Ciak, mi sposo!: eLit
Di Barbara Daly
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Info su questo ebook
Faith è l'agente di viaggi più imbranata di tutta la West Coast, Cabot è l'agente pubblicitario più scaltro di Los Angeles e dintorni. Lui inscena un matrimonio di facciata per Tippy, starlet in odor di consacrazione, lei organizza la luna di miele. Solo che qualcosa va storto e Cabot si ritrova a fingere di sposarsi con Faith che si spaccia per Tippy. Il tutto sotto l'occhio indiscreto delle telecamere...
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Anteprima del libro
Ciak, mi sposo! - Barbara Daly
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
You Call This Romance!?
Harlequin Duets
© 2002 Barbara Daly
Traduzione di Silvia Manzoni
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
© 2002 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-5894-661-9
www.harlequinmondadori.it
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1
Cabot Drennan si perse a fissare la donna seduta al tavolo di ferro battuto di fronte a lui. In quel preciso momento della sua vita, lei significava più di qualsiasi altra cosa per lui. Come Judy Garland per la Metro Goldwin Mayer tanti anni prima... come Groucho per gli altri fratelli Marx... come i boccoli di Shirley Temple per la piccola Riccioli d’Oro...
Tippy Temple, la bionda, bellissima, angelica Tippy, l’attrice emergente del momento e, con la geniale supervisione di Cabot, la probabile regina del botteghino del domani, era a dir poco isterica.
«Io lo ammazzo, Cabot!» strillò arricciando la deliziosa boccuccia. «Quel...» Dalla stessa delicata boccuccia uscì una sfilza di improperi da scaricatore di porto che gelò il sangue di Cabot. «Lui non può farmi questo! Quell’idiota me l’aveva promesso!»
Cabot era disperato. Non era possibile, quella non era l’eterea protagonista di Dammi il paradiso. No, quella davanti a lui era una donna ferita e grondante rancore da ogni poro.
Del resto, Tippy faceva l’attrice, ed era anche maledettamente in gamba.
Così come erano venute, le lacrime cessarono di botto, non appena la donna prese una sigaretta. «Gliela faccio pagare, ti giuro. Basta una telefonata a chi so io e posso anche fargli tagliare il...»
«Tippy!»
«... le dita dei piedi a una a una. Cosa ci sarebbe di male? Se lo merita.» Espirò un filo sottile di fumo dalle narici del naso perfetto.
«Noi non possiamo farci niente, tesoro» cercò di calmarla Cabot con tutta la pazienza di cui era capace. «Josh Barnett ha acconsentito a sposarti per ragioni pubblicitarie, ma aveva tutto il diritto di tirarsi indietro come ha fatto se la cosa non gli fosse più andata a genio.»
Il viso di lei si contorse in una smorfia. «Quel disgraziato ha fatto molto più che tirarsi indietro. È solo un patetico...»
Cabot strinse le labbra. Non aveva idea che la lingua inglese - la sua lingua madre - fosse tanto colorita.
«... e poi se ne è andato con Kathy Simpson! Quella...»
Ovviamente Tippy ne aveva anche per la Simpson, l’attrice che aveva osato sostituirla all’ultimo minuto come protagonista di Tormento e che, a quanto pareva, le aveva soffiato anche Josh Barnett.
«Io a quella sciaquetta insignificante le spacco...»
«Tippy, Tippy... tesoro, calmati, per favore. Adesso dobbiamo solo pensare a rimediare a ciò che è successo.»
«So già come rimediare. Un bel blocco di cemento alle caviglie e tanti saluti a Kathy Simpson!»
Cabot chiuse gli occhi. «Non è esattamente il tipo di rimedio a cui stavo pensando. Dobbiamo decidere cosa fare con la cappella, i fiori, il ricevimento... è già stato preparato tutto... in fondo basterebbe trovare uno sposo compiacente e...»
«Fantastico! Proprio quello di cui avevo bisogno. E cosa pensi di fare? Andare in giro per agenzie matrimoniali a chiedere: ‘’Ehi, per caso avete qualcuno disposto a sposare Tippy Temple?’’.»
«Ma no, non volevo dire questo» si affrettò a smentire lui, benché, a suo avviso, quella non fosse un’eventualità del tutto da scartare. «Pensavo che potremmo prevenire Josh facendo sapere alla stampa che sei stata tu a scaricarlo per un altro.»
«E per chi?»
«Effettivamente, questo è un problema da risolvere.»
Lei spense la sigaretta nel posacenere e, senza soluzione di continuità, scartò un chewing-gum e cominciò a far scoppiare palloni in faccia a Cabot, continuando a fissarlo con i suoi occhioni blu pericolosamente minacciosi.
«Senti, dammi un po’ di tempo per pensarci» riprese lui dopo un breve silenzio. «Tu cerca di stare tranquilla, mi occuperò io di tutto. Rilassati e lascia che sia il vecchio Cabot a trovare una soluzione. Nel frattempo mandiamo avanti i preparativi per il matrimonio come se niente fosse successo.»
«Io... ci avevo sperato davvero per me e Josh» sussurrò Tippy, improvvisamente fragile e innocente come l’eroina del suo film, la voce rotta dai singhiozzi. «Pensavo che... forse, un giorno, avremmo potuto innamorarci davvero... e vivere felici e contenti come in una... in una...»
«Soap opera?» Cabot le porse un fazzoletto, per asciugare le lacrime più inconsolabili che avesse mai visto.
Lanciando la sua auto sportiva lungo una delle tante freeway attorno a Los Angeles, Cabot ripensò alla situazione. Tippy Temple aveva tutto per riuscire a sfondare nel dorato mondo hollywoodiano: talento, bellezza, ambizione e una forza di volontà impressionante.
E qui entrava in gioco lui, il brillante pubblicitario della promettente starlet. Non c’era nulla che non avrebbe fatto per spingere la sua attrice, la sua creatura, verso quel successo che, ne era certo, l’aspettava a braccia aperte. Hollywood era una giungla, ma lui e Tippy avevano tutte le carte in regola per sfondare e, se lei ce l’avesse fatta, ce l’avrebbe fatta anche lui, diventando uno degli agenti più richiesti di tutto il mondo del cinema.
Doveva farcela.
Il fatto che Josh Barnett si fosse tirato indietro all’ultimo momento rappresentava una sfida, la sua sfida. Forse Josh si era davvero innamorato di Kathy Simpson, a volte capitava sul set di un film. Oppure aveva solo deciso a tavolino di mettersi con un’attrice già famosa. Comunque fosse, Cabot aveva già abbastanza di cui preoccuparsi: doveva trovare un altro marito per Tippy e mandare avanti la messinscena, e in fretta.
Dopotutto, in quella storia, qualcosa di buono c’era. L’identità dello sposo, per esempio, non era un dato così importante. Chiunque sarebbe stato utile allo scopo, visto che l’unica cosa che contava davvero era che la sua protetta si sposasse e che tutti lo sapessero. Cabot aveva già l’acquolina in bocca al pensiero delle telecamere che riprendevano le promesse nuziali di Tippy... per non parlare del bel servizio in esclusiva che avrebbe venduto a Variety... o del video della luna di miele che avrebbe opportunamente diffuso sulle emittenti dell’intero paese.
L’unica cosa importante era che il matrimonio avesse luogo, quanto allo sposo... chiunque sarebbe andato bene. Ma sì, proprio chiunque... persino...
Persino... io? Togliti dalla testa questa stupidaggine, Cabot. Anche se...
Non c’era niente da fare, i tempi erano proprio cambiati. Solo vent’anni prima non sarebbe toccato a lui, un semplice pubblicitario, trovare un marito compiacente per una stellina in cerca di un posto al sole. Ci avrebbero pensato gli studios. Che diamine, fino agli anni Ottanta avevano organizzato decine di matrimoni, fidanzamenti, e divorzi fittizi per legioni di attori in fase di lancio o di rilancio. Ma adesso le cose non stavano più così, per cui toccava a lui trovare lo sposo evitando al tempo stesso di fornire materiale da gossip a tutto quel sottobosco losangelino che di pettegolezzi campava.
Per quanto Cabot pensasse e ripensasse, la conclusione era una sola: toccava a lui immolarsi sull’altare del compromesso. In fondo, da quando faceva quel lavoro, aveva già imparato a fare a meno di principi e morale, per cui... quanto avrebbe inciso sulla sua coscienza un ulteriore passettino giù per la china dell’etica?
No, non poteva arrivare al punto di sposare Tippy per un po’ di pubblicità...
O sì?
Le palme ondeggiavano nella lieve brezza della sera caraibica sullo sfondo di un tramonto da sogno. Le orme dei suoi passi sulla rena dorata, segni timidamente impressi davanti alla vastità dell’oceano verde...
«Faith?»
La camiciola sottile le scivolò sulla spalla abbronzata mentre si avvicinava all’acqua... Con un gesto impaziente se la sfilò e la lasciò cadere a terra, sperando che la forza delle onde riuscisse a lenire il fuoco del desiderio... Mosse un passo nelle calde acque del mar dei Caraibi e...
«Faith Sumner!»
... colò a picco come un sasso.
«Cosa? Chi mi ha chiamato?» farfugliò Faith ritornando brutalmente alla realtà. «Oh! È lei signor Wycoff. Desidera?»
«L’unica cosa che vorrei dal profondo del cuore, signorina Sumner, è di poter contare su delle persone sveglie in questa agenzia di viaggi.»
«Ma io sono sveglia. Stavo... stavo mettendo a punto i dettagli per il viaggio dei Mulden ai Caraibi.» Non giustificarti, non giustificarti, non...
«Lei stava sognando a occhi aperti, signorina, ecco cosa stava facendo. Quanto ai Mulden, le ricordo che saranno qui alle cinque in punto, per cui le consiglio di mettere davvero a punto quei dettagli di cui stava farneticando prima.»
«Sì, signor Wycoff, me ne occuperò immediatamente» promise con zelo alle spalle del suo capo, che stava già proseguendo il suo giro di rimproveri a spese di qualche altro malcapitato. «Dunque, la gita in aliscafo è già stata prenotata, il bungalow sulla spiaggia...»
Lui l’aspettava sulla spiaggia, i capelli leggermente mossi dal vento, il fisico scultoreo e perfettamente abbronzato che si stagliava sull’orizzonte dei suoi desideri. Lei uscì dall’acqua e gli andò incontro, lentamente, con studiata consapevolezza. Poi si chinò sul cesto da picnic che aveva lasciato sulla spiaggia e...
«Che ne dici di un cocktail gelato per placare i bollori?» sussurrò Faith a fior di labbra, le palpebre chiuse e un sorriso ebete sul viso.
«Be’, non sarebbe male, ma... non adesso, grazie.»
Faith si lasciò sfuggire un gridolino sorpreso, raddrizzandosi sulla sedia e sgranando gli occhi su uno sconosciuto che... Cavoli! Era identico all’uomo a cui stava offrendo un cocktail nelle sue fantasie, a dieci anni luce da lì.
Solo che loro non si trovavano su una spiaggia, a dieci anni luce da lì, ma a Westwood, Los Angeles, nei luminosi uffici della Wycoff Worldwide, l’agenzia di viaggi per cui lavorava e il cui motto era: Facciamo diventare i vostri sogni realtà.
Inoltre l’uomo davanti a lei non sembrava preda di nessun incendio. Un po’ scocciato, piuttosto.
«Mi... mi scusi» sussurrò cercando di rimettere in sesto capelli, gonna e pensieri allo stesso tempo. «Io ero... così concentrata sul mio lavoro,