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Bad Hero
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E-book191 pagine2 ore

Bad Hero

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Info su questo ebook

Nadia Ray è il volto della televisione mattutina di Boston. Sicura e indipendente, ha chiuso con un passato di cui si vergogna e si sta costruendo con determinazione un futuro scintillante. Tuttavia, quando il suo nuovo capo scopre il suo segreto, comincia a ricattarla: intende infatti sfruttare la popolarità di Nadia per far salire gli ascolti. Per questo vuole che lei lo aiuti a smascherare il più grande scandalo della città.
Ed è così che Nadia, cercando di infiltrarsi nel giro degli uomini più ricchi di Boston, conosce l'affascinante Henry Lexington, bello quanto insopportabile. Se vuole davvero portare a termine il suo incarico e lasciarsi definitivamente il passato alle spalle, Nadia dovrà trovare il modo di tenerlo a bada e, soprattutto, ignorare il battito del suo cuore che si fa sempre più insistente...

Samantha Young
è autrice bestseller di «New York Times», «USA Today» e «Wall Street Journal». Per Hero è stata nominata ai Goodreads Choice Awards come migliore autrice e nel 2015 come miglior rosa.
LinguaItaliano
Data di uscita18 dic 2019
ISBN9788822741035
Bad Hero
Autore

Samantha Young

Samantha Young is a New York Times bestselling author who resides in Scotland. Her novels have been published in thirty countries. When Samantha's not writing books she's reading them. Or she's shoe shopping.

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    Anteprima del libro

    Bad Hero - Samantha Young

    EN2517.Bad.Hero.cover.jpglogo-EN.jpg

    2517

    Questo romanzo è un’opera di fantasia. Nomi, personaggi, luoghi

    e avvenimenti sono frutto dell’immaginazione dell’autrice o sono usati

    in maniera fittizia. Qualunque analogia con fatti, luoghi

    o persone reali, esistenti o esistite, è casuale.

    Titolo originale: Villain

    Copyright © 2017 Samantha Young

    The moral rights of the author have been asserted

    All rights reserved

    Traduzione dalla lingua inglese di Valentina De Santis

    Prima edizione ebook: gennaio 2020

    © 2020 Newton Compton editori s.r.l., Roma

    ISBN 978-88-227-4103-5

    www.newtoncompton.com

    Edizione elettronica realizzata da Corpotre, Roma

    Samantha Young

    Bad Hero

    marchiofront.tif

    Newton Compton editori

    Indice

    1

    2

    3

    4

    5

    6

    7

    8

    9

    10

    11

    Epilogo

    Ringraziamenti

    Per tutti i fan di Hero…

    1

    «Mandiamo in onda la storia dei gemelli con padri diversi. Vedi se riusciamo a far venire la madre lunedì prossimo», disse il mio capo, Dick.

    Sorpresi Barbara ad alzare gli occhi al cielo e trattenni un sorriso. Era una delle conduttrici del programma del mattino This Morning della wcvb e cominciava ad averne abbastanza del nostro nuovo capo. Non era l’unica.

    Dick le lanciò un’occhiataccia. «Qualche problema, Barbara?»

    «Mi chiedevo quando tornerò a fare interviste su qualche argomento di rilievo». Fece spallucce.

    Barbara aveva un posto di lavoro sicuro. Era benvoluta da tutti alla wcvb e sarebbe stato difficile rimpiazzarla, perciò poteva pungolare Dick il Cazzone più di noialtri.

    «Secondo te, i gemelli con padri diversi non sono un argomento scientificamente rilevante?»

    «Secondo me, è scientificamente raro. E non è stato fatto alcun accenno ai test del dna, nessun dottore ha avvalorato la storia. Questa donna ha postato la sua storia sui social e ha attirato un po’ di attenzione. Ecco tutto. È una stronzata. Dove sono le prove?»

    «La gente non vuole le prove. Vuole il sesso e lo scandalo. Se la donna mente, benissimo. La fai sedere su quel divano e le fai il terzo grado sul perché mente. Se riesci a farla piangere o a farle lasciare lo studio come una furia, ancora meglio». E, a quanto pareva, Dick non intendeva discutere un attimo di più della questione, perché si voltò verso di me.

    Odiavo quella parte delle nostre riunioni mattutine: il momento in cui lo sguardo libidinoso di Dick si posava su di me.

    «Nadia, a che punto è il bollettino meteorologico della prossima settimana? Hai qualcosa lì?».

    Davanti a me avevo i bollettini della settimana in corso. «La pioggia di questa settimana cederà il passo a un’ondata di calore. Immagino che un sacco di gente si dirigerà verso il litorale per il fine settimana».

    I suoi occhi neri indugiarono sul mio petto, e io avrei voluto scomparire. Mi fece un sorrisetto. «Magnifico. La prossima settimana, per il bollettino meteo di lunedì, ti mettiamo in bikini sulla spiaggia».

    Mi venne una morsa allo stomaco solo all’idea. Questo non c’era scritto sul contratto. Russ, il nostro ultimo capo, quello che mi aveva assunta, era un uomo dai modi bruschi ma professionali, a cui non sarebbe mai passato per la testa di mandarmi in onda in bikini. «Ehm… non me la sento».

    Dick alzò un sopracciglio. «E come mai?».

    Barbara sbuffò infastidita. «Non è una coniglietta di Playboy, Dick».

    «È la ragazza del meteo. E il suo viso, le tette e il sedere hanno fatto schizzare i nostri ascolti alle stelle. Te lo immagini cosa farebbe la gente se la vedesse in bikini?».

    Ribollivo di rabbia. «È la ragazza del meteo. E il suo viso, le tette e il sedere hanno fatto schizzare i nostri ascolti alle stelle. Te lo immagini cosa farebbe la gente se la vedesse in bikini?». Memorizzai ogni singola parola per il mio file. «Dick, in realtà sono una meteorologa televisiva e non annuncerò il bollettino del meteo in bikini».

    Con la coda dell’occhio, vidi Barbara sorridere piena d’orgoglio.

    Trovavo difficile tener testa a Dick e questo mi mandava su tutte le furie, perché non ho mai avuto difficoltà a tener testa alla gente. Però amavo il mio lavoro. Amavo il rischio dell’andare in onda e improvvisare. Non avevo il gobbo come il resto dei miei colleghi. C’ero solo io, il bollettino, uno schermo verde e dovevo trovare un modo spiritoso e arguto per annunciare le previsioni e adattarle al tema del giorno della trasmissione.

    Per questo, non avevo intenzione di perdere il lavoro dopo soli sei mesi; cosa possibile visto che Dick aveva già licenziato la ragazza del notiziario di attualità e lo chef e li aveva rimpiazzati in quattro e quattr’otto con dei dipendenti più giovani e malleabili.

    Dick non sembrava affatto spiazzato dalla mia testardaggine. Fece per ribattere, ma venne interrotto da Andrew, il co-conduttore di Barbara.

    «Dick, non puoi obbligare Nadia a indossare un bikini, senza contare che tormentarla affinché lo faccia vìola un mucchio di norme sulla tutela dei lavoratori».

    Dick serrò le labbra, irritato. Sospirò. «D’accordo. Però ti mandiamo in onda sulla spiaggia. Indossa almeno un abitino estivo o qualcosa un po’ seducente».

    Scrollai le spalle, senza rispondergli. Era meglio che alzarsi dalla sedia e prenderlo a calci nelle palle.

    Mi sentii sollevata quando passò a domandarmi cosa avessi in mente per la puntata del giorno. Poco a poco, la tensione si allentò, specie quando Dick rivolse finalmente l’attenzione ad Angel, la ragazza del notiziario di attualità.

    Una volta conclusa la riunione mi alzai, pronta a fare ritorno nei camerini. Mi avevano già truccata, ma dovevano apportare gli ultimi ritocchi all’acconciatura prima della diretta.

    La gente mi domandava spesso se le levatacce non mi stremassero, ma dopo un po’ ci si abitua. Dal lunedì al venerdì mi svegliavo alle tre del mattino, arrivavo al lavoro tra le quattro e le quattro e mezza, mettevo insieme i bollettini meteorologici, andavo a farmi pettinare e truccare, raggiungevo i colleghi per la riunione del mattino, finivo di farmi pettinare e truccare e mi preparavo a andare in onda. La nostra trasmissione del mattino iniziava alle sei e terminava alle nove e io andavo in onda ogni mezz’ora per annunciare le previsioni. Dopodiché, lavoravo alle previsioni a lungo termine per avere un’idea di come si sarebbero evolute le condizioni meteo, poi per il resto della giornata ero perlopiù libera. Significava andare a letto presto e sacrificare la mia vita sociale, ma ne valeva la pena.

    «Nadia, vediamoci nel mio ufficio. Adesso», ordinò Dick, mentre i colleghi uscivano uno alla volta dalla sala riunioni. Li seguì.

    Barbara mi guardò preoccupata. «Vuoi che venga con te?».

    Adoravo quella donna. Le rivolsi un sorriso tirato, piena di gratitudine. «Credo sia meglio andare da sola. Andrà tutto bene».

    «Ce l’hai ancora quel file?»

    «Ce l’ho ancora».

    «Bene». Mi diede una pacca sulla spalla.

    La morsa allo stomaco diventava sempre più insopportabile man mano che avanzavo verso l’ufficio di Dick. Se voleva discutere per il bikini, avrei dovuto mettere da parte il timore di essere licenziata, perché mai e poi mai avrei mostrato il sedere con addosso un bikini, in diretta tv.

    Il trillo di un messaggio mi portò ad abbassare lo sguardo sul mio telefono: era posato sopra le cartelline che tenevo tra le braccia.

    Il nome del mittente mi fece perdere le staffe. Aprii il messaggio.

    «Tesoro, ti prego. Dobbiamo parlare. Abbiamo commesso entrambi degli errori. Lasciamoceli alle spalle».

    «Tesoro». E pensare che mi piaceva quando mi chiamava così. Adesso mi faceva solo venir voglia di spaccare il telefono ogni volta che leggevo quella parola. Non ero il suo tesoro. Non lo ero mai stata. Cancellai il messaggio, come avevo fatto con tutti gli altri.

    Dick aveva lasciato aperta la porta dell’ufficio. Bussai piano e rimasi in attesa.

    «Entra e chiudi la porta». Era seduto sul bordo della scrivania, le caviglie accavallate, le braccia incrociate sul petto. Come sempre, i suoi occhi neri indugiarono su ogni centimetro del mio corpo, lenti, lussuriosi, in un modo che prima o poi gli avrebbe fatto rimediare qualche pugno.

    Esitando, mi richiusi la porta alle spalle e mi voltai verso di lui stringendo al petto la cartellina, in modo da celare, se non altro, la parte del mio corpo che più lo attraeva.

    Quello che quasi nessuno sapeva di me era che provavo un po’ di insicurezza nei confronti del mio corpo. Crescendo, ero diventata una ragazzina paffutella che era stata presa in giro senza pietà fino ai primi anni delle scuole superiori. Ero diventata più alta, avevo perso il grasso infantile e mi si era assottigliato il punto vita. L’unica parte del corpo verso cui non avevo mai nutrito alcuna insicurezza erano le gambe. Mia madre aveva delle stupende gambe lunghe con polpacci e cosce perfettamente tonici e caviglie sottili. Gambe magnifiche. E me le aveva donate. Ciononostante, avevo le tette grosse, i fianchi larghi, il sedere pingue e una pancia pronunciata che nemmeno un migliaio di addominali avrebbero appiattito. Tutto, del mio corpo, era esagerato e invidiavo le donne che potevano infilarsi qualsiasi abito e farlo cadere a pennello sulle loro curve slanciate.

    Non ero una donna che poteva indossare qualsiasi cosa volesse. I jeans mi facevano sembrare il sedere enorme, come la maggior parte dei pantaloni. Gli abiti svolazzanti mi facevano sembrare più grossa di quello che ero. L’abbigliamento su misura in stile anni Cinquanta era quello che più si addiceva al mio fisico, perciò mi vestivo spesso in longuette e camicetta.

    Per me fu una sorpresa diventare così famosa sulla wcvb proprio grazie alle mie curve. Non fraintendetemi… in passato avevo avuto degli uomini che mi avevano detto quanto le mie curve li facessero impazzire, ma a dire la verità pensavo che mentissero, come molti fanno quando dicono a una donna che è bella per potersela scopare.

    Eppure, a Boston le mie curve piacevano. Ero la pin-up meteorologa della wcvb. All’inizio tutta quell’attenzione mi intimidì un po’ e, a onor del vero, attraversai un conflitto interiore. Una parte di me ne traeva un’immensa iniezione di fiducia, ma l’altra parte provava disagio per il fatto che la gente fosse tutta concentrata sul mio aspetto fisico. Tuttavia, sapevo che era una componente fondamentale del settore in cui lavoravo e ne ero consapevole ancor prima di entrare a farne parte. Per fortuna, venne fuori che alle donne la mia presenza nella trasmissione piaceva tanto quanto agli uomini. Dicevano che ero divertente e non avevo grilli per la testa. Ero vera.

    Questo mi faceva sentire meglio.

    In ogni modo, Dick non mi faceva mai sentire meglio. Mi faceva venir voglia di indossare un sacco di iuta al lavoro.

    «Tranquilla, il bikini non c’entra». Archiviò l’argomento con un cenno della mano.

    In un’altra situazione, mi sarei rilassata, ma si trattava di Dick, perciò non lo feci.

    «Ho una proposta da farti».

    Lo sapevo.

    Temevo questo momento.

    Eh, già, stavo per vomitare.

    «Che ne pensi di prendere il posto di Angel?».

    Rimasi scioccata, tanto che di colpo mi passò la nausea. «Al notiziario di attualità?»

    «Sì. Lei ha un tempo di messa in onda maggiore del tuo, il che non ha senso, visto che sei tu quella che fa sintonizzare i telespettatori sul nostro canale».

    «Non tutti. Adorano Barbara e Andrew».

    Dick fece la faccia esasperata. «Vero. Be’, se dipendesse da me, prenderesti il posto di Barbara, ma lei piace ai pezzi grossi dell’emittente, perciò rimane dov’è. Per ora».

    Bastardo.

    «Però voglio che tu abbia un ruolo più importante nella trasmissione».

    «Sono una meteorologa».

    «Che ti piaccia o no, sei la nuova it-girl di Boston e voglio che tu abbia un ruolo più importante nella trasmissione». Il suo sguardo si piantò sulla mia cartellina come se, fissandola a lungo e con intensità, sarebbe riuscito a guardarci attraverso fino a scorgere il mio seno. «E io ho una storia che ti ci farà arrivare».

    Non volevo il posto di Angel. Volevo tenermi il mio, di posto. «Non sono interessata».

    L’espressione di Dick divenne minacciosa. «Ho un amico che fa l’investigatore privato. Lo sapevi?».

    Non sono mai buone notizie quando di punto in bianco qualcuno ti fa una domanda simile, vero?

    Mi tornò la nausea.

    «A un capo conviene sempre conoscere il più possibile i propri sottoposti. Io conosco i miei molto, molto bene». Si alzò dalla scrivania e dovetti armarmi di coraggio per non arretrare fino a spalmarmi con la schiena addosso alla porta. «Per esempio, so che non sei affatto la ragazza della porta accanto dolce e carina che vorresti sembrare. Inoltre, non sei neppure una rossa naturale e il tuo vero nome non è Nadia Ray. E so il perché».

    D’un tratto, capii.

    Il bastardo era convinto di sapere chi fossi per via del mio passato. Credeva che io fossi quel tipo di donna. Non c’era da stupirsi se con me era più caustico che con il resto delle mie colleghe.

    Cazzo!.

    «Come fai a saperlo?»

    «È piuttosto semplice trovare certe notizie, se si sa dove cercare». Fece un passo verso di me, con un sorrisetto compiaciuto. «Ho come la vaga sensazione che le cose non si metteranno benissimo per la it-girl di Boston, quando la gente scoprirà che alla tenera età di ventun anni era già una rovinafamiglie».

    Lo odiavo. Lo odiavo davvero.

    «Cosa vuoi?»

    «È semplice. Voglio che la nostra diventi la trasmissione più seguita di tutto il Massachusetts. In passato ho fallito, Nadia. Diciamo solo che non mi piaceva il modo in cui venivo trattato mentre lottavo per riemergere.

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