Patto greco: Harmony Collezione
Di Tara Pammi
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Info su questo ebook
Cinque anni dopo, Leah decide di chiudere quel matrimonio di facciata e reclamare la propria libertà. Quando Stavros le comunica che le concederà il divorzio solo se riuscirà a dimostrargli di essere finalmente cambiata, lei non può far altro che dargli una prova tangibile di quanto sia cambiata...
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Patto greco - Tara Pammi
successivo.
1
Leah Huntington collassò sulla sedia dietro la sua piccola scrivania, tradita dalle ginocchia. Il timbro rosso Respinto, di traverso sul modulo che aveva davanti, era l'ultimo chiodo sulla bara del suo progetto. Leah mise le mani aperte sul blocco da disegno. Il sogno di veder realizzati i suoi modelli era andato definitivamente in fumo. Un sudore freddo le scorreva giù per la schiena e lei si massaggiò il collo, cercando di allentare la tensione.
La signora DuPont, responsabile acquisti di una famosa catena di negozi di moda, le aveva dato solo due mesi per creare la sua prima collezione e tutto quello che aveva, al momento, erano dei bozzetti. E visto che avrebbe dovuto fare tutto da sola, anziché incaricare qualche sartoria esterna come faceva per l'atelier in cui lavorava, ogni minuto era prezioso.
Per prima cosa doveva reperire i fondi per comprare le materie prime. C'erano mille cose di cui aveva bisogno e tutto dipendeva da quella maledetta banca.
Digitò il numero del direttore dell'agenzia con cui aveva parlato due giorni prima.
Restò in attesa, il cuore in gola. Poteva esserci solo una persona dietro quel rifiuto. Lo stomaco le si attorcigliò quando sentì la voce del direttore all'altro capo della linea. Fu molto brusco e sintetico, come se avesse studiato a puntino il copione, aspettando che Leah lo chiamasse per chiedergli spiegazioni.
Non potevano utilizzare il fondo fiduciario a garanzia del prestito, perché... a Leah non sfuggì la sfumatura di timore reverenziale nella sua voce... l'amministratore aveva negato il suo benestare.
Stavros!
Leah lanciò il cordless dall'altra parte della stanza e diede un violento calcio alla sedia di fianco alla sua, fremendo di rabbia dalla testa ai piedi.
Quanto ancora sarebbe andato avanti a punirla? E per quanto ancora lei glielo avrebbe permesso?
Infuriata, si alzò e andò a recuperare il telefono, miracolosamente illeso. Tra le lacrime di rabbia che le offuscavano la vista, cercò di comporre un numero sulla tastiera.
Voleva chiedere una spiegazione, voleva...
Ma che senso aveva? La sua segretaria le avrebbe detto, con la solita gelida cortesia, che non era disponibile. La stessa risposta che aveva ricevuto per tutto l'ultimo anno, ogni volta che aveva tentato di contattarlo. Vivevano entrambi ad Atene, ma sarebbe stato lo stesso se fossero stati ai poli opposti del pianeta.
Si morse le labbra. Una furia cieca la travolse con la potenza di un uragano forza dieci.
Doveva mettere fine a tutto questo. Doveva liberarsi dalle catene con cui la imprigionava, controllando ogni suo movimento, rendendole la vita un inferno, mentre lui si godeva beatamente la propria. Glielo aveva permesso per cinque anni. Ora basta!
Cinque anni di vita sterile, di prigionia... che aveva accettato per colpa e per paura.
Si asciugò rabbiosamente le lacrime, tornò al computer e aprì la pagina del quotidiano che aveva guardato in fretta quella mattina. Con un paio di click si portò nella sezione Società ed eventi.
Il socio di Stavros, Dimitri Karegas, figlioccio di suo nonno, dava una festa sul suo yacht.
Stavros e Dimitri, fatti della stessa pasta, belli da impazzire, avevano costruito la loro fortuna dal niente, sotto la guida del nonno di Leah, Giannis, di cui erano figliocci. Entrambi si consideravano degli dei, ben al di sopra dei comuni mortali tra cui, loro malgrado, erano costretti a vivere.
Stavros odiava le feste con un'intensità che Leah non capiva, ma Dimitri sarebbe stato lì, circondato come sempre da una moltitudine di donne assatanate. Leah doveva solo far sì che notasse la sua presenza.
Le si contrasse lo stomaco quando aprì la porta della camera e si avvicinò all'armadio. Ogni passo in quella direzione poteva segnare la sua rovina.
Ma Stavros non le aveva lasciato scelta. Nessun'altra via d'uscita.
Compose un altro numero e chiamò un taxi. Aprì l'armadio con un brivido, gettò da parte le magliette e le gonne di cotone, in cerca di uno dei pochi vestiti firmati che aveva conservato, in memoria di quella che ora le sembrava un'altra vita.
Quando ebbe tra le dita la piccola nuvola dorata, rimase perplessa dalla sottigliezza del tessuto e soprattutto da quanto poco ce ne fosse. Lasciava tutta la schiena nuda e quindi il reggiseno era da escludere. Lasciava nude anche le gambe e gran parte delle cosce, tanto da dover escludere anche un comune paio di slip...
Cinque anni prima lo aveva indossato senza battere ciglio. Le era sembrato del tutto normale andare in giro con Calista e Alex, mostrando tutto quello che poteva mostrare, al limite della decenza.
E allora pesava dieci chili in più. Pensare all'aspetto che doveva aver avuto la fece rabbrividire. Ma a che diavolo pensava lo stilista? E a che diavolo pensava lei quando l'aveva messo...
Voleva fare un piacere a Calista che quella sera aveva insistito tanto perché lo indossasse, ecco a cosa aveva pensato. Comunque, nell'armadio non aveva niente di più adatto per quella serata.
Con le mani sudate, si drappeggiò davanti il vestito. Era scandalosamente corto. Le copriva a malapena il sedere. Era l'abito più oltraggioso che avesse mai avuto, l'equivalente firmato di una tenuta da sgualdrina. Lo aveva indossato la sera in cui Stavros aveva deciso il suo destino. E lo avrebbe indossato ora, perché forse sarebbe riuscito a richiamare l'attenzione del suo carceriere.
Non riuscì a trattenere un fremito di paura.
Sarebbe esploso. L'avrebbe disprezzata ancora di più, ammesso che questo fosse possibile. Ma lei non poteva più sopportare quell'isolamento. Non poteva continuare così. Qualcosa doveva cambiare.
Leah stava aggrappata al sedile di cuoio del taxi, come se fosse un canotto di salvataggio, sotto lo sguardo incuriosito dell'autista che la sbirciava dallo specchietto retrovisore.
Guardò oltre il finestrino sporco. La marina era affollatissima. Lussuosi yacht si dondolavano lungo i moli, ma uno in particolare sembrava attirare sulla sua impressionante mole bianca tutta la luce fiammeggiante del sole al tramonto.
Prese le banconote dalla borsa e le porse all'autista.
Ci siamo...
Non si concesse nemmeno un istante per riflettere. Raddrizzò le spalle, sollevò il mento e si diresse verso la passerella, piantonata da un uomo della sicurezza. A parte un breve lampo di riconoscimento nei suoi occhi, l'armadio in doppiopetto nero non mosse un muscolo.
Leah sollevò altezzosamente un sopracciglio.
Sì, aveva passato gli ultimi cinque anni lavorando come apprendista per una casa di moda di medio livello, lontana dalle luci della ribalta, rinchiusa in una bolla dove nessuno sapeva chi fosse, dove nessuno si curava di lei a meno che non mettesse un piede oltre la linea.
Dormiva, si svegliava, andava a lavorare, tornava nel suo appartamento, cenava e si metteva a letto, mentre la tirapiedi di Stavros, la signora Kovlakis, non le toglieva gli occhi di dosso, vigilando contro ogni altra azione scandalosa. Ma evidentemente non tutti avevano dimenticato chi era, ciò che aveva fatto o ciò che Stavros aveva fatto a lei per punirla.
Soprattutto in quella cerchia di persone che consideravano le parole di Stavros alla stregua della Sacra Bibbia. Dopo un paio di secondi che le sembrarono un'eternità, l'uomo si fece da parte e le offrì la mano per aiutarla. Lei la prese e salì sul ponte, sentendosi rimescolare dentro.
Per qualche eccitante momento, Leah dimenticò quasi il motivo per cui si trovava lì. Il party era in pieno svolgimento, sul ponte. Camerieri in uniforme facevano lo slalom tra gli ospiti ebbri e sudaticci.
Un'eccitante energia elettrica vibrava nell'aria e lei cominciò a muoversi al ritmo della musica.
Quindi, quello che si diceva delle feste di Dimitri era vero... Stavros le odiava e di sicuro non lo avrebbe trovato lì. Doveva farsi riconoscere e attirare l'attenzione di Dimitri, ammesso che non fosse troppo occupato con la coniglietta del momento.
Sorrise e si avvicinò al famoso bancone di cristallo del bar di cui aveva letto su qualche rivista. Si sedette su uno sgabello e ordinò un Cosmopolitan. Lo trangugiò d'un fiato e ne ordinò un altro, decisa a ubriacarsi in fretta.
Stavros Sporades guardò scocciato il cellulare, che stava squillando per la decima volta negli ultimi cinque minuti. Lo prese e sorrise a Helene, come per scusarsi di dover interrompere la loro cena. Era la prima volta che riusciva a rilassarsi in un mese ed era molto geloso del suo poco tempo libero.
Bevve un sorso di champagne, prima di rispondere.
Il tono strascicato di Dimitri gli riverberò nell'orecchio. «Lei è qui. Sul mio yacht.»
Si accasciò sulla sedia. Solo la presenza di una certa donna avrebbe spinto Dimitri a chiamarlo.
Leah!
La pressione gli salì alle stelle. «Sei sicuro?»
All'altro capo della linea, rimbombò una risata. «Mi ci è voluto qualche minuto ma... sì, è lei. Sta bevendo e ballando.» Bevendo e ballando...
Invece di vedere il viso di Leah, vide quello terreo di sua sorella Calista, morta. Aveva cercato in tutti i modi di superare la scomparsa prematura di Calista, ma la furia e il senso di impotenza lo aggredirono con la stessa ferocia di sempre.
Strinse le mascelle e rimise il cellulare in tasca, mostrando una grande calma. In realtà ribolliva di rabbia. Si scusò con Helene e lasciò il ristorante.
Si sta comportando molto bene, signor Sporades, gli aveva detto la signora Kovlakis nel corso della sua telefonata settimanale. Sembra quasi un'altra, aveva aggiunto, con convinzione.
La donna gli aveva detto solo quello che lui voleva sentire?
Dopo pochi minuti, il suo pilota atterrò sul favoloso yacht di Dimitri.
Si allontanò dall'elicottero in preda a una rabbia corrosiva mista a una paura feroce. «Dov'è?»
Lo sguardo calmo di Dimitri puntò verso la pista da ballo. «Avrei potuto farla prendere dagli uomini della sicurezza, ma penso che questo avrebbe peggiorato le cose.»
Stavros annuì, evitando di guardare in faccia il suo migliore amico.
Il suo autocontrollo vacillava pericolosamente. Non voleva essere grato perché le cose sarebbero potute andare peggio. Non voleva sentirsi sollevato all'idea che si trattasse solo di alcol e non di droga.
No! Non voleva vedere la donna che aveva sposato solo per infliggerle una punizione.
Non voleva vedere Leah.
Nonostante i fumi dell'alcol, quando Stavros raggiunse la pista da ballo, lei avvertì la sua presenza.
Sentì drizzarsi i capelli sulla nuca e un vuoto improvviso allo stomaco. Un freddo insopportabile le si posò sulla pelle, nonostante la tiepida brezza che spirava dal mare. Scrollò la testa per dissipare la nebbia e sollevò lo sguardo.
Il famoso bancone di cristallo, pezzo forte dello yacht di Dimitri, rifletteva cento immagini di Stavros. Sembrava una statua di marmo scolpita da uno scultore senz'anima. Il naso dritto e arrogante, il taglio crudele della bocca che le ricordò quel suo bacio punitivo, gli occhi dorati, tra le ciglia nere...
E l'odio che ardeva in quegli occhi, quando incontrò il suo sguardo, avrebbe potuto incenerirla.
Vacillò, in preda a un attacco di nausea.
Tremando, strinse le mani al collo del ventenne con il quale stava ballando da almeno un quarto d'ora.
Si muoveva lentamente al ritmo della musica. Le mani esitanti del suo cavaliere si posarono sui suoi fianchi, poi risalirono lungo la schiena per abbracciarla più forte. Qualcosa di vagamente simile al conforto l'avvolse, scaldandola.
Quanto doveva essere patetica la sua vita, se bastava quel ragazzetto smilzo per confortarla?
Cercando di ignorare le nubi nere che sentiva addensarsi prese un profondo respiro. Sussurri sommessi le arrivarono attraverso il rumore e la musica. La folla di corpi allacciati e dondolanti si aprì come il Mar Rosso, senza che Stavros dicesse una parola. Sembrava che anche l'aria si fosse fermata, in attesa dell'uragano.
Leah si staccò dal suo compagno e gli baciò dolcemente la guancia, chiedendogli scusa.
Non era colpa di quel poveretto se non sapeva chi era lei. Se l'avesse saputo, non avrebbe mai osato sfiorarla. Se la sarebbe filata, trattandola come un paria, come avevano fatto tutti gli altri ospiti, quando avevano capito che era Leah Huntington Sporades, prigioniera e proprietà di Stavros Sporades, che nessuno poteva guardare, con la quale nessuno poteva parlare. Soprattutto gli uomini.
Perché Alex, l'unico amico che non le aveva voltato le spalle e aveva cercato di contattarla anche dopo la morte di Calista, era finito in galera grazie ad accuse false, costruite da Stavros e dal suo compare Dimitri, arrogante quanto lui. Il terribile odio per Stavros la fece tremare dalla testa ai piedi.
Un braccio d'acciaio l'afferrò per la vita e la tirò via dal ragazzo. Leah si rese conto che era poco più che adolescente e di colpo si sentì tanto vecchia. A ventiquattro anni.
Andò a sbattere contro Stavros