Un uomo d'onore: Harmony Collezione
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Info su questo ebook
Rusty l'aveva giurato a suo padre in punto di morte: non avrebbe mai venduto il Lazy S, fiore all'occhiello della famiglia Sheffield. Ma il bilancio economico è vicino al fallimento, quindi deve iniziare a considerare il "peggio".
Ha ricevuto l'assurda proposta di...
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Anteprima del libro
Un uomo d'onore - Dorsey Kelley
successivo.
1
L'unica cosa a cui Rusty Sheffield riusciva a pensare in sella al suo cavallo, mentre attendeva che la lucente auto sportiva imboccasse la strada sterrata del ranch, era che lei stava tornando al Lazy S.
Impaziente e frustrato, si levò il cappello per sbatterlo contro i jeans consumati, dai quali si levò una nuvola di polvere che si diffuse nell'aria secca.
Maledizione, odiava quello che stava per fare, odiava il motivo per cui avrebbe incontrato Lucy Donovan!
Purtroppo, la misera situazione finanziaria del ranch lo angustiava fino alla disperazione. Si rimise il cappello in testa e spronò il cavallo verso l'auto parcheggiata dalla quale stava timidamente emergendo Lucy.
«Bentornata!» la salutò, sforzandosi di essere cortese, toccandosi l'ala del cappello. «Ne è passato del tempo!»
Lucy era di statura media e di corporatura minuta, ma con le curve al posto giusto. I capelli lunghi color ebano le ondeggiavano sulle spalle mossi dalla leggera brezza.
Non la ricordavo così bella, pensò Rusty che, nella propria mente, rivedeva un paio di occhi verdi, grandi e spaventati e un viso dall'espressione sconsolata, incorniciato da riccioli corti e arruffati.
«Oh, non ti avevo visto» mormorò Lucy impacciata girandosi a guardarlo, mentre le pieghe del severo abito grigio che indossava fecero risaltare un corpo snello e molto femminile. «È passato tanto tempo. Quindici anni, da quando sono stata qui con mia madre.»
Dal periodo del divorzio, ricordò Rusty scendendo da cavallo.
«I nostri genitori devono aver battuto il record per il matrimonio più breve.»
Per essere esatti, sei mesi, pensò Rusty restando in silenzio.
Sei mesi che erano serviti alla madre di Lucy per realizzare che non amava la vita di campagna e neppure l'allevatore con il quale si era sposata, così aveva caricato sulla macchina i bagagli, il noioso pechinese, la figlia Lucy ed era ripartita.
«Come sta tua madre?» domandò Rusty. Meglio liquidare subito i convenevoli.
«Vive all'estero. Risposata. Questa volta un armatore, credo...»
«Non la senti spesso» osservò Rusty, ben sapendo quanto Lucy e sua madre fossero diverse; ma questi non erano affari suoi.
«È sempre uguale» mormorò Lucy guardando gli edifici trascurati davanti a sé: la casa, costruita in due tempi diversi, la scuderia dipinta di bianco, il granaio e il capannone. «Anche qui non è cambiato nulla.»
«Brutto, eh?» replicò lui imbarazzato alla vista dell'intonaco scrostato, dell'erba incolta e delle persiane mezze rotte.
«No, affatto!»
Per la prima volta lei fissò il suo sguardo su di lui.
«È meraviglioso, mi sento come... come se fossi a casa!»
L'impatto diretto del suo sguardo di smeraldo lo colpì con una forza inaspettata. Il ricordo della monella arrampicata sulla vecchia quercia nel pascolo affiorò alla sua memoria.
A quindici anni era molto più interessato ai suoi cavalli e ai suoi amici che non a quella bambina insignificante che la matrigna si era portata al ranch.
Tuttavia quel giorno qualcosa era cambiato: Rusty aveva trovato Lucy in cima all'albero, con le lacrime che le rigavano il visetto pallido. Inutilmente aveva cercato di convincerla a scendere.
Così, senza porre domande, era salito lui e, sempre in silenzio, erano rimasti abbarbicati al grande ramo per più di un'ora, finché il buio non aveva dissolto i riflessi dorati dell'ultimo sole.
Solo all'apparire delle prime stelle in cielo, lei gli aveva permesso di aiutarla a scendere dall'albero e di riportarla a casa.
L'aveva fissato negli occhi, con quel suo incredibile sguardo e il mento tremolante e gli aveva rivolto un sorriso di gratitudine.
Quella era stata la sola e unica espressione di felicità che le aveva visto manifestare.
Rusty scosse il capo. Non c'era tempo per i ricordi, ora.
«Entriamo in casa» suggerì in maniera assai più aspra di quanto avrebbe voluto. «Fritzy ci farà un caffè.»
Fritzy, la gioviale governante, viveva con la famiglia Sheffield da vent'anni.
Un ragazzo uscì dalla scuderia per prendere il cavallo di Rusty. Più in basso, verso le cascate, si udivano le voci degli uomini che stavano marchiando gli animali.
«Immagino che ti fermerai per la notte, vero?» si informò Rusty. «Hai bagagli?»
Camminando con cautela sui tacchi Lucy aprì il baule.
«Sì, qui.» Si chinò per afferrare la valigia, ma subito lui la raggiunse.
«La prendo io» si offrì, sfiorandole una spalla e notando i suoi occhi da cerbiatta spalancati in un'espressione sorpresa.
Rusty si chiese perché mai fosse così nervosa ed esitante; in fondo, chi stava mettendo in gioco la propria vita era lui.
Sembrava che Lucy non si sentisse a proprio agio, si stava comportando come se si fosse spaventata e questo gli dispiaceva, visto che lui non aveva mai fatto del male a una donna in vita sua.
«Scusa» sussurrò lei con un filo di voce, notando la sua espressione accigliata.
«Non devi scusarti» le assicurò scuotendo il capo e prendendo la sua valigia dal baule.
Lo ringraziò con un bisbiglio, con lo sguardo rivolto a terra, quasi a volersi proteggere da un invisibile pericolo.
Rusty non sapeva che esperienze avesse vissuto, ma di una cosa era certo: Lucy Donovan nascondeva molti segreti.
Lucy seguì Rusty dentro casa, rimproverandosi per essersi mostrata confusa di fronte a un uomo che voleva solo aiutarla a portare una valigia.
Provava sempre un forte disagio in presenza di uomini aggressivi, inoltre era impreparata all'incredibile fascino e all'irresistibile virilità di Rusty, che, con gli anni, si era trasformato in un uomo di un metro e ottanta.
I capelli, che sbucavano da sotto il cappello e che lei ricordava rossicci, si erano scuriti. L'ampio torace sembrava compresso dalla camicia sportiva. Le braccia muscolose erano messe in evidenza dalle maniche arrotolate, e le cosce possenti tendevano il tessuto dei jeans. Emanava un buon profumo, di terra appena rivoltata e di vento di montagna.
Notò ogni particolare di quei cambiamenti e le sembrò che in lui tutto fosse tanto.
Era tanto alto, tanto forte, tanto bello, tanto... virile.
Rusty Sheffield aveva il potere di turbarla e, al tempo stesso, era riuscito a indebolire la sicurezza che lei avrebbe voluto mostrare.
La carenza di autostima era sempre stato il suo punto debole. Aveva la convinzione di non valere molto e questo non l'aiutava certo nel rapporto con gli altri.
Sapeva in cuor suo di non aver fatto nulla di significativo nella vita e, per mancanza di coraggio, non aveva mai seguito i consigli dell'analista che aveva consultato. Il terapeuta le aveva spiegato quanto fosse importante porsi degli obiettivi nella vita, per accrescere la fiducia in se stessi. Perseguire con tenacia uno scopo significava rafforzare le proprie difese psicologiche e la considerazione del proprio valore.
Ma Lucy aveva preferito seguire la strada delle rinunce: non aveva imparato una professione, non era andata al college, non si era laureata e non si era messa in affari.
Eppure ora, tornando al Lazy S, sentiva di aver recuperato una parte di sé, sapeva di avere un obiettivo, qualcosa che una volta tanto avrebbe voluto portare a compimento e, per farlo, avrebbe dovuto innanzitutto tenere sotto controllo la propria ansia.
«Da questa parte...» indicò Rusty precedendola verso l'ingresso.
Lucy sorrise vedendo l'intelaiatura della zanzariera sbattere, esattamente come quindici anni prima.
Anche all'interno, non c'erano stati molti cambiamenti. Il vecchio divano letto, foderato con un allegro tessuto a rose stampate, troneggiava sempre al centro del grande soggiorno. Era attorniato da antichi tavolini da tè che sostenevano lampade Tiffany e da comode poltrone in pelle.
Un'elaborata composizione in pietra di fiume circondava il caminetto, e al di sopra vi era una mensola con una bella collezione di statuine.
Contro il muro un attaccapanni a stelo reggeva le corde dei lazo e, in basso, erano state riposte alcune paia di stivali da cowboy tirati a lucido.
Attraverso il salone si sentiva qualcuno affannarsi in cucina, probabilmente Fritzy. Il profumo di pane appena sfornato arrivò a Lucy, che annusò l'aria soddisfatta, ma Rusty interruppe quel piccolo momento di piacere, posando rumorosamente la sua valigia e dirigendosi verso il piccolo ufficio occupato in precedenza dal padre.
«Siediti.» Rusty le indicò una sedia e si lasciò andare su una comoda poltrona dall'altra parte della scrivania.
Alle sue spalle ripiani di libri salivano al soffitto e lo schedario sul tavolo traboccava di fogli, conferendo alla stanza un aspetto caotico.
«Voglio chiudere questa storia il più presto possibile» dichiarò Rusty, mentre Lucy cercava di accomodarsi meglio sulla seggiola, senza riuscire a rilassarsi.
«Al telefono mi hai accennato al fatto di avere del denaro da investire» esordì lui saltando i convenevoli. «Che intenzioni hai esattamente?»
Lucy trasse un profondo respiro, era arrivato il momento di sfoderare tutto il proprio coraggio. Ti prego, supplicò dentro di sé, ti prego, fai che il mio sogno finalmente si avveri.
«Come ti ho già detto, ho saputo della morte dei tuoi fratelli e, anche se non li ho conosciuti durante il mio breve soggiorno, sono molto dispiaciuta per quanto è accaduto. L'incidente è stata una tragedia orribile.»
Rusty rimase in silenzio, il volto impassibile. Il frontale tra il veicolo occupato dai suoi due fratelli, Tom e Landon, e un grosso furgone aveva avuto un grande risalto sui giornali locali, in quanto i due ragazzi erano molto amati nella zona.
La gente diceva che l'esplosione si