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Una governante perfetta: Harmony Collezione
Una governante perfetta: Harmony Collezione
Una governante perfetta: Harmony Collezione
E-book163 pagine2 ore

Una governante perfetta: Harmony Collezione

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Info su questo ebook

La governante.

Com'è possibile che Rafael Cruz desideri così ardentemente di poterla stringere fra le proprie braccia? Louisa Grey, la sua perfetta governante, non solo ha sempre svolto impeccabilmente il proprio lavoro, ma lo ha fatto con discrezione e sobrietà, senza quasi concedergli un semplice sorriso. Ha soddisfatto ogni sua necessità, eccetto forse...



Il milionario.

Rafael non è mai stato così vicino dal perdere il controllo: Louisa non è il tipo di ragazza che si concede il lusso di flirtare con il suo capo, ma il feeling fra loro è innegabile. E se c'è una cosa che Rafael sa fare alla perfezione, è accettare le sfide.
LinguaItaliano
Data di uscita10 nov 2017
ISBN9788858974841
Una governante perfetta: Harmony Collezione
Autore

Jennie Lucas

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Anteprima del libro

    Una governante perfetta - Jennie Lucas

    1

    Una pioggia nebbiosa, fine come una ragnatela, cadeva sui minareti scuri di Istanbul, mentre Louisa Grey recideva le ultime rose autunnali del giardino. Le mani che stringevano le cesoie, di solito così ferme, questa volta tremavano.

    Non posso essere incinta, pensò tra sé con forza. Non può essere!

    Oppure sì?

    Louisa si accosciò, asciugandosi la fronte con la manica nel tardo pomeriggio di inizio novembre. Per un attimo fissò le rose rosse e arancioni che erano cresciute nel rigoglioso giardino di quell’antica residenza ottomana, poi lasciò cadere le mani in grembo sentendo il peso delle cesoie sulla gonna grigia di lana.

    Battendo rapida le palpebre, girò la testa e fissò il tramonto rosso che riluceva sul Bosforo.

    Una notte.

    Aveva lavorato per il suo capo, un incallito dongiovanni, per cinque anni. E una notte aveva rovinato tutto. Il giorno successivo era partita in aereo da Parigi, dopo aver chiesto di essere trasferita a lavorare nella proprietà abbandonata di Istanbul. Tutto, pur di cercare di lasciarsi alle spalle quella notte di passione. Ma ora, a un mese di distanza, la attanagliava un pensiero terribile. Una domanda che continuava a tornarle nella mente, una domanda che ogni giorno si faceva più pressante e più terribile.

    Aspettava forse un figlio dal suo capo?

    «Signorina, il cuoco non si sente bene!» esclamò alle sue spalle una ragazza con un forte accento. «Potrebbe andare a casa?»

    Louisa raddrizzò immediatamente le spalle. Sistemandosi gli occhiali dalla montatura nera sul naso, si girò verso la giovane cameriera turca. Sapeva di non poter mostrare alcuna debolezza ai membri dello staff, che in lei cercavano una guida. «Perché non me lo chiede lui stesso?»

    «Teme che lei dica di no, signorina. Con tutto quello che c’è da fare per la visita del signor Cruz...»

    «Il signor Cruz non dovrebbe arrivare prima della mattina della festa. Dica al cuoco di andare a casa. Ce la caveremo. Ma la prossima volta» aggiunse Louisa pungente, «deve chiedermelo lui e non mandare qualcun altro al suo posto perché ha paura.»

    «Sì, signorina.»

    «Gli dica anche che si deve rimettere completamente per il giorno della festa, o sarà sostituito.»

    Con un timido movimento simile a un inchino la cameriera si allontanò.

    Una volta rimasta sola, Louisa curvò di nuovo le spalle. Piegandosi in avanti, raccolse dal prato due rose che erano cadute e le sistemò nel cestino, poi prese le cesoie e si alzò in piedi a fatica. Si costrinse a ripercorrere con la mente la lista delle faccende. I pavimenti di marmo e i candelieri erano puliti e lucenti. Il cibo preferito del capo era stato ordinato affinché arrivasse fresco dal mercato ogni giorno. La camera da letto era pronta: mancavano solo le rose fresche a ingentilire quella stanza maschile per qualunque bella attricetta il signor Cruz avesse scelto di portare a casa con sé.

    Tutto doveva essere perfetto per la sua visita.

    Il signor Cruz non doveva avere la benché minima ragione per lamentarsi. Nessuna ragione, pensò Louisa, tagliando con eccessiva forza l’ultima rosa del cespuglio.

    Sentì il cancello di ferro battuto aprirsi alle sue spalle con un lungo suono stridente. Avrebbe dovuto farlo oliare, pensò. Si girò aspettandosi di vedere il giardiniere, o magari il vinaio con l’ordinazione di champagne che aveva fatto per la cena.

    Invece, quando vide una figura imponente uscire dall’ombra, rimase senza fiato. Solo che quell’uomo non si limitò a uscire dall’ombra.

    Quell’uomo era l’ombra.

    «Signor Cruz» sussurrò, la bocca inaridita.

    Gli occhi di lui balenarono nel crepuscolo.

    «Signorina Grey.»

    La profonda voce roca risuonò nel giardino, facendole battere il cuore nel petto. Louisa strinse il cestino e le cesoie tra le mani per evitare di lasciarle maldestramente cadere. Era in anticipo di quattro giorni. Ma quando mai Rafael Cruz faceva ciò che ci si aspettava da lui?

    Attraente, spietato e ricco, il milionario argentino aveva il fascino misteriosamente seduttivo di un poeta e un cuore di ghiaccio.

    Alto, spalle ampie, un corpo muscoloso e carico di energia, si distingueva da tutti gli altri uomini per la forza, la bellezza mascolina, la ricchezza e l’aspetto elegante. Ma quella sera i capelli neri erano arruffati, il completo scuro di solito perfetto appariva spiegazzato e la cravatta era allentata e gli pendeva storta dal collo. La mascella sotto gli zigomi era scura. Gli occhi grigio chiaro spiccavano sulla pelle olivastra abbronzata.

    Quel giorno aveva un aspetto quasi primitivo. Eppure, in un certo senso, era anche più bello di quanto ricordasse.

    Un mese prima Louisa si era ritrovata tra le sue braccia. Per una notte quell’uomo era diventato padrone del suo corpo e con passione si era preso la sua verginità...

    Eliminò quel pensiero e respirò profondamente.

    «Buonasera, signore.» La voce non tradiva alcuna emozione. Era distinta, quasi fredda... i modi perfetti della preziosa domestica di un uomo potente. La sua preparazione le dava qualche vantaggio. «Benvenuto a Istanbul. Tutto è pronto per la sua visita.»

    «Naturalmente.» Curvò le labbra in un sorriso sardonico e si avvicinò. I capelli scuri erano scompigliati dal vento e umidi. «Non mi aspetterei niente di meno da lei, signorina Grey.»

    Lei reclinò la testa indietro per guardare quel viso affascinante.

    C’era qualcosa di oscuro nello sguardo. Un’ombra di profonda stanchezza. Il crudele dongiovanni sembrava stranamente preoccupato, come Louisa non lo aveva mai visto.

    Contro la propria volontà, sentì nascere nel cuore ansia e premura per lui, mentre la pioggia aumentava di intensità, schizzando rumorosamente contro gli alberi scuri.

    «Sta... sta bene, signor Cruz?»

    Lui si irrigidì. «Perfettamente» fu la fredda risposta. Era chiaro che quell’intrusione non era gradita.

    Louisa strinse le mani sul cestino, furiosa con se stessa. Cosa stava pensando? Doveva avere il buon senso di non fare domande personali. Se non glielo avevano insegnato i dieci mesi di corso in gestione domestica, vivere per cinque anni come governante di Rafael Cruz a Parigi erano stati una chiara lezione!

    Lui non mostrava mai i propri sentimenti e lei aveva cercato di fare lo stesso. Per il primo anno o due era stato facile. Poi in qualche modo, nonostante i suoi sforzi, aveva iniziato ad affezionarsi a quell’uomo...

    Osservandolo ora, riusciva a pensare solo all’ultima volta che aveva visto il suo viso, la notte in cui si era resa conto di essere disperatamente, infelicemente innamorata del suo capo. Stava singhiozzando da sola in cucina quando lui, inaspettatamente, era rientrato a casa presto da un appuntamento con un’altra donna intollerabilmente bella.

    «Perché sta piangendo?» le aveva chiesto in un sussurro. Lei aveva cercato di mentire, di dirgli che aveva solo qualcosa in un occhio, ma quando si erano guardati non era riuscita a parlare. Lui si era avvicinato, prendendola tra le braccia, e lei aveva capito nel profondo che ne avrebbe ricavato solo il cuore spezzato. E tuttavia non aveva potuto respingerlo. Come avrebbe potuto, dato che amava quell’uomo indomabile e proibito che non sarebbe mai stato suo?

    Nel suo attico vicino agli Champs Elisées, sullo sfondo della città scintillante e della Torre Eiffel illuminata come un faro nella notte, lui aveva sussurrato il suo nome.

    Le aveva afferrato i polsi e l’aveva spinta contro la parete della cucina, baciandola con tale slancio che lei non aveva potuto che ansimare il suo nome.

    Lo aveva desiderato con tutto l’impulso che aveva represso per anni. Ma come aveva potuto permettersi di cedere, sapendo che poteva solo finire male?

    E questo prima ancora di iniziare a preoccuparsi di una possibile gravidanza...

    Non pensarci!, si impose disperata. Non poteva essere incinta. Rafael non l’avrebbe mai perdonata. Avrebbe pensato che lo aveva fatto di proposito, che gli aveva mentito!

    Si inumidì le labbra.

    «Sono... felice che stia bene» balbettò.

    Lui le squadrò il volto, fermandosi sulle labbra prima di girarsi di scatto, sistemandosi la borsa sulla spalla. «Mi porti la cena in camera» le ordinò, poi si diresse in casa senza guardarsi indietro.

    «Subito, signore» sussurrò lei mentre la pioggia aumentava ancora. Grosse gocce le colpirono il volto e il corpo, schiacciandole i capelli sulla testa e macchiandole gli occhiali. Proteggendo il cesto di rose dalla pioggia con la giacca grigia di lana, seguì i due assistenti che portavano le valigie che erano nella limousine, ora parcheggiata nel garage.

    Louisa entrò nel grande atrio della residenza del XIX secolo e si asciugò con cura i piedi prima di notare le impronte bagnate del suo capo sul marmo che ora avrebbe dovuto essere accuratamente ripulito. Con gli occhi seguì le impronte lungo le scale ampie e per un attimo intravide la testa scura e la schiena sparire dietro il pianerottolo, in direzione della sua stanza.

    La casa sembrava diversa con la sua presenza. Rafael Cruz elettrizzava tutto. Soprattutto lei.

    Gli uomini lo seguirono su per le scale con le valigie. Rimasta sola, Louisa si appoggiò alla parete, le gambe piegate per il sollievo.

    Il loro primo incontro era avvenuto. Era fatta.

    Sembrava che Rafael, - il signor Cruz, si corresse con rabbia... il suo nome di battesimo continuava a insinuarsi nella mente! - avesse già dimenticato tutto della loro notte di passione a Parigi.

    Se solo lei fosse riuscita a fare lo stesso.

    Con gli occhi controllò di nuovo il pianerottolo del piano superiore.

    Ma perché aveva quell’aria preoccupata? Qualcosa non andava, e lei sapeva che non aveva niente a che fare con la loro storia di una notte. Le donne erano interscambiabili per lui. Facilmente dimenticate. Del tutto sostituibili. Nessuna donna aveva mai scalfito il cuore di Rafael.

    Quindi, se non si trattava di una donna, che cosa lo aveva fatto arrivare a Istanbul con alcuni giorni di anticipo e di pessimo umore? Fissò le scale. D’un tratto desiderò sapere cosa lo preoccupasse. Desiderò offrirgli consolazione, qualche conforto...

    No! A quel pensiero sussultò rabbiosa. Ogni donna pensava che Rafael avesse bisogno di conforto.

    Era parte della sua seduzione, qualcosa che usava a proprio vantaggio. Le donne erano attirate dal suo fascino inquietante. Lo immaginavano come un moderno Heathcliff con un passato oscuro che lo tormentava. Tutte desideravano confortare l’annoiato milionario argentino che, si diceva, avesse il cuore spezzato.

    Louisa aveva già visto innumerevoli donne illudersi pensando che loro, e solo loro, potevano salvargli l’anima. Solo Louisa sapeva la verità.

    Rafael Cruz non aveva un’anima.

    Eppure lei lo amava. Era una sciocca! Perché lei per prima, tra tutte le donne, sapeva che razza d’uomo fosse: freddo, spietato e implacabile!

    Giurami che non puoi rimanere incinta, Louisa, le aveva detto quella notte. Non posso rimanere incinta, aveva risposto lei.

    Se saltava fuori che gli aveva mentito...

    Non sono incinta, ripeté lei con forza. È impossibile!

    E tuttavia non aveva il coraggio di fare il test che glielo avrebbe confermato. Si disse che era solo un ritardo. Un notevole ritardo.

    Lasciando le scarpe bagnate alla porta d’ingresso, portò il cesto di rose vicino alla grande cucina moderna. Riempì un costoso vaso di cristallo con acqua, poi vi sistemò con cura le rose. Infine pulì le cesoie e le ripose nella credenza. Salendo di sopra in camera, si liberò dei vestiti bagnati, sostituendoli con un nuovo completo grigio, semplice e pratico come il primo. Raccolse i capelli castani in uno chignon severo, si asciugò gli occhiali, poi si diede una veloce occhiata passando davanti allo specchio. Aveva un aspetto semplice e invisibile: proprio quello che desiderava.

    Non aveva mai voluto che Rafael la notasse. Aveva pregato che non

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