Un paziente speciale: Harmony Bianca
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Nick aveva smesso di rispondere alle chiamate di Abby perché sapeva che non avrebbe mai potuto darle ciò che lei meritava. Rivederla in quella situazione è stato per lui uno shock. L'attrazione fra loro è rimasta la stessa e Abby ha il potere di fargli desiderare di essere un uomo migliore. Ma se le cose tra loro diventassero serie, se si dovesse innamorare, sarebbe in grado di lasciarla ancora?
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Anteprima del libro
Un paziente speciale - Annie Claydon
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
The Doctor Meets Her Match
Harlequin Mills & Boon Medical Romance
© 2012 Annie Claydon
Traduzione di Katia Perosini
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 2013 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-5899-489-4
1
Abby ci mise cinque secondi per riprendersi dal turbamento provocatole dalla vista di quell’uomo.
Cinque secondi che passò con lo sguardo incollato al suo viso scolpito. Cinque secondi durante i quali il frastuono concitato del reparto di Pronto Soccorso svanì come per incanto.
In quel momento, esisteva soltanto lui, Nick, adagiato sulla barella, una gamba fuori dal lenzuolo bianco che lo ricopriva e gli occhi colmi di dolore.
Con uno sforzo, Abby si decise a entrare nel box, per poi chiudersi la tenda alle spalle. Lanciò un’occhiata disperata alla cartella clinica nella vana speranza di aver sbagliato persona, ma leggendo il nome stampigliato sulla pagina, non ebbe più alcun dubbio.
Si trattava proprio di Nick Hunter.
Come poteva dimenticarlo?
«Abby!» esclamò lui vedendola entrare.
«Nick!» sussurrò lei in tutta risposta.
Accidenti, così cominciava proprio male!, si disse.
Doveva mostrarsi calma e controllata, non assumere una voce tremante e un’espressione allucinata come se avesse avuto davanti un fantasma. Distolse lo sguardo dai suoi occhi scuri. «Mi hanno chiamata apposta dall’Ortopedia. È molto che aspetti?»
«Sono tutti piuttosto presi con il ragazzo che ho tirato fuori dall’auto, vero? Come sta? Non aveva affatto una bella cera.»
«Se ne stanno occupando... Cercherò di avere qualche informazione in più, se vuoi, ma ora pensiamo a te.»
«Okay, grazie.» Nick la stava guardando intensamente, come in attesa della sua mossa successiva.
Ma quale diavolo sarebbe stata la sua mossa successiva? Nick non era solo un paziente, era...
Già, cos’era?
Non un amico, non più almeno.
Era risultato più che evidente quando aveva tagliato i ponti con lei sei mesi prima, sparendo nel nulla senza alcuna spiegazione.
Né un amante.
Non lo era mai stato, anche se a un certo punto lei lo avrebbe davvero desiderato, più di quanto fosse stata disposta ad ammetterlo.
Dunque?
Era solo un ragazzo che aveva conosciuto in piscina e con cui era uscita un paio di volte. Tutto qui. Difficile definirlo un rapporto stretto, anche se ai tempi le era sembrato di andarvi molto vicino.
Ora, comunque, il loro rapporto era solo professionale. «Bene, allora. Il Pronto Soccorso è piuttosto affollato stasera, così hanno chiamato me visto che sono un ortopedico...» S’inumidì le labbra. «Nulla in contrario se ti visito?»
Nick si strinse nelle spalle e lei sentì contorcersi lo stomaco. Stava forse mal interpretando quel semplice gesto?
«Posso chiamare un altro medico, se preferisci...» precisò subito, ma era più facile a dirsi che a farsi alle sette di sera di venerdì, quando tutti i colleghi erano impegnati oppure già andati a casa. «Noi ci conosciamo. Se hai obiezioni riguardo al fatto che sia io a seguirti, dillo pure. Non c’è nessun problema.»
«Preferirei che mi seguissi tu, Abby.» Lo sguardo di lui sembrò addolcirsi. «Sei più qualificata di chiunque altro qui per trattare un trauma al ginocchio. E... temo che dovrei aspettare parecchio prima di riuscire a vedere un altro specialista. Quindi, per me va bene così... se anche per te è lo stesso, naturalmente.»
Le rivolse uno sguardo che le fece tremare il cuore. Ma Abby aveva già saggiato quel terreno e non aveva alcuna intenzione di lasciarsi ammaliare nuovamente dal suo sorriso.
Se lui era riuscito a dimenticare quel che era successo, poteva farlo anche lei. Evidentemente non era stato così importante.
Si concentrò sul presente. Doveva agire nell’interesse del paziente e, chiaramente, non era nell’interesse di Nick aspettare ore per trovare un altro ortopedico disponibile solo per quello che era successo nella sua mente sei mesi prima. Drizzò la schiena per darsi un tono. «Dunque, si tratta solo del ginocchio, giusto? Nessun altro dolore?»
«Solo del ginocchio. Temo di essermelo storto in malo modo.»
«Com’è successo?»
«La struttura dell’auto ha ceduto mentre portavo fuori il conducente ferito e il mio ginocchio è rimasto sotto.» Indicò un brutto ematoma sulla gamba.
«Hai ruotato il ginocchio in qualche modo?»
«Mi pare di sì, ma non saprei dirlo con esattezza. In quel momento, ero più che altro intento a scappare.»
Un moto di stima fiammeggiò nel petto di Abby. Infilarsi nell’abitacolo accartocciato di un veicolo per portare in salvo una vita implicava davvero una buona dose di coraggio. «Okay, fammi dare un’occhiata. Dimmi se ti faccio male.»
Indossò un paio di guanti in lattice e tastò con delicatezza l’area tumefatta attorno al ginocchio, piegandolo leggermente per testare la capacità di movimento dell’articolazione, finché il rantolo strozzato di Nick non la fermò. Quando sollevò lo sguardo, notò le dita di lui stringere con forza le barre laterali della barella.
«Ti avevo detto di avvisarmi se ti avessi fatto male, Nick. Non so ancora leggere nel pensiero.»
«D’accordo. Ecco... sì, fa un po’ male.»
«E così?»
«Anche.»
«Cos’è questa cicatrice? Sembra che tu abbia subito un intervento.»
«Mi hanno operato al ginocchio quattro anni fa per ricostruire un legamento rotto.»
«Com’è successo?»
Nick riuscì a sfoderare uno dei suoi meravigliosi sorrisi e la temperatura all’interno del box aumentò d’improvviso. «Ho messo il piede sul pavimento di un edificio in fiamme e cadendo mi sono storto il ginocchio.»
Anche in quella situazione di dolore, Nick era l’uomo più affascinante che Abby avesse mai visto. Una piccola ma profonda cicatrice che gli attraversava il sopracciglio era il solo tratto asimmetrico di un viso altrimenti perfettamente proporzionato e armonioso, circondato da una chioma castana.
«Vedo se ne trovo traccia sul sistema. L’intervento è stato fatto qui?»
Lui annuì, le labbra premute in una linea sottile.
«Ecco.» Scorse le note velocemente. «Qui dice che ti è stato offerto un antidolorifico in ambulanza, ma che l’hai rifiutato. Vuoi qualcosa adesso?»
«No, va bene così. Grazie.»
Non c’era alcun bisogno di fare l’eroe. Lei era un medico, non una preda su cui fare bella impressione. «In una scala da uno a dieci...»
«Circa uno e un quarto.» Non l’aveva nemmeno lasciata finire.
«Davvero?» Abby sollevò un sopracciglio perché fosse chiaro che non gli credeva affatto. «D’accordo. Fammi sapere se cambi idea.» Lo vide annuire impercettibilmente. «Ora ti mando a fare una radiografia. Tornerò quando saranno pronti i risultati.»
Questo le avrebbe dato almeno mezz’ora di tempo per raccogliere le idee, così al loro prossimo incontro sarebbe stata in grado di mantenere una maggiore compostezza.
«Grazie.» Nick esitò, come se qualcosa lo angustiasse. «Spero che tu non sia costretta a rimanere qui per causa mia. Le sette sono passate da un po’.»
Da venti minuti, per l’esattezza. L’infermiera del Pronto Soccorso l’aveva chiamata proprio mentre lei stava finendo di sistemare gli incartamenti della settimana e andarsene a casa. «Nessun problema. Sono qui per questo.» Malgrado i suoi buoni propositi, sembrava proprio che le sarebbe toccato di passare un’altra serata in compagnia di quell’uomo.
Quando il referto fu pronto, Abby si affrettò a leggerlo e non fu affatto contenta di scoprire che Nick si era sbagliato. Esalò un profondo respiro e s’incamminò verso il Pronto Soccorso per comunicargli la brutta notizia.
«Ehilà.» Il sorriso di lui era ampio, ma nervoso.
«Come stai?»
«Speravo potessi dirmelo tu.» Fece un cenno verso la grande busta che lei teneva tra le braccia.
Abby gli si sedette accanto. Quali che fossero i suoi sentimenti per quell’uomo, doveva dargli atto che stava dimostrando di avere un’ottima tempra.
«Qual è il verdetto, quindi?» insistette lui.
«I raggi mostrano una frattura della rotula.» Estrasse dalla busta una delle due radiografie e tenendola contro la luce gliela mostrò. «Vedi qui?»
Nick la fissò per qualche istante con sguardo inespressivo, poi si sollevò per guardare meglio. «Io non vedo niente.»
«Proprio qui.» Lei gli indicò la linea della frattura cercando di non far caso alla sua vicinanza. Sarebbe quasi stata in grado di sentire il battito del suo cuore, se gli si fosse avvicinata ancora un poco. «L’unica cosa positiva è che non è scomposta, quindi dovrebbe saldarsi abbastanza velocemente.»
«Non è così grave, allora.»
Abby si morse la lingua. Chiedergli se quella considerazione fosse basata su una competenza medica o su una semplice speranza non le sembrava appropriato. Né le piaceva quella vicinanza forzata. In piscina, le era stato praticamente impossibile non notare il corpo scolpito di quell’uomo, ma qui la sua prestanza fisica era del tutto irrilevante.
Si alzò sbrigativa. «Be’, diciamo che poteva andare molto peggio. Tuttavia, dalle condizioni del ginocchio, ho il sospetto che ci possa essere qualche altro danno. Ti farò fare una risonanza per controllare l’integrità cartilaginea e avere una visione più accurata della frattura.»
«Dunque se va tutto bene...» Nick fece per mettersi seduto, come se la visita fosse finita e lui fosse autorizzato ad andarsene, ma Abby lo fermò con l’espressione più dura che fosse in grado di assumere. Quello era il suo territorio, era lei a comandare.
«Questo dobbiamo ancora appurarlo. E comunque, la frattura rotulea va trattata: dovrai stare a riposo e indossare un tutore da quattro a sei settimane.»
Nick si passò una mano nei capelli in preda alla frustrazione. «Quattro settimane?»
«Da quattro a sei settimane, ho precisato. È il tempo che ci mette un osso a risaldarsi, di norma.» Si morse un labbro. Non era giusto infierire. Il dolore doveva essere lancinante e sapeva quanto Nick amava il suo lavoro. Il meno che potesse fare era dimostrargli un po’ di comprensione. «Mi dispiace, ma per un po’ non potrai tornare al lavoro.»
«Magnifico!» esclamò lui esalando un respiro. «Ora posso andare?»
«Non ancora. Devo prima procurarti un tutore e prescriverti dei farmaci antidolorifici e antinfiammatori.» Lo fissò severa. «Resta qui, torno subito.»
Non attese una sua risposta. Uscì dal box e tirò la tenda che ne copriva l’ingresso con mossa decisa, quindi andò in cerca di un’infermiera. Se Nick avesse tentato di andarsene, avrebbe presto scoperto che lo staff del Pronto Soccorso era un vero osso duro.
Quanto a severità, non c’era da scherzare con lei. Ma Nick cercò di non pensarci e si concentrò piuttosto sulle motivazioni che l’avevano spinto a lasciarla prima che lo scintillio dei suoi meravigliosi occhi blu e la sinuosa linea delle sue labbra lo mandasse del tutto fuori controllo.
Anche