L ultima promessa: Harmony Destiny
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Catherine Mann
Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.
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Anteprima del libro
L ultima promessa - Catherine Mann
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
For the Sake Of Their Son
Harlequin Desire
© 2014 Catherine Mann
Traduzione di Giuseppe Biemmi
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 2014 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-3052-096-7
1
Elliott Starc affrontava il pericolo da una vita. Prima, come figlio di un padre decisamente manesco poi, come pilota di Formula Uno che, non pago dei rischi che correva in pista, ne aggiungeva altri, sfruttando i suoi continui spostamenti in giro per il mondo per collaborare con l’Interpol.
Ma, per quanto ne avesse viste di cotte e di crude, mai si sarebbe aspettato di venire rapito. E per giunta nel bel mezzo della festa di addio al celibato del suo migliore amico.
Imbufalito, Elliott scosse il capo, riprendendo a poco a poco conoscenza solo per realizzare che aveva i polsi ammanettati. Era frastornato e intontito. Ricordava solo che si trovava ad Atlanta, Georgia, al party dell’amico, e adesso si ritrovava ammanettato e bendato. Ma cosa diamine stava succedendo? Sapeva solo di essere sul sedile posteriore di un’auto che odorava di pelle e lusso. I rumori circostanti non gli erano di grande aiuto. Il ronzio di un motore perfettamente messo a punto. Lo schiocco di una lattina che veniva aperta. Una musica talmente debole che doveva giungere da un paio di cuffie.
«Si è svegliato» sussurrò una voce profonda, troppo bassa per essere identificata.
«Dannazione» sibilò un’altra voce.
«Ehi!» strillò Elliott, solo che non fu proprio uno strillo. Fu più un grido strozzato da vecchia cornacchia. Così si schiarì la gola e riprovò. «Diamine, qualunque cosa stia accadendo qui, possiamo discutere un riscatto...»
Un lungo ronzio elettrico risuonò nell’aria. Inconfondibile. La chiusura di un vetro divisorio per assicurare la privacy all’interno dell’abitacolo. Poi silenzio. Isolamento assoluto. Non c’era possibilità di chiedere aiuto a chicchessia in questa...
Limousine? Chi mai sequestrava qualcuno usando una limousine?
Be’, in ogni caso, una volta che si fossero fermati, sarebbe stato più che pronto. Nell’istante stesso in cui gli avessero tolto la benda e avesse riacquistato la vista, non avrebbe nemmeno avuto bisogno delle mani. Era padrone di sette forme diverse di autodifesa. Poteva farsi valere adoperando i piedi, le spalle oppure il peso del suo corpo.
Solo da morto avrebbe potuto uscire sconfitto da uno scontro fisico.
Dai sobbalzi che avvertiva, poteva desumere che avessero lasciato l’interstatale e preso una strada di campagna. Non aveva modo di valutare se fossero diretti a nord, sud od ovest. Potevano essere ovunque, dalla Florida al Mississippi o al South Carolina, e i nemici non gli mancavano certo in ogni parte del mondo a causa del lavoro con l’Interpol e dei suoi invidiati trionfi in pista nel campionato mondiale.
E poi aveva una sfilza di ex inviperite... Elliott sussultò al ricordo delle donne senza scrupoli che aveva frequentato. Quelle pessime esperienze avevano un unico punto luminoso costituito da Lucy Ann Joyner. Ma lui aveva rovinato tutto.
Maledizione.
Tornò a concentrasi sul presente e considerò che quell’auto aveva degli ottimi ammortizzatori. Altrimenti la strada dissestata che stavano percorrendo gli avrebbe fatto battere i denti.
Sebbene i suoi denti fossero oltremodo serrati al momento.
Non si spiegava ancora come avesse potuto farsi prendere alla sprovvista verso la fine della festa di addio al celibato di Rowan Boothe in un casinò di Atlanta. Si era defilato un attimo per andare a recuperare dello scotch d’annata in un ripostiglio che gli era stato indicato. Prima che potesse richiudere la mano attorno al collo della bottiglia, qualcuno lo aveva messo fuori combattimento.
Se solo avesse saputo il motivo del suo sequestro. Qualcuno mirava al suo denaro? Oppure avevano scoperto che collaborava in segreto con l’Interpol? Se era così, avevano in programma di sfruttare in qualche modo quel collegamento?
Aveva sempre vissuto la vita al massimo, deciso a riscattare un’infanzia difficile. Gli era rimasto un unico rimpianto: l’amicizia di vecchia data con Lucy Ann sfumata in modo ancor più eclatante quando, essendo andato a sbattere all’ultimo giro, gli era sfuggita la vittoria nel Gran Premio d’Australia l’anno prima.
L’auto si fermò. Elliott puntò i piedi per evitare di scivolare dal sedile. Quindi non fiatò, per far credere ai suoi rapitori che stesse ancora dormendo.
I muscoli gli si tesero, ansiosi di avere l’occasione di confrontarsi con quegli uomini. Era abituato a gestire situazioni delicate per via della collaborazione con l’Interpol, senza contare che aveva affinato i suoi tempi di reazione nel corso della carriera di top driver.
Da quando si era lasciato alle spalle le sue radici fatte di povertà e vita di strada, contro ogni ragionevole previsione, Elliott se l’era cavata egregiamente. Si era spogliato dei panni del teppistello ed era finito in una scuola militare che tanto ricordava un riformatorio, dove si era legato indissolubilmente a un gruppo di amici. Erano ragazzi disadattati come lui, che disdegnavano le regole ma che seguivano un severo codice di giustizia. Crescendo, avevano intrapreso strade diverse, ma si erano tenuti in contatto grazie al reciproco affiatamento e alla comune collaborazione come freelance per l’Interpol.
Oh, non che gli fossero stati di grande aiuto quando qualcuno lo aveva brutalmente prelevato mentre si trovava a pochi metri dalla festa cui stavano partecipando tutti quanti.
La portiera dell’auto si aprì e qualcuno si sporse su di lui. Alle narici gli giunse un odore familiare, e un flash gli passò per l’anticamera del cervello. Conosceva quella persona e subito iniziò a spremersi le meningi per sbrogliare il mistero prima che fosse troppo tardi.
La benda gli venne slacciata e tolta, tanto che si ritrovò a fissare gli interni di una limousine nera, proprio come aveva sospettato. La vista dei suoi sequestratori invece fu un’assoluta sorpresa.
«Salve, Elliott» disse il suo vecchio compagno di scuola Malcolm Douglas, ovvero colui che gli aveva chiesto di andare a prendere la bottiglia di scotch alla festa. «Ti sei svegliato bene?»
Conrad Hughes, un altro amico di lungo corso nonché infido traditore, gli diede un paio di buffetti sul viso. «A me sembra bello sveglio e pimpante.»
Elliott represse un’imprecazione. Era stato rapito dai suoi compagni durante l’addio al celibato. Ma perché? «Qualcuno può spiegarmi cosa diavolo sta succedendo qui?»
Squadrò prima Conrad e poi Malcolm, che al casinò se l’erano spassata con lui fin ben oltre la mezzanotte. Quindi fissò la luce del sole del primo mattino e le enormi querce che avevano alle spalle. Il profumo del gelsomino della Carolina portato dalla leggera brezza gli solleticò il naso. Perché mai lo avevano portato a fare quello strano giro in auto?
«Be’?» insistette quando nessuno dei due gli rispose. «Che cosa diamine state tramando?» domandò, trattenendo a stento la rabbia. Avrebbe tanto voluto prenderli a calci nel sedere. «Spero proprio che abbiate un valido motivo per avermi portato in questo posto dimenticato da Dio.»
Conrad gli diede una pacca sulla schiena. «Presto vedrai tu stesso.»
Elliott scese dall’auto, cosa nient’affatto semplice dato che era ammanettato. I suoi mocassini entrarono in contatto con terra, pietre e polvere quando si alzò sulle sue gambe per ritrovarsi nel bel mezzo del nulla in una fitta foresta di pini e querce. «No, dovete dirmelo adesso, o ve le suonerò di santa ragione.»
Malcolm si appoggiò con nonchalance alla fiancata della filante limousine nera. «Voglio proprio vedere come farai a picchiarci con le mani ammanettate. Comunque, continua a minacciarci e ti faremo sospirare per un bel pezzo la chiave che ti può liberare i polsi.»
«Ah... non è per niente divertente.» Elliott serrò i denti per la frustrazione. «Scusate, ma non era lo sposo a essere oggetto di certi scherzi goliardici?»
Conrad sogghignò. «Oh, non preoccuparti. A quest’ora Rowan dovrebbe essersi svegliato e aver trovato il suo nuovo tatuaggio.»
Tendendo i polsi ammanettati, Elliott chiese: «Scusate, ma cosa c’entro io? Mica sono io quello che sta per sposarsi».
E non mi sposerò mai.
Malcolm si staccò dall’auto, piegando di lato il capo per indicare il sentiero che conduceva a una folta macchia di pini fra i quali un’occasionale magnolia pareva protendersi verso il sole. «Invece di darti una spiegazione, ti lasceremo vedere con i tuoi occhi. Su, vieni con noi.»
Come se avesse alternative. Chiaramente, i suoi amici avevano architettato una qualche sorta di stupido tiro mancino e intendevano portarlo a compimento a ogni costo. D’accordo, era intrattabile da quando aveva rotto con Gianna. Al diavolo, lo era fin da prima di allora. Per essere precisi, da quando Lucy Ann aveva lasciato il posto di assistente personale ed era uscita per sempre dalla sua vita.
Dio, aveva davvero bisogno di sfogare un po’ di frustrazione dietro al volante, con il piede premuto a fondo sull’acceleratore, lanciato verso... verso qualunque traguardo.
Una volta addentratosi di qualche passo nel bosco, il sangue cominciò a rimescolarglisi nelle vene. Il terreno era più verde rispetto all’ultima volta che era stato lì, ma riconosceva piuttosto bene la zona. Casa. O meglio, quella che aveva considerato tale quando era un povero ragazzino con un padre alcolizzato. Quel paesino rurale del South Carolina, poco distante da Columbia, era chiamato God’s Land, la terra di Dio.
Elliott la considerava un angolo di inferno.
Anche se l’inferno, oggi, era inondato dal sole.
Avanzò verso una radura e imboccò un vialetto d’accesso pieno di erbacce ma familiare, con una casetta di legno e una quercia secolare al centro del cortile. Un albero attorno al quale aveva giocato spesso da bambino, sperando di poter rimanere lì per sempre perché quel piccolo rifugio in capo al mondo era molto più sicuro di casa sua.
Si era nascosto lì con Lucy Ann Joyner, al limitare della fattoria della zia della sua inseparabile amica. Entrambi avevano apprezzato la tranquillità e la pace del luogo, anche se potevano goderla per poche ore. Sì, ma come mai i suoi compagni lo stavano accompagnando in quella escursione nei ricordi?
Un fruscio di foglie e uno strano scricchiolio attirarono il suo sguardo. Un’altalena pendeva da un grosso ramo, muovendosi avanti e indietro mentre una donna si dondolava, dando loro la schiena. Elliott rimase come impietrito. All’improvviso, il significato di quel viaggio gli fu perfettamente chiaro. A undici mesi dalla rottura e nella speranza di una loro riconciliazione, i suoi amici avevano organizzato un incontro, visto che lui e Lucy Ann erano entrambi troppo testardi per fare il primo passo.
Sapeva del suo arrivo? Elliott deglutì al pensiero che, dopotutto, forse lei lo voleva ancora. Che era tornata sulla sua decisione di tagliarlo fuori dalla sua vita. Ma se era così, perché Malcolm e gli altri avrebbero dovuto nascondergli il loro proposito?
Non era così sicuro che l’anno appena passato potesse essere dimenticato tanto facilmente, ma provò un tuffo al cuore al solo pensiero di poter tornare a parlare con lei.
Lo sguardo gli si impregnò della sua vista. Fissò la sua leggiadra schiena femminile, i capelli castano chiaro che le ricadevano morbidamente sulle spalle. Accidenti, erano stati undici mesi tremendamente lunghi senza di lei. La sua compagna di giochi di una vita era scappata dopo una notte memorabile che aveva distrutto per sempre la loro amicizia.
Le aveva dato tempo e spazio, ma non l’aveva più sentita. Nel giro di un giorno, la persona di cui si fidava di più lo aveva escluso. Non aveva mai permesso a nessuno di avvicinarsi così tanto a lui... nemmeno agli amici della scuola militare. Lui e Lucy Ann avevano una storia comune, che andava oltre l’amicizia, fatta di esperienze simili e di dolore e speranza.
O, almeno, così aveva pensato Elliott.
Come attratto da una calamita, avanzò verso l’altalena e la donna che vi era seduta. Con le mani ancora ammanettate davanti a sé, la osservò. L’incarnato delicato della sua gola gli evocò il ricordo del profumo di gelsomino. Il modo in cui il vestito le scivolava leggermente da una spalla gli rammentò gli anni in cui lei indossava gli abiti smessi delle vicine di casa.
La corda sollecitava il ramo al quale era fissata ogni volta che lei si dava la spinta con la punta dei piedi. Poi una folata di vento fece ruotare l’altalena verso di lui.
Elliott si fermò sui suoi passi.
Sì, era proprio lei, ma gli pareva anche diversa. Lucy Ann ricambiò il suo sguardo con occhi sgranati e pieni di stupore. Chiaramente, al pari suo, era stata tenuta all’oscuro di tutto questo. Ma, prima ancora che Elliott potesse terminare di elaborare quella delusione, i suoi occhi videro qualcosa che lo sconvolse ancor di più.
Fra le braccia, avvolto in un plaid azzurro, Lucy Ann teneva un bambino che stava allattando al seno.
Lucy Ann si strinse al petto il bambinetto e fissò allibita Elliott Starc. L’amico d’infanzia. L’ex datore di lavoro. E, soprattutto, l’ex amante una tantum.
Il padre di suo figlio.
Si era immaginata un milione di volte il momento in cui gli avrebbe detto della loro creatura, ma non aveva previsto niente del genere, con lui che si materializzava all’improvviso come per incanto. Ammanettato? Chiaramente, non era venuto di sua spontanea volontà. E lei aveva sfidato il destino aspettando così tanto per