L'inflessibile milionario: Harmony Collezione
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Info su questo ebook
Per evitare che il suo più grande segreto venga reso pubblico, Alessio Baldini ha bisogno del miglior esperto informatico su piazza. Il nome della affascinante quanto determinata Lesley Fox è sulle labbra di tutti, e Alessio capisce fin dal primo incontro con lei il motivo della sua fama...
Catapultata nel lussuoso mondo di Alessio, Lesley non può che restare scioccata di fronte ai suoi stravaganti eccessi. Per quanto cerchi di non farselo piacere, però, non può impedire al proprio cuore di battere all'impazzata o al suo corpo di protendersi verso di lui quando sono l'uno accanto all'altra.
Cathy Williams
Autrice originaria di Trinidad, ha poi studiato in Inghilterra, dove ha conosciuto il marito.
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Anteprima del libro
L'inflessibile milionario - Cathy Williams
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
The Uncompromising Italian
Harlequin Mills & Boon Modern Romance
© 2014 Cathy Williams
Traduzione di Anna Vassalli
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved.
© 2015 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-5894-033-4
www.harlequinmondadori.it
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1
Lesley Fox rallentò, poi fermò la macchina di fronte all’edificio più imponente che avesse mai visto.
Era un lunedì mattina di agosto, e districarsi nel traffico di Londra non era stato un problema. In meno di un’ora era partita da casa, a Ladbroke Grove, e aveva raggiunto una tenuta che avrebbe potuto essere raffigurata sulla copertina della rivista House Beautiful.
La cancellata in ferro battuto annunciava il suo splendore, così come il viale fiancheggiato da alberi e aiuole curatissime.
Quel tipo doveva essere ricco oltre ogni limite, questo lo sapeva. La prima cosa che aveva fatto quando le era stato proposto quell’incarico, era stato di informarsi su di lui online.
Alessio Baldini, italiano, ma residente da tempo nel Regno Unito. L’elenco delle sue varie compagnie era interminabile, ma lei vi aveva dato solo una scorsa. Non erano affari suoi ciò che faceva per vivere. Aveva voluto soltanto accertarsi che quell’uomo esistesse, e che fosse quello che aveva detto Stan.
I lavori per gli amici degli amici non sempre erano raccomandabili, soprattutto in un’attività come la sua.
Una ragazza non era mai cauta a sufficienza, diceva sempre suo padre.
Scese dalla piccola Mini, che era fuori luogo in un ambiente del genere, e si prese qualche minuto per guardarsi intorno.
Il sole accecante di una perfetta giornata estiva rendeva brillante il verde dell’erba e dei cespugli di lavanda, e faceva risaltare i colori delle rose che si arrampicavano sulla facciata di pietra, rendendola ancora più bella, tanto da farla sembrare irreale.
Su Internet c’era qualche accenno alla dimora in cui l’uomo viveva, ma nessuna foto, e non era preparata a una tale ostentazione di ricchezza.
Un alito di vento le scompigliò i corti capelli castani e, per una volta, si sentì a disagio con i vecchi pantaloni, le espadrillas, e la maglietta sbiadita con la pubblicità della band al cui concerto aveva assistito cinque anni prima.
Non le pareva il luogo in cui fosse tollerato un abbigliamento così casual.
Si pentì di non aver prestato più attenzione ai dettagli riguardanti l’uomo che avrebbe incontrato.
C’erano lunghi articoli su di lui, ma poche foto, e le aveva scorte a malapena, notando a stento quale fosse nel gruppo di noiosi uomini d’affari, che parevano esibire tutti l’identico sorriso compiaciuto di chi possedeva troppo denaro.
Afferrò il portatile dal sedile del passeggero e chiuse la portiera.
Se non fosse stato per Stan, adesso non sarebbe stata lì.
Non aveva bisogno di denaro.
Era in grado di pagare il mutuo del mini alloggio, non le interessava acquistare inutili abiti frivoli per un corpo che non attraeva gli uomini per i quali aveva scarso interesse o che, si corresse con scrupolosa onestà, non nutrivano alcun interesse nei suoi confronti, e non era una patita di lunghe vacanze costose.
Lavorava a tempo pieno come web designer, era pagata bene e, per quanto la riguardava, non le mancava niente.
Ma Stan era un vecchio amico di suo padre, dai tempi in cui erano in Irlanda. Erano cresciuti insieme e lui l’aveva presa sotto la propria ala protettrice quando si era trasferita a Londra dopo l’università, e di questo gli era riconoscente.
Con un pizzico di fortuna, se la sarebbe cavata alla grande e in pochissimo tempo sarebbe stata fuori da quella casa.
Trasse un profondo respiro e studiò la dimora.
Pareva un edificio senza fine, in pietra chiara, una casa da sogno, con l’edera aggrappata ai posti giusti e le finestre che parevano del secolo precedente.
Era proprio quell’ostentazione di ricchezza che di solito non l’attraeva, invece, suo malgrado, in quel caso era affascinata da tanta bellezza.
Ovviamente il proprietario sarebbe stato molto meno affascinante della casa. Era sempre così. I ricchi si ritenevano per le donne dei doni di Dio, anche quando proprio non lo erano. Ne aveva conosciuti diversi nel suo lavoro, ed era stata una lotta mantenere il sorriso impastato in faccia.
Non c’era campanello, ma un massiccio batacchio. Sentì il suono riverberare nella casa quando lo batté forte poi arretrò in attesa che il maggiordomo, il cameriere o chicchessia lui avesse incaricato di aprire la porta, arrivasse sulla scena e la facesse entrare.
Si domandò che aspetto avesse. Ricco e italiano, quindi probabilmente con i capelli scuri e un pesante accento, basso di statura, il che sarebbe stato un po’ imbarazzante, perché lei era molto alta, e torreggiare su di lui non sarebbe stata una buona cosa. Avrebbe indossato abiti di sartoria, italiani naturalmente, e scarpe fatte a mano.
Era impegnata a trastullarsi con immagini mentali sul suo aspetto quando la porta si spalancò.
Per qualche secondo Lesley Fox perse la parola. Socchiuse le labbra e sbarrò gli occhi osservando l’uomo come non aveva mai osservato nessun altro in vita sua.
L’uomo di fronte a lei era semplicemente stupendo. Più alto di lei, indossava jeans sbiaditi e una polo blu. Era scalzo. I capelli scuri erano pettinati all’indietro, mettendo in evidenza un viso sexy. Gli occhi, scuri come i capelli, restituivano pigramente il suo sguardo, finché lei sentì il sangue affluire al viso e ripiombò sulla Terra con una sensazione di grande imbarazzo.
«Chi è lei?»
La voce fredda, ricca e vellutata, la riportò alla realtà professionale così si schiarì la gola, tenendo presente che non era tipo da lasciarsi incantare da un uomo, per quanto affascinante fosse. Proveniva da una famiglia di sei uomini, e lei era la sola ragazza. Era stata allevata tra incontri di rugby, partite di calcio alla televisione, arrampicate sugli alberi ed esplorando le campagne della selvaggia Irlanda con fratelli che non sempre avevano apprezzato la sua compagnia.
Era sempre stata in grado di tenere a bada l’altro sesso. Aveva vissuto come un maschiaccio, per amor del cielo!
«Sono qui per... mi chiamo Lesley Fox.» Porse la mano, ma la lasciò subito ricadere quando il gesto non fu ricambiato.
«Non mi aspettavo una ragazza.» Alessio la osservò strizzando gli occhi. «Aspettavo un certo Les Fox... un nome maschile...» Les, che poteva essere come Rob Dawson, il suo assistente, un uomo di una quarantina d’anni che somigliava a un pallone. Invece vedeva una giovane con capelli scuri, occhi del colore del cioccolato e un fisico da adolescente, che indossava...
Alessio fece scorrere lo sguardo sui pantaloni sdruciti e sulla maglietta scolorita.
Non riusciva a ricordare l’ultima volta che aveva visto una donna vestita con tale spregio della moda.
Le donne di cui si circondava facevano del proprio meglio per esibire il loro lato migliore. Avevano sempre i capelli perfetti, così come il trucco, abiti alla moda e scarpe con tacchi vertiginosi.
Fissò i suoi piedi. Calzava delle espadrillas!
«Mi dispiace di averla delusa, signor Baldini. Immagino che lei sia il signor Baldini, e non il valletto, mandato ad allontanare gli importuni, no?»
«Non credo che nessuno usi più quel termine...»
«Quale termine?»
«Valletto. Quando ho chiesto a Dawson di procurarmi qualcuno che mi aiutasse a risolvere il mio piccolo... problema, credevo mi raccomandasse una persona con più esperienza.»
«Si dà il caso che io sia molto in gamba nel mio lavoro» si affrettò a precisare lei.
«Poiché non si tratta di un colloquio per un’assunzione, non credo di poterle chiedere delle referenze.» Detto questo si fece di lato per farla entrare. «Ma dato che ha l’aspetto di chi ha appena completato gli studi, vorrei sapere qualcosa di più, prima di spiegarle il mio problema.»
Lesley trattenne a stento la collera. Non aveva bisogno di denaro. Anche se il compenso che le era stato prospettato era allettante, non aveva bisogno di restare lì ad ascoltare quello sconosciuto porle domande sulla sua esperienza, per un lavoro che non era stata lei a cercare. Ma subito pensò a Stan, e a tutto ciò che aveva fatto per lei, e inghiottì la tentazione di girare sui tacchi, risalire in macchina e tornare a Londra senza neppure voltarsi indietro.
«Prego, si accomodi.» Alessio alzò leggermente la spalla mentre lei restava immobile sulla porta. Solo dopo qualche secondo, Lesley si decise a entrare.
I pavimenti erano di marmo, coperti qua e là da tappeti persiani. Le pareti erano ricoperte da oggetti di arte moderna, che sarebbero dovuti essere fuori luogo in un ambiente del genere, ma in qualche modo non lo erano. L’ampio ingresso era dominato da un’imponente scalone che conduceva al piano superiore, in cui le diverse porte indicavano una moltitudine di camere, non che lei non se lo fosse aspettato.
Più che mai in quel momento seppe di non essere vestita in modo appropriato.
«Una casa immensa per una persona sola» considerò guardandosi intorno, palesemente affascinata.
«Come fa a sapere che non ho una famiglia nascosta da qualche parte?»
«Perché mi sono informata» ammise Lesley con sincerità. Riportò lo sguardo su di lui e, ancora una volta, fu colpita dal suo aspetto fantastico. E, ancora una volta, era riluttante a distogliere lo sguardo. «Non mi addentro in territori sconosciuti quando devo svolgere il mio lavoro. Mi servo sempre del computer.»
«Che la rassicura» mormorò Alessio con voce strascicata. La osservò mentre lei si passava una mano sui capelli corti. Aveva sopracciglia scure come i capelli, che enfatizzavano quella particolare tonalità di castano degli occhi. E la pelle era chiara, morbida, come di chi aveva le lentiggini, ma non era il suo caso. «Mi segua. Ci sediamo in giardino e chiederò a Violet di portarci qualcosa da bere... Ha fatto colazione?»
Lesley aggrottò la fronte. Aveva fatto colazione? Era disordinata riguardo all’alimentazione, un difetto al quale si riprometteva sempre di porre rimedio. «Un panino prima di uscire» ammise, «ma una tazza di tè andrebbe benissimo.»
«Mi stupisco sempre che, anche in una giornata così calda, voi inglesi beviate del tè invece di una bella bibita ghiacciata.»
«Non sono inglese, sono irlandese.»
Alessio inclinò il capo da un lato e la fissò pensieroso. «Adesso che me lo dice, avrei dovuto intuirlo dalla pronuncia...»
«Comunque, sono sempre per il tè.»
Le sorrise, e