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L origine del male (eLit): eLit
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E-book367 pagine5 ore

L origine del male (eLit): eLit

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Info su questo ebook

Krewe of Hunters 4

Tra le mura di Lexington House è avvenuto qualcosa di terribile in passato, qualcosa che i cittadini di Salem speravano non si ripetesse. E invece...
Jenna Duffy, membro di un'unità speciale dell'FBI che si occupa di casi paranormali, viene chiamata in città per fare luce sull'efferato omicidio degli ultimi abitanti di quella casa maledetta. Affiancata dall'avvocato Sam Hall, difensore del principale sospettato, Jenna, grazie alle sue doti, è l'unica in grado di individuare il vero autore dei delitti. Ma ogni passo verso la verità li porta più vicini alle forze del male che infestano quella famigerata zona e in particolare la dimora ottocentesca in cui tutto ebbe inizio.
LinguaItaliano
Data di uscita1 feb 2019
ISBN9788858997888
L origine del male (eLit): eLit
Autore

Heather Graham

New York Times and USA Today bestselling author Heather Graham has written more than a hundred novels. She's a winner of the RWA's Lifetime Achievement Award, and the Thriller Writers' Silver Bullet. She is an active member of International Thriller Writers and Mystery Writers of America. For more information, check out her websites: TheOriginalHeatherGraham.com, eHeatherGraham.com, and HeatherGraham.tv. You can also find Heather on Facebook.

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    Anteprima del libro

    L origine del male (eLit) - Heather Graham

    978-88-5899-788-8

    Prologo

    Il ragazzo stava in piedi in mezzo alla strada, nudo.

    I fari dell'auto di Sam Hall lo sorpresero lì, impietrito come un daino. Era ricoperto di una sostanza viscida, che gli gocciolava lungo il corpo. Era qualcosa di rossastro, tipo sangue, come se il giovane fosse fuggito via dal set di un film dell'orrore dopo aver fatto il bagno in secchi pieni di quella roba.

    Sam schiacciò con forza il pedale del freno, grato per una volta che tutti gli anni passati a lavorare per Mahon, Mero e Malone gli avessero dato la possibilità di permettersi quella nuova Jaguar col suo impianto frenante a bloccaggio ultrarapido.

    Ciò nonostante, il veicolo si fermò a un soffio dal ragazzo.

    Oltremodo perplesso, Sam saltò giù dall'auto, imprecando sottovoce. «Ehi, tu, che diavolo ci fai lì?»

    Il ragazzo non si mosse di un millimetro, pareva non rendersi conto che stava per essere investito. Continuava a scuotere la testa e nient'altro. L'estate aveva da poco ceduto il passo all'autunno e nell'aria c'era un freddo pungente, tipico del Massachusetts in quel periodo dell'anno. Distese di alberi costeggiavano la strada; file di vecchie querce che sembravano chinarsi nella brezza, gemendo, mentre foglie multicolori danzavano tutt'intorno, come se fossero anche loro profondamente agitate.

    Il ragazzo non fece cenno di riconoscere Sam né lo guardò.

    Lui imprecò di nuovo sommessamente. C'era qualcosa che non andava, era palese, d'altra parte il giovane non poteva essere ferito gravemente se riusciva a stare in piedi.

    Non avrebbe potuto essere ancora cosciente dopo aver perso tutto quel sangue.

    Ma era davvero sangue? No... impossibile.

    In ogni caso, non poteva certo lasciarlo lì nel bel mezzo della strada.

    Sam guardò la sua adorata Jaguar nuova, coi suoi immacolati sedili in pelle, le girò intorno, aprì il bagagliaio e vi trovò dentro il grande telo da spiaggia preso durante il suo recente viaggio nelle Florida Keys. Era pieno zeppo di sabbia, ma sarebbe servito a scaldare il ragazzino. Tornò subito da lui e scoprì che non si era mosso di un passo.

    «Sei ferito?» gli chiese Sam con calma.

    Nessuna risposta.

    «Vieni, vieni con me, sali in macchina» gli disse avvicinandosi col telo. «Andiamo in ospedale.» Lo avvolse. «Mi spiace per la sabbia.»

    Il ragazzo sembrava avere tra i quindici e i diciassette anni, ma era piccolo per la sua età. Era terribilmente magro. Sul viso scarno spiccavano enormi due occhioni marroni. Non aveva peli sul petto, perciò la maggior parte del sangue gli era scivolata giù lungo il torso.

    La temperatura era intorno ai cinque gradi. Non un freddo polare, ma era meglio che il ragazzo non rimanesse scoperto a lungo.

    Sam voleva farlo montare in auto. Eppure, mentre era lì che si sforzava di essere compassionevole e al contempo di salvare il suo cappotto di lana da quella sostanza rossa e appiccicosa simile al sangue, tutt'a un tratto rabbrividì.

    Non era solo simile al sangue... Era sangue.

    Un desiderio di negare la realtà gli balenò nella mente.

    Ma quello era sangue, impossibile negarlo.

    Sangue di maiale, sangue di mucca... Sangue di coniglio, maledizione.

    Eppure qualcosa gli diceva che non era così.

    Sam tolse il telo e girò intorno al ragazzo in cerca di una ferita che potesse aver causato una tale perdita di sangue.

    Ma non trovò nulla. Se ci fosse stata, il giovane non si sarebbe di certo potuto reggere in piedi. Né sarebbe riuscito a respirare. Con una ferita del genere sarebbe stato morto.

    In ogni caso non poteva più fare marcia indietro.

    E se anche avesse potuto, l'avrebbe davvero lasciato lì a tremare senza nulla addosso?

    Ancora immobile davanti al ragazzino, che non aveva neanche allungato la mano per tenere a posto il telo, Sam cercò a tentoni il cellulare nella tasca e digitò il 911. Un'operatrice gli domandò con voce stanca di che tipo di emergenza si trattasse.

    «Mi chiamo Samuel Hall. Ero in auto, diretto a Salem, quando ho quasi investito un ragazzo fermo al centro della carreggiata. È tutto coperto di sangue. Non sembra sia suo, ma non ho la certezza che non sia ferito. Si regge in piedi, anche se non reagisce agli stimoli. Potrebbe essere sotto shock. Può mandare qui qualcuno... il prima possibile?» Si guardò intorno e descrisse in fretta dove si trovava, come meglio poté. Maledizione, era una strada tranquilla e isolata, tra i boschi. Aveva deciso di prendere la statale 1A Nord da Boston, ma ben presto aveva deviato. Quella strada ombreggiata e silenziosa tra gli alberi gli era sembrata un percorso consolatorio per il suo ritorno a casa, il primo dopo tanto tempo.

    «Ora si calmi, signor Hall» disse l'operatrice. «Le spedirò subito una pattuglia. Ce n'è una nei paraggi. Non ci vorrà molto. È sicuro che il ragazzo non stia perdendo sangue? Nel caso, deve arrestare il flusso. Stia calmo. Lei sta bene?»

    Sam esitò per una frazione di secondo, fissando il telefono, la mente in subbuglio. Pensò alle cose orribili che aveva visto nell'esercito e alle foto della scena del crimine che aveva esaminato in veste di avvocato difensore.

    «Signora» disse con voce pacata e ferma. «Sono calmo come un quacchero morto, ma deve mandare qui qualcuno al più presto. Le suggerisco di inviare un detective perché ho la sensazione che possa trattarsi di sangue umano e non voglio rischiare di inquinare più prove di quanto non abbia già fatto coprendo il ragazzo col mio telo.»

    «Certo, signore. Resti in linea, per cortesia. E faccia del suo meglio per mantenere la calma.»

    «Se me lo ripete un'altra volta, finirò per implodere e distruggermi per autocombustione...»

    «C'è già una pattuglia per strada. Deve solo restare calmo, signore. Siamo a Salem, Massachusetts, e ci stiamo avvicinando al periodo di Halloween, capisce? Potrebbe essere vittima di uno scherzo. Resti in linea e mantenga la calma, signor Hall.» All'improvviso l'operatrice sussultò, dimenticando per un attimo la tiritera che aveva imparato a memoria. «Oh, ma lei è quel Sam Hall...»

    In quel momento si udì la sirena della polizia. «Sono arrivati» tagliò corto Sam. «Grazie.» E chiuse bruscamente la telefonata cliccando sull'apposita icona.

    Un'autopattuglia si fermò davanti a lui, coi fari accesi che si incrociavano con quelli della Jaguar, accecandolo per un istante. Due agenti in uniforme scesero dalla macchina, da un lato e dall'altro, pronti a sparare.

    «Non è armato!» urlò Sam. «È... È sotto shock. Ha bisogno di assistenza medica.»

    «Sta per arrivare l'ambulanza» gridò in risposta il conducente. «E anche il detective Alden. L'ho contattato via radio mentre venivamo.»

    Alden? Sam si chiese se si trattasse del suo vecchio amico John. I cognomi puritani abbondavano ancora da quelle parti, e lui e John Alden erano stati compagni di squadra a football. John aveva sempre desiderato fare il poliziotto, o meglio il detective. A quanto pareva, era riuscito a fare carriera.

    Gli agenti si avvicinarono e rimisero lentamente la pistola nella fondina constatando che il giovane tremante non aveva armi e che nemmeno Sam aveva l'aria minacciosa.

    «Agente Nathan Brewster» si presentò uno dei due. «E questo è il mio partner, Robert Bishop» aggiunse.

    «Samuel Hall» rispose lui con un cenno del capo, ma i poliziotti avevano già lo sguardo puntato sul ragazzo. Si scambiarono un'occhiata nervosa.

    «Sì, il detective Alden sta per arrivare. Sarà qui a momenti» disse Brewster, come se fosse stato colto da un altro pensiero.

    «Cosa succede?» domandò Sam. Gli agenti si stavano comportando in modo strano. Avevano rinfoderato le pistole, ma sembravano pronti a tirarle fuori da un istante all'altro.

    Nessuno dei due toccava il ragazzo. Nessuno dei due gli parlava. Lui tremava sempre più forte, nonostante il telo che Sam gli aveva posato sulle spalle. Ma non faceva neanche un minimo tentativo di tenerselo stretto intorno al corpicino scheletrico.

    I poliziotti si scambiarono altre occhiate. «Non siamo propriamente liberi di risponderle, signore.»

    «Va bene, ma penso sarebbe meglio farlo entrare in un'auto riscaldata o finirà per morire congelato» ribatté Sam. Che fosse la verità oppure no, non riusciva più a sopportare di vedere quel ragazzino tremare come una foglia con gli occhi sbarrati, persi nel vuoto.

    Ma prima che gli agenti fossero costretti a rispondere, l'improvviso suono delle sirene si fece più forte e allarmante. La prima ad arrivare sul posto fu un'auto senza contrassegni. Dal lato del guidatore scese un uomo sulla quarantina, un tipo robusto dall'aria severa con un cappotto di lana consunto e un maglione a scacchi, che si avvicinò a grandi passi.

    Un poliziotto in borghese, pensò Sam. Un detective. Sperava che fosse John.

    Ed era lui.

    A differenza degli altri, Alden non tirò fuori un'arma. Si precipitò in mezzo a loro e si piazzò davanti al ragazzino. Non degnò Sam di uno sguardo, ma fissò il giovane con un'espressione tutt'altro che dura o autoritaria, soltanto triste.

    «Malachi» l'apostrofò. «Santo cielo, Malachi, l'hai fatto.»

    «Chiedo scusa. Il ragazzo ha i brividi. Sta gelando. Ed è sotto shock. John? Sono Sam... Sam Hall.»

    John Alden si voltò e lo guardò.

    «Sam!»

    «Stavo andando a casa dei miei e l'ho quasi investito. Era lì in mezzo alla carreggiata. Coperto di sangue.»

    «Sam» ripeté Alden.

    Sembrava stesse per dire che bello vederti o qualcosa del genere, ma per strada, con un ragazzino tutto imbrattato di sangue, non era certo la frase più appropriata.

    «Questo ragazzo ha bisogno di aiuto, John. Penso sia sotto shock» ripeté Sam.

    John Alden annuì e indicò con un cenno della testa l'ambulanza, che nel frattempo era arrivata. «Sì, riceverà tutta l'assistenza medica che gli serve. Dici che è sotto shock? Lo credo bene: ha appena massacrato la sua famiglia.»

    1

    Lexington House.

    Eccola lì, su una scogliera a picco sul mare. Come una cartolina o la locandina di un film, sempre inquietante con quella sua facciata degna del più cupo film dell'orrore: la vernice mezza scrostata, l'esterno grigio e consumato nel corso dei secoli dai venti gelidi che infuriavano dall'Oceano Atlantico. Le finestre al pianterreno sembravano occhi neri; quelle al primo piano parevano dotate di sopracciglia stupite, semicoperte com'erano dal cornicione del tetto.

    Stranamente, Lexington House era sempre rimasta in mano ai privati. A partire dal suo costruttore, il puritano Eli Lexington, fino al suo ultimo proprietario, l'ormai defunto Abraham Smith, aveva sempre trovato un nuovo padrone, dopo ogni singola tragedia. Un tempo, ovviamente, tutti ne conoscevano la storia originale, che poi però aveva finito per perdersi tra i mille processi per stregoneria che avevano segnato la storia americana e continuavano ad affascinare le scienze sociali. Quando due secoli dopo la sua costruzione, intorno al 1890, il signor e la signora Braden furono brutalmente uccisi, tutti seppero subito che il colpevole era il figlio, anche se in quell'occasione il sistema giuridico fu clemente e ne permise l'assoluzione. A quel punto, lui e la sorella vendettero in fretta e furia la casa a un altro privato. Ottant'anni dopo, l'immobile diventò un B&B, finché venne acquistato da Abraham Smith, che aveva desiderato fortemente quella proprietà sulla scogliera, isolata da tutto, a parte pochi vicini.

    Uno dei quali era stato ucciso la settimana prima. E adesso...

    Da quando quella mattina Jenna Duffy era partita da Boston per Salem, alla radio non aveva sentito parlare d'altro che di Lexington House. Lo zio Jamie le aveva telefonato giorni prima, supplicandola di andarlo a trovare perché doveva parlarle. Strano tempismo.

    Giunta in città, Jenna aveva accostato sul ciglio della strada e si era fermata per osservare la costruzione.

    Accanto alla casa c'era un'auto della polizia; il nastro usato per isolare le scene del crimine circondava l'intero edificio. Ma non c'erano curiosi in giro. Lexington House sorgeva a poca distanza dalla parte storica di Salem, dove la maggioranza dei turisti passeggiava per il cimitero antico, visitava la Casa dei sette abbaini o andava in cerca di storie al Museo delle Streghe o al Peabody Essex Museum. E visto che erano in ottobre e Halloween si stava avvicinando, quella tragedia contemporanea avrebbe alimentato le storie di fantasmi che già circolavano in città.

    Jenna studiò la casa ancora qualche istante, interrogandosi sul suo passato. Quel che era successo a Lexington House si sarebbe di certo rivelato un altro orribile caso di instabilità mentale o di cupidigia e, per quanto lei desiderasse esaminare meglio la proprietà che aveva causato una così raccapricciante tragedia, aveva pur sempre un appuntamento con suo zio. Lanciò un'occhiata all'orologio e si rimise in strada. Con tutti quei turisti che affollavano le strade, probabilmente le ci sarebbe voluto più tempo per arrivare a destinazione.

    Per un motivo o per l'altro, però, era in anticipo.

    Così posteggiò l'auto nell'area di parcheggio dello Hawthorne Hotel e attraversò la strada per entrare nel parco pubblico di Salem.

    Le foglie autunnali dalle calde tonalità arancio, magenta e giallo le frusciavano sotto i piedi. Davanti e tutt'intorno a lei un vortice colorato si alzava in aria, sollevato e agitato capricciosamente dalla brezza.

    Udì le risate dei bambini che rientravano da scuola passando per il parco, senza fretta. L'autunno nel New England era di certo una delle stagioni più belle e i bambini, cresciuti in mezzo a tutti quei colori, adoravano fermarsi a sollevare le foglie e a buttarle qua e là.

    Jenna aveva amato Salem sin dal primo istante in cui era arrivata negli Stati Uniti, e i suoi genitori avevano scelto la vicina Boston come luogo in cui cominciare la loro nuova vita. Si recavano a Salem nei weekend, in estate e per Halloween, anche per ammirare il fogliame autunnale e far visita allo zio Jamie.

    Ma la visita di quel giorno era difficile. Jenna l'avrebbe incontrato all'hotel ed era preoccupata per lui: sembrava così in ansia quando le aveva chiesto di venire! L'aveva invitata per le sue doti professionali, ma non voleva che portasse con sé la squadra o unità speciale con cui lavorava, non ancora.

    Mentre passeggiava per il parco, Jenna fu di nuovo attratta da un gruppetto di bambini, tra i cinque e i sette anni, che facevano il girotondo tenendosi per mano.

    Rabbrividì nel sentirli recitare una vecchia filastrocca, diffusa non solo in quella zona, ma in tutto il paese.

    Il vecchio Lexington amava tanto la moglie

    Da tenersela sempre stretta stretta.

    E pure i figlioli aveva nel cuore.

    Sì che un dì per provare il suo amore

    A pezzi li fece brandendo l'accetta

    Conservando le spoglie senza timore.

    Scappa, scappa, moglie, scappa!

    Scappa, scappa, figlio, scappa!

    Chi c'è c'è, chi non c'è non c'è!

    Jenna si sentì come se le avessero iniettato acqua gelata nelle vene: quella vecchia canzoncina ora sembrava crudele e beffarda. Una giovane mamma che insieme ad altri genitori sorvegliava alcuni bambini si precipitò verso il cerchio. Afferrò un bimbo per le braccia, l'obbligò a girarsi e cominciò a rimproverarlo, agitando il dito.

    Un'altra mamma la raggiunse di corsa, e la sua voce risuonò nell'aria fredda: «Non essere così severa, Cindy! I bambini... non sanno. Anche noi da piccoli la cantavamo sempre».

    «Lo so, Samantha, è solo che... Proprio ora? Con quel che è successo... di nuovo? È colpa di quella casa! Quell'orribile casa, e quel ragazzo... Andava a scuola con i nostri figli.»

    «Sì, ma ora è finita, Cindy. È finita. L'hanno arrestato.»

    Altri genitori iniziarono a chiamare bruscamente a raccolta i propri bambini. Le due donne li radunarono e li guidarono verso gli adulti. Le conversazioni in corso si fecero sussurri. Le famiglie e i ragazzini più grandi cominciarono ad allontanarsi, come se temessero di prendere coscienza della realtà della situazione.

    La grande tradizione marittima di Salem era acqua passata ormai. Oggigiorno la città sopravviveva grazie al turismo, dovuto solo in minima parte alla bellezza del fogliame autunnale. Salem, infatti, era stata teatro dei famigerati processi alle streghe, così come di due orrendi e feroci massacri.

    Che adesso erano diventati tre.

    Ma se i tragici effetti dell'ignoranza e della brutalità umana nel passato erano una cosa, le mattanze nel presente erano tutt'altra, soprattutto con la città in attesa della solita orda stagionale di visitatori. Le entrate prodotte dalle sole vacanze di Halloween consentivano a svariati negozi e locande di sopravvivere allo spietato inverno del New England, ormai alle porte.

    Naturalmente per lo zio Jamie la recente tragedia non era rilevante dal punto di vista finanziario, ma personale. Jenna lo conosceva bene e lo adorava proprio per questo: era uno che si prendeva a cuore i problemi degli altri, spesso rimettendoci in prima persona, ma era fatto così.

    Dalla sua posizione privilegiata, Jenna riusciva a vedere il Museo delle Streghe con la sua facciata in stile gotico inglese, che sorgeva dall'altra parte della strada, su North Washington Square, il punto da cui suggeriva sempre ai suoi amici di cominciare l'esplorazione della città.

    In una presentazione relativamente breve, il museo spiegava con grande maestria qual era l'atmosfera a Salem nei giorni dei famigerati processi. La grande statua di Roger Conant, il fondatore della città, si ergeva fiera dinnanzi a lei, col pesante mantello che pareva ondeggiare nella stessa brezza che scompigliava le foglie.

    Le case e i negozi che circondavano il parco erano già decorati per Halloween. Zucche e gatti neri adornavano le finestre e i prati, mentre dai rami degli alberi penzolavano scheletri e, ovviamente, streghe. Alcuni edifici erano più orientati al concetto tradizionale dell'autunno e sfoggiavano spaventapasseri, tacchini piumati e cornucopie. L'immagine di Salem che Jenna aveva davanti agli occhi era quella del vecchio New England, tutto famiglia e feste, immerso nel piacevole calore di quella stagione.

    Guardò di nuovo l'orologio. Era ora di andare all'appuntamento con lo zio Jamie; all'improvviso, Jenna si rese conto di aver paura di quell'incontro, senza neanche sapere il perché.

    Sam si versò un'altra tazza di caffè e si guardò intorno, cercando di concentrarsi sui dettagli e di decidere cosa avrebbe fatto di quella casa. Non gli piaceva affatto pensarci, ma era sempre meglio che pensare alle bizzarre e tragiche circostanze che avevano accolto il suo ritorno in città dopo tanto tempo.

    Non era il caso di farsi coinvolgere: non sarebbe rimasto a lungo. Si era già preso un bel periodo di aspettativa ed era ora di tornare al lavoro. O forse no, rifletté. In fondo non aveva solo salvato il suo cliente dalla prigione facendolo scagionare, ma aveva anche provato al di là di ogni dubbio che era davvero innocente. Ed era ancora esausto per la fatica.

    Come avvocato, Sam era salito su ogni singolo gradino della scala che portava al successo. Dopo il college e il servizio nell'esercito, aveva lavorato nell'ufficio del procuratore distrettuale, prima di essere assunto in un piccolo studio legale, dove aveva svolto soprattutto il ruolo di investigatore, perché il capo aveva bisogno di qualcuno che indagasse sui casi più che di un altro avvocato. Aveva imparato i trucchi del mestiere dal collega Colin Blake, ed era sceso a patti con una triste verità: un avvocato difensore era tenuto a fare del suo meglio per salvare il suo cliente anche quando pensava che fosse assolutamente colpevole. Aveva imparato a far soffrire poliziotti e pubblici ministeri, anche se aveva scoperto che quel lato del suo lavoro non gli piaceva granché. Eppure, dubitava che sarebbe stato in grado di tornare a vestire i panni della pubblica accusa. E non era per i soldi. Be', a dire il vero, era una questione di soldi. Spesso. A volte riuscire a mettere insieme una grande squadra di avvocati difensori dipendeva solo da questo. Aveva visto un giovane ricco uscire indenne da un'accusa per spaccio di droga, e un povero beccarsi quindici anni per lo stesso reato. Sam comprendeva la legge; quel che non capiva era perché i lenti ingranaggi del Congresso ci mettessero così tanto a sanare le ingiustizie rintracciabili in tanti casi. Era fortemente contrario alla pena capitale, nel timore che chissà dove e chissà quando finisse per condannare a morte una persona innocente, eppure capiva il desiderio che altri provavano di vederla applicata. Troppi signori della droga, assassini e stupratori riuscivano a tornare a piede libero.

    Ma la notte prima...

    C'era qualcosa nel giovane in cui si era imbattuto per strada che gli toccava il cuore.

    Secondo la polizia, il ragazzino aveva ucciso la sua famiglia a colpi d'accetta.

    Non c'era alcun dubbio che il padre, la madre, la nonna e il prozio di Malachi Smith fossero stati ammazzati, e per giunta in modo orribile. Quella mattina, Sam aveva visto su Internet che la notizia degli omicidi era stata diffusa a livello globale. Abraham Smith, sessantadue anni, Beth Smith, cinquantanove, Abigail Smith, ottantatré, e Thomas Smith, ottantasette, erano morti tutti dissanguati: Beth, Abigail e Thomas dopo aver ricevuto almeno otto colpi con un'ascia affilata, Abraham dopo oltre venti. La settimana prima un vicino, il signor Earnest Covington, era stato trovato massacrato sul pavimento del suo salotto. Sei mesi prima, un uomo originario di Salem residente nella vicina Andover era stato rinvenuto ucciso nel suo fienile. La polizia stava seguendo varie piste e ora sospettava che i casi fossero collegati.

    Prove incontestabili indicavano come assassino il figlio minore della famiglia Smith, Malachi. La polizia lo aveva arrestato e ora si trovava in isolamento, controllato a vista, nell'ospedale del riformatorio.

    Gli Smith erano gli attuali proprietari di Lexington House, celebre per la sua storia sanguinosa. Erano membri di una comunità di fedeli fondamentalisti che si riuniva presso la Old Meeting House di Beverly, Massachusetts. Particolare insolito che li ricollegava ai primi assassinii avvenuti in quella casa. Nel bel mezzo dei processi alle streghe di Salem, Eli Lexington aveva sterminato la sua famiglia con un'ascia. Era stato incarcerato insieme alle circa duecento persone arrestate all'epoca per stregoneria. Poi era scomparso. E da allora non si era più saputo nulla del suo destino.

    Poi, alla fine del XIX secolo, in quella casa erano stati uccisi anche il signor e la signora Braden. Un parallelo storico col delitto Menéndez? Dai libri, i film e i verbali del processo tramandati nel tempo, pareva che un giovane insoddisfatto avesse ucciso i genitori per denaro. Un caso simile era stato quello di Lizzie Borden. Sia il giovane Braden sia Lizzie furono assolti, ma nessuno aveva il minimo dubbio sulla loro colpevolezza.

    Proprio come nell'attuale caso.

    Sam continuava a ripetersi di spegnere il computer. Non erano affari suoi. E invece sì: era stato lui a trovare il ragazzo in mezzo alla strada.

    Ed era cresciuto a Salem. Si ricordava ancora i tempi della scuola, così come le filastrocche che ogni bambino della zona aveva imparato a memoria. Il vecchio Lexington amava tanto la moglie...

    Un buon avvocato – ma anche una mezza calzetta – avrebbe chiesto di certo l'infermità mentale. Il ragazzino era cresciuto in quella che tutti nei paraggi definivano una casa infestata – ma davvero infestata – dai fantasmi, il che in una città come Salem era tutto dire.

    Qualsiasi avvocato avrebbe potuto difendere il ragazzo. Era sin troppo facile.

    S'impose di allontanarsi dallo schermo del computer e di fare un giro per la casa.

    I suoi genitori erano morti da quasi due anni, e quella era la prima volta che Sam tornava in città dal giorno del funerale. La casa, tuttavia, era in ottime condizioni. Finché era stato in vita, suo padre si era sempre premurato che non ci fossero cavi elettrici consumati, che l'impianto di riscaldamento funzionasse alla perfezione e che ogni singola assicella dall'aria anche solo leggermente danneggiata fosse sostituita. E in quegli ultimi due anni ci aveva pensato un vecchio amico del padre, l'imprenditore edile Jimmy Chu, a mantenere l'immobile in buono stato. Il padre di Sam proveniva da una vecchia famiglia di puritani e aveva sempre considerato un onore e un dovere prendersi cura della casa che era appartenuta ai suoi genitori, e prima ancora ai suoi nonni. Tra gli edifici della zona non era certo tra i più antichi, ma si piazzava in buona posizione, insieme a molti altri che erano riusciti a sopravvivere dal XVIII al XXI secolo.

    Scosse la testa, sorridendo, e bevve un sorso di caffè dalla tazza ancora intatta. «Accidenti, papà. Sapevi che non sarei mai stato capace di vendere questo posto!»

    In ogni caso, possedere una casa in una città in cui non si viveva più era una vera rogna. Probabilmente suo padre immaginava che sarebbe tornato all'ovile prima o poi.

    Be', alla fine ci era anche riuscito, ma nel giorno sbagliato, maledizione. Abbassò la testa. No, non voleva farsi trascinare in qualche bega legale laggiù.

    Eppure non riusciva a sbattere le palpebre senza ritrovarsi davanti l'immagine dei grandi occhi vitrei del ragazzino, nudo e ricoperto di sangue, che tremava in mezzo alla strada.

    «Jenna!» Lo zio Jamie la attirò a sé e la strinse forte in un caldo abbraccio.

    Lei lo ricambiò, con altrettanto calore. Gli voleva un gran bene. Amava tutta la sua famiglia, in generale. A dispetto di una lunga storia costellata di guerre, gli irlandesi erano un popolo eccezionalmente cordiale, appassionato e generoso. Vantavano un ricco patrimonio di racconti folkloristici ed era assai raro che si trattenessero dall'esprimere con franchezza il proprio pensiero.

    «Zio Jamie!» esclamò Jenna.

    Lui stese le braccia e l'allontanò un istante da sé, per poterla osservare meglio. Jamie aveva brillanti occhi verdi e capelli biondo rame con qualche filo grigio. Era il fratello minore di sua madre, e aveva sempre avuto un lato buffo che lo rendeva molto popolare tra i bambini. Era così devoto che era stato sul punto di entrare in seminario, ma all'ultimo minuto aveva capito di non aver ricevuto realmente la chiamata divina. E così, aveva frequentato la facoltà di medicina ed era diventato uno psichiatra.

    «Hai un aspetto favoloso, tesoro! Splendida, come sempre. Con quei begli occhi verdi come l'Irlanda e i capelli fiammeggianti... Si abbinano bene al tuo carattere, come in mia sorella, eh?» le domandò con un marcato accento irlandese, che Jenna, invece, aveva perso ormai quasi del tutto; le era rimasta solo una lieve inflessione straniera, ma d'altronde lei si era trasferita negli Stati Uniti da ragazzina, mentre Jamie era già un uomo fatto e finito.

    «Be', il carattere della mamma non è poi così male, zio Jamie. Ti somiglia un sacco... È caparbia come te.»

    Lui sorrise, poi disse: «Vieni, ho prenotato un tavolo tutto per noi». La prese sottobraccio e la condusse verso l'angolo della sala. «Davvero incantevole, non trovi? Ho sempre amato questa città. Ci sono i wiccan coi loro meravigliosi negozi, e con tutte le loro strane credenze, naturalmente! Ci sono gli immigrati e le antiche famiglie di puritani, e vanno tutti d'accordo, più o meno. E poi l'autunno da queste parti è la stagione più bella: sono tutti innamorati della vita, impegnati a realizzare cornucopie e a intagliare zucche.»

    «Già, anch'io adoro questo posto, zio Jamie.»

    Lui si guardò intorno e fece un cenno alla cameriera. «Cosa prendi, tesoro?»

    Jenna si rese conto che Jamie stava tergiversando, mentre di solito era un tipo molto diretto. Era strano che indugiasse a

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