Un nobile desiderio: Harmony Destiny
Di Sandra Hyatt
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Sandra Hyatt
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Anteprima del libro
Un nobile desiderio - Sandra Hyatt
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
Falling for the Princess
Harlequin Desire
© 2011 Sandra Hyatt
Traduzione di Giada Fattoretto
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 2012 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-5898-083-5
1
«Stai sbagliando tutto.» Una voce roca, profonda, spezzò l’idillio di quel luminoso pomeriggio autunnale.
Sembrava...
No, non era possibile. Non qui.
Rebecca Marconi si irrigidì istintivamente guardandosi alle spalle con diffidenza. Oltre a lei, in quel caffè sul lungomare, c’era solo un tizio dai capelli scuri. Logan Buchanan abbassò il giornale e si sfilò gli occhiali da sole.
Due occhi color cioccolato la guardarono divertiti.
Era l’ultima persona che si aspettava di vedere. L’ultima persona che voleva vedere. Scosse la testa, incredula. «Dove devo andare per liberarmi di te?»
«All’altro capo del mondo, Principessa.»
«Pensavo di averlo fatto.» Aveva trascorso le ultime due settimane in viaggio attraverso l’Europa e il Nord America finché, dopo un volo di dodici ore e un bel po’ di chilometri in macchina, era arrivata in una zona sperduta di una remota penisola della Nuova Zelanda. Nella distesa di spiaggia che le si snodava di fronte riusciva a vedere solo pochissime persone.
Possibile che di tutti i caffè di tutte le città del mondo... «Come mi hai trovata?»
Logan inarcò le sopracciglia. «Diciamo che la discrezione non è il tuo forte.»
In realtà aveva provato a essere discreta. Aveva incontrato degli amici giusto un paio di volte, a New York e a San Francisco. Non aveva pensato che quelle visite avrebbero potuto far mettere quell’uomo sulle sue tracce. La gente che frequentava non aveva l’abitudine di fare la spia. Comunque, non poteva dire lo stesso degli amici dei suoi amici. Questo era il problema: non si sapeva mai chi si sarebbe infiltrato a quegli eventi o cosa volesse veramente. Era una lezione che avrebbe dovuto imparare già da tempo, ormai. «La festa di fidanzamento di Sophie?»
«Tanto per citarne una.»
Aveva pensato di rifugiarsi all’estero per un po’, sicura che non sarebbe stata disturbata. Non era conosciuta fuori dall’Europa, a dire il vero nemmeno oltre i confini di San Philippe, il suo regno. In Nuova Zelanda aveva sperato di godere di un po’ di privacy e di anonimato. «Stavo per tornare a casa.» Tralasciò di aggiungere alla fine.
La settimana prima della fuga Logan le aveva inaspettatamente chiesto per ben due volte di incontrarlo, ma lei aveva rifiutato. Aveva avuto da fare, inoltre non vedeva perché dovesse avere a che fare con un uomo che aveva chiaramente espresso il suo punto di vista sulla famiglia reale e le arcaiche tradizioni del suo paese.
Un uomo che, per giunta, era sempre riuscito a turbarla, facendola sentire a disagio.
«Non ho tempo da perdere» le disse.
«Vuoi sapere l’ultima, Logan? Questa faccenda non riguarda te, riguarda me.»
«Come sempre.»
Rebecca incrociò il suo sguardo fermo, tentando di fare altrettanto. A volte sforzarsi di non mostrare alcuna reazione le tornava utile. «Non è carino rinfacciarmelo. Persino per uno come te» ribatté, decisa a non dare troppa importanza all’opinione di Logan.
Era arrivato a San Philippe qualche mese fa, grazie all’amicizia con Rafe, il fratello di Rebecca. Aveva riscosso fin da subito un enorme successo. Le donne erano attratte dal suo fascino americano e dalla schiettezza che ostentava, il che, bisogna ammetterlo, rappresentava un piacevole diversivo rispetto alle formalità della cerchia reale; gli uomini lo ammiravano per i brillanti traguardi raggiunti negli affari e la bravura dimostrata sul campo da polo, che si era rivelata utile alla squadra per vincere le ultime tre partite.
Per qualche tempo anche lei ne aveva segretamente subito il fascino. C’era qualcosa di diverso in lui.
Rebecca tornò a concentrarsi sulla sua cioccolata calda. Quei sentimenti erano acqua passata.
Percepì un movimento accanto a lei e lo guardò alzarsi con la coda dell’occhio. Se se ne fosse andato, anche solo per poco, sarebbe potuta tornare al Bed & Breakfast, prendere le sue cose e squagliarsela. E questa volta sarebbe stata ancora più discreta. Logan non era la sola cosa dalla quale aveva cercato di scappare, quindi non aveva pensato che l’avrebbe seguita. Ma ora che lo sapeva...
Vanificando ogni sua speranza, Logan andò a sedersi vicino a lei; aveva spalle ampie, gambe lunghe, tanto che la sedia in ferro battuto sembrava quasi troppo piccola per lui. Allungò le gambe fasciate dai jeans, sfiorandole il piede.
Rebecca si ritrasse e afferrò la tazza con entrambe le mani quasi potesse farle da scudo. Come sarebbe stato dar voce a quello che le passava per la mente, affrontare le tacite sfide che le stava lanciando? Non arretrare ma lasciarsi sfiorare? Sostenere quello sguardo diretto senza abbassare gli occhi? Non lo avrebbe mai saputo. Non poteva. Del resto era una principessa, un membro della famiglia reale. E questo influiva sulle sue azioni e sulle sue parole ogni singolo istante.
Quello che pensava e sognava era tutta un’altra cosa. Per fortuna nessuno poteva leggerle nella mente. Purtroppo, però, nemmeno lei era sempre in grado di controllare il corso di quei pensieri e di quei sogni.
Per ora desiderava solo che Logan la lasciasse in pace. «Se ti chiedessi di andartene funzionerebbe?»
«No. Ma potresti provare a ordinarmelo. Sai, da principessa. Provaci.» Un lampo di sfida gli illuminò gli occhi.
Non era esattamente quello che voleva? Farsi beffe di qualcuno che tentava di impartirgli un ordine. «So cosa pensi della casa reale e di me.» La sua sincerità non era poi così piacevole quando si trattava di lei. Di sicuro Rebecca aveva incontrato altre persone che la pensavano allo stesso modo, solo che non sapeva chi fossero perché tendevano a nasconderle la verità. Aveva cercato di apprezzare l’onestà di Logan, ma il suo manifestare apertamente ciò che pensava le aveva fatto mettere in discussione ogni cosa: se stessa, il ruolo che ricopriva, il suo futuro. «Sentiamo, perché mi hai seguita fin qui?»
«Dovevo sbrigare degli affari. Incontrarti è stata una coincidenza fortunata, visto che non riusciamo mai a incrociarci a San Philippe.»
«Sono sicura che non credi alle coincidenze più di quanto non ci creda io. E non credo nemmeno che sei qui per lavoro.»
«No? Eppure le coincidenze non sono tanto rare e io ho interessi in tutto il mondo.»
«In America e in Europa, sì. Ma non qui.»
I suoi occhi mutarono espressione. «Non pensavo ti interessasse così tanto quello che faccio.»
«Infatti.» Aveva la sensazione di essere in trappola. «Quando qualcuno parla lo ascolto, ecco tutto. Sarebbe scortese non farlo.»
«Certo.» Sembrava divertito.
Riusciva facilmente a metterla in difficoltà, e il fatto che ne fosse consapevole la faceva infuriare. «Non fingere di essere d’accordo con me. Come minimo mi aspetto che tu sia brutalmente onesto, è la cosa che ti riesce meglio.»
«Chi sarebbe scortese adesso?»
«Oh scusami, ho urtato per caso la tua sensibilità?»
Logan rise e Rebecca non riusciva a ricordare di averglielo mai sentito fare. Di sicuro no. Perché altrimenti non avrebbe dimenticato il profondo calore che sprigionava, così in antitesi con l’egocentrico uomo d’affari che conosceva. Quella risata, e l’allegria che l’accompagnava, fecero involontariamente sorridere anche lei; per un breve lasso di tempo quella condivisione creò un tenue legame che la avvolse.
Rebecca si impose di smettere di sorridere. Doveva farlo. Logan lo avrebbe interpretato come un segno di debolezza. Una volta gli aveva sentito attribuire il suo successo negli affari e nello sport alla capacità di riconoscere i punti deboli dell’avversario e sfruttarli a suo vantaggio. «Dimmi solo cosa vuoi, Logan. Cercherò di accontentarti.»
La guardò diritta negli occhi. «Voglio te.»
Quelle parole rimasero sospese nell’aria e a Rebecca passò la voglia di sorridere. Deglutì, e per un momento immaginò cosa potessero significare. Nessun uomo le aveva mai detto una cosa simile prima d’ora, e avrebbe preferito non sentirla da lui, non in questa circostanza. Possibile che un uomo pratico e schietto come Logan desiderasse una donna la cui esistenza si basava sul lignaggio e sull’immagine?
«Cosa vuoi veramente?» Cercò di sfoderare uno sguardo sprezzante, ma l’unico risultato che ottenne fu di farlo sorridere ancora di più, a dimostrazione di quanto poco fosse credibile ai suoi occhi.
«Te l’ho detto.»
«Che mi vuoi? No. Forse vuoi quello che posso fare per te, ma non vuoi me.» Sapeva come funzionavano certe cose: Rebecca godeva di un discreto ascendente politico a San Philippe.
«E se ti sbagliassi?»
Ancora una volta possibili interpretazioni le affollarono la mente, ma doveva darci un taglio all’istante. Quelle parole sussurrate e le possibilità che implicavano la ferivano, per non parlare di quanto la facevano sentire ridicola. «Smettila di farmi perdere tempo, Logan.»
«Perché è evidente che sei così impegnata...» Nel dirlo lanciò un’occhiata alla cioccolata calda e alla rivista di cucina che Rebecca aveva sul tavolo.
A dispetto delle apparenze non aveva molto tempo libero a disposizione, e apprezzava gli spazi che riusciva a ricavare per sé. Si alzò. «Se non te ne vai tu allora lo faccio io.» Si incamminò lungo la spiaggia, senza prendere la rivista e la cioccolata che aveva solo sorseggiato. Si diresse verso il promontorio roccioso alla fine della baia, fra l’oceano Pacifico e una serie di lussuosi caseggiati, oltre i quali si intravvedeva un ripido pendio boschivo.
Logan impiegò così tanto a raggiungerla che aveva quasi creduto di essersi sbarazzata di lui. Ma la sagoma del suo corpo proiettata dal sole al tramonto si fece sempre più vicina; affiancandola, le allungò un bicchierone con cannuccia: «L’avevi appena iniziata».
«Grazie.» Cos’altro poteva dire?
«Cioccolata calda? Ti pensavo più una tipa da cappuccino.»
«Non riesco a dormire se bevo caffè a quest’ora.»
«Fai fatica ad addormentarti?»
Non era sua intenzione fornirgli particolari così intimi. «Logan, non ho voglia di parlare delle mie abitudini con te, anzi, non ho proprio voglia di parlare di niente, quindi puoi pure andartene.»
«Ordinamelo.»
In fondo non aveva nulla da perdere, e decise di tentare. Prese un bel respiro. «In nome di mio padre ti ordino di andartene.»
Rebecca riuscì ad allontanarsi di qualche passo mentre Logan si piegava in due dalle risate, e lei stessa non poté fare a meno di sorridere di fronte a quel futile tentativo. In realtà non aveva ancora mai provato a fare sfoggio della sua autorità. Ora sapeva perché.
Logan la raggiunse con una breve corsa. «Ma se sono qui è proprio per parlare di tuo padre e di quello che vuole da te.»
Rebecca non aveva più voglia di ridere. Era quello che temeva, fin dalla prima volta che Logan le aveva chiesto di vederlo; era successo subito dopo l’annuncio ufficiale fatto da suo padre, quindi non poteva essere una coincidenza. «Sto gestendo la cosa a modo mio.»
«È per questo che ti ho detto che stai commettendo un grosso errore, ma ho un’idea che potrebbe aiutarti.»
«Non sprecare il fiato. Non ho voglia di sentire quello che hai da dire sulla mia vita privata.» Anche se la sua vita privata, grazie a suo padre, stava rapidamente diventando sempre più di dominio pubblico. Superarono il cancello d’entrata del Bed & Breakfast, arroccato sulla collina, tra i boschi. Era caratteristico e tranquillo, per nulla simile ai posti in cui era solita soggiornare in vacanza, ma gli uomini della sicurezza avevano dato il via libera perché ci potesse rimanere senza problemi. Anche uno dei suoi fratelli c’era stato, un anno fa. Logan non lo sapeva e certamente non era il posto dove si sarebbe aspettato di trovarla.
«Non vuoi il mio consiglio?» le chiese in tono amichevole.
«Disse il lupo a Cappuccetto Rosso quando le indicò la scorciatoia nel bosco.» Lo guardò. «E probabilmente aveva anche il tuo stesso sorriso.» Logan sorrise ancora di più. Cappuccetto Rosso, così innocente e sprovveduta, non avrebbe saputo resistere a quell’invitante tentazione.
Continuarono a camminare, il sole alle loro spalle, l’infrangersi delle onde a riva... avrebbe quasi potuto essere piacevole. Passeggiare tranquillamente sulla spiaggia era un suo sogno ricorrente, solo che in quei sogni l’uomo al suo fianco voleva lei, non qualcosa da lei. Una quindicina di minuti più tardi raggiunsero la fine della baia. Un sentiero si inoltrava nella foresta, e un segnale usurato dal tempo indicava un’arrampicata di venti minuti per arrivare fino alla cima. Rebecca iniziò a salire e Logan la seguì. Nonostante il refrigerio offerto dalla vegetazione, una volta terminata la scalata Rebecca sentì il sudore scorrerle lungo la schiena e tra i seni. Rebecca si sedette su una panchina mentre Logan rimase accanto al parapetto, incantevole come il paesaggio che avevano di fronte. Non sembrava per nulla affaticato, al contrario di Rebecca. Si allontanò dal parapetto