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Una proposta per la vita: Harmony Bianca
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Una proposta per la vita: Harmony Bianca
E-book154 pagine2 ore

Una proposta per la vita: Harmony Bianca

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Info su questo ebook

Chantal: Ho sempre desiderato diventare madre ma non avrei mai immaginato che il mio sexy e tenebroso capo, il dottor Devine, avrebbe potuto essere il padre dei miei figli. La sua proposta mi ha letteralmente scioccato, ma la tentazione di arrendermi alle sue braccia è così forte da non farmi riflettere sulle conseguenze.

Michel: Sapevo che la chimica tra noi due era straordinaria, infatti è bastata una sola notte per far sì che il nostro sogno si realizzasse. Chantal è la donna giusta e forse la nascita di questi due bambini riuscirà a lenire le ferite del nostro cuore una volta per tutte.
LinguaItaliano
Data di uscita10 apr 2020
ISBN9788830513587
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    Anteprima del libro

    Una proposta per la vita - Margaret Barker

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    Her Miracle Twins

    Harlequin Mills & Boon Medical Romance

    © 2014 Margaret Barker

    Traduzione di Giovanna Seniga

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2015 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-3051-358-7

    1

    «Tutta colpa di quel maledetto sasso sporgente, Michel. Guarda com’è tagliente. Qualcuno deve avere...»

    «Chantal, stai tranquilla per favore. Sto cercando di capire cosa ti sei fatta.»

    «Grazie. Cerco di stare ferma, ma mi fa un male cane.»

    Stesa sulla sabbia Chantal alzò gli occhi verso la figura alta e atletica dell’uomo in pantaloncini da corsa bianchi e maglietta nera che in quel momento era inginocchiato accanto a lei. Era apparso da non si sa dove subito dopo che lei aveva inciampato e si era fatta male alla caviglia. Probabilmente stava correndo dietro di lei, comunque era difficile riconoscere in lui il primario riservato e fanatico del lavoro del Pronto Soccorso dell’Hôpital de la Plage, dove anche lei lavorava.

    «Se non fossi il mio capo, avrei...»

    Lui la guardò con un sorriso irritantemente condiscendente eppure sorprendentemente sexy, mentre le sosteneva la caviglia. Si disse di concentrarsi sul dolore perché questo le avrebbe impedito di continuare a fantasticare su qualcosa che non doveva più accaderle, specialmente con uno compassato come il dottor Michel Devine.

    «Credo che dovrò portarti in braccio fino al lungomare dove ho parcheggiato così poi posso accompagnarti in ospedale.»

    «No! Non voglio essere portata in braccio. Basta che mi dia una mano a rialzarmi poi posso saltellare sul piede sano fino a...»

    «Tranquilla, dottoressa Winstone e questo è un ordine.»

    Decise di cedere. Lui era sempre abituato a farsi ascoltare in reparto, ma non gli aveva mai visto quell’aria dominante prima di quel momento. Non poté fare a meno di ammirare l’espressione del suo viso che lo rendeva un uomo ancora più desiderabile del solito. E lei non voleva più desiderare nessuno. Non dall’ultimo settembre.

    Decise che il dolore la faceva confondere riempiendole la testa di idee insolite. Sensazioni strane che non aveva più provato dopo quella giornata spaventosa.

    Michel la sollevò senza nessuno sforzo e la portò in braccio attraverso la sabbia. Lei decise di lasciarsi andare. Dopotutto era il maggior esperto in infortuni nel giro di chissà quanti chilometri, e il dolore alla caviglia stava aumentando.

    Doveva essergli grata per essersi precipitato ad assisterla come aveva fatto. E abbandonarsi fra le sue forti braccia maschili era una sensazione gradevole e l’aiutava a combattere il dolore. Dopo che quel traditore di Jacques le aveva devastato la vita non si sarebbe mai aspettata di permettere a un uomo di stringerla fra le braccia.

    Mentre la stava sistemando sul sedile posteriore della sua auto lei si scusò. Era mortificata.

    «Perché dovrei scusarti? Perché sei stata una paziente difficile? Di pazienti così ne vedo tutti i giorni e so che basta che mostri loro come possono cooperare, come ho fatto con te, e tutto va a posto. All’inizio ti sei comportata in modo infantile, ma era sicuramente a causa dello shock e del dolore.»

    La guardava direttamente negli occhi con un’espressione concentrata che gli faceva corrugare la fronte e lei si trovò ad ammirare i suoi bruni occhi espressivi e pieni di calore.

    «Adesso il dolore è aumentato?»

    Lei annuì proprio mentre sentiva una fitta particolarmente violenta alla caviglia infortunata. «Mmm! Non avresti...»

    Lui aveva già preso una confezione di antidolorifico dal cassetto del cruscotto. «Mandane giù due con un goccio d’acqua. E poi cerca di tenere la caviglia il più immobile possibile. Appena arrivati in ospedale facciamo una lastra.»

    Rimase perfettamente ferma per tutto il tragitto e accolse con un sospiro di sollievo la vista dell’Hôpital de la Plage.

    «È stato questo bel sole primaverile a tentarmi» mormorò più che altro a se stessa mentre Michel entrava nel cortile dell’ospedale. «Avrei fatto meglio a restarmene a letto.»

    «Lo stesso avrei dovuto fare io. Non avevo messo in conto che avrei dovuto lavorare il mio giorno di riposo.»

    Spense il motore mentre il portiere arrivava di corsa per scacciare quell’intruso dalla zona riservata alle ambulanze. «Scusi, dottor Devine. Non l’avevo riconosciuta. Vedo che ha un paziente sul sedile posteriore. Ma è lei dottoressa Winstone! Tutto bene?»

    «Per niente» disse Michel. «Può andarmi a prendere una barella e poi spostare la mia auto nel parcheggio del personale?»

    Chantal pensò che dopo essersi mostrato stranamente paziente con lei era tornato al suo solito modo di fare. Rimase ferma e zitta mentre il portiere tornava con la barella seguito da un’infermiera che l’avrebbe aiutato.

    «Buone notizie. Nessuna frattura.» Michel indicava la lastra posata sullo schermo illuminato.

    Lei sollevò la testa dal cuscino.

    «Meno male. Allora è solo una distorsione. Mi fascerò per bene la caviglia e domani potrò venire a lavorare.»

    Lui si accigliò. «Chantal, le distorsioni non vanno sottovalutate, come sai bene anche tu. Sei stata fortunata a non esserti stirata, ma comunque i legamenti sono stati fortemente sollecitati. Intanto devi cercare di ridurre il dolore. Hai già preso due compresse di paracetamolo. Continua con due pillole da cinquecento grammi ogni sei ore. Per i primi tre giorni devi stare a riposo completo e fare impacchi con il ghiaccio sulla caviglia infortunata ogni due ore e...»

    «Michel, non posso seguire queste indicazioni. Ho un sacco di cose da fare.»

    «Esattamente. È per questo che ti sto ricoverando in Ortopedia Donne. Non voglio rischi con le persone che lavorano per me. Una distorsione ben curata da subito non darà più problemi.»

    Chantal si lasciò andare sulla barella mentre Michel chiamava l’ortopedia. Sorrideva. «Bene, Sidonie. Saremo lì fra pochi minuti. L’infortunata è Chantal, la dottoressa Winstone. È con noi da febbraio.»

    Mezz’ora dopo Chantal era stesa a letto infagottata in uno dei pigiami anonimi dell’ospedale. Aveva la gamba destra sollevata grazie a un cuscino ortopedico e Sidonie, l’infermiera responsabile del reparto, le stava applicando un impacco di ghiaccio alla caviglia.

    Non riuscì a reprimere un grido di dolore quando l’infermiera fece pressione sulla parte dolorante. Michel annuì. «Esatto. Bisogna esercitare una pressione sulla parte infortunata. Diciamo per una quindicina di minuti. Ecco, le mostro il punto esatto dove deve spingere per ridurre l’infiammazione.»

    Passò davanti all’infermiera e posò le dita sulla caviglia di Chantal.

    «Michel!»

    «Lo so che ti fa male, ma fra un po’ mi ringrazierai.»

    A Chantal non rimase che lasciarsi ricadere sul cuscino. Nonostante il dolore che le causava il tocco delle sue dita le faceva anche provare uno strano brivido di piacere. Era da due mesi che lavorava con quell’uomo e non le era mai successo niente di simile. Come aveva già sospettato doveva essere il dolore a confonderle la mente. Sembrava che fosse regredita ai suoi anni di infanzia e che lo vedesse come un principe con una scintillante armatura che accorreva su un cavallo bianco a salvarla dal pericolo.

    «Così va meglio.» Michel sorrise e le diede un leggero colpo sulla mano.

    Per la prima volta si accorse che aveva denti bianchissimi. I capelli neri, che gli ricadevano sulla fronte mentre era piegato su di lei, gli davano un’aria di ragazzino arruffato, un aspetto che non aveva mai mostrato quando si occupava dei suoi pazienti. Ma quello che attraeva di più nel suo viso erano quei sexy occhi scuri. Com’era possibile che non l’avessero colpita fino a quella mattina?

    «Sidonie, tornerò più tardi. Ripeta l’impacco per quindici minuti ogni due ore. Fra quattro giorni potremo applicare alla caviglia una benda tubolare e cominciare la fisioterapia con massaggi, ultrasuoni e movimento dolce.»

    Chantal rialzò la testa. «Michel, quando potrò tornare nella mia stanza negli alloggi dei medici?»

    «Dipenderà dai tuoi progressi. Spero che fra pochi giorni tu possa usare le grucce. Quando sarai in grado di muoverti con il bastone in modo da non gravare con il peso sulla caviglia potrai tornare alla tua stanza e potrai passare anche qualche ora in Pronto Soccorso a occuparti delle pratiche e di altre attività poco faticose. Vediamo come reagisci.»

    Chantal si era accorta che lui era tornato a comportarsi con lei in modo del tutto professionale. Era solo un altro paziente che richiedeva la sua attenzione. Bene. Per lei Michel non era altro che uno dei tanti colleghi medici.

    Lui guardò l’orologio. «Hai qualche domanda prima che me ne vada?»

    Per un attimo lei provò un attacco di panico. «Quando torni?» chiese e si pentì subito del tono patetico della sua voce.

    Sidonie le sorrise con aria rassicurante. «Va tutto bene, Chantal. Ci prenderemo cura di lei» disse in tono materno.

    «Tornerò stasera. Non preoccuparti. Fra un mese ti chiederai quale fosse la causa di tutto questo trambusto.»

    Sicuramente sarebbe stato così. Guardò allontanarsi la sua agile, atletica figura in preda a sentimenti contrastanti. In qualche modo le era capitato di scorgere la vera persona che si nascondeva dietro la facciata professionale con cui lui si presentava ai suoi colleghi. La stessa scelta che aveva fatto lei per nascondere il dolore che l’aveva dilaniata.

    Sidonie aumentò la pressione dell’impacco. «Piuttosto affascinante, vero?»

    Chantal esitò. «Non saprei. Di sicuro fa bene il suo lavoro.»

    «Oh, ama il suo lavoro. Lo sa che sua moglie è morta, vero? Tre anni fa. Di cancro, mi sembra. Lui non si è mai ripreso del tutto. Quando un anno fa è arrivato per dirigere il Pronto Soccorso ha affascinato tutte.»

    Sidonie sospirò. «A chi non piacerebbe? Alto, bruno e atletico com’è? Ma dal suo comportamento è stato subito chiaro a tutte che non era interessato ad avere una relazione. Il tipo d’uomo che adorava la moglie e che non si risposerà mai più. Doveva essere una donna davvero speciale per meritarsi tanta devozione.»

    Sidonie sospirò di nuovo. «E questa è una bella sfortuna per tutte le ragazze libere dell’ospedale interessate a lui. Se non fossi una donna sposata di quarantacinque anni e due figli ci avrei fatto un pensierino anch’io.»

    Le tolse l’impacco dalla caviglia. «Lei lavora in Pronto Soccorso da gennaio, vero? Ho sentito dire che prima lavorava in un ospedale di Parigi. Come le sembra il nostro ospedale al confronto?»

    Chantal esitò. «Ecco, è diverso. Per me è come tornare a casa. Sono nata solo qualche chilometro da Montreuil. Mio padre era inglese e morì quando avevo solo sette anni. Mia madre invece è francese e decise di riprendere la sua carriera di insegnante. Trovò un posto a Parigi e ci trasferimmo lì, ma venivamo sempre da queste parti durante le lunghe vacanze estive. Conosco questa costa così bene che la sento come la mia seconda casa.»

    Sidonie andò a riporre l’impacco su un carrello e si sedette accanto alla sua paziente. «È perché considera

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