi sta rimproverando. Assume un’espressione che fa sorridere Kat, poi esce dal soggiorno e va verso la mia camera da letto degnandomi appena di uno sguardo.

    «Andiamo, Jonas», dice Kat. «Temo per la tua incolumità se farai aspettare quella donna più del necessario».

    Capitolo due

    Jonas

    Sono in piedi sulla soglia della stanza dove dormirà Kat, faccio del mio meglio per rilassare la mandibola ed evitare che mi prenda un infarto. Quello che voglio è andare da Sarah. Ho il corpo in fiamme al solo pensiero di cosa stia facendo ora nella mia camera da letto – senza di me – ma, accidenti, non sono abituato a essere brusco con una donna, a prescindere dalle circostanze. E, comunque sia, non è colpa di Kat se si trova qui, è colpa mia. Sono io il colpevole di tutta questa faccenda, non lei.

    Mi accerto che abbia degli asciugamani puliti in bagno. Le ho detto di fare come se fosse a casa sua, e di prendere qualunque cosa di cui abbia bisogno. Davvero, non voglio che mi chieda il permesso. Le ho mostrato come funziona il telecomando della

    TV

    , perché è un po’ complicato. Le ho spiegato come accedere da utente ospite al computer nel mio studio, per controllare le sue email o qualunque altra cosa, considerando il fatto che il suo le è stato portato via, proprio come quello di Sarah. Questo mi ha fatto venire in mente di chiederle che modello di laptop aveva, così da poter inviare un messaggio alla mia segretaria e fargliene acquistare uno identico da far recapitare immediatamente domani mattina a casa mia.

    «Dunque, serve altro?», le chiedo mentre sento il cuore rimbombarmi nelle orecchie.

    «No, tutto bene, vai pure. Ogni minuto che fai aspettare Sarah ti metterà ancora di più nei guai». Poi scoppia a ridere.

    Non rispondo. Mi giro e me ne vado in fretta.

    «Il Signore sia con te», aggiunge a gran voce mentre le do già le spalle.

    Cammino a passo svelto attraversando il soggiorno e mi dirigo in camera da letto, dall’altra parte dell’appartamento, la mia erezione si fa sempre più prepotente e il cuore mi batte sempre più forte. Sto andando a fare l’amore con l’unica donna che abbia mai amato, con delicatezza, lentamente, e mentre lo farò le sussurrerò: «Ti amo, Sarah», ancora e ancora. Mi diletterò nella sua perfezione, nella sua gloria e nella sua dolcezza, e quando verrà (cosa che le riesce molto

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