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Il piano di San Valentino: Harmony Collezione
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Il piano di San Valentino: Harmony Collezione
E-book155 pagine2 ore

Il piano di San Valentino: Harmony Collezione

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Info su questo ebook

La mia migliore amica vuole sposarsi... ma non con me! Gabriel Blake, avvocato di successo, non può proprio accettarlo. Lucy è stata sempre al suo fianco, e lui sperava che, un giorno, si accorgesse di lui e dei sentimenti che prova da anni. Ormai non c'è più tempo per tergiversare, a Gabriel occorre un piano di conquista, e subito. Ed è proprio Lucy a fornirgli le armi per vincere la battaglia. Nel giorno di San Valentino, lei gli chiede di aiutarlo a mettere in atto una strategia per convincere il suo attuale fidanzato a farle la fatidica proposta, e Gabriel approfitterà di ogni momento per dirigere il cuore di Lucy verso l'unico uomo che la ama davvero: lui!
LinguaItaliano
Data di uscita10 nov 2016
ISBN9788858956212
Il piano di San Valentino: Harmony Collezione

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    Anteprima del libro

    Il piano di San Valentino - Charlotte Phillips

    successivo.

    1

    «Vuoi...»

    Speranzosa, Lucy Telford si sporse in avanti, le labbra socchiuse, gli occhi verde acqua spalancati. Convinta di come sarebbe finita la frase, per un attimo le sembrò di aver davvero sentito la parola sposarmi. Ma quando il suo cervello la riportò alla realtà, Ed stava già descrivendo il cottage in vendita alla periferia di Bath per il quale sperava che lei versasse la caparra. E Lucy, incredula, capì che era successo di nuovo.

    Il mattino successivo, salì in auto di buon'ora, percorrendo le strade silenziose della città con lo sguardo torvo. Evidentemente, i cliché e l'intuito femminile nulla potevano contro l'incapacità maschile di cogliere le allusioni. Era il giorno di San Valentino. Era uscita con l'uomo che frequentava da due anni e la relazione andava alla grande. Lui aveva prenotato un tavolo al ristorante preferito di Lucy e si era presentato con un mazzo di fiori. Inoltre, le aveva detto che quella sera le avrebbe fatto una domanda importante. Quale donna non si sarebbe aspettata una proposta di matrimonio, date le circostanze? Per non parlare dei cenni che Lucy lasciava cadere da almeno sei mesi. Le probabilità erano tutte a suo favore, no?

    Lucy strinse il volante, l'espressione decisa e i riccioli più ribelli del solito, a indicare il suo stato d'animo. Aveva solo un ricordo sfocato del resto della serata, e la notte non era stata molto migliore. L'aveva trascorsa a rigirarsi nel letto, in preda al caldo e poi al freddo. Verso le due del mattino, le era venuta in mente una soluzione. Un modo di prendere il controllo.

    Parcheggiò in una delle eleganti vie nel centro di Bath, la pietra delle terrazze in stile georgiano resa dorata dal sole invernale. Era una perfetta mattina di febbraio – l'aria fredda, il cielo terso e luminoso. Da quando aveva aperto la sua pasticceria, si era abituata a svegliarsi presto la mattina, e adorava l'aspetto della città ancora semiaddormentata. Quel giorno, però, non servì a distrarla.

    Spense il motore, attraversò il marciapiede a grandi passi e salì i gradini in pietra della casa a schiera di tre piani che apparteneva all'unica persona al mondo con la quale poteva lasciarsi andare. L'unica persona che le avrebbe permesso di sfogare la propria rabbia, per poi calmarla e darle un parere oggettivo su cosa fare. Gabriel Blake – amico d'infanzia, protettore da adulto, confidente e quasi un fratello maggiore – stava per essere buttato giù dal letto.

    Gabriel tentò di coprirsi la testa con un guanciale, ma il suono del campanello, pur smorzato, continuò a tormentarlo. Aprendo gli occhi, lanciò uno sguardo alla sveglia ed emise un gemito. Le sette e mezzo. Conosceva solo una persona che si alzava così presto la domenica. Il campanello continuò a suonare, e alla fine Gabriel si trascinò giù dal letto. Ancora mezzo addormentato, scese le scale barcollando. I suoi capelli, scuri e folti, erano scompigliati, e un inizio di barba gli adombrava la mascella decisa. Si stropicciò gli occhi. Evidentemente stufa degli squilli a intermittenza, ormai Lucy non staccava più il dito dal campanello. Il risultato era un rumore costante che gli martellava nella testa, già provata per la sbornia.

    Aprì uno spiraglio nella porta e, chiudendo gli occhi contro il sole accecante, ringhiò dalla fessura: «Lucy, sono le sette e mezza. Di domenica. Che diavolo credi di fare?».

    «Hai gli occhi chiusi. Come facevi a sapere che ero io?»

    «Nessun altro oserebbe disturbarmi a quest'ora.» La guardò di traverso. «Soprattutto la domenica.»

    Lucy si sporse per dare un'occhiata in casa, notando con indifferenza le spalle muscolose e il torace possente di Gabriel, messi in evidenza dall'abbronzatura che risaliva al suo ultimo viaggio all'estero. Un anno prima, aveva vissuto con lui in quella casa per un po', diventando così insensibile al fatto che, senza camicia, era bello come un dio. A differenza di qualsiasi altra donna, Lucy lo considerava semplicemente Gabriel. Il suo migliore amico da circa ventitré anni. Nessun'attrazione di tipo romantico tra di loro.

    «Hai per caso un'ospite?» gli chiese con fare autoritario. «Se sì, devi liberartene. È un'emergenza.»

    Gabriel si passò una mano tra i capelli già scompigliati e cercò di riordinare le idee. «Sono solo. Ma che succede? Stai bene?»

    «Fammi entrare, non possiamo discuterne sulla porta.»

    Stanco, Gabriel si appoggiò alla parete, e Lucy non perse tempo, precipitandosi in casa come una furia. Gabriel lanciò uno sguardo di desiderio alla scalinata che lo separava dalla camera da letto, e mentalmente alzò bandiera bianca. Ora che l'aveva fatta entrare, poteva rinunciare al sonno. Chiuse la porta e, rassegnato, la seguì verso la cucina per mettere su il caffè.

    Lucy si voltò verso di lui, e Gabriel avvertì un'altra fitta di esasperazione nel notare che indossava abbigliamento da jogging. I pantaloni al ginocchio le fasciavano l'esile corporatura, lasciando trasparire, una volta tanto, quanto fosse in forma. Era così minuta che gli indumenti larghi che indossava di solito davano un'impressione di fragilità. Era ironico, pensava a volte Gabriel, che una persona la cui vita girava intorno ai dolci fosse così magra. Aveva raccolto i riccioli scuri in una fascia ma, come sempre, alcune ciocche erano sfuggite a incorniciarle il viso. Quegli indumenti significavano una cosa sola. Lucy avrebbe tentato di convincerlo ad andare a correre con lei, mentre lui doveva recuperare almeno altre tre ore di sonno.

    Sul punto di perdere la pazienza, Gabriel si accorse appena in tempo della sua espressione turbata e delle ombre scure sotto i suoi occhi verdi, in netto contrasto con la sua carnagione chiarissima. Dall'età di otto anni, quando Lucy ne aveva sei, Gabriel si era sempre sentito protettivo nei suoi confronti, per cui abbandonò il caffè e optò per abbracciarla. Gabriel non poté fare a meno di notare la rigidità delle sue spalle, e le sue mani, quando gli cinse il torso nudo, erano fredde come il ghiaccio. Emanava tensione.

    «Che cosa succede?» le chiese con voce dolce. La sua testa gli arrivava appena al mento. I suoi capelli, che gli sfioravano la mascella, profumavano di limone, mentre lui avrebbe avuto bisogno di una doccia. Lucy però non sembrò accorgersene mentre si stringeva a lui. «Dev'essere una cosa seria, se mi hai svegliato prima delle undici di domenica.»

    Gli rivolse uno sguardo carico di angoscia.

    «Oddio, è successo qualcosa a uno dei tuoi genitori? Stanno male?»

    Lucy si tirò indietro, l'espressione incredula. «Dovresti sapere meglio di chiunque altro che i problemi dei miei genitori da incubo non sono in cima alla lista di cose gravi, per me.»

    «Già» ammise Gabriel. «Allora non ha a che fare con i tuoi fantastici genitori.» Ignorò la smorfia di Lucy. «Ma non ho voglia di giocare all'indovinello. Siediti e dimmi che succede.»

    Prendendola per mano, la trascinò in salotto, dove spostò di lato una pila di riviste e la fece sedere accanto a sé su uno dei morbidi divani bianchi. Lucy si fissò le mani dalle unghie sempre corte e prive di smalto, visto il lavoro che faceva.

    «Si tratta di Ed.» Distratta, iniziò a mordicchiarsi un'unghia.

    «Lo sapevo! Che cosa ha fatto stavolta quell'idiota?» Gabriel non aveva una cattiva opinione di Ed; gli era piuttosto indifferente. Trattava bene Lucy e non interferiva con la loro amicizia, e a Gabriel questo bastava. Lucy sembrava sempre troppo concentrata sulla sua pasticceria per avere relazioni serie.

    «Non è ciò che ha fatto.» Lo guardò, mesta. «È ciò che non ha fatto.»

    «Non ti seguo.»

    Lucy sospirò. «Stiamo insieme ormai da due anni, e va tutto bene, sai com'è...» Gabriel annuì con il capo, incoraggiante. «E a Natale credevo che sarebbe successo.»

    «Che cosa?» Iniziava a fargli male la testa. Non poteva venire al dunque?

    «Mi ha regalato quella collana, sai quella con il ciondolo a forma di luna?» Lo guardò e Gabriel annuì, pur non avendo idea di che parlasse. «Insomma, mi ha dato la scatolina con un tale sorriso che ne ero sicura. Ero sicura che aprendola avrei trovato l'anello.» Tese una mano, il palmo all'insù, come se si aspettasse che l'anello inesistente le si materializzasse davanti agli occhi.

    Ah, ecco.

    «Cioè ti aspettavi una proposta di matrimonio e invece ti ha comprato una collana?» Gabriel rise, mosso quasi a compassione per Ed. Le donne. Impossibile accontentarle a volte. «Dai, almeno ti ha comprato una collana!»

    Lucy alzò le mani al cielo, esasperata. «Ti sfugge il punto. Che giorno era ieri?»

    Gabriel si grattò la testa. «Ehm... sabato sera?»

    Lucy gli diede uno spintone. «Era San Valentino, idiota! Il postino si sarà spaccato la schiena con tutti i biglietti delle tue ammiratrici.» Distolse lo sguardo, quasi disgustata. «Come fai a essertene dimenticato?» borbottò.

    «Ah, già, San Valentino. In effetti mi è arrivato qualche bigliettino.»

    «Non mi interessa la tua corrispondenza amorosa! Il punto è che era San Valentino e Ed aveva prenotato un tavolo al nostro ristorante preferito, quello italiano, sai. E mi aveva detto che voleva parlarmi di una cosa importante. E io ho pensato, be'...»

    Gabriel sospirò. Iniziava a capire. «Pensavi che ti avrebbe chiesto di sposarlo.»

    «Sì.»

    «E l'ha fatto?»

    «No! Ha iniziato a parlare di un'opportunità di investimento – voleva sapere se ero disposta a metterci dei soldi. La pasticceria sta andando alla grande, e...» La sua voce si affievolì.

    Gabriel le lanciò uno sguardo a metà fra il preoccupato e il divertito. Lucy aveva sempre sognato il lieto fine delle favole. Il matrimonio, due o tre figli e un cane. Gabriel lo sapeva bene; d'altronde, erano amici da anni. Dopo un'infanzia instabile, aveva senso che sognasse una serena vita di famiglia. Ma Gabriel non aveva mai pensato che potesse accadere nel prossimo futuro; Lucy era troppo ambiziosa e presa dalla sua attività in rapida espansione. E non aveva mai pensato a Ed come...

    Cosa? Un rivale? Lo stomaco di Gabriel si capovolse, sommandosi ai postumi da sbornia. Da dove diavolo gli era venuto quel pensiero? Come una presenza fissa, si corresse. Aveva davvero bisogno di dormire; non ci stava più con la testa. Si massaggiò le tempie. «Sta' tranquilla, Lu. Non l'ha fatto per ferirti; probabilmente non ha idea di come la pensi. Gliel'hai mai detto?»

    Lei scosse la testa.

    «Sai com'è fatto Ed. Non gli sarà neanche venuto in mente che ti aspetti una proposta di matrimonio.» Gabriel non lo riteneva particolarmente sveglio ma, anche se lo fosse stato, non sapeva certo leggere il pensiero. «Non vuol dire che non sia felice, no?»

    Lucy scrollò le spalle, e Gabriel, in preda all'impulso inaspettato di dissuaderla dal suo sogno matrimoniale, decise di essere più brutale. Non che Ed gli fosse antipatico; anzi. Ma Lucy non aveva neanche trent'anni. Era troppo ambiziosa per sistemarsi; di certo si trattava di una delle sue follie passeggere. Ogni tanto le veniva qualche pazza idea, cui si dedicava anima e corpo per stancarsene dopo poco. L'unica cosa in cui non aveva mai smesso di impegnarsi era la sua cucina creativa.

    Qui ci volevano le maniere forti. Respirò a fondo. «Senti, Lucy, devi farti passare quest'ossessione per il matrimonio. Al giorno d'oggi non è più così fondamentale, sai? Tante coppie vogliono solo andare a convivere. E non dimenticarti che la tua attività è decollata da poco. Magari Ed pensa che non ci sia fretta... ed è così» aggiunse.

    Lucy scosse la testa, decisa. «Non hai capito. Lo so che a tanti non importa più del matrimonio, e se a loro sta bene così... Ma qui si tratta di me. E per me andare a convivere non è abbastanza.»

    Lo guardò con occhi limpidi e profondi, in cui Gabriel scorgeva infinite sfumature di verde. «I miei genitori non si sono mai sposati e per anni hanno minacciato di lasciarsi, finché non l'hanno fatto davvero. Forse, se fossero stati sposati, l'avrebbero presa più sul serio. E a me la convivenza non basta come impegno.» Strinse i pugni. «Ed non ha scuse. Sostiene sempre di essere a favore del matrimonio quando ne parliamo in termini generali... e lo facciamo spesso.»

    Gabriel si alzò in

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