Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

Scontri di cuore: Harmony Destiny
Scontri di cuore: Harmony Destiny
Scontri di cuore: Harmony Destiny
E-book155 pagine2 ore

Scontri di cuore: Harmony Destiny

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

I Colton: intrigo e passione. Libby Corbett, avvocato, torna indignata a Prosperino, non appena viene a sapere che suo padre è stato arrestato con l'accusa di aver contaminato l'acquedotto. Ad aiutarla nell'impresa di scagionarlo, si fa avanti l'affascinante Rafe James, investigatore privato, a cui David Corbett confida di aver ricevuto delle minacce e di temere per l'incolumità della figlia. Rafe non ci pensa due volte e la porta nella riserva indiana dove vive. E qui...
LinguaItaliano
Data di uscita11 lug 2016
ISBN9788858951767
Scontri di cuore: Harmony Destiny
Autore

Donna Clayton

Tra le autrici più amate e lette dal publico italiano.

Correlato a Scontri di cuore

Ebook correlati

Narrativa romantica per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Categorie correlate

Recensioni su Scontri di cuore

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    Scontri di cuore - Donna Clayton

    successivo.

    1

    La scalinata del Palazzo di Giustizia era affollata di giornalisti armati di microfoni e di telecamere che riprendevano un gruppo di manifestanti. E dire che Prosperino era sempre stata una tranquilla cittadina di provincia!

    Imbottigliato nel traffico, Rafe James sedeva al volante del pick-up e osservava la scena. Gli slogan scanditi a gran voce dai manifestanti gli giungevano anche attraverso i finestrini che aveva chiuso in quella fredda mattina di marzo.

    Da quando si era stabilito nella riserva di Crooked Arrow, era raro che facesse un salto in città. Ci veniva per sbrigare qualche lavoretto, incarichi di poco conto commissionatigli da qualche compagnia di assicurazione, o per incontrarsi con gli allevatori interessati a comprare gli Appaloosa che allevava nel suo ranch.

    Per il resto, preferiva restarsene alla riserva, tra la sua gente. Ma dall'arresto di David Corbett, vicepresidente della Springer Inc., Rafe era venuto ogni giorno a Prosperino per raccogliere quante più informazioni possibile sulla raffineria, per divorare ogni articolo apparso sui giornali sulla vicenda che aveva gettato nel panico la piccola cittadina californiana.

    Riteneva impossibile che David Corbett fosse colpevole di quanto lo accusavano. Era una persona troppo onesta, troppo perbene per aver contaminato l'acqua delle cisterne cittadine col DMBE. Tentato omicidio e attentato alla pubblica incolumità: questi i reati che gli aveva contestato l'FBI quando gli aveva fatto scattare le manette ai polsi.

    Sì, in effetti qualcuno aveva contaminato l'acqua. Qualcuno che lavorava alla Springer. Ma non per colpire l'Hopechest Ranch né la città di Prosperino.

    Rafe aveva una sua teoria a riguardo. Ma chi sarebbe stato a sentire le congetture di un pellerossa che tirava a indovinare? Gli avrebbero riso in faccia, altroché.

    Però una cosa era certa: David Corbett era innocente. Lo stavano usando come capro espiatorio. In quella brutta faccenda era soltanto una vittima.

    Una vittima. Una parola che faceva salire la bile alla gola di Rafe, evocando ricordi spinosi. Li scacciò infastidito.

    Era lì per Corbett. Su questo doveva concentrarsi.

    Le cose si mettevano male per il vicepresidente della Springer. Ma Rafe lo reputava un uomo saggio, pieno di risorse. Si sarebbe affidato a un buon avvocato che sarebbe riuscito a smontare le accuse contro di lui.

    I suoi occhi si fissarono sulla donna che stava uscendo dal Palazzo di Giustizia come quelli di un falco che avvista la sua preda. Il sole creava un alone dorato intorno alla massa di capelli ramati lasciati sciolti sulle spalle. Subito venne assediata dai giornalisti che la bombardarono di domande, mentre i manifestanti le scagliavano addosso accuse e insulti.

    La giovane sollevò il mento e affrontò quella aperta ostilità con aria di sfida, ostentando sicurezza. Una sicurezza che Rafe non poté non ammirare.

    Qualcuno strombazzò alle sue spalle. Rafe si riebbe con un sussulto e guardò nello specchietto retrovisore; un automobilista infuriato gli faceva cenno di muoversi perché il traffico aveva ripreso a scorrere. Subito Rafe cercò un posto libero e parcheggiò.

    Non aveva programmi per quella mattina, a parte quello di andarsi a leggere il giornale da Ruby's. Ma l'istinto gli suggerì di uscire dalla macchina per scoprire chi fosse quella ragazza.

    Si avviò alla scalinata del Palazzo di Giustizia senza starci troppo a riflettere. La donna faceva fatica ad aprirsi un varco tra la folla di giornalisti che la circondava.

    «David Corbett è innocente» stava dicendo, «e lo dimostreremo. Non ho altri commenti da fare.»

    I reporter continuavano a provocarla, ma lei rimase ostinatamente muta mentre cercava di evitare i microfoni che le venivano puntati davanti alla faccia.

    «Come farà a confutare le prove che hanno contro di lui?»

    Aveva una pelle di porcellana, notò Rafe.

    «Non sarebbe più semplice se Corbett si dichiarasse colpevole e si appellasse alla clemenza della Corte?»

    Si muoveva con grazia, con un'eleganza innata. Quella donna aveva stile. Avrebbe affrontato a testa alta anche un plotone di esecuzione.

    «Perché la Springer non ha appoggiato il suo vicepresidente?»

    Le mani erano curate, le unghie laccate di uno smalto perlato.

    «Ha chiesto un'aspettativa ai suoi capi o ha accettato il caso per conto del suo studio di San Francisco?»

    I suoi occhi erano del colore dell'acquamarina, di uno splendido azzurro. Trasparenti. Vivaci. Intelligenti.

    «Che reazione ha avuto il signor Corbett quando ha saputo di essere stato sostituito da Todd Lamb?»

    Il suo sguardo evocava in Rafe l'immensità del Pacifico in una fulgida giornata di sole. Un uomo avrebbe potuto perdersi in quegli occhi.

    «È davvero convinta di riuscire a trovare il distacco necessario per rappresentare il suo cliente sapendo che stavolta si tratta di difendere suo padre?»

    Di fronte a questa domanda, la donna impallidì. Batté le palpebre e la sua sicurezza sembrò vacillare. Sia pure per un breve istante, i suoi occhi limpidi vennero offuscati da una vulnerabilità che colpì Rafe dritto al cuore.

    Ma negli ultimi minuti, oltre ad ammirare la sua innegabile bellezza, Rafe aveva preso nota di tutte le informazioni che era riuscito a cogliere dalle domande dei giornalisti. Perciò ora sapeva chi era quella donna, da dove veniva e cosa era venuta a fare a Prosperino.

    Salì deciso, facendosi strada a spallate, e si intromise tra lei e l'ultimo giornalista che aveva parlato. «Stia indietro» gli intimò con una fermezza che convinse l'altro uomo a obbedire.

    Poi afferrò delicatamente il gomito della ragazza e la guardò. «Dove ha la macchina?» le chiese. «L'accompagno.»

    Libby Corbett imboccò il vialetto della casa in cui era nata e pochi istanti più tardi vi si arrestò davanti. Guardò con nostalgia la grande costruzione bianca in stile vittoriano, il dondolo sotto la veranda in cui aveva trascorso tante serate da bambina, accoccolata tra sua madre e suo padre.

    Erano stati una famiglia molto unita. Quante volte aveva giocato a nascondino con suo padre tra gli alberi del giardino sul retro, o a dama con la mamma sul tavolo della cucina nelle piovose serate d'inverno. Ricordò le canzoni che avevano inventato sul pianoforte a coda del salone, i classici che avevano letto insieme sul lettone della camera matrimoniale.

    Forse alle medie, non prima, Libby aveva cominciato a rendersi conto di tutti i sacrifici che avevano fatto i suoi per lei. Avevano rinunciato a viaggiare, a fare vita di società, a invitare a casa gli amici. Tutto per non mettere in difficoltà la loro bambina.

    Afflitta sin dalla primissima infanzia dalla balbuzie, Libby era sempre stata molto timida. Era cresciuta senza amici. Non era riuscita a farsene perché si rifiutava di parlare.

    Ma suo padre e sua madre si erano fatti in quattro per riempire i vuoti della sua vita e tutti i ricordi che Libby aveva della sua infanzia erano gioiosi. Al liceo, si era messa d'impegno per superare il suo fastidioso problema, e soprattutto per rendere ai suoi genitori la libertà di cui sentiva di averli privati. Ma proprio quando le sedute di logoterapia avevano cominciato a dare qualche risultato, il destino si era accanito contro la famiglia Corbett.

    Sua madre aveva scoperto di avere un tumore al seno. E Libby era diventata la sua ombra. Correva a casa dopo la scuola per cucinare e occuparsi delle faccende domestiche. Faceva la spesa e il bucato. Era lei che si inginocchiava accanto a sua madre e le teneva la fronte mentre vomitava dopo le sedute di chemioterapia. Quando sua madre aveva perso i capelli, si era rifiutata di piangere: era corsa invece a comprare turbanti di vari colori, sperando di far tornare il sorriso sul viso sofferente e provato di Sandra Corbett.

    Non si era mai abbattuta. Aveva cercato di essere forte per sua madre. Per ricambiarla di tutto quanto aveva fatto per lei.

    Inizialmente, la battaglia era stata vinta. Ma la fatica, per Sandra, era stata tale da svuotarla di ogni energia fisica e mentale. Aveva come perso la gioia di vivere. E qualche anno dopo, quando il cancro era tornato, non aveva avuto più la forza di combattere.

    Libby e suo padre avevano seppellito un pezzo di cuore assieme a Sandra Corbett. Quella terribile perdita li aveva avvicinati ancora di più. Presa la laurea, Libby era stata molto combattuta all'idea di partire per San Francisco, dove avrebbe potuto fare l'apprendistato presso un prestigioso studio legale, ma non voleva lasciare solo suo padre.

    David l'aveva spinta dolcemente fuori dal nido, esortandola a prendere il volo. Tutt'ora, Libby gli era immensamente grata di averlo fatto. L'universo non era abbastanza grande per contenere l'amore che sentiva di provare per suo padre.

    Anni prima, Libby aveva dovuto essere forte per aiutare sua madre a sconfiggere una feroce malattia. Ora doveva essere forte per suo padre. Adesso le si presentava l'opportunità di ripagarlo di tutto.

    Quando David l'aveva chiamata chiedendole di fargli il nome di un buon avvocato, lei non aveva pensato che ne avesse bisogno in prima persona. Essendosi specializzata in diritto penale, gli avrebbe indicato qualche collega dello studio perché aveva immaginato che suo padre volesse consultare un esperto di diritto societario per qualche problema sorto alla compagnia.

    Era caduta dalle nuvole quando David le aveva detto che chiamava dalla prigione.

    Tentato omicidio? Attentato alla pubblica incolumità? La notizia era apparsa sui giornali della costa occidentale quella sera stessa. Assurdo. La protezione ambientale, l'FBI e persino i pezzi grossi della Springer erano convinti che David Corbett si fosse macchiato di simili reati.

    Libby era corsa dai soci anziani dello studio per chiedere di potersi assentare, correre a Prosperino e assumere la difesa di suo padre. Nessun collega avrebbe potuto lavorare meglio di lei al caso. Era sicura di riuscire a dimostrare la totale estraneità di suo padre a quell'incresciosa vicenda.

    Un velo di incertezza calò sui suoi pensieri.

    Perché il padre inizialmente si era opposto quando si era offerta di difenderlo e l'aveva esortata a restare a San Francisco? Non voleva distoglierla dagli impegni presi precedentemente, per coinvolgerla nella più ignominiosa pagliacciata della storia di Prosperino, così aveva detto. Ma era una scusa. Aveva insistito, aggiungendo che avrebbe messo in pericolo la sua reputazione professionale. Sia pure per un momento, Libby aveva temuto che in realtà suo padre nutrisse qualche dubbio sulle sue capacità. Forse non la reputava abbastanza in gamba, o sufficientemente esperta, per scagionarlo da quelle accuse.

    «Invece posso aiutarti, papà» mormorò tra sé e sé nell'abitacolo della macchina, con gli occhi che le bruciavano nello sforzo di trattenere le lacrime.

    La paura le attanagliò lo stomaco mentre ripensava all'ostilità che aveva avvertito poco prima in quell'aula di tribunale. Tra i giornalisti. Tra quei manifestanti dopo. Erano tutti contro suo padre. Tutti quanti.

    Tranne, forse, quell'uomo dai profondi occhi scuri che era accorso in suo aiuto all'uscita dal Palazzo di Giustizia. Le parve di rivedere

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1