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Le conseguenze dell'amore
Le conseguenze dell'amore
Le conseguenze dell'amore
E-book168 pagine2 ore

Le conseguenze dell'amore

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Info su questo ebook

Quando la dottoressa Tracy Hinton viene chiamata con urgenza in Brasile per arginare un'epidemia scoppiata in un piccolo paesino rurale, mai si sarebbe aspettata che l'unico uomo in grado di aiutarla in quel frangente potesse essere lo stesso che non è mai riuscita a dimenticare: il dottor Ben Almeida. Il suo ex marito.

Ben non riesce a credere che Tracy sia improvvisamente tornata nella sua vita. Non l'ha ancora perdonata per averlo lasciato su due piedi, anteponendo il lavoro al loro matrimonio. Ma soprattutto non può perdonarla per aver messo a rischio la vita del bambino che portava in grembo solo per la carriera. Adesso che sono costretti a lavorare fianco a fianco, Ben si rende conto che la chimica fra loro è immutata. Le conseguenze, però, non saranno le stesse.
LinguaItaliano
Data di uscita11 mag 2020
ISBN9788830514171
Le conseguenze dell'amore

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    Anteprima del libro

    Le conseguenze dell'amore - Tina Beckett

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    Her Hard to Resist Husband

    Harlequin Mills & Boon Medical Romance

    © 2014 Tina Beckett

    Traduzione di Silvia Calandra

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2015 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-3051-417-1

    1

    Tracy Hinton non svenne.

    Sentì lo stomaco contorcersi e fu sul punto di rigettare quando il tanfo della morte le penetrò le narici, ma riuscì a mantenere il controllo. Pensare di mantenere la calma respirando piano e profondamente era fuori discussione. In quel momento inspirare era l’ultima cosa da fare.

    «Quanti sono?» chiese sistemandosi la mascherina di protezione sul naso e sulla bocca.

    «Finora i morti sono sei, ma tutto il villaggio è stato colpito.» Pedro, uno dei suoi collaboratori della clinica galleggiante, annuì in direzione della semplice casa in mattoni di argilla alla sua sinistra, dove una persona orribilmente immobile se ne stava rannicchiata in posizione fetale sotto il porticato. Un altro corpo giaceva a terra a pochi metri di distanza. «Sono morti da qualche giorno. Qualunque cosa sia, è fulminante. Non hanno neanche avuto il tempo di raggiungere l’ospedale.»

    «Probabilmente stavano troppo male. E comunque l’ospedale più vicino dista più di trenta chilometri.»

    Il Piaui, uno degli stati più poveri del Brasile, era più vulnerabile a infezioni catastrofiche rispetto alle regioni più ricche. Inoltre, da quelle parti, le persone potevano contare solo su poche biciclette e sulle proprie gambe per gli spostamenti. Era già faticoso percorrere trenta chilometri per una persona giovane e sana, figuriamoci per quelle povere anime debilitate. Le auto erano un lusso che quasi nessuno lì poteva permettersi.

    Non avrebbe saputo dire cos’aveva causato quelle morti prima di avere esaminato i corpi e raccolto dei campioni. Il centro diagnostico più vicino era a quasi centosessanta chilometri di distanza. In ogni caso, avrebbe dovuto riferire della possibile epidemia alle autorità competenti.

    Il che significava che avrebbe dovuto rivedere Ben.

    Pedro scosse il capo. «Pensi possa trattarsi della dengue?»

    «Non credo. Sulla camicia dell’uomo c’è del sangue, ma da qui non mi pare di vedere altro.» Fissò il rozzo recinto dove alcuni maiali grugnivano rabbiosi per la mancanza di cibo. «Penso piuttosto alla leptospirosi.»

    Pedro aggrottò la fronte. «Leptospirosi? Anche se la stagione delle piogge è già finita?»

    Tutt’intorno alla casa c’erano stecchi secchi e mattoni di fango induriti sparsi qua e là, a conferma dell’osservazione del suo collega. Il caldo opprimente aveva risucchiato dall’aria anche l’ultima goccia di umidità e lei si sentì stringere in una morsa, travolta da una sensazione di nausea insopportabile. Le temperature in quella zona del Brasile così vicina all’equatore raramente scendevano sotto i 38 gradi centigradi durante la stagione secca. Quel caldo mortale sarebbe diventato sempre più insopportabile, finché non fossero tornate le piogge.

    «Hanno i maiali.» Con l’avambraccio si scostò dalla fronte sudata alcune ciocche di capelli.

    «Già, ma normalmente la leptospirosi non provoca emorragie.»

    «A Bahia è successo.»

    Pedro inarcò le sopracciglia. «Pensi si tratti del tipo polmonare?»

    «Non lo so. Forse.»

    «Preleviamo i campioni o controlliamo prima le altre case?»

    Lei infilò la mano della tasca posteriore dei jeans, prese il cellulare e lanciò un’occhiata speranzosa al display. Neanche una tacca. Non c’era campo. «Il tuo telefono funziona?»

    «No.»

    Sospirò, cercando di riflettere. «I campioni di tessuto li preleviamo prima di andare via. Non voglio rischiare di contaminare eventuali pazienti vivi. Poi, magari, salendo più in alto, riusciamo anche a trovare campo.»

    Benjamin Almeida premette l’occhio sulla lente del microscopio e mise a fuoco fino a che l’immagine divenne nitida e la macchia rosa chiaramente visibile. Batterio gram negativo. Sfilò il vetrino e lo passò al microscopio digitale per registrare i risultati.

    «Ben?» lo chiamò con voce esitante la sua assistente, in piedi sulla soglia della porta.

    Lui alzò il dito in attesa che il computer segnalasse di aver inviato il rapporto al medico di turno del centro per le Malattie Tropicali di Piaui. Il suo laboratorio era a una quindicina di passi dall’edificio centrale dell’ospedale, ma in quel momento Ben non aveva tempo di andarci. Si sfilò i guanti e, dopo averli gettati nel cestino alla sua destra, prese il flacone di disinfettante e se ne spremette una dose generosa sul palmo della mano.

    «Sì?» Sollevò lo sguardo. Il turno di dodici ore cominciava a farsi sentire, ma aveva altri due vetrini da analizzare prima di potere finalmente andare a casa.

    «Hai visite.» Mandy si spostò dalla soglia, il tono di scusa nel suo portoghese colto era inequivocabile.

    «Se è il dottor Mendosa, digli che gli ho appena mandato il referto via mail. È un’infezione batterica, non parassitaria.»

    Ma a fianco di Mandy apparve una donna e Ben non poté fare a meno di trattenere il respiro per un istante. Con uno sforzo, rimase seduto sullo sgabello. Era stupito, meravigliato.

    I capelli neri come l’inchiostro raccolti all’indietro con il solito fermaglio mettevano in evidenza gli zigomi alti e il lungo collo magro. Gli occhi verdi, in quel momento pieni di preoccupazione, incontrarono i suoi senza esitazione, il mento proteso verso l’alto.

    Cosa accidenti ci faceva lei lì?

    La donna si sistemò la tracolla di una borsa termica azzurra sulla spalla e fece un passo avanti. «Ben, mi serve il tuo aiuto.»

    Lui serrò la mascella. Erano più o meno le stesse parole che gli aveva rivolto quattro anni prima. Prima che uscisse dalla sua vita. Lui deglutì, sperando che la sua voce non tradisse i suoi pensieri. «Per cosa?»

    «Sta succedendo qualcosa a Sao Joao dos Rios.» Batté la mano sulla borsa. «Ti ho portato dei campioni da analizzare» proseguì senza prendere fiato. «Prima li vedi, meglio è. Devo capire perché la gente tutt’a un tratto...»

    «Calma, non ci sto capendo niente.»

    Lei si morse il labbro e lui capì che stava raccogliendo le idee. «C’è stata un’epidemia a Sao Joao dos Rios. Sono già morte sei persone. La polizia militare si sta recando sul posto per mettere in sicurezza il villaggio.» Distese la mano in avanti. «Non sarei venuta se non fosse importante. Molto importante.»

    Questo lo sapeva. L’ultima volta che si erano visti, lei se ne stava andando da casa loro, per sempre.

    Non avrebbe dovuto meravigliarsi di sapere che vagabondava ancora in giro per il paese. Nulla riusciva a fermarla. Neanche lui era riuscito. Neanche il pensiero di una casa, di una famiglia. Non la vita che aveva portato dentro di sé.

    Sapendo di fare la cosa sbagliata, prese un paio di guanti nuovi. «Mi serve la maschera antigas?»

    «Non credo. Noi abbiamo usato le mascherine chirurgiche per prelevare i campioni.»

    Lui annuì, ne prese una per sé e ne porse a lei un’altra che, per fortuna, le avrebbe nascosto quelle morbide labbra rosa che in passato non si stancava mai di baciare. Tornò a fissarle gli occhi e imprecò quando ebbe la consapevolezza che quel verde così vivido aveva il potere di fargli battere forte il cuore anche dopo tutto quel tempo.

    Si schiarì la voce. «Sintomi?»

    «Tutti sembrano avere avuto un’emorragia, forse in seguito a polmonite.» Gli porse la borsa. «I corpi delle vittime sono già stati cremati, sfortunatamente.»

    «Senza fare l’autopsia?» domandò preoccupato.

    «I militari mi hanno permesso di raccogliere qualche campione prima di portare via i corpi e anche il governo ha fatto fare dei prelievi per gli accertamenti. Dopo che avrai fatto il tuo esame, dovrò inviare una dichiarazione che ho distrutto tutto.» Abbassò il tono della voce. «Nell’ingresso c’è un agente che dovrà accertarsi che l’ordine venga eseguito. Devi aiutarmi. Sei il migliore epidemiologo da queste parti.»

    Lui guardò la porta e per la prima volta notò il poliziotto armato della Policia Militar appoggiato alla parete dell’altra stanza. «Una volta non era una delle mie caratteristiche che apprezzavi di più.»

    Ricordava fin troppo bene le loro animate discussioni su cosa fosse più importante: i diritti individuali o il bene pubblico.

    Lei si morse il labbro, esitando. «Hai agito alle mie spalle e usato il tuo lavoro come un’arma contro di me» le ricordò lui.

    Sì, era vero. Ma non era bastato a fermarla.

    La sua assistente, che li fissava dalla porta, indossò una maschera e lo raggiunse, il capo leggermente inclinato. Il suo inglese non era dei migliori e Ben non sapeva quanto fosse riuscita a cogliere della loro conversazione. «Ci lascerà uscire?» chiese in portoghese, riferendosi al soldato.

    «Se dovesse risultare che si tratta di una comune polmonite, non ci saranno problemi» spiegò Tracy nella lingua del posto.

    «In caso contrario?»

    Ben serrò le labbra al pensiero di restare chiuso per chissà quanto tempo in laboratorio.

    Con Tracy.

    In un armadio aveva una branda, ma era piccola.

    Certamente non abbastanza grande per...

    «In caso contrario dovremo restare qui per un po’.» Si avvicinò alla porta e si rivolse al poliziotto. «Non abbiamo ancora aperto i campioni. La mia assistente ha una famiglia. Preferirei che andasse a casa prima d’iniziare.»

    Ben aveva insistito affinché il laboratorio fosse in un’ala separata dell’ospedale proprio per quel motivo. In caso di malattia trasmissibile per via aerea sarebbe stato più facile contenerla. E, come aveva fatto poco prima con il test microbico richiesto da un collega, inviare via computer i risultati all’ospedale.

    La sicurezza era la prima priorità. Mandy conosceva i rischi di lavorare al suo fianco, ma fino a quel momento non era mai stata esposta a nulla. Non come quando Tracy, quattro anni prima, si era imbattuta in un’epidemia di febbre gialla, costringendolo a fare intervenire le autorità militari.

    La guardia sulla porta batté il piede per un istante, riflettendo sulla richiesta di Ben e poi si voltò per parlare con qualcuno alla ricetrasmittente. Quando ebbe finito, si rivolse a loro. «Dovrò farla scortare e dovrà restare a casa finché non sapremo di cosa si tratta. Voi due, invece...» continuò, indicando Ben e Tracy, «... dopo che i campioni saranno stati aperti, dovrete restare in questo edificio fino a che non verranno valutati i rischi.»

    Mandy guardò Ben con aria terrorizzata. «Sei sicuro che posso andare? Mia figlia...» Chiuse gli occhi. «Devo chiamare mio marito.»

    «Di’ a Sergio di portare la bambina a casa di tua madre. Lì sarà al sicuro. Ti chiamo appena ho notizie. Okay?»

    L’assistente annuì e uscì per fare la telefonata.

    «Mi dispiace.» L’espressione di Tracy si addolcì. «Credevo fossi solo. Non sapevo avessi un’assistente.»

    «Tu non c’entri. Solo che lei si preoccupa per la sua bambina.» I loro sguardi s’incontrarono e lui non poté fare a meno di affondare il coltello nella piaga. «Tutte le donne dovrebbero preoccuparsi per i loro figli.» Dentro di sé si diede una pedata quando vide il sentimento di comprensione svanire dallo sguardo di Tracy e lasciare il posto alla rabbia.

    «Anch’io mi preoccupavo. Ma per te non bastava mai.» Inspirò profondamente. «Tornerò a Sao Joao dos Rios non appena avremo i risultati. Se devo stare in quarantena, preferisco farlo dove posso rendermi utile. E cioè non chiusa in un laboratorio a fissare file di provette.»

    Sapeva di avere toccato un nervo scoperto, ma la vecchia ferita non si era ancora chiusa. «Sei venuta tu nel mio laboratorio a chiedere aiuto» le fece notare con tono pacato.

    «Non era quello che volevo dire.»

    «Invece sì.»

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