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La camorra dalla A alla Z
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E-book316 pagine4 ore

La camorra dalla A alla Z

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Boss, killer, pentiti, vittime e giornalisti: i nomi che hanno fatto la storia della criminalità organizzata campana

Centinaia e centinaia di voci e di storie: sono tutti i nomi dei personaggi che, a partire dal 1860, fino ad arrivare ai giorni nostri, hanno “fatto” la criminalità organizzata campana. Dai boss ai killer, dai politici collusi ai collaboratori di giustizia; dai magistrati ai carabinieri e poliziotti che l’hanno contrastata; dalle vittime innocenti agli esponenti della società civile che l’hanno combattuta; e poi ancora i registi, i giornalisti e gli scrittori che l’hanno raccontata in decine e decine di libri e film. La camorra dalla A alla Z è un’opera da consultare per approfondire, per conoscere a fondo, ma anche per scoprire dettagli, informazioni e dinamiche nascoste di una lotta al crimine sempre in corso. 

I nomi, le voci e le storie di tutti i personaggi e i fatti che hanno sconvolto e insanguinato la storia del nostro paese

Ogni nome è una storia di sangue:

• CARMINE ALFIERI, fondatore della Nuova Famiglia
• GIANLUCA CIMMINIELLO, l’omicidio di un bravo ragazzo scatenato da un’assurda storia di gelosia professionale
• CIRUZZO ’O MILIONARIO e la faida di Scampia
• TORE DE CRESCENZO, il camorrista che diventò capo della polizia
• RAFFAELE CUTOLO, fondatore della Nuova Camorra Organizzata
• ANNALISA DURANTE, assassinata a 14 anni durante una sparatoria tra camorristi
• LUIGI GIULIANO, boss di Forcella e figura storica della camorra napoletana
• WALTER MALLO, il boss dei nuovi clan
Bruno De Stefano
Giornalista professionista, ha seguito la cronaca nera e giudiziaria per diversi quotidiani, tra cui «Paese Sera» e «Il Giornale di Napoli», e per il settimanale «Metropolis». Ha lavorato per il «Corriere del Mezzogiorno», «City», il «Corriere della Sera» e «La Gazzetta dello Sport». Tra le sue pubblicazioni per la Newton Compton La casta della monnezza, La penisola dei mafiosi, 101 storie di camorra che non ti hanno mai raccontato, I boss della camorra, Napoli criminale e, insieme a Vincenzo Ceruso e Pietro Comito, I nuovi boss. È stato tra i curatori dell’antologia sulle mafie Strozzateci tutti e nel settembre del 2012 ha vinto il Premio Siani con il volume Giancarlo Siani. Passione e morte di un giornalista scomodo.
LinguaItaliano
Data di uscita16 nov 2016
ISBN9788854199385
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    Anteprima del libro

    La camorra dalla A alla Z - Bruno De Stefano

    430

    Nelle biografie che seguono compaiono i nomi di molte persone citate in atti della magistratura, rapporti delle forze dell’ordine e articoli di cronaca. Coloro che sono stati condannati in via definitiva vengono indicati esplicitamente, mentre per quanti sono ancora sotto processo alla conclusione di questo libro vale la presunzione di innocenza, garanzia individuale costituzionalmente garantita. Tutti i nomi concorrono esclusivamente alla ricostruzione di un quadro generale o di vicende specifiche e nessuno deve essere ritenuto pregiudizialmente colpevole in merito ai reati contestati dall’autorità. Saranno i tribunali a determinare la condizione di innocenza o colpevolezza di ogni imputato.

    Prima edizione ebook: novembre 2016

    © 2016 Newton Compton editori s.r.l.

    Roma, Casella postale 6214

    ISBN 978-88-541-9938-5

    www.newtoncompton.com

    Edizione elettronica realizzata da Pachi Guarini per Studio Ti s.r.l., Roma

    Bruno De Stefano

    La Camorra dalla A alla Z

    Boss, killer, pentiti, vittime e giornalisti:

    i nomi che hanno fatto la storia della criminalità organizzata campana

    Newton Compton editori

    Qui siamo nel West,

    dove se la leggenda diventa realtà, vince la leggenda.

    L’uomo che uccise Liberty Valance, John Ford

    Pochi uomini desiderano la libertà;

    molti uomini si augurano solo un padrone giusto.

    Sallustio

    Se vogliamo combattere efficacemente la mafia,

    non dobbiamo trasformarla in un mostro

    né pensare che sia una piovra o un cancro.

    Dobbiamo riconoscere che ci rassomiglia.

    Giovanni Falcone

    Nota al lettore

    In questo libro vengono menzionate diverse inchieste giudiziarie; alcune si sono concluse e altre sono ancora in corso. Tutte le persone coinvolte e/o citate a vario titolo, anche se condannate nei primi gradi di giudizio, sono da ritenersi innocenti fino a sentenza definitiva.

    Introduzione

    Da decenni, e quasi ogni giorno, un flusso inarrestabile di notizie di cronaca nera e giudiziaria viene dato in pasto ai lettori. Volti, nomi e storie catalizzano l’attenzione per qualche ora, o al massimo qualche giorno, per poi scivolare fuori dalla memoria collettiva, velocemente rimpiazzati da altri volti, altri nomi e altre storie. Il risultato è che alla fine si rischia di non ricordare più chi sono le vittime e chi i carnefici, chi sono i coraggiosi e chi i collusi, chi semina sangue e odio e chi invece è quotidianamente impegnato nella battaglia in difesa della legalità. La camorra dalla A alla Z vuole essere, quindi, una bussola per orientarsi in un ginepraio di storie e nomi. Attraverso dei singoli profili professionali, l’obiettivo è offrire una sorta di mappatura dei principali protagonisti che – pur militando su fronti diversi – hanno fatto la storia della criminalità organizzata campana dal 1860 fino ai giorni nostri: boss e giornalisti, killer e magistrati, vittime innocenti e politici dalla doppia morale, morti ammazzati e coraggiosi esponenti della società civile, imprenditori collusi e collaboratori di giustizia.

    Nelle pagine che seguono troverete personaggi di cui avrete sentito parlare abbondantemente, altri che sono rapidamente spariti dai radar dell’informazione, altri ancora risucchiati dall’oblio. A ogni modo si tratta di soggetti la cui attività – nel bene e nel male – merita di essere studiata e analizzata.

    La camorra dalla A alla Z, dunque, è un libro pensato e realizzato per chi vuole saperne di più e non è interessato a farsi sedurre da inutili forzature; è un libro destinato a chi non ama le suggestioni retoriche e il sensazionalismo, due elementi che talvolta inquinano la narrazione di una delle piaghe secolari che affliggono Napoli e ampie zone della Campania.

    * * *

    Nelle pagine che seguono mancano i nomi dei tantissimi rappresentanti delle forze dell’ordine che, talvolta in condizioni proibitive, hanno consentito di infliggere colpi durissimi alla criminalità organizzata, fornendo indirettamente il materiale utilizzato per la realizzazione del libro. Non è un’omissione volontaria, ovviamente, ma sarebbe stato impossibile citarli tutti; però voglio riparare a questa mancanza dedicando La camorra dalla A alla Z ai carabinieri, ai poliziotti e ai finanzieri di cui nessuno conosce il nome e il volto ma che ogni giorno sono in prima linea. È soprattutto merito loro se a Napoli e in Campania lo Stato ha vinto molte battaglie contro i clan.

    * * *

    Detto questo, è necessaria una riflessione che probabilmente non piacerà a quei negazionisti (e non sono pochi) che non hanno mai voluto ammettere (a volte per malafede) la gravità della situazione. La camorra è indubbiamente una malapianta, ma spesso viene utilizzata come un comodo e granitico alibi per coprire responsabilità e connivenze che stanno anche da un’altra parte. Responsabilità e connivenze che coinvolgono strati della cosiddetta società civile, dell’imprenditoria, della pubblica amministrazione, della politica. Fino a quando questa trasversale rete di protezione avrà maglie strette e solide, sarà impossibile liberarsi una volta e per tutte dal giogo dei criminali.

    A

    abbatemaggio, gennaro (1883-1968) Modesto delinquente che per vivere faceva anche il cocchiere, può essere definito il primo pentito della storia per aver collaborato con i carabinieri impegnati nell’indagine dell’omicidio dei coniugi Gennaro Cuocolo, basista della camorra, e della moglie Maria Cutinelli, ex prostituta e complice del marito. I due furono assassinati la mattina del 6 giugno 1906 in luoghi diversi: lui a Torre del Greco, lei a Napoli, in via Nardones. Ai carabinieri Abbatemaggio rivelò il nome del mandante, Enrico Alfano, e il movente. La sua ricostruzione non parve particolarmente attendibile, e un anno dopo cambiò versione, riferendo agli inquirenti un mandante e un movente diversi. Il processo si concluse con una serie di condanne. Nel 1927 il cocchiere confessò di essersi inventato tutto, che i condannati al processo Cuocolo erano innocenti e che i carabinieri lo avevano obbligato ad accusare determinate persone in cambio di denaro...

    abete, arcangelo (1969) Considerato dagli inquirenti uno dei principali esponenti del clan degli Scissionisti di Scampia (nato da una costola del clan Di Lauro), ha confessato in aula di essere coinvolto nel duplice omicidio di Fulvio Montanino e Claudio Salierno, avvenuto il 28 ottobre del 2004 (le prime due vittime di una faida che farà almeno una settantina di morti): «Presidente, volevo assumere tutte le mie responsabilità per questo episodio di cui stiamo parlando» («Corriere della Sera», 24 ottobre 2016).

    abete, mariano (1991) Figlio di Arcangelo, leader degli Scissionisti, secondo gli inquirenti è stato uno dei protagonisti della guerra contro il clan Di Lauro per il controllo dello smercio di droga a Scampia. Arrestato nel novembre del 2012, su di lui pendeva una ordinanza per associazione a delinquere mafiosa finalizzata allo spaccio di stupefacenti. La sua foto segnaletica era stata diffusa dalle forze dell’ordine il mese precedente insieme a quella di altri quattro latitanti (Marco Di Lauro, Antonio Mennetta, Mario Riccio e Rosario Guarino) sospettati di aver avuto un ruolo nella seconda faida esplosa nella zona a nord di Napoli.

    accurso, antonio (1982) Esponente del clan napoletano della Nuova Vanella Grassi, nato da una scissione della cosca di Vanella Grassi (zona di Secondigliano), è stato arrestato nel maggio del 2014. Fratello del più noto Umberto, ha poi deciso di collaborare con la giustizia rivelando fatti circostanziati non solo su omicidi ed estorsioni ma anche su come si truccavano le partite di calcio. Sulle scommesse clandestine veniva reinvestita buona parte dei guadagni procurati dallo spaccio di droga.

    accurso, umberto (1992) Considerato uno dei principali esponenti del clan della Vanella Grassi di Secondigliano, dov’è cresciuto all’ombra dei cugini Antonio Mennetta e Rosario Guarino, è stato arrestato l’11 maggio del 2016 a Qualiano (Napoli) dopo una latitanza durata quasi due anni. Nonostante la giovane età, al momento della cattura era destinatario di quattro ordinanze di custodia cautelare. Secondo gli inquirenti è anche coinvolto nell’attentato intimidatorio alla caserma dei carabinieri di Secondigliano, che la sera del 19 aprile del 2016 fu bersagliata dai colpi di fucili mitragliatori. Il 23 agosto del 2016 il ministero della Giustizia, su richiesta della Direzione distrettuale antimafia di Napoli, lo ha sottoposto al 41bis, il cosiddetto carcere duro che prevede pesanti restrizioni. Nel giugno del 2016 la Cassazione ha confermato la condanna a otto anni per associazione mafiosa e lo ha assolto dall’accusa di concorso nell’omicidio di Antonello Faiello. Durante l’interrogatorio di garanzia davanti al gip, Accurso si è dichiarato innocente e ha sostenuto di non aver nessun legame con ambienti camorristici. Alla fine di ottobre del 2016 è stato condannato a sei anni al termine di un processo al gruppo di Vanella Grassi.

    adamo, immacolata (1960) Moglie di Raffaele Ascione, capo dell’omonimo clan di Ercolano, è stata arrestata il 12 luglio del 2016 nell’ambito di una operazione che ha portato in carcere 23 persone. Secondo magistrati e forze dell’ordine, la donna aveva assunto la guida della cosca un tempo governata dal suo consorte. In passato era stata arrestata nel corso di un’operazione contro gli Ascione (16 luglio 2001) e per violazione della sorveglianza speciale (20 febbraio 2008). Secondo il collaboratore di giustizia Gerardo Sannino, la Adamo era stata condannata a morte dai rivali del clan Birra.

    adinolfi, umberto (1955) Considerato il boss della zona di San Marzano e dintorni (in provincia di Salerno), era stato arrestato nel marzo del 2005 a Barcellona. Latitante dal 2003, sul suo capo pendevano quattro provvedimenti restrittivi per associazione a delinquere di stampo mafioso, tentato omicidio, traffico internazionale di sostanze stupefacenti, estorsione e usura. In passato era stato legato al boss Umberto Ammaturo (poi diventato collaboratore di giustizia) e proprio Ammaturo lo aveva indicato come uno degli esecutori dell’omicidio del criminologo Aldo Semerari, ucciso e decapitato nell’aprile del 1982. Da questa accusa ’a scamarda, questo il suo soprannome, è stato assolto. Nel marzo del 2016 la Cassazione ha confermato per lui l’ergastolo, inflitto in primo e secondo grado, per l’omicidio di Salvatore Vaccaro, l’imprenditore assassinato il 4 novembre del 2002 ad Angri (Salerno) perché qualche anno prima aveva denunciato un’estorsione di 50 milioni di lire.

    airoma, domenico (1963) Magistrato, è stato a lungo in servizio alla Direzione distrettuale antimafia di Napoli. Nel 2008 è stato nominato Procuratore aggiunto al tribunale di Cosenza e dal 2014 ha ricoperto lo stesso incarico presso la procura di Napoli Nord. Per un periodo è stato consulente a tempo pieno della Commissione parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti. Insieme ad Alfredo Mantovano ha scritto il libro Irrispettabili. Il consenso sociale alle mafie.

    albanese, ernesto (1964) È il presidente de L’altra Napoli Onlus, un’associazione nata nel 2005 e che raccoglie un migliaio di napoletani accomunati dallo stesso sogno: contribuire a restituire alla città la propria dignità «per riscattarla dal degrado e dall’illegalità che offuscano il suo naturale splendore e deprimono le condizioni per lo sviluppo». L’impegno maggiore lo ha profuso per il recupero del rione Sanità – quartiere martoriato dalle guerre tra clan – investendo oltre 4 milioni di euro per realizzare progetti a beneficio di oltre un migliaio di giovani. L’associazione ha sostenuto molte battaglie insieme a don Antonio Loffredo. Il 3 maggio del 2005 due rapinatori derubarono il padre di Ernesto, un ingegnere, e lo uccisero. Gli assassini non hanno ancora un volto e un nome.

    alemi, carlo (1941) Magistrato napoletano, nel capoluogo partenopeo è stato pretore, poi giudice istruttore e presidente del tribunale dal 2006 al 2014. È stato presidente anche del tribunale di Santa Maria Capua Vetere. Il suo nome è legato in particolare all’inchiesta sulla liberazione dell’assessore regionale Ciro Cirillo, rapito dalle Brigate Rosse nell’aprile del 1981. In una sentenza-ordinanza di 1535 pagine emessa il 28 luglio del 1988, Alemi sosteneva – sulla base di una documentata e meticolosa ricostruzione – che la liberazione di Cirillo fosse avvenuta al termine di una trattativa tra terroristi, spezzoni dello Stato e la Nuova Camorra Organizzata di Raffaele Cutolo. Il magistrato indicava anche i nomi (alcuni pezzi grossi della Democrazia cristiana) e i luoghi (il carcere di Ascoli Piceno) in cui sarebbe avvenuta la trattativa. Questa ipotesi gli costò critiche durissime, querele (tutte archiviate) e un procedimento disciplinare (poi avviato dall’allora ministro di Grazia e Giustizia Giuliano Vassalli) al termine del quale fu prosciolto.

    alfano, giovanni (1957) Boss della zona Vomero-Arenella, è stato condannato all’ergastolo perché ritenuto il mandante dell’agguato nel quale l’11 giugno del 1997 morì Silvia Ruotolo, colpita da una pallottola vagante mentre stava rincasando insieme al figlio Francesco. Iniziò giovanissimo a seminare il terrore nel quartiere col soprannome di Giovanni ’o russo, poi passò con la nf; nel 1984 si salvò miracolosamente da una imboscata, riportando solo delle ferite al petto e al volto. Per molti anni la sua organizzazione ha incassato cifre esorbitanti grazie a droga, usura ed estorsioni. Stando a quanto hanno riferito i collaboratori di giustizia Antonio Buonocore e Nunzio Perrella, Alfano è stato abile anche nell’intavolare rapporti con i boss Edoardo Contini, Francesco Mallardo e Gennaro Licciardi. Arrestato il 26 luglio del 1997 per l’omicidio Ruotolo, Alfano ha visto la sua carriera sgretolarsi sotto i colpi di molti ex amici passati dalla parte dello Stato, a partire dal suo braccio destro Rosario Privato. Il nome di Alfano è tornato agli onori della cronaca nell’agosto del 2016, quando il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria ha negato a lui e ad altri ergastolani di partecipare al congresso del Partito radicale organizzato nel carcere di Rebibbia.

    alfieri, antonio (1972-2002) Figlio del boss Carmine, fu rapito nell’estate del 1993 davanti alla discoteca d&d di Santa Maria di Castellabate (Salerno). Il sequestro – organizzato da un ristretto gruppo di componenti della Nuova Famiglia che faceva capo a Geppino Autorino e ai fratelli Pasquale e Salvatore Russo – aveva uno scopo ben preciso: indurre Carmine Alfieri, capo della nf a non cedere alla tentazione di collaborare con i magistrati. Alfieri senior, infatti, era stato trasferito dal carcere duro di Pianosa a quello di Lanciano, e secondo le voci (fondate) che circolavano era il chiaro segnale che il boss stava per tradire i suoi vecchi amici. Il ragazzo fu tenuto per alcuni giorni in un casolare sui monti dell’Avellinese, fino a quando – d’accordo con gli inquirenti – Alfieri senior fu riportato al supercarcere di Pianosa per convincere i vecchi sodali che non si era pentito. Il trucco funzionò, il giovane venne rilasciato e nel febbraio del 1994 la notizia della collaborazione di Carmine Alfieri diventò ufficiale. Antonio, che rinnegò la scelta del genitore rifiutando di entrare nel programma di protezione, è stato assassinato la sera del 21 settembre del 2002 mentre era in macchina con la fidanzata, a Saviano (Napoli). L’omicidio, per gli investigatori, non è da collegare a una vendetta postuma contro l’ex padrino e fondatore della Nuova Famiglia.

    alfieri, carmine (1943) Nato a Saviano (Napoli), detto ’o ’ntufato perché aveva l’espressione di una persona perennemente arrabbiata. Fino a un certo punto aveva condotto una vita piuttosto tranquilla: vendeva mobili a San Giuseppe Vesuviano, faceva il mediatore nella compravendita di terreni, il biscazziere e l’usuraio. Non era uno stinco di santo ma neppure un criminale incallito. Nel 1976, per un’accusa di omicidio da cui sarebbe stato assolto, era finito in carcere a Poggioreale, dove aveva conosciuto Raffaele Cutolo, che qualche anno dopo avrebbe fondato la Nuova Camorra Organizzata (nco). Quando entrambi tornarono in libertà, Cutolo gli chiese per due volte di aderire al suo clan, ottenendo due garbati ma fermi rifiuti, perché ’o ’ntufato aveva capito che quel ragazzo di Ottaviano avrebbe portato solo guai. Dopo quei due no, venne a sapere che Cutolo aveva deciso di ucciderlo. A quel punto chiamò a raccolta i suoi amici, tra cui Pasquale Galasso (col quale aveva legato in carcere), e mise in piedi il clan Nuova Famiglia, una federazione di cosche di Napoli e provincia che dal 1980 al 1983 fece la guerra, vincendola, alla nco. Sotto la sua guida la nf diventò una organizzazione ricchissima, con un fatturato di 1500 miliardi all’anno: accanto alle tradizionali attività criminali, Alfieri fu abile soprattutto nell’intascare tangenti su appalti e lavori pubblici grazie a una rete di contatti di altissimo livello con esponenti della politica e dell’imprenditoria; nonostante fosse latitante, in molti lo incontravano per chiedergli un sostegno elettorale. Introvabile per moltissimi anni, fu arrestato l’11 settembre del 1992, quando proprio il suo ex amico Galasso indicò ai carabinieri il suo nascondiglio. Un anno dopo iniziò a collaborare con la giustizia, e le sue rivelazioni contribuirono a distruggere l’organizzazione che lui stesso aveva creato.

    alfieri, salvatore (1939-1981) Fratello di Carmine, boss della Nuova Famiglia, fu assassinato il 26 dicembre del 1981 nell’osteria La Vinicola, a Pompei (Napoli). Il delitto fu una vendetta di Raffaele Cutolo contro il rifiuto del futuro capo della nf di arruolarsi nella Nuova Camorra Organizzata. L’omicidio di Salvatore, che era dedito soprattutto alle bische clandestine, sarà uno dei motivi che spingeranno Carmine a dichiarare guerra al boss di Ottaviano.

    allucci, giovanni (1968) Dal 1998 è l’amministratore delegato di Agrorinasce, una società consortile costituita da sei comuni della provincia di Caserta (Casal di Principe, Casapesenna, San Cipriano d’Aversa, San Marcellino, Santa Maria La Fossa, Villa Literno) impegnata nella promozione dello sviluppo socio-economico e nella diffusione della cultura della legalità. Si occupa, in particolare, di recupero a uso sociale di beni confiscati ai clan e di assistenza alle vittime innocenti della camorra.

    amato, massimiliano (1965) Giornalista salernitano, è l’autore di L’ altra trattativa. La vera storia del fallito accordo Stato-camorra, libro nel quale ricostruisce un episodio avvenuto nel 1994, quando un gruppo di camorristi detenuti tentò di avviare un dialogo con le istituzioni attraverso il vescovo di Acerra, monsignor Antonio Riboldi. È anche coautore di Il Casalese, nel quale si racconta la storia di Nicola Cosentino, parlamentare di Forza Italia ed ex sottosegretario al Lavoro indagato per concorso esterno in associazione camorristica. Nel 2006 ha dato alle stampe Il sindaco desaparecido. Battipaglia 1953: la scomparsa di Lorenzo Rago. Ombre di mafia e depistaggi.

    amato, sergio (1966) Magistrato napoletano, da componente della Direzione distrettuale antimafia partenopea ha condotto diverse inchieste sui clan campani. In particolare ha indagato sui gruppi coinvolti nella faida di Scampia, iniziata nel 2004. Nel 2014 si è candidato al Consiglio superiore della magistratura.

    amirante, vincenzo (1965) Arrestato il 17 febbraio del 2016, era ricercato dal 9 giugno del 2015, quando era scattata una retata contro il cartello camorristico Giuliano-Sibillo-Brunetti-Amirante, meglio noto come la paranza dei bimbi, operante tra le zone di Forcella e Maddalena, nel centro storico di Napoli. Secondo gli inquirenti, Amirante – sotto inchiesta per associazione a delinquere di tipo mafioso ed estorsione – era uno dei capi dell’organizzazione che aveva dichiarato guerra ai Mazzarella per il controllo dello spaccio di droga e del racket.

    ammaliato, vincenzo (1971) Giornalista di Castel Volturno (Caserta), è tra gli autori dell’antologia sulle mafie Strozzateci tutti. Ha scritto anche il romanzo Piccolo libro dal titolo lungo su come una banda di balordi sia riuscita a diventare padrona assoluta di una città e dei suoi cittadini, ispirato alla storia di Domenico Noviello, il commerciante di Castel Volturno trucidato nel 2008 per aver denunciato i suoi estorsori.

    ammaturo, antonio (1925-1982) Vicequestore a cavallo tra gli anni Settanta e Ottanta in Campania e in Calabria. Era capo della Squadra mobile quando, il 15 luglio del 1982, fu assassinato, sotto casa sua – in piazza Nicola Amore, a Napoli – insieme all’autista, l’agente Pasquale Paola. L’omicidio fu rivendicato dalle Brigate Rosse con un volantino nel quale si leggeva «dell’avvenuto annientamento del massacratore di proletari e del suo fedele cane da guardia che a suon di cariche, massacri, rastrellamenti e sgomberi personalmente diretti ed eseguiti, questa lurida canaglia si era conquistata la promozione da commissario capo a capo della Mobile, fino ad essere in odore di divenire il nuovo questore». Pur essendo stati arrestati e condannati gli autori dell’agguato, il movente terroristico non ha mai pienamente convinto. L’attività di Ammaturo, infatti, era quasi completamente incentrata nella lotta alla criminalità organizzata ed in particolare alla nco di Raffaele Cutolo. Secondo il giudice istruttore Carlo Alemi, il capo della Mobile stava indagando per conto suo sulla nebulosa trattativa per la liberazione dell’assessore regionale democristiano Ciro Cirillo. I familiari ed alcuni colleghi di lavoro hanno affermato che nel corso della sua personale inchiesta sul caso Cirillo, aveva scoperto delle sconcertanti verità in grado di provocare un’eclisse. Aveva inoltre inviato un rapporto riservato al ministero dell’Interno e al fratello Grazio, ma di quel carteggio non è stata mai trovata traccia. Il pentito Pasquale Galasso ha dichiarato che il movente dell’assassinio del funzionario di polizia «fu costituito dal lavoro che l’Ammaturo aveva svolto come capo della Mobile di Napoli attraverso perquisizioni che lo avevano portato a trovare non solo significativi documenti dell’organizzazione cutoliana, ma anche carte comprovanti il legame strettosi tra Cutolo ed i politici nel corso del sequestro Cirillo. Inoltre era lo stesso Cutolo che in ogni occasione ci faceva sapere che quell’omicidio era espressione del potere che nel frattempo aveva raggiunto». Alla luce della dichiarazione di Galasso, i familiari del vicequestore chiesero, inutilmente, la riapertura delle indagini. Non è da escludere che dell’omicidio del funzionario e dell’agente Paola possa parlare il pentito Pasquale Scotti, uno dei pochi ancora in vita che conosce i segreti della nco di Cutolo.

    ammaturo, umberto (1941) Nato a Fuorigrotta, quartiere napoletano, è stato un boss decisamente atipico. Comincia a delinquere da ragazzino con furti e rapine, ma il salto lo compie negli anni Settanta lavorando per conto di due big come Michele Zaza e Antonio Spavone, dedicandosi al narcotraffico e al contrabbando di sigarette. Successivamente si mette in proprio organizzando il commercio di droga su scala internazionale sull’asse Napoli-Lima (Perù). Vendere cocaina gli frutta molti soldi e un potere sconfinato e, seppur con alterne fortune, conquista un posto di rilievo nella camorra campana. Sentimentalmente si lega a Pupetta Maresca, la vedova di Pascalone ’e Nola, con la quale vivrà un’intensa ma tormentata love story. Mentre in Italia si era finto pazzo per sfuggire alla legge, in Brasile – dove viene arrestato nell’agosto del Novanta – riesce a farla franca corrompendo le guardie. Si stabilisce in Perù dove apre un ufficio di consulenza e poi sposa un’affermata dentista. Il 28 aprile del 1994 la polizia lo rintraccia in una villetta di Lima; lui esibisce un documento intestato a Josè Daniel Venturini, ma solo al momento della cattura la consorte scopre di aver sposato un boss della camorra. Finito in carcere, diventerà presto un collaboratore di giustizia.

    anastasio, aniello (1951) A capo di un gruppo criminale di Sant’Anastasia (Napoli), è stato tra i protagonisti di una guerra con gli Orefice negli anni Novanta. Condannato all’ergastolo per numerosi reati collezionati fino al 2002, è uscito dal regime del 41bis, il cosiddetto carcere duro, solo nel marzo del 2016.

    andolfo, matilde (1971) Giornalista napoletana, è autrice (insieme a Mario Fabbroni) de Il diario di Annalisa, una trascrizione – rielaborata – del diario di Annalisa Durante, la ragazzina di 14 anni assassinata durante un conflitto a fuoco tra camorristi a Forcella nel marzo del 2004.

    arcella, aniello detto anyo (1946-1996) Avvocato penalista, ex calciatore dell’Internapoli, viene trucidato in via Pessina, a Napoli, la sera del 16 dicembre del 1995 mentre sta tornando a casa in macchina dopo un incontro con Carmela Marzano, moglie di uno dei suoi clienti più famosi: Luigi Giuliano, boss di Forcella. Secondo le prime voci, Arcella sarebbe stato giustiziato per delle avances alla signora Marzano, ma questa ipotesi si rivela ben presto un depistaggio. Le indagini stabiliranno che l’ordine di uccidere l’avvocato è partito dall’interno della famiglia Giuliano: si temeva che Arcella stesse convincendo Luigi a collaborare con la giustizia. Dopo la morte del penalista, i primi a pentirsi saranno proprio i fratelli del capoclan. Poi si pentirà anche lo stesso Luigi Giuliano. Prima dell’omicidio, il nome di Arcella era finito in due grosse inchieste. La prima era quella sulle trattative per la liberazione dell’assessore dc Ciro Cirillo: interrogato dai magistrati, il penalista raccontò che nella primavera del 1981 Corrado Iacolare, uno dei capi della Nuova Camorra Organizzata, gli chiese di accompagnarlo al carcere di Palmi per parlare col brigatista Nicola Pellecchia (cognato di Arcella) affinché convincesse i suoi compagni a liberare l’assessore. Nel 1992, invece, fu arrestato per aver agevolato la fuga di un suo cliente, il boss Raffaele Stolder, e per

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