Il gioiello del greco (eLit): eLit
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Come volto della società di preziosi ora di proprietà di Loukas, Jessica non può far altro che seguire i suoi voleri, e non ci sono dubbi che lui si godrà ogni singolo istante di quella situazione. In breve tempo, però, Loukas capisce che forse è proprio lei, Jessica, il gioiello più prezioso nelle sue mani.
Sharon Kendrick
Autrice inglese, ama le giornate simili ai romanzi che scrive, cioè ricche di colpi di scena.
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Anteprima del libro
Il gioiello del greco (eLit) - Sharon Kendrick
978-88-3050-272-7
1
C'era qualcosa di diverso. Jessica lo percepì nel momento stesso in cui entrò nell'edificio, un'inconfondibile atmosfera di eccitazione e aspettativa. Un'elettrizzante sensazione di cambiamento.
Sentì un nodo formarsi in gola a causa di qualcosa di molto simile alla paura. Perché alla gente non piacevano i cambiamenti. E lei era una di quelle persone che li detestava.
Apparentemente, il quartier generale della catena di raffinati e lussuosi negozi di gioielli pareva lo stesso. I divani erano sempre quelli, così come i lampadari e le candele profumate. Anche i poster, con le immagini di donne che fissavano sognanti anelli di fidanzamento insieme a futuri mariti incredibilmente belli, erano ancora lì. Ce n'era pure uno suo, con lei appoggiata a un muro intenta a osservare il mare e un orologio in platino bene in vista al polso.
Chiunque avesse guardato quell'immagine avrebbe pensato che la donna con la camicetta bianca e la coda di cavallo conducesse una vita tranquilla e ordinata. Sorrise mesta.
Chi aveva detto che la macchina fotografica non mentiva mai si era sbagliato.
Fissò i suoi stivali di cuoio chiari che erano sopravvissuti al viaggio dalla Cornovaglia senza macchiarsi e si avvicinò al banco della reception. La receptionist indossava una nuova divisa che metteva ampiamente in mostra il suo décolleté. Persino l'enorme vaso di rose rappresentava una novità.
«Ciao, Suzy» disse chinandosi ad annusare il profumo dei fiori, che in realtà non ne avevano alcuno. «Ho un appuntamento alle tre.»
Suzy controllò sullo schermo del computer e sorrise. «Sono contenta di vederti, Jessica.»
«Anch'io» rispose lei, benché non fosse del tutto vero. In realtà amava la sua vita in campagna e veniva a Londra solo quando doveva. Come quel giorno. Aveva ricevuto una mail enigmatica che l'aveva lasciata confusa e con parecchie domande in sospeso. Così aveva abbandonato i soliti jeans e maglioni e aveva indossato abiti da città... oltre al freddo sorriso che ci si aspettava da lei.
Dentro di sé stava male perché Hannah era partita, tuttavia avrebbe superato anche quel dolore. Del resto aveva affrontato prove ben peggiori.
Abbassando la voce chiese: «Sai per caso cosa sta succedendo? Ho ricevuto all'improvviso una convocazione misteriosa quando dovrei iniziare a posare per il nuovo catalogo soltanto all'inizio dell'estate».
Suzy si guardò in giro con circospezione. «In effetti sì. Abbiamo un nuovo capo.»
«Davvero?»
«Il nuovo proprietario è un greco. A quanto pare un playboy» continuò Suzy. All'improvviso gli occhi le si scurirono. «E molto pericoloso.»
Jessica sentì sollevarsi i capelli dietro la nuca, come se qualcuno le avesse passato un dito gelato sulla pelle. Sentire pronunciare la parola greco non avrebbe dovuto produrre in lei alcuna reazione e invece succedeva ogni volta e il suo cuore iniziava a battere forte.
Fissò la receptionist per un istante poi, iniettando una certa leggerezza nella voce, le domandò: «Per pericoloso intendi spericolato?».
«Intendo che emana sex appeal da tutti i pori e ne è consapevole. Ma avrai modo di constatarlo di persona quanto prima» ribatté Suzy premendo il bottone dell'interfono con la sua mano curata.
Jessica pensò alle parole della ragazza mentre si avviava all'ascensore che portava agli uffici della direzione. Per quanto meraviglioso potesse essere il nuovo boss con lei avrebbe perso solamente il suo tempo. Aveva già incontrato uomini che sprizzavano testosterone ovunque e si era anche scottata. Be', in realtà si era trattato di uno soltanto e si era ustionata tutto il corpo, per non parlare del cuore e dell'anima.
Di conseguenza lei aveva deciso di stare alla larga dagli uomini pericolosi e da ciò che si portavano al seguito.
L'ascensore arrivò al piano e subito Jessica notò che anche lì le cose erano cambiate. C'erano più fiori e l'atmosfera era stranamente tranquilla.
Si guardò attorno e constatò che le porte dell'ufficio dell'amministratore delegato erano aperte. Controllò l'ora: erano le tre in punto. Doveva entrare e annunciarsi? Oppure doveva aspettare che qualcuno la venisse a chiamare? Rimase ferma, incerta sul da farsi, finché una voce dall'accento marcato non la raggiunse.
«Non startene lì, Jess. Vieni. Ti stavo aspettando.»
Il cuore di lei si contrasse in una morsa e all'inizio pensò che la mente le stesse giocando un brutto scherzo. Si disse che tutte le voci mediterranee si assomigliavano e che non poteva assolutamente essere lui. Perché non era possibile riconoscere una voce che non si sentiva da tantissimi anni.
Purtroppo si sbagliava.
Entrò in ufficio e si bloccò in mezzo alla vasta stanza. E benché il suo cervello le stesse inviando messaggi frenetici e confusi, non c'erano dubbi sull'identità dell'uomo seduto dietro la scrivania.
Era lui: Loukas Sarantos e aveva tutta l'aria di essere il sovrano di ciò che dominava con un controllo pressoché assoluto.
Osservò scioccata il suo abito grigio di sartoria che modellava alla perfezione un fisico imponente e la sua confusione aumentò.
Perché Loukas era una guardia del corpo. Cosa ci faceva lì vestito in quel modo?
Loukas Sarantos poteva intimidire chiunque con i suoi roventi occhi neri. Non aveva mai conosciuto nessuno come lui perché le faceva desiderare cose che non aveva mai pensato di desiderare, per poi volerne ancora di più.
Era un problema. E lo sapeva.
La stanza iniziò a ondeggiare davanti a lei. Avrebbe voluto restare indifferente alla sua vista; che fosse soltanto il ricordo di un'altra vita e un altro tempo.
Lui era appoggiato allo schienale della poltrona di cuoio nero che luccicava come i suoi capelli folti arricciati sul collo. Il suo mezzo sorriso non conteneva tracce di umorismo. La fissò intensamente e per un istante Jessica ebbe la sensazione di svenire.
Si chiese se non sarebbe stata una buona cosa perché, se lei fosse collassata a terra, lui sarebbe stato obbligato a chiamare l'assistenza medica così la sua presenza imponente sarebbe stata diluita da quella di altre persone. Ma alla fine si riprese e anni trascorsi a nascondere le proprie emozioni le permisero di guardarsi attorno con un'espressione curiosa in viso.
«Dov'è la segretaria?» gli domandò Jessica a quel punto con disinvoltura.
Loukas si chinò in avanti, leggermente irritato.
«Otto anni» disse piano. «Sono passati otto anni dall'ultima volta che ci siamo visti e tutto quello che sai fare è pormi una domanda banale su un membro del personale?»
La sua sicurezza innervosì Jessica quasi quanto la sua inattesa apparizione. Malgrado l'abito su misura trasudasse ancora una sessualità carnale che niente avrebbe potuto mascherare.
Era forse per quel motivo che si ritrovò all'improvviso a ricordare quelle labbra sulle sue e l'impazienza delle sue dita mentre le sollevava la gonnellina da tennis e...?
«Cosa ci fai qui?»
«Perché non ti togli il cappotto e non ti siedi, Jess?» le suggerì lui. «Mi sembri molto pallida.»
Jessica avrebbe voluto ribattere che preferiva restare in piedi, ma lo shock provato alla sua vista aveva minato il suo equilibrio.
Forse svenire sarebbe stata una pessima idea perché si sarebbe trovata in posizione orizzontale con Loukas chino sopra di lei... come se volesse baciarla.
Si avvicinò alla sedia che le aveva indicato e si sedette, lasciando cadere a terra la borsa.
«Questa è davvero una... sorpresa.»
«Lo immagino. Ma dimmi, cos'hai provato a entrare qui e scoprire che ero io?»
Jessica si strinse nelle spalle, non sapendo bene cosa rispondere a quella particolare domanda.
«Immagino che ci sia una spiegazione.»
«Spiegazione a cosa? Forse potresti essere un po' più precisa.»
«Al fatto che ti trovi dietro quella scrivania come se...»
«Come se fossi il padrone?»
Lei deglutì pensando a quanto fosse arrogante.
«Be', sì.»
«E infatti lo sono. Ho acquistato la società, Jess. Adesso possiedo tutti i punti vendita della Lulu nelle città, negli aeroporti e su ogni nave da crociera del mondo.»
Jessica si impose di stare concentrata. «Non sapevo che...»
«Fossi ricco abbastanza?»
«Certo, sì, anche questo, naturalmente. O che fossi interessato al settore dei gioielli e degli orologi.»
Loukas la fissò negli occhi che avevano lo stesso colore dell'acquamarina. Come al solito, non una ciocca dei suoi capelli biondi era fuori posto. Anche dopo il sesso più sfrenato restavano in ordine. Osservò le labbra rosa di Jessica Cartwright, l'unica donna che non era riuscito a dimenticare.
La sua pallida e inattesa nemesi.
Emise un profondo respiro e la studiò attentamente. Il suo stile era sempre classico e sobrio. Il suo fisico snello non lasciava dubbi sul suo passato atletico. Non aveva mai amato il trucco, preferendo dunque un aspetto naturale.
Si era sentito attratto da lei in un modo sorprendente che non era mai stato in grado di spiegarsi.
La camicetta bianca fasciava i suoi seni piccoli e sodi. Alle orecchie portava delle perle mentre i capelli erano raccolti in una coda di cavallo che valorizzava i suoi zigomi alti.
Inevitabilmente pensò a quanto fosse distante. Intoccabile. Però non era del tutto vero perché dietro quella falsa immagine di ragazza algida si nascondeva una donna superficiale e avida come tutte le altre.
«Ci sono molte cose che non sai sul mio conto» ribatté Loukas serrando le labbra. E molte che scoprirai presto.
«Non capisco... L'ultima volta che ti ho visto facevi la guardia del corpo. Lavoravi per un oligarca russo» disse lei aggrottando la fronte. «Dimitri Makarov, mi pare.»
Loukas annuì. «Sì, si chiamava così. E io ero il tizio con la pistola nella giacca che non aveva paura di nulla. Il muro di muscoli che poteva spaccare un'asse di legno con un solo pugno» replicò ricordando allo stesso tempo il modo in cui Jessica gli accarezzava i bicipiti con le sue dita lunghe e affusolate. «Ma un bel giorno ho deciso di iniziare a usare il cervello, rendendomi conto che una vita trascorsa a proteggere gli altri non poteva durare a lungo e che dovevo pensare al futuro. Naturalmente alcune donne considerano simili uomini poco più che dei selvaggi, non è così, Jess?»
Jessica trasalì e quella reazione procurò a Loukas un grande piacere perché la voleva vedere reagire e perdere la sua freddezza.
«Sai benissimo che non l'ho mai detto...» mormorò lei con la voce che le tremava.
«Tuo padre lo ha fatto mentre tu, con il tuo silenzio, approvavi ogni sua maledetta parola. La piccola principessa complice del caro paparino. Devo per caso rammentarti altre cose che ha detto?»
«No!» esclamò Jessica portandosi la mano al collo per calmare le pulsazioni impazzite.
«Mi ha chiamato delinquente. Mi ha urlato che ti avrei trascinata nella fogna da cui provenivo se tu fossi rimasta con me. Te lo ricordi, Jess?»
Lei scosse la testa. «Perché siamo seduti qui a parlare del passato? Sono uscita con te che ero una ragazzina e sì, mio padre ha reagito in maniera orribile