Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

Traiano. Storia e segreti
Traiano. Storia e segreti
Traiano. Storia e segreti
E-book377 pagine2 ore

Traiano. Storia e segreti

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

Fu davvero il più grande imperatore di tutti i tempi? 
Storia dell’uomo che espanse al massimo i confini di Roma

La vita e le battaglie del grande imperatore romano

Traiano è considerato dagli storici, ma anche dai contemporanei, uno dei migliori imperatori romani di tutti i tempi. Nella Roma imperiale pochissimi furono gli imperatori che seppero distinguersi sul campo di battaglia per valore e per le loro gesta. Tra questi spicca senza dubbio Traiano, primo imperatore proveniente da una provincia, che con le sue conquiste seppe portare l’Impero romano alla sua massima estensione territoriale. Traiano fu protagonista di memorabili successi militari, come la conquista della Dacia del re Decebalo, tanto da essere paragonato ad Alessandro Magno per aver esteso sino a Oriente i confini dell’Impero con l’annessione dell’Arabia, dell’Armenia, dell’Assiria e della Mesopotamia. Ma si distinse anche per i suoi provvedimenti in campo politico, economico, sociale e urbanistico, dimostrandosi un abile politico, un attento e lungimirante amministratore. Traccia immortale del suo governo sono la Colonna traiana e i mercati traianei. In ragione di ciò Traiano è considerato – insieme ad Augusto – uno dei più grandi imperatori della Storia di Roma, nonché uno degli statisti più virtuosi e completi della Storia.

L’imperatore che fece grande Roma

Tra i temi trattati nel libro:

Traiano: nascita di un imperatore
L’esercito invincibile di Traiano
Traiano e la campagna dacica
La prima guerra “mediatica” della Storia
Traiano “optimus princeps”
Traiano, l’imperatore che abbellì Roma
Vivere a Roma al tempo di Traiano
“Tutte le strade portano a Roma”
Traiano e i Cristiani
L’Impero romano raggiunge la sua massima estensione
Livio Zerbini
Ha insegnato in diverse università europee, tra cui la Sorbona di Parigi; attualmente insegna Storia romana all’Università di Ferrara, dove dirige il Laboratorio di studi e ricerche sulle Antiche province Danubiane. È inoltre direttore del Black Sea International Centre e direttore delle Missioni archeologiche italiane in Georgia e in Romania. Al proprio attivo ha numerose pubblicazioni e 29 libri, di cui alcuni tradotti in diverse lingue. Con Newton Compton ha pubblicato I personaggi che hanno fatto grande Roma, Grandi e piccoli eroi che hanno cambiato la Storia e Traiano. Storia e segreti.
LinguaItaliano
Data di uscita28 mag 2018
ISBN9788822722553
Traiano. Storia e segreti

Correlato a Traiano. Storia e segreti

Titoli di questa serie (100)

Visualizza altri

Ebook correlati

Storia antica per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Categorie correlate

Recensioni su Traiano. Storia e segreti

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    Traiano. Storia e segreti - Livio Zerbini

    Introduzione

    La storia di Roma – un grande impero che cambiò il volto del mondo e segnò uno dei capitoli più avvincenti della Storia universale – non è solamente un’interminabile successione di avvenimenti, imprese, spedizioni militari, guerre e conquiste, ma è innanzitutto una storia di volti: una storia che è scorsa tra le vene dei grandi personaggi che hanno contribuito a scriverla con le loro azioni, le loro decisioni o i loro pensieri.

    In questa galleria si ergono le figure dei grandi generali e comandanti, personalità spiccate e carismatiche che hanno impresso un marchio indelebile nelle vicende belliche, in modo particolare dell’Età repubblicana, il periodo delle grandi conquiste e della nascita di quello che sarebbe divenuto l’impero più longevo della Storia. Molti sono i nomi che si potrebbero elencare: Scipione l’Africano – colui che riuscì a sconfiggere Annibale, il più temibile e agguerrito tra i nemici di Roma – oppure Mario e Silla, Pompeo e Cesare e tanti altri, non forse altrettanto conosciuti, ma non meno importanti nel determinare la gloria di Roma.

    Se la res publica romana ci ricorda molti grandi generali e le straordinarie vittorie di cui furono protagonisti, durante l’Età imperiale pochi sono i comandanti militari e gli imperatori che seppero distinguersi sul campo di battaglia per valore e per le loro gesta. Tra questi spicca senza dubbio Traiano, il sovrano che con le sue conquiste seppe portare l’Impero romano alla sua massima estensione territoriale.

    Traiano fu protagonista di memorabili successi militari come la conquista della Dacia del re Decebalo, tanto da essere paragonato ad Alessandro Magno per aver esteso sino a Oriente i confini dell’Impero con l’annessione dell’Arabia, dell’Armenia, dell’Assiria e della Mesopotamia. Egli si distinse anche per i suoi provvedimenti in campo politico, economico, sociale e urbanistico, dimostrandosi un abile politico, un attento e lungimirante amministratore. In ragione di ciò Traiano è considerato – insieme ad Augusto – uno dei più grandi imperatori della storia di Roma, nonché uno degli statisti più virtuosi e completi della Storia.

    L’avvento di Traiano al potere (98-117 d.C.) inaugurò uno dei periodi più felici della storia di Roma, che sarebbe poi continuato con gli imperatori Antonini per quasi tutto il ii secolo d.C.; ciò gli valse l’appellativo di Ottimo Principe, assegnato per la prima volta a un imperatore dal Senato per onorare i suoi indubbi meriti.

    L’età dell’imperatore Traiano fu quindi un’epoca felice e di prosperità, i cui benefici effetti si fecero sentire anche sul piano urbanistico e monumentale, lasciandoci opere e testimonianze di straordinaria importanza che abbellirono Roma e tante altre città dell’Impero romano. Alcune di queste sono giunte sino a noi, come la Colonna Traiana, per raccontarci la storia di un uomo e di un’epoca che concorsero a fare ancor più grande Roma.

    I. Traiano: nascita di un imperatore

    Il 27 gennaio dell’anno 98 d.C. moriva l’imperatore Cocceio Nerva, lasciando come erede sul trono Traiano, che l’anziano imperatore aveva adottato pochi mesi prima. Con Nerva quindi ebbe inizio quello che sarebbe poi stato chiamato il principato adottivo: gli imperatori governarono in modo equilibrato e saggio, d’accordo con il Senato e, anche se avevano figli, designarono come loro successore quello che ritenevano più meritevole e capace di reggere l’Impero romano. In pratica la scelta dell’imperatore veniva fatta privilegiando i meriti e le capacità: solo in questo modo si potevano avere sufficienti garanzie sul suo operato. Del resto non erano poi così lontani i tempi di Caligola e di Nerone, il cui principato aveva mostrato chiaramente i grandi limiti della successione al trono imperiale per diritto dinastico, quello appunto della dinastia Giulio-Claudia.

    Con Traiano per la prima volta diveniva imperatore un uomo venuto dalle province, e precisamente dalla Spagna. Prima di lui gli imperatori erano stati tutti originari di Roma o comunque Italici. L’adozione di Traiano rappresentava quindi un’assoluta novità. Era questa la più evidente manifestazione di come l’Impero aveva ormai assunto una vera e propria struttura unitaria, nella quale era progressivamente venuta a cadere la distinzione tra la città egemone – Roma appunto – e le province, entrate nel mondo romano per conquista. L’Impero romano era un mondo come si direbbe ora globalizzato e le province erano pienamente romanizzate, attraverso quel formidabile strumento di integrazione che era la cittadinanza romana. I Romani – e questo aspetto è meritevole di attenzione – alla fine del i secolo d.C. erano ormai culturalmente pronti ad accettare un imperatore spagnolo di nascita, a dimostrazione dei grandi passi fatti nella direzione dell’inclusione delle province in quell’organismo unitario che era divenuto l’Impero romano: non era più importante in quale contesto geografico si era nati, bensì di sentirsi partecipi di una patria comune, quella rappresentata appunto da Roma.

    Ma come si arrivò a scegliere come imperatore uno Spagnolo? Per rispondere a questa domanda è necessario andare a ritroso nel tempo e ripercorrere la vita di Traiano, a cominciare dai luoghi dove nacque, crebbe e si formò, perché nulla nella Storia avviene per caso.

    Se è vero che Traiano fu il primo imperatore non Romano o non Italico è però altrettanto vero che sia la storia della sua famiglia sia quella della sua città natale, Italica, erano fortemente legate all’Italia; ciò del resto dovette essere comunque importante per superare le resistenze della parte più conservatrice del Senato, potenzialmente recalcitrante ad accettare un imperatore venuto dalle province.

    Marco Ulpio Traiano era dunque nato nel 53 d.C. a Italica, l’attuale Santiponce, a otto chilometri dall’odierna Siviglia. Si trattava della più antica colonia romana creata fuori dalla penisola italica. Venne fondata da uno dei più grandi generali della storia romana, Scipione l’Africano, il vincitore di Annibale, durante la seconda guerra punica e precisamente nell’anno 206 a.C., in seguito alla vittoriosa battaglia di Ilipa, l’attuale Alcalá del Río, combattuta nel 207 a.C. tra Romani e Cartaginesi per il dominio della Spagna. Lo scontro, se non fu determinante per gli esiti della guerra contro Cartagine, fu però cruciale per il controllo della penisola iberica. Scipione, da abile stratega quale egli era, pensò fosse necessario assicurare il dominio del territorio con un presidio che controllasse il fiume Guadalquivir da una posizione facilmente difendibile, oltre a garantire un luogo sicuro per i soldati feriti e per le unità militari stremate, che gli avrebbero inevitabilmente rallentato la marcia e quindi i suoi piani. Così il grande generale stabilì un distaccamento militare, ovvero un oppidum, una piazzaforte con strutture difensive, situato su di una collina e vicino al fiume. Questo insediamento aveva un importante ruolo strategico in considerazione delle vie di comunicazione. Al luogo venne dato il nome della terra che i suoi nuovi abitanti avrebbero abbandonato per sempre: Italica. Qui si insediarono per primi i soldati romani feriti appunto nella battaglia di Ilipa e successivamente i veterani che avevano combattuto in Spagna contro i Cartaginesi. Quando Roma conquistava nuovi territori, per meglio controllarli e integrarli fondava delle colonie di cittadini romani, spesso costituite da veterani dell’esercito, come avvenne appunto per Italica. Il territorio destinato alla colonia veniva confiscato alle popolazioni locali e rimodellato secondo la centuriazione, che rappresentava in sostanza il processo di occupazione di un territorio e la sua organizzazione per consentire la vita associata di una comunità in un ambito territoriale e in un contesto urbano nuovo. In pratica il territorio veniva regolamentato seguendo un reticolo ortogonale, vale a dire per mezzo di linee tra loro perpendicolari, i cui assi principali erano costituiti dal decumano massimo, orientato da est a ovest, e dal cardine massimo, da nord a sud. La centuriazione consentiva in sostanza un controllo più razionale – e quindi anche più efficace – dei territori entrati a far parte del dominio di Roma. Lo stesso schema, oltre a essere utilizzato per le colonie, veniva impiegato anche per la fondazione delle città e per la costruzione degli accampamenti militari.

    Italica – in ragione della sua privilegiata posizione geografica, nel cuore di quella che sarebbe divenuta la provincia romana della Betica, nella Spagna meridionale, grosso modo l’odierna Andalusia – divenne ben presto un polo di romanizzazione per tutta quanta la regione, nonché un centro di attrazione per molti Italici alla ricerca di migliori condizioni di vita e di maggiori opportunità professionali e commerciali rispetto a quelle che le città d’origine potevano offrire loro. D’altronde la mobilità individuale e collettiva nel mondo romano era certamente più diffusa di quanto comunemente si creda, nel senso che la conquista di nuovi territori e la creazione di nuove province rappresentavano delle straordinarie occasioni per migliorare il proprio status economico e sociale. In una nuova colonia o in una nuova città, chi aveva acquisito una certa esperienza in un mestiere o in un’attività trovava ovviamente molte più opportunità di lavoro, dal momento che in questo nuovo contesto c’era ancora molto da fare.

    Chi oggi ha modo di visitare il sito archeologico di Italica si rende subito conto di come questa città per sviluppo urbanistico e fastosità dei monumenti non aveva nulla da invidiare ai centri più importanti dell’Impero romano, come si può chiaramente notare dalla grandiosità dell’anfiteatro, ancora ben conservato. Certamente la città dovette trarre grande beneficio dall’aver dato i natali a due dei più importanti imperatori romani, Traiano e Adriano, il suo successore, i quali ebbero sicuramente un occhio di riguardo per Italica e per la Spagna, la terra da cui provenivano.

    La colonia, come del resto tutte le città romane delle province dell’Impero, manteneva uno stretto legame con Roma, tanto che a questo proposito tutte erano considerate «modeste raffigurazioni e copie di Roma»¹. L’immagine urbana di Roma, la cosiddetta imago Urbis, divenne il modello di riferimento per l’assetto cittadino delle altre città dell’Impero romano, a palese dimostrazione della profonda interconnessione. L’Urbe rappresentò per i Romani un importante ed efficace fattore di romanizzazione, che contribuì non solo a unificare lo stile di vita delle classi dominanti dell’Impero, ma soprattutto a propagandare l’immagine di Roma. Ecco perché ogni nuovo insediamento urbano era dotato sin dall’inizio di tutte le strutture e di tutti gli edifici civili e religiosi tipici della capitale e del suo modus vivendi quali il foro, il tempio, la basilica, il teatro, l’anfiteatro e le terme. Gli stessi sfarzosi monumenti che erano stati eretti ad Italica.

    Anche la gens Ulpia, ossia la famiglia di Traiano, durante il ii o il i secolo a.C. pensò di trasferirsi a Italica, attratta dalle opportunità che poteva offrire una terra ricca come la Spagna. Abbiamo pochissime notizie sulla famiglia di Traiano, con tutta probabilità originaria dell’Umbria e più precisamente di Tuder, l’attuale Todi. Situazioni analoghe, ossia la lacunosità delle fonti, costituiscono purtroppo un elemento piuttosto ricorrente nella storia antica e anche romana; tale perdita è solo in parte compensata dalle continue scoperte archeologiche, che talvolta ci consentono di rendere più nitidi i contorni storici degli avvenimenti e dei fatti dell’antichità. Certo è che Traiano apparteneva a una delle famiglie più in vista e influenti di Italica e dell’intera Betica. Il padre, anch’egli di nome Marco Ulpio Traiano, era infatti un importante e autorevole generale, il quale era riuscito a fare una brillante carriera militare durante i regni di Nerone e Vespasiano, che gli consentì di entrare in Senato e di rivestire nel 79-80 d.C. il proconsolato d’Asia, uno dei comandi militari più prestigiosi dell’Impero romano. Della madre di Traiano non si sa invece nulla e neppure come si chiamasse: in ragione di ciò è presumibile pensare che morì in giovane età.

    Traiano crebbe pertanto all’ombra del padre di cui seguì le orme in campo militare: ciò avrebbe segnato per sempre il suo futuro destino. Del resto per un giovane come Traiano, rampollo di una famiglia importante, ciò era per certi aspetti un passo quasi obbligato: se non altro per far sì che la gens mantenesse il rango che aveva raggiunto. Gli anni giovanili trascorsi a Italica maturarono sempre più in lui la convinzione di voler emulare le gesta del padre e soprattutto dell’eroe della sua adolescenza: Alessandro Magno. Traiano aveva dunque sin da piccolo compreso che cosa significasse la vita militare ed essere al servizio di Roma con spirito di sacrificio e abnegazione, pensando unicamente ad adempiere ai propri doveri di uomo d’armi.

    Fu così che in qualità di tribuno di legione seguì in Siria il padre, divenuto governatore di quella provincia. Il conferimento di tale carica dimostra come il padre di Traiano fosse vicino ai Flavi, visto che si trattava di uno dei comandi più prestigiosi. Nei panni di tribuno militare, che equivaleva a essere un ufficiale superiore, il giovane Traiano ebbe pertanto modo di fare una lunga esperienza, dai diciassette ai ventisette anni di età. Essendo figlio di un’alta personalità, egli avrebbe potuto sottrarsi prima all’incarico assegnatogli; invece, a differenza dei figli dei senatori romani che erano soliti fare solamente una breve apparizione tra le file dell’esercito, Traiano svole il suo compito per ben dieci anni, tra il 70 e l’80 d.C., a dimostrazione di una tempra e di un carattere che non ricercava l’affermazione personale fine a se stessa.

    È indubbio che essere figlio di un personaggio autorevole ed essere di estrazione senatoria gli facilitò la carriera militare, ma questo avvenne per tanti altri rampolli delle famiglie più importanti di Roma, che però non raggiunsero gli stessi risultati e soprattutto non mostrarono la stessa determinazione: quella determinazione che egli avrebbe poi mostrato nel corso di tutta la sua vita.

    Questa sua prolungata militanza fu particolarmente preziosa, in quanto gli consentì di tesaurizzare una grande esperienza di soldato e di comandante e di acquisire una piena conoscenza delle questioni militari, nonché di conoscere da vicino gli umori delle truppe. Ciò gli fu di grande aiuto durante tutta quanta la sua carriera militare, perché per un generale era fondamentale stabilire una vera e propria empatia con i suoi soldati e solo in questo modo poteva pretendere da loro il massimo. Egli in sostanza si sentiva in primo luogo un vir militaris, ossia un uomo esperto della vita militare e ciò gli procurò una certa popolarità tra i soldati, che lo sentivano quasi come uno di loro. Traiano infatti condivideva tutto con i suoi soldati, spesso rifiutando gli agi a cui aveva diritto con il suo grado di comando: dal padre aveva imparato che l’esempio era importante e per questo non si sottraeva alla durezza della vita militare.

    Dalla riforma dell’esercito romano del generale Gaio Mario in poi era sempre più importante il legame che si veniva a instaurare tra il comandante e i suoi soldati, tanto che questi ultimi spesso non si consideravano più combattenti di Roma, ma piuttosto soldati del loro generale, nel quale dovevano nutrire la massima fiducia. Per capire che cosa comportò la riforma militare di Mario occorre fare un passo indietro. Nell’anno 106 a.C. il console Gaio Mario, rendendosi conto che l’esercito romano non era più adeguato ai mutati tempi, attuò una riforma basilare, che avrebbe poi avuto rilevanti effetti: ogni cittadino romano, sano e capace, poteva arruolarsi, anche se non possedeva nulla. In tal modo la base di reclutamento si allargò immediatamente in maniera significativa. Le reclute, tutte volontarie, divennero quindi dei soldati professionisti, addestrati, mantenuti e regolarmente pagati con uno stipendium e in servizio permanente. La riforma di Mario ebbe conseguenze importantissime: da un lato, l’esercito romano divenuto professionista non solo si ingrandì in modo significativo, come del resto i mutati tempi richiedevano, ma ne guadagnò notevolmente in compattezza ed efficacia; dall’altro, tra il generale e le sue truppe si creò un legame ancora più solido, soprattutto dinnanzi a comandanti carismatici, per i quali i soldati erano talvolta disposti a tutto. Basti pensare a quanto si verificò di lì a poco con le forti rivalità tra i grandi generali della storia romana: Mario e Silla, Cesare e Pompeo, Ottaviano e Marco Antonio, che portarono a vere e proprie guerre civili capaci di accelerare la fine della res publica romana.

    Traiano era ben consapevole, sin dagli inizi della sua carriera militare, che per un comandante era indispensabile poter contare sulla totale fiducia dei suoi soldati e proprio per questo si era sempre preoccupato di stabilire una forte connessione con le sue truppe, come del resto si può evincere dalla Colonna Traiana. Egli sapeva che per guadagnarsi il rispetto e la stima dei suoi soldati doveva dimostrare di essere appunto uno di loro e di vivere durante le spedizioni militari come loro, senza i privilegi connessi al suo status di ufficiale superiore. In sostanza egli doveva rappresentare un modello di riferimento, anche per quanto atteneva il comportamento.

    La svolta che permise a Traiano di giungere ai gradi più elevati della carriera avvenne nell’89 d.C., quando contribuì a domare la rivolta di Lucio Antonio Saturnino, governatore della provincia della Germania Superiore. Costui si era ribellato nell’autunno dell’88 d.C., quando l’imperatore Domiziano era impegnato nella campagna militare contro i Daci del re Decebalo. Con il supporto delle due legioni della provincia, la xiii Gemina e la xxi Rapax stanziate a Mogontiacum, l’odierna Magonza, Saturnino mise a dura prova l’imperatore, il quale non appena ricevette la notizia della ribellione lasciò Roma per porre immediatamente rimedio a una situazione che poteva diventare assai pericolosa se non veniva affrontata subito con estrema decisione e durezza. La rivolta – che sembrò quasi essere una sorta di ripetizione degli avvenimenti che avevano portato vent’anni prima alla caduta di Nerone – non dilagò, anche perché fu tempestivamente repressa dal governatore della Germania Inferiore, Appio Massimo Norbano, prima ancora che l’imperatore Domiziano giungesse sul posto. Traiano ebbe un ruolo molto importante nel sedare la ribellione di Antonio Saturnino, quando alla testa della vii Gemina, che comandava dall’86 d.C., si portò con estrema rapidità dalla Spagna dove era di stanza, in Germania, là dove la rivolta era scoppiata. Plinio il Giovane, il cantore di Traiano, nel Panegirico a Traiano elogia la velocitas dei suoi soldati e lo spirito di sacrificio suo e dei suoi uomini, pronti a indicibili fatiche pur di mettersi al servizio di Roma. La rapidità d’azione rappresentava una delle doti più importanti che contraddistinguevano il perfetto comandante, quella reattività e tempestività che Traiano del resto ebbe modo di dimostrare anche nel corso delle campagne belliche contro i Daci e contro i Parti:

    La Germania e la Spagna sono fortificate e divise, oltre che da moltissime popolazioni e da un’ampiezza che si può dire sterminata di regioni frapposte, specialmente dai Pirenei, dalle Alpi e da altri sistemi montuosi che sarebbero immensi se non venissero paragonati a questi ultimi. Ebbene, quando tu conducevi le legioni o meglio – considerata la velocità! – mettevi loro le ali ai piedi attraverso a tutta questa distesa, non hai mai posato lo sguardo su di una carrozza né su di un cavallo; un cavallo ti seguiva, sì, mentre marciavi eretto, ma non portava nessuno sul dorso: non serviva ad attenuare i disagi del cammino, ma a rendere omaggio al tuo grado; tu non lo adoperavi se non nei giorni di tappa, e allora facevi sparire la pianura all’intorno sotto le tue animose galoppate per ogni verso e le rispettive nuvole di polvere. Dovrei ammirare il principio o la fine delle tue fatiche? È una gran cosa che tu sia arrivato sino al termine, ma ne è una ancora più grande che non abbia avuto paura di non poterci arrivare. E sono convinto che quell’imperatore² il quale, proprio nel bel mezzo delle guerre germaniche, ti aveva fatto accorrere dalla remota Spagna come il suo sostegno più poderoso, sebbene fosse personalmente torbido e invidioso delle attitudini altrui, anche quando non poteva esimersi dal farvi ricorso, concepì per te un’ammirazione tanto profonda – anche se non esente da una certa ansietà – quanto fu quella che incuteva al suo re il celebre rampollo di Giove³ il quale ritornava sempre invincibile e instancabile dalle atroci fatiche a cui era crudelmente sottoposto; tant’è vero che come conseguenza di quella traversata tu fosti trovato meritevole di condurre una spedizione dopo l’altra.⁴

    La velocitas di Traiano nel condurre le sue legioni era anche il frutto della sua indubbia capacità organizzativa e logistica, come del resto ben si evince dai rilievi della Colonna Traiana; in questo egli fu senza dubbio il generale più capace tra i molti che la storia di Roma può annoverare. Traiano curava infatti le spedizioni militari sin nei minimi particolari, cercando il più possibile di prevedere ogni situazione; di questo i suoi soldati erano ben consapevoli e per loro rappresentava la garanzia che ogni scelta operata dal generale spagnolo era stata ponderata con estrema attenzione. La storia di Roma ricorda diversi episodi di comandanti militari che presero decisioni dissennate e che costarono la vita a molti soldati o addirittura a intere legioni; si pensi in tal senso, per citare un esempio su tutti, all’improvvida campagna bellica di Crasso contro i Parti.

    La rapidità d’azione e d’intervento di Traiano, come avvenne in occasione della ribellione di Antonio Saturnino, sottoponeva ovviamente i suoi soldati a ritmi serrati e a sforzi indicibili. Le fatiche delle lunghe marce, celebrate da Plinio, che egli condivideva con i suoi uomini, non dovevano spaventare Traiano nemmeno negli ultimi anni della sua vita, tanto che lo storico Cassio Dione ricorda che durante la spedizione partica, quando era ormai in età avanzata, era solito procedere a piedi in mezzo alle sue truppe, dando quindi per primo l’esempio⁵.

    Plinio il Giovane nel passo sopra ricordato del Panegirico non cita esplicitamente l’imperatore Domiziano: ciò è dovuto al fatto che l’imperatore era stato condannato alla damnatio memoriae, ossia alla condanna della memoria che consisteva nella cancellazione di ogni ricordo o traccia della persona che era stata colpita da questa terribile pena, come se non fosse mai esistita. È comunque fuori di dubbio che fu Domiziano ad accorgersi delle capacità di Traiano, del suo grande senso del dovere e del profondo rispetto che aveva nei riguardi dello Stato romano e delle sue istituzioni e a sostenerlo nella sua carriera, che da questo momento in poi subì una brusca accelerazione. Infatti, in segno di riconoscenza per la fedeltà dimostrata, l’imperatore Domiziano offrì il proprio sostegno a Traiano, che divenne console nel 91 d.C. Plinio nel suo panegirico non parla ovviamente di Domiziano: far coincidere l’ascesa militare e politica di Traiano con il principato di un imperatore il cui ricordo negativo era ancora ben vivo avrebbe significato sminuirne gli indubbi meriti.

    Traiano così si trovò proiettato in una dimensione che pochi anni prima gli sarebbe parsa assai difficile da raggiungere, divenendo uno dei generali più importanti dell’Impero romano. Ma come si vedrà non si fermerà a questo e in breve tempo diventerà uno dei grandi protagonisti di tutta quanta la storia di Roma, rendendo il suo nome immortale.

    1 L’imperatore Adriano nella sua orazione tenuta in Senato in favore degli abitanti di Italica (De Italicensibus) disse appunto che le città dell’Impero romano erano «effigies parvae simulacraque Romae». L’orazione viene ricordata dallo scrittore romano Aulo Gellio, vissuto nel ii secolo d.C., nella sua opera Le notti attiche (xvi, 13, 9).

    2 Si tratta dell’imperatore Domiziano.

    3 Si fa qui riferimento a Ercole.

    4 Plinio il Giovane, Panegirico a Traiano, 14, 3-5.

    5 Cassio Dione, Storia romana, lxviii, 23, 1.

    II. Traiano successore di Nerva

    L’avvento di Nerva al principato, dopo la congiura nella quale venne ucciso l’imperatore Domiziano, fu nella sostanza un nuovo tentativo di riassunzione del potere da parte del Senato romano. La sua elezione intendeva appunto restituire il potere al Senato attraverso uno dei suoi più autorevoli esponenti, ritenendo di poter in questo modo controllare lo Stato senza ricorrere all’appoggio delle forze militari. Il Senato – che nella res publica romana rappresentava la più alta autorità politica – da Augusto in poi aveva visto ridimensionati i suoi poteri e le sue prerogative, tanto che alcuni imperatori, come Domiziano, con i loro atteggiamenti assolutistici ne intaccarono

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1