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La coppia quasi perfetta
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E-book431 pagine5 ore

La coppia quasi perfetta

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Info su questo ebook

Una volta scoperta la verità, è impossibile tornare indietro

Da questo libro la serie evento dell'anno su Netflix

«Una lettura coinvolgente e inquietante che ti farà pensare...»
The Sun

Per trovare l’anima gemella, quella vera, non serve altro che un tampone con un campione di saliva: si tratta di un velocissimo test per scoprire a chi appartiene il tuo cuore, la persona con la quale sei geneticamente compatibile. Dieci anni dopo la scoperta di un gene che ognuno condivide soltanto con un’altra persona nel mondo, in milioni hanno fatto il test per trovare il vero amore. Mandy è divorziata e sceglie di sottoporsi all’esame per costruire finalmente la famiglia che ha sempre desiderato; Christopher è uno spietato serial killer con un macabro record da raggiungere; Nick è felicemente fidanzato, ma la sua ragazza lo convince a provare il test per curiosità; Jade, pur essendosi sottoposta all’esame, ancora non è riuscita a convincere la sua anima gemella a incontrarla; Ellie si dedica completamente alla carriera e non ha tempo per l’amore, eppure il risultato del suo test parla chiaro… Ognuno di loro, dopo aver inviato il tampone di saliva, scoprirà che non è più possibile tornare indietro. Perché persino le anime gemelle nascondono dei segreti. E alcuni di questi sono più scioccanti – e pericolosi – di altri…

Inquietante come Black Mirror
Sconvolgente come Il tatuatore

Un incredibile successo del passaparola

«Questa storia dimostra che, anche con l’aiuto della scienza, la strada verso il vero amore non è mai in discesa.»
Sunday Mirror

«Fantastico. Non riesco a ricordare un’altra lettura che mi abbia contemporaneamente appassionata e raggelata. È una storia intrigante con una straordinaria idea di fondo, ma sono i personaggi a renderlo un thriller davvero memorabile.»
Hollie Overton
John Marrs
È un giornalista freelance. Vive a Londra, in Inghilterra, dove ha trascorso gli ultimi vent’anni intervistando celebrità mondiali della televisione, del cinema e della musica per i giornali e le riviste nazionali. Ha scritto per «The Guardian’s Guide» e «Guardian Online»; «OK! Magazine»; «Total Film»; «Empire»; «Q»; «GT»; «The Independent»; «Star»; «Reveal»; «Company»; «Daily Star» e «News of the World’s Sunday Magazine». La coppia quasi perfetta è stato tradotto in 12 Paesi ed è il primo fra i suoi bestseller a essere pubblicato in Italia.
LinguaItaliano
Data di uscita16 gen 2018
ISBN9788822719218
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    Anteprima del libro

    La coppia quasi perfetta - John Marrs

    1884

    Questo romanzo è un’opera di fantasia. Nomi, personaggi, luoghi

    e avvenimenti sono frutto dell’immaginazione dell’autrice o sono usati

    in modo fittizio. Qualunque analogia con fatti, luoghi o persone reali,

    esistenti o esistite, è del tutto casuale.

    Titolo originale: The One

    Copyright © John Marrs, 2016

    All right reserved

    First published in 2016 as A Thousand Small Explosions

    This edition first published by Del Rey in 2017,

    Del Rey is part of the Penguin Random House group of companies.

    John Marrs has asserted his right to be identified as the author of this work

    in accordance with the Copyright, Designs and Patents Act 1988

    All rights reserved

    Traduzione dall’inglese di Fabrizio Coppola

    Prima edizione ebook: giugno 2018

    © 2018 Newton Compton editori s.r.l., Roma

    ISBN 978-88-227-1921-8

    www.newtoncompton.com

    Realizzazione a cura di Librofficina

    John Marrs

    La coppia quasi perfetta

    Amare o aver amato, basta: non chiedete nulla, dopo. Non è possibile trovare altre perle nelle oscure pieghe della vita.

    Victor Hugo, I Miserabili

    Indice

    1. Mandy

    2. Christopher

    3. Jade

    4. Nick

    5. Ellie

    6. Mandy

    7. Christopher

    8. Jade

    9. Nick

    10. Ellie

    11. Mandy

    12. Christopher

    13. Jade

    14. Nick

    15. Ellie

    16. Mandy

    17. Christopher

    18. Jade

    19. Nick

    20. Ellie

    21. Mandy

    22. Christopher

    23. Jade

    24. Nick

    25. Ellie

    26. Mandy

    27. Christopher

    28. Jade

    29. Nick

    30. Ellie

    31. Mandy

    32. Christopher

    33. Jade

    34. Nick

    35. Ellie

    36. Mandy

    37. Christopher

    38. Jade

    39. Nick

    40. Ellie

    41. Mandy

    42. Christopher

    43. Jade

    44. Nick

    45. Ellie

    46. Mandy

    47. Christopher

    48. Jade

    49. Nick

    50. Ellie

    51. Mandy

    52. Christopher

    53. Jade

    54. Nick

    55. Ellie

    56. Mandy

    57. Christopher

    58. Jade

    59. Nick

    60. Ellie

    61. Mandy

    62. Christopher

    63. Jade

    64. Nick

    65. Ellie

    66. Mandy

    67. Christopher

    68. Jade

    69. Nick

    70. Ellie

    71. Mandy

    72. Christopher

    73. Jade

    74. Nick

    75. Ellie

    76. Mandy

    77. Christopher

    78. Jade

    79. Nick

    80. Ellie

    81. Mandy

    82. Christopher

    83. Jade

    84. Alex

    85. Ellie

    86. Mandy

    87. Christopher

    88. Jade

    89. Nick

    90. Ellie

    91. Mandy

    92. Christopher

    93. Jade

    94. Nick

    95. Ellie

    96. Mandy

    97. Christopher

    98. Jade

    99. Nick

    100. Mandy

    101. Amy

    102. Nick

    103. Ellie

    Ringraziamenti

    Capitolo 1

    Mandy

    Mandy fissò la fotografia sullo schermo del suo computer e trattenne il fiato.

    L’uomo a torso nudo aveva corti capelli castano chiaro e posava su una spiaggia a gambe divaricate, con la parte superiore della muta arrotolata in vita. I suoi occhi erano della più lieve sfumatura di azzurro. L’enorme sorriso metteva in mostra due file perfettamente allineate di denti bianchi, e Mandy poté quasi assaporare l’acqua salata che dal petto gocciolava sulla tavola da surf ai suoi piedi.

    «Oh mio Dio», sussurrò, prima di lasciar andare un lungo respiro – non si era neanche accorta di essere rimasta in apnea. Avvertì un formicolio alle dita e sentì il viso avvampare: si chiese come avrebbe reagito il suo corpo se lo avesse incontrato di persona, considerando l’effetto che le faceva una semplice fotografia.

    Il caffè nel bicchiere di polistirene era freddo ormai, ma lei lo finì comunque. Fece uno screenshot e lo salvò in una nuova cartella sul desktop rinominata Richard Taylor. Scrutò l’ufficio per controllare di non essere vista: sembrava che nessuno le prestasse attenzione.

    Mandy fece scorrere la pagina per guardare le altre immagini dell’uomo nel suo album Facebook intitolato Intorno al mondo. Di sicuro aveva viaggiato molto, si disse, ed era stato in luoghi che lei aveva visto solo in televisione o al cinema. Le foto lo immortalavano in bar, lungo sentieri o all’interno di templi, accanto a monumenti o a godersi spiagge dorate dalle acque spumeggianti. Raramente era solo. Apprezzò il fatto che sembrasse un tipo socievole.

    Incuriosita, si immerse nella sua timeline, da quando aveva aperto il profilo, durante la prima media, fino ai tre anni dell’università. Le sembrò attraente persino in quella versione di adolescente sgraziato.

    Dopo aver trascorso circa un’ora e mezza imbambolata davanti a quasi tutta la storia di quell’affascinante sconosciuto, Mandy si spostò sul suo profilo Twitter per vedere cosa condividesse con il mondo. Ma, a quanto pareva, twittava esclusivamente sulla stagione altalenante dell’Arsenal in Premier League, con qualche interruzione occasionale dedicata ai retweet di animali che ruzzolavano o andavano a sbattere contro qualcosa.

    I loro interessi sembravano diametralmente opposti, e lei si domandò perché fossero stati abbinati e cosa potessero mai avere in comune. Poi ricordò a se stessa che non aveva più bisogno dell’approccio necessario per utilizzare i siti di appuntamenti e le app di incontri: Match Your DNA si basava su biologia, chimica e scienza, materie per le quali non era affatto portata. Eppure si fidava, alla pari di milioni e milioni di persone come lei.

    Mandy passò al profilo LinkedIn di Richard. Dopo la laurea all’Università di Worcester, due anni prima, aveva iniziato a lavorare come personal trainer a circa sessanta chilometri da dove viveva lei. Non c’era da stupirsi che avesse tutti quei muscoli, pensò lei, e cercò di immaginare che effetto potesse fare averlo sopra di sé.

    Mandy non metteva piede in una palestra dalla sua assunzione, un anno prima, quando le sue sorelle l’avevano incitata a smettere di lamentarsi per il fallimento del suo matrimonio e iniziare a concentrarsi sul modo per riprendersi. L’avevano accompagnata presso un hotel non lontano dotato di SPA dove era stata massaggiata, depilata, incerata, ricoperta di pietre bollenti, abbronzata e nuovamente massaggiata fino a quando ogni pensiero sul suo ex marito era stato estirpato da ciascun nervo accavallato sulla schiena e sulle spalle e da qualsiasi poro ostruito della pelle. Era seguita l’iscrizione alla palestra, insieme alla promessa che avrebbe rispettato il programma di allenamento stabilito per lei. Trovare la motivazione per eseguire gli esercizi con regolarità era una pratica che non faceva ancora parte della sua routine settimanale, ma aveva sottoscritto l’abbonamento comunque, senza preoccuparsene.

    Iniziò a immaginare l’aspetto dei suoi figli con Richard: avrebbero ereditato gli occhi chiari del padre o i suoi castani? E avrebbero avuto i capelli scuri e la carnagione olivastra come lei oppure l’incarnato pallido di lui? Si ritrovò a sorridere.

    «E questo chi è?»

    «Dio!», urlò. La voce l’aveva colta di sorpresa. «Mi hai spaventata!».

    «Be’, allora faresti meglio a non guardare i siti porno al lavoro». Olivia sorrise e le offrì un dolcetto da un pacchetto di Haribo. Mandy rifiutò con un cenno del capo.

    «Ma non è un sito porno. È solo un vecchio amico».

    «Già, già, come dici tu… In ogni caso, tieni d’occhio Charlie, a quanto pare si aspetta che tu gli consegni quei diagrammi dei risultati di vendita».

    Mandy alzò gli occhi al cielo, poi controllò l’ora sullo schermo del PC. Capì che se non si fosse messa immediatamente al lavoro avrebbe dovuto portarselo a casa. Cliccò sulla piccola X nell’angolo della finestra e maledisse il suo account Hotmail – la conferma della sua registrazione a MatchYourDNA.com era finita nello spam. E lì era rimasta per le ultime sei settimane fino a quando, quel pomeriggio, l’aveva scoperta per caso.

    «Mandy Taylor, sposata con Richard Taylor: piacere di conoscerti», sussurrò lei. Poi si accorse che stava giocherellando sovrappensiero con un anello immaginario attorno al suo anulare.

    Capitolo 2

    Christopher

    Christopher si mosse a destra e a sinistra finché non trovò una posizione comoda sulla poltrona.

    Appoggiò i gomiti a novanta gradi sui braccioli e inspirò a fondo per inalare l’odore del cuoio. Lei non aveva risparmiato sulla qualità, pensò, persuaso dal profumo e dalla morbidezza al tatto che la poltrona non fosse stata acquistata in un negozio di arredamento di basso livello.

    Mentre lei era ancora nella cucina adiacente, Christopher fece vagare lo sguardo nell’appartamento. Era situato al piano terra di un edificio vittoriano restaurato in modo splendido il quale, a giudicare dalla vetrata colorata sopra la porta d’ingresso, un tempo aveva ospitato un convento. Apprezzava la raffinatezza dei soprammobili, sistemati sulle mensole all’interno di apposite nicchie murarie ai lati del caminetto. Ma i suoi gusti in fatto di letteratura, invece, lasciavano alquanto a desiderare. Storse il naso di fronte alle edizioni tascabili di James Patterson, Jackie Collins e J.K. Rowling.

    In un altro angolo della stanza, un vassoietto quadrato rivestito di tessuto scamosciato era posto al centro di un pesante tavolino accanto a due telecomandi. Quattro tovagliette coordinate circondavano il vassoio: il senso per la simmetria della padrona di casa lo mise a suo agio.

    Christopher fece scorrere la lingua sui denti, soffermandosi su un frammento di pistacchio rimasto intrappolato tra il canino e l’incisivo laterale. Non riuscendo a rimuoverlo, si decise a usare l’unghia ma fallì nuovamente, così si appuntò mentalmente di controllare se nel bagno ci fosse del filo interdentale, prima di andare via. Poche cose potevano irritarlo come rimasugli di cibo incastrati tra i denti. Una volta, durante un appuntamento, se n’era andato a metà pasto perché la donna con cui era uscito aveva un pezzo di cavolo tra i denti.

    Una vibrazione proveniente dalla tasca dei pantaloni gli solleticò l’inguine – una sensazione non del tutto spiacevole. Di solito Christopher era molto rigoroso: spegneva sempre il telefono nelle occasioni in cui era richiesto farlo e si lamentava nei confronti di chi non si comportava allo stesso modo. Ma oggi aveva fatto un’eccezione.

    Estrasse il cellulare e lesse sullo schermo: si trattava di un’email da Match Your DNA. Si ricordò di avergli inviato un tampone con un campione di saliva qualche mese addietro ma non era stato ancora accoppiato. Finora. Il messaggio chiedeva se era disponibile a pagare per ricevere il contatto della persona a cui era stato abbinato. Lo sono?, si domandò. Davvero?. Mise via il cellulare e si chiese che aspetto potesse avere, prima di decidere che era fuori luogo pensare già a un’altra mentre era in compagnia di una donna.

    Si alzò e tornò verso la cucina, dove la ritrovò nel punto in cui l’aveva lasciata qualche minuto prima, sdraiata sul pavimento freddo in ardesia, la garrota ancora sul collo. Aveva smesso di sanguinare, dopo che le ultime gocce avevano intriso il colletto della sua camicetta.

    Estrasse una fotocamera Polaroid digitale dal giubbotto e scattò due immagini identiche del suo viso. Restò in attesa che si sviluppassero, poi le infilò entrambe in una busta rinforzata formato A5 e infilò il tutto in una tasca del giubbotto.

    Dopodiché Christopher ripose il suo kit nello zaino e se ne andò, aspettando di aver attraversato l’oscurità del giardino prima di togliersi i soprascarpe di plastica, la maschera e il passamontagna.

    Capitolo 3

    Jade

    Jade sorrise quando il messaggio di Kevin comparve sullo schermo del suo cellulare.

    ’Sera, splendore, come stai?, lesse. Le piaceva il fatto che lui iniziasse la conversazione sempre con la stessa frase.

    Bene, grazie, rispose, prima di aggiungere una faccina sorridente. In realtà, sono fusa.

    Scusa se non ti ho scritto prima. È stata una giornata stressante. Non ci sei rimasta male, vero?

    Be’, un po’. Ma sai che a volte sono troppo suscettibile. Cos’hai fatto?.

    Sul suo schermo apparve l’immagine di un granaio in legno e un trattore sotto un sole abbagliante. Nel granaio riusciva a intravedere, dietro sbarre di metallo, dei capi di bestiame con gli strumenti per la mungitura agganciati alle mammelle.

    Ho riparato il tetto della stalla. Non che sia prevista pioggia, ancora, ma è bene prepararsi per tempo. E tu?

    Io sono a letto, in pigiama. Sto guardando quegli strani hotel sul sito della Lonely Planet di cui mi hai parlato tu. Jade poggiò il portatile sul pavimento e fissò la bacheca con i luoghi che desiderava visitare.

    Incredibili, non è vero? Dovremmo proprio andarcene in giro per il mondo e visitarli tutti, una volta o l’altra.

    Avrei voluto prendermi un anno sabbatico dopo l’università, per viaggiare con i miei amici.

    E perché non l’hai fatto?

    Questa è proprio una domanda stupida! Dalle mie parti i soldi non crescono sugli alberi….

    Se solo fosse così, pensò. I suoi genitori non erano ricchi, perciò Jade si manteneva agli studi da sola. Doveva ancora ripagare un consistente debito universitario, mentre i suoi amici erano partiti per coronare il sogno di visitare l’America. I loro continui aggiornamenti su Facebook la facevano ribollire di rabbia, ogni volta che vedeva le foto in cui si divertivano tutti insieme senza di lei.

    Be’, mi spiace tagliare corto, amore, ma mio padre vuole che lo aiuti a nutrire gli animali. Mi scrivi più tardi?

    Stai scherzando?, replicò Jade, infastidita dal fatto che dovessero interrompere così presto la conversazione dopo che aveva aspettato tutta la notte per parlare con lui.

    Ti amo, baci, scrisse Kevin.

    Sì, va bene…, ribatté lei, e ripose il cellulare. Un istante dopo lo riagguantò e scrisse: Ti amo anch’io. Baci.

    Jade emerse dal pesante piumone e lasciò il telefono sul comodino, sopra il tappetino di ricarica. Sbirciò nello specchio a figura intera, sui bordi del quale erano appese le foto dei suoi amici attualmente in viaggio, e si promise di ridurre i cerchi scuri intorno agli occhi azzurri dormendo di più e bevendo più acqua. Decise di regolare i ricci rossi durante il weekend e di coccolarsi un po’ con uno spray autoabbronzante: si piaceva di più quando il suo incarnato pallido assumeva un tocco di colore.

    Poi si infilò di nuovo sotto il piumone, rimuginando su quanto diversa sarebbe stata la sua vita se avesse preso l’anno sabbatico insieme agli amici. Forse avrebbe trovato il coraggio di ignorare le pressioni dei suoi genitori affinché ritornasse a Sunderland dopo i tre anni a Loughborough. Dato che era il primo membro della famiglia a frequentare l’università, non riuscivano a capire come mai le aziende non l’avessero ricoperta di offerte il giorno stesso della laurea. E, quando le spese con la carta di credito e i debiti avevano iniziato ad accumularsi, non le era rimasta molta scelta: dichiarare bancarotta a soli ventuno anni, oppure tornare a casa dei suoi, da dove pensava di essere invece definitivamente scappata.

    Odiava la nuova versione di sé, arrabbiata e frustrata, ma non sapeva come cambiare la situazione. Aveva cominciato a evitare i genitori perché l’avevano fatta tornare e, quando finalmente era stata in grado di pagarsi un affitto, si rivolgevano a malapena la parola.

    Li incolpava anche per il suo fallito tentativo di fare carriera nel settore turistico, visto che adesso era costretta a trascorrere le ore al banco della reception di un hotel in periferia. Doveva essere soltanto un lavoro temporaneo, e invece a un certo punto era diventato la norma. Stufa di essere infuriata con chiunque, Jade non desiderava altro che poter finalmente iniziare la vita che aveva immaginato per se stessa.

    L’unico elemento positivo in quelle dure giornate era parlare con l’uomo al quale era stata abbinata su Match Your DNA. Kevin.

    Rivolse un sorriso alla sua foto più recente, nella cornice sulla libreria, da dove lui sembrava tenerla d’occhio. Aveva i capelli biondo chiaro, come le sopracciglia, un sorriso che si allargava da un orecchio all’altro e il corpo abbronzato alto e muscoloso. Era addirittura meglio delle sue fantasie più sfrenate.

    Durante quei sette mesi, Jade aveva ricevuto solo qualche fotografia, ma dalla loro prima conversazione telefonica – quando aveva potuto sperimentare il brivido di cui parlavano sempre le riviste femminili – era stata sicura che sulla terra non ci fosse un uomo più adatto a lei.

    Certo, il destino poteva tirare brutti scherzi, si era detta, poiché lui si trovava dall’altra parte del mondo, in Australia. Forse un giorno l’avrebbe incontrato, se avesse mai potuto permettersi il viaggio.

    Capitolo 4

    Nick

    «Be’, dovreste farlo davvero», li incoraggiò Sumaira, con un ampio sorriso sul volto e un luccichio diabolico nello sguardo.

    «Perché? Ho trovato la mia anima gemella», rispose Sally, intrecciando le dita a quelle di Nick.

    Il ragazzo si sporse sul tavolo e afferrò il prosecco con la mano libera. Versò le ultime gocce nel proprio bicchiere. «Qualcuno ne vuole ancora un po’?», domandò. Dopo il «Sì» deciso degli altri tre ospiti, liberò la mano da quella della fidanzata e si diresse verso la cucina.

    «Ma voi volete essere sicuri, giusto?», continuò Sumaira. «Voglio dire, state così bene insieme, ma non potete sapere chi altro può esserci là fuori…».

    Nick tornò con una bottiglia – la quinta della serata – e fece per riempire il bicchiere di Sumaira.

    Deepak poggiò una mano sul bicchiere della moglie. «Lei è a posto. La signora Esperta di Affari di Cuore, qui, ha già bevuto a sufficienza per stasera».

    «Il solito guastafeste», commentò Sumaira, e fece una smorfia. Poi si voltò nuovamente verso Sally. «Voglio solo dire che bisognerebbe essere sicuri di aver trovato l’anima gemella prima di incamminarsi all’altare».

    «Lo fai sembrare così romantico», commentò Deepak, alzando gli occhi al cielo. «Ma non sta a te prendere questa decisione per loro, non credi? È come cercare di riparare un vaso che non è rotto».

    «Però per noi il test ha funzionato, no? Voglio dire, sapevamo già di essere fatti l’uno per l’altra, ma ci ha dato quel tocco di sicurezza in più».

    «Possiamo evitare di trasformarci in una di quelle coppie compiaciute e mielose, per favore?»

    «Tu non hai bisogno di far parte di una coppia per essere compiaciuto e mieloso, tesoro». Ora toccò a Sumaira alzare gli occhi al cielo. Poi si scolò quel che restava nel bicchiere sotto lo sguardo attento del marito.

    Nick poggiò il capo sulla spalla della sua fidanzata e guardò fuori dalla finestra, dalla quale proveniva il bagliore dei fari delle automobili di passaggio. Abitavano in un edificio industriale riconvertito, le cui vetrate andavano dal pavimento al soffitto, quindi non c’era modo di ignorare la strada sempre molto trafficata e di non rievocare la sua vita precedente. Non molto tempo prima, la sua serata abituale consisteva nel passare da un bar all’altro nelle zone più in di Birmingham, prima di addormentarsi su un bus notturno e svegliarsi a diverse fermate di distanza dal posto in cui viveva.

    Le sue priorità, tuttavia, erano cambiate all’improvviso quando aveva incontrato Sally. Lei era sulla trentina, aveva cinque anni più di lui, e fin dalla loro prima conversazione su Hitchcock Nick seppe che aveva qualcosa di diverso. Nei primi tempi, Sally si era divertita a instillargli il desiderio di viaggiare verso mete ignote, di provare cibi esotici, di ascoltare artisti e musiche sconosciute, e così Nick iniziò a vedere il mondo da una nuova prospettiva. Quando la guardava, con i suoi zigomi incredibilmente netti, i capelli castani dal taglio maschile e gli occhi cerulei, sperava che un giorno i loro figli prendessero da lei la bellezza e l’apertura mentale.

    Non era sicuro di poterle offrire abbastanza in cambio, ma dopo che le aveva chiesto di sposarlo, a Santorini, durante la cena per il loro terzo anniversario, Sally era scoppiata a piangere talmente forte che lui non aveva capito se intendesse accettare o declinare la proposta.

    «Se voi due siete il miglior esempio degli sforzi di Match Your DNA, sono ben contento di ciò che Sal e io abbiamo, e vorrei che rimanessimo così», commentò Nick, e si abbassò gli occhiali sul naso per massaggiarsi gli occhi stanchi. Prese la sigaretta elettronica e inspirò più volte. «Stiamo insieme da quasi quattro anni, e ormai lei ha promesso di amarmi, onorarmi e obbedirmi: sono sicuro al cento percento che siamo fatti l’uno per l’altra».

    «Ehi, aspetta un attimo: hai detto obbedire?», lo interruppe Sumaira, inarcando un sopracciglio.

    «Tu mi obbedisci», aggiunse Deepak, con sicurezza. «Tutti sanno che sono io quello che porta i pantaloni, in questa relazione».

    «Certo che li porti, tesoro, ma chiediti chi li paga».

    «E se non lo fossimo?», domandò Sally. «E se non fossimo fatti l’uno per l’altra?».

    Fino ad allora, Nick aveva ascoltato con divertimento il tentativo di Sumaira di convincerli a sottoporsi al test di Match Your DNA. Non era la prima volta che affrontavano l’argomento, nei due anni dai quali si conoscevano, e lui era sicuro che non sarebbe stata neanche l’ultima. L’amica di Sally sapeva essere battagliera e persuasiva allo stesso tempo. Ciononostante Nick fu sorpreso dalle parole della fidanzata. Era sempre stata contraria ai servizi offerti da quel sito, almeno quanto lui. «Scusa?», le disse.

    «Sai bene che ti amo con tutto il cuore e voglio trascorrere il resto della mia vita con te, ma… se non fossimo davvero anime gemelle?».

    Nick si accigliò. «E questo da dove salta fuori?»

    «Oh, non c’è nessun motivo particolare, non preoccuparti, non sto avendo ripensamenti o cose del genere». Gli diede un colpetto sul braccio per rassicurarlo. «Mi stavo chiedendo soltanto se ci basta pensare di essere fatti l’uno per l’altra oppure se vogliamo esserne sicuri».

    «Tesoro, sei ubriaca». Nick la mise a tacere e prese a grattarsi la barbetta. «Sono felicissimo sapendo quello che so, e non ho bisogno di sottopormi a un test che me lo ribadisca».

    «Mi sembra di aver letto da qualche parte su Internet che Match Your DNA manderà a rotoli tre milioni di matrimoni. Ma nel giro di una generazione il divorzio sarà quasi del tutto scomparso», disse Sumaira.

    «Questo perché anche il matrimonio avrà fatto la stessa fine», ribatté Deepak. «Diventerà un’istituzione superata, ricorda queste parole. Nessuno dovrà più dimostrare niente al proprio partner perché ognuno sarà abbinato alla propria anima gemella».

    «Be’, non mi sei di grande aiuto», commentò Nick, e affondò la forchetta in ciò che restava della sua porzione di cheesecake ai lamponi preparata da Sally.

    «Mi spiace, amico, hai ragione. Facciamo un brindisi. Alla certezza del caso».

    «Alla certezza del caso», ripeterono gli altri, e tutti toccarono con i propri calici quello di Nick.

    Tutti tranne Sally.

    Capitolo 5

    Ellie

    Ellie pulì lo schermo del tablet e scorse con fastidio la lunga lista di cose da fare prima che la giornata lavorativa finisse.

    La sua assistente, Ula, si applicava con fin troppa solerzia: aggiornava la lista e stabiliva le priorità delle diverse voci cinque volte al giorno, anche se non le aveva mai chiesto di farlo. Invece di trovare utile quel comportamento, scaricava la propria rabbia sul dispositivo e sull’assistente, poiché entrambi le ricordavano in continuazione che non riusciva a svolgere tutte le incombenze dell’elenco. A volte aveva voglia di farglielo ingoiare, quel maledetto tablet.

    Ellie aveva sperato che a questo punto sarebbe stata ormai il capo di se stessa, in modo da assumere personale affidabile abbastanza da delegare la gran parte del lavoro. Ma il tempo passava, e lei a poco a poco aveva iniziato ad accettare di essere davvero una maniaca del controllo, come l’aveva etichettata un suo ex fidanzato.

    L’orologio segnava le 22:10. Capì di essersi persa il brindisi per la nascita del figlio del direttore operativo. Dubitò che qualcuno avesse sul serio creduto alla sua promessa di partecipare – non trovava quasi mai il tempo per socializzare – e mentre incoraggiava tali comportamenti tra i suoi sottoposti e sovvenzionava il social club dell’azienda, quando si trattava di partecipare in prima persona sembrava che le ore le sfuggissero dalle mani, anche quando era davvero intenzionata a farlo.

    Si produsse in un lungo sbadiglio e guardò oltre le enormi vetrate a tutta parete. Il suo ufficio ostentatamente privo di ostentazione era al settantunesimo piano dello Shard Building, a Londra, e la vista spettacolare si spingeva al di là del Tamigi, verso le mille luci colorate della città che illuminavano a perdita d’occhio il cielo notturno.

    Si sfilò le sue Miu Miu col tacco e camminò a piedi nudi sugli spessi tappeti bianchi che decoravano il pavimento, verso il mobiletto degli alcolici nell’angolo. Ignorò la scorta di champagne, vino, whisky e vodka e prese una lattina ghiacciata tra la dozzina di energy drink. Versò la bevanda in un bicchiere con una manciata di cubetti di ghiaccio e prese un sorso. L’arredamento dell’ufficio era essenziale come quello di casa sua, pensò. Non diceva niente di lei.

    Il lavoro era la sua priorità, non le lenzuola in cotone egiziano da utilizzare per il letto, i quadri di David Hockney da appendere alle pareti o il lampadario di Swarovski da sistemare nel salone. A quello ci aveva pensato l’interior designer.

    Tornò alla scrivania e con riluttanza scorse la lista dei compiti del giorno dopo, già compilata da Ula. Attese che l’autista e capo della sicurezza, Andrei, la riportasse a casa, dove prevedeva di analizzare i suggerimenti dell’ufficio di pubbliche relazioni in vista della conferenza stampa per la presentazione dell’aggiornamento della sua app: avrebbe rivoluzionato il settore, quindi doveva essere comunicato nel modo più opportuno.

    Poi, alle 5:30 del mattino seguente, un parrucchiere e un truccatore l’avrebbero raggiunta nella sua casa di Belgravia per prepararla alla registrazione delle interviste televisive con CNN, BBC News 24, Fox News e Al Jazeera. Dopodiché, avrebbe incontrato un giornalista dell’«Economist» e poi posato per un servizio fotografico per la Press Association, sperando di essere di nuovo a casa non oltre le 10:00. Non era certo il modo migliore di iniziare il sabato, si disse.

    Il suo addetto stampa aveva già avvisato i giornalisti che Ellie avrebbe parlato soltanto del suo lavoro, quindi niente domande sulla sua vita privata. Per questo motivo aveva declinato l’offerta di un ritratto su «Vogue» che doveva includere anche un servizio fotografico realizzato dalla leggendaria Annie Leibovitz. Certo, l’articolo avrebbe ottenuto una vasta eco in tutto il mondo e sarebbe stato ripreso da numerose pubblicazioni, ma non era comunque sufficiente per rinunciare alla sua privacy. Si era già esposta troppo, in precedenza.

    Oltre a essere notoriamente gelosa della propria vita personale, Ellie non rispondeva neanche alle critiche sollevate dal suo lavoro – lasciava che fosse l’ufficio stampa, nel quale riponeva completa fiducia, a occuparsene. Aveva imparato dagli errori del compianto Steve Jobs nella gestione dei problemi di ricezione dell’iPhone 4, e dall’impatto che, all’epoca, avevano avuto sulla reputazione sia del marchio sia del prodotto in questione.

    Il cellulare, poggiato sulla scrivania, si illuminò. Poche persone godevano del privilegio di conoscere il suo numero o la sua email: solo una dozzina tra i 4000 dipendenti sparsi per il globo, oltre ai propri familiari, ai quali non aveva mai tempo da dedicare. Non che non ci pensasse – aveva regalato loro abbastanza soldi da compensare le sue assenze – ma era arrivata al punto da non avere un numero sufficiente di ore per fare tutto ciò che avrebbe desiderato. E questo aveva portato a risentimenti e incomprensioni. Ellie non aveva figli, loro sì. Ma loro non si trovavano a dover gestire un’azienda globale con fatturato plurimiliardario, lei invece sì.

    Afferrò il telefono e riconobbe l’indirizzo email comparso sullo schermo. Incuriosita, aprì il messaggio. Match Your DNA, conferma dell’esito del test. Inarcò le sopracciglia. Anche se si era registrata al sito, molto tempo prima, la sua prima reazione fu di pensare a uno scherzo giocatole da qualcuno del suo staff.

    Ellie Ayling. La persona a cui sei stata abbinata è Timothy, maschio, di Leighton Buzzard, Inghilterra. Segui le istruzioni riportate in basso per scoprire come accedere al profilo completo di Timothy.

    Poggiò nuovamente il cellulare sulla scrivania e chiuse gli occhi. «Questa è l’ultima cosa di cui ho bisogno, adesso», mormorò. E lo spense.

    Capitolo 6

    Mandy

    «Ti ha già contattata?»

    «Ti ha inviato un messaggio o un’email?»

    «Dove vive?»

    «Che mestiere fa?»

    «Com’è la sua voce? Profonda e sexy? Ha qualche accento particolare?».

    La sfilza di domande dei familiari di Mandy fu inarrestabile. Le sue tre sorelle e la madre, ingobbite intorno al tavolo, erano avide di informazioni su Richard, l’uomo propostole da Match Your DNA. Ed erano ugualmente interessate al contenuto dei quattro cartoni con pizza d’asporto, pane all’aglio e salsine disposti di fronte a loro.

    «No. No. Peterborough. Fa il personal trainer e no, non ho ancora sentito la sua voce», rispose Mandy.

    «Be’, facci vedere la sua foto, allora!», ordinò Kirstin. «Sto morendo dalla curiosità!».

    «Ne ho solo un paio prese dal suo profilo Facebook». In verità erano almeno cinquanta, ma Mandy non voleva far trapelare l’interesse per Richard.

    «Oh mio Dio! Non vuoi mostrarcele perché te ne ha mandata una del suo affare, è così?», esclamò la madre.

    «Mamma!», ansimò Mandy. «Ve l’ho già detto, non abbiamo ancora parlato e non ho visto nessuna foto del suo affare!».

    «Vabbè, io mi butto sul cibo», disse Paula, e porse una fetta di pizza alla sorella. Mandy scosse il capo. Mentre le sue sorelle, due su tre sposate, potevano riposare sugli allori e rimpinzarsi tranquillamente, lei doveva fare attenzione alla linea. E, anche se quello era il giorno in cui la sua dieta le regalava un pasto libero, aveva recentemente letto su «Grazia» che per passare da una 44 a una 46 a volte poteva bastare un solo boccone.

    Mandy scelse dal cellulare una foto di Richard a torso nudo mentre faceva surf e la fece passare tra le sue familiari.

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