Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

Blackout
Blackout
Blackout
E-book240 pagine3 ore

Blackout

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

La corrente elettrica viene a mancare improvvisamente sulla terra. Uno sconvolgimento orbitale ha cambiato l'inclinazione dell'asse  e l'orbita terrestre. Le cose cambiano rapidamente e non saranno mai più le stesse per chi riuscirà a sopravvivere. Occorrerà adattarsi e collaborare.
LinguaItaliano
EditoreAB line
Data di uscita4 nov 2022
ISBN9788835897521
Blackout

Leggi altro di Antonio Balzani

Autori correlati

Correlato a Blackout

Ebook correlati

Fantascienza per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Categorie correlate

Recensioni su Blackout

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    Blackout - Antonio Balzani

    Antonio Balzani

    Blackout

    UUID: ec0c1768-e521-4bcb-81cc-00020c8953cf

    Questo libro è stato realizzato con StreetLib Write

    https://writeapp.io

    Indice dei contenuti

    Un giorno diverso

    Guai

    Il rifugio dei carpini

    Il viaggio

    Gino

    I ragazzi

    Un colpo di fucile

    La notte più lunga

    In città

    Terremoto

    Al rifugio dei Carpini

    Il racconto

    Uno scambio

    Si torna a casa

    Una nuova giustizia

    Passare il fiume

    Ai carpini

    La fine del viaggio

    Promesse di futuro

    Eventi

    Testimone del passato e del futuro

    Una nuova società

    Il tempo che passa

    Il calcinculo

    Dello stesso autore

    BLAKOUT

    Un giorno diverso

    Cercavo gli occhiali da vista che ormai mi sono indispensabili ed inseparabili; avrebbero dovuto essere appoggiati sul comodino ma evidentemente si erano spostati perché, toccando con la mano, non li sentivo.

    La luce era ancora poca per cui schiacciai l’interruttore della lampada da notte per cercarli meglio. Macché! Evidentemente era bruciata la lampadina. Mi sono comunque alzato ed eccoli, appena dietro lo stelo della lampada: ora di alzarsi a fare il caffè.

    Così con la solita routine è iniziata la mia ennesima giornata: grande sbadiglio, stiracchiamento, grattatine al cuoio capelluto, altra stiracchiata e un'ultima grattatina, poi giù dal letto.

    Stessa procedura per la mia cagnolina Brie che dormiva in fondo al letto.

    Ero solo quella mattina: mia moglie era andata a trovare la madre e la sorella e soprattutto a vedere i nipotini, si sarebbe fermata una settimana circa.

    Mi alzai e mi recai in cucina dove la moka aspettava sul piano del lavandino. Decisi per la macchinetta elettrica, più veloce, anche se sarebbe mancato l’aroma avvolgente del caffè che risaliva gorgogliando nella caffettiera. Ma porc… miseriaccia.

    Neppure la caffettiera elettrica si accendeva: probabilmente era saltata la luce, in casa oppure nel palazzo a giudicare dalle esclamazioni, poco soffocate che mi capitava di ascoltare, provenienti dagli altri appartamenti. Oppure per effettuare lavori di manutenzione avevano staccato la corrente all'intero quartiere. Capita a volte; di solito avvertono o affiggono manifestini alle entrate ma evidentemente mi erano sfuggiti.

    Bene: vada per la moka: la cara vecchia, insostituibile, moka.

    La mia cagnolina, intanto, si era rilassatamente sdraiata di nuovo in fondo al letto che condividevamo, in attesa del caffè che consumavamo assieme ad alcuni biscotti: metà per uno: un pezzetto a me un pezzetto a lei.

    Consumammo il caffè e infine dopo una rapida giocatina, il lavacro: accesso al bagno, apertura delle imposte per fare entrare la luce del sole, ormai abbondante, doccia, lavaggio dei denti e rituale del vestiario.

    Ero in ferie, non dovevo lavorare anche se in effetti il mio lavoro consisteva nel mettermi al computer e pensare, leggere, scrivere, relazionare sui problemi delle ditte mie clienti.

    Siamo in estate e loro non lavorano. Chiudono. O meglio: generalmente lasciano in ferie la maggior parte degli addetti e provvedono alle manutenzioni e ai lavori necessari per la riapertura settembrina. In ogni caso, dunque, potevo prendermela con tutta calma, del resto, se mancava la luce tanto valeva che mi dedicassi alla passeggiata mattutina con la mia cagnolina. Oggi sarebbe stata un po' più lunga del solito.

    Per non trascurare nulla risalii una rampa di scale per accedere all'interruttore generale: magari era saltato quello. No! Mancava proprio la corrente a tutto il quartiere.

    In strada c’era poca gente e tutti si salutavano scambiando un unico commento dopo il buongiorno.

    «A casa mia manca la luce stamattina, succede anche da lei? - Ma questi s…zi delle compagnie, non potrebbero almeno? … Magari tra un po' torna la luce… Speriamo. Il frigorifero spento non è una bella cosa… E poi non si può lavorare e neppure prendere un caffè al bar… Io ho la moka se dio vuole… beato lei, noi con la scusa delle capsule che sono comode, ormai abbiamo solo quella elettrica» «Mah… tranquillo, fra un po' tornerà… Buongiorno».

    Io abito in un quartiere tranquillo della prima periferia cittadina. Un luogo che mi piace perché ricorda il mio paesino di nascita: una piazza alberata, un bar, la farmacia, un paio di botteghe di alimentari e accessori, un paio di panifici artigianali, una gelateria, un tabacchino, un’edicola, una banca e quanto necessario alla vita quotidiana. Poco più in là, nel raggio di un chilometro la città si movimenta, offrendo supermercati, ospedali e tutti i servizi e le comodità cittadine. Non è una grande città ma i suoi trecentomila abitanti li riunisce quindi non manca nulla. Attorno a casa scorrono le linee urbane dei mezzi, poi viene la stazione ferroviaria e poco oltre, un piccolo, moderno aeroporto.

    Al mattino ed alla sera e poi ancora a mezzogiorno, risuonano le campane della chiesa al centro della piazza: una chiesa piccola, con un bel concerto campanario che ripete il mattino e la sera un motivetto che conosco dall'infanzia. Mi piacciono, le campane e quel motivetto che scandisce la giornata senza disturbare: mi ricordano l’infanzia al paese.

    A quest’ora del mattino non si incontra molta gente in giro: signori anziani generalmente, che portano a spasso il cane, qualche signora che trasferisce i figlioletti dalla nonna per poter andare al lavoro. Non c'è scuola e i bambini a casa, diventano un problema: per fortuna ci sono i nonni o i centri estivi organizzati.

    Molti vanno a comprare il pane, fresco e profumato; normalmente aleggia nell'aria un allettante profumino di pasticcini e brioches, perfetti per la colazione e per quella dei figli che fra poco, si alzeranno dal letto pieni di fame e di energia. Qualche operaio che si ferma a fare colazione al bar. Questa mattina no.

    Niente campane, niente profumi invitanti; questa mattina erano tutti molto seccati per l’assenza di corrente elettrica che impediva soprattutto di fare questo.

    La colazione al bar, lo scambio di rapide opinioni sulla politica e il malaffare, lo sport, una rapida scorsa al giornale del bar, sono riti importanti, fondamentali per sentirsi parte di una comunità.

    Per il resto la vita di tutti i giorni si preparava a scorrere normalmente mentre il traffico di automobili aumentava.

    Come previsto, la mia passeggiata mattutina si prolungò più del solito e mentre facevo ritorno dal parco, la mattinata era avanzata e il caldo estivo cominciava a farsi sentire; ovunque bighellonavano persone che erano impossibilitate a lavorare, in ufficio o nei cantieri e avevano deciso di farsi due passi nell'attesa del ritorno dell’energia.

    Tutti erano seccati, qualcuno più degli altri, soprattutto per la mancanza di un preavviso che avesse preceduto il blackout ma sono inconvenienti che nell'era moderna accadono spesso; poco più che seccature.

    Il traffico convulso del mattino si era esaurito e giravano solo poche auto: molto poche stranamente, pareva domenica.

    Tornato a casa, ancora in assenza di energia elettrica mi misi a lavorare in giardino: un paio di cesoie in mano, una scopa ed un piccolo rastrello e un’energica ripulitura del fogliame secco; un’aggiustatina alla frondosa capigliatura degli alberi da frutta in pieno rigoglio verde che riempiono e ombreggiano il giardino, poi delle rose e dei fiori in vaso.

    Il caldo ormai era eccessivo per lavorare ancora e decisi per una doccia e prepararmi il pranzo. La luce non era ancora tornata quindi niente acqua calda ma tant'è, con questo caldo l’acqua fredda è tutt'altro che sgradita.

    Dopo una rapida doccia misi a cuocere una pasta che avrei condito con un ottimo soffritto di cipolle e rosmarino e un pizzico di pancetta ben rosolata; una spruzzatina di pepe e peperoncino piccante e un filo di olio a crudo avrebbero completato il piatto. Dicono che il peperoncino aiuti a combattere il caldo perché fa circolare meglio il sangue. Forse è vero, comunque a me piace.

    Ancora niente luce. Andai in cantina e nel grigiore buio dell'ambiente presi una bottiglia di vino bianco, frizzante ed amabile, per farne un aperitivo.

    Apparecchiata la tavola; anche se sono solo io, apparecchio sempre la tavola con tovaglia e tovagliolo, posate bicchieri e tutto quello che serve. Nell'attesa che la pasta cuocesse mi versai un mezzo bicchiere di vino e mi sedetti a sorseggiarlo leggendo il giornale.

    Appartengo alla generazione che legge ancora il giornale cartaceo, non mi sono abituato a leggere le notizie sul telefonino e quelle fornite dalla televisione non finiscono di soddisfarmi: troppo sintetiche o viceversa prolisse, troppo incentrate sulla cronaca nera o sulla politica generale. Teorie sui massimi sistemi, litigi in diretta e poca concretezza.

    Volete mettere la soddisfazione di aprire il giornale e leggiucchiare, dapprima i titoli e poi le notizie locali, le lettere al direttore con relative lamentele o congratulazioni, lo sport.

    Le ultime pagine sono le più lette dalle persone molto anziane soprattutto signore, generalmente vedove: riportano i necrologi: nomi e fotografie di persone conosciute o in qualche modo non sconosciute. Un ottimo argomento di conversazione per le signore, dal parrucchiere o nelle botteghe.

    I miei figli non sanno neppure aprirlo e sfogliarlo il giornale se non possono appoggiarlo ad un piano: ci vuole abitudine per lanciare e ripiegare le grandi pagine al volo.

    Dopo pranzo le solita routine: pisolino, e nuova passeggiatina col cane. Strano però non aver ancora avuto notizie da mia moglie e dai ragazzi: di solito verso quest’ora si fanno vivi con una chiamata al telefono. Che stupido. Anche il telefono è bloccato, neanche una tacca di segnale: in assenza di corrente, evidentemente anche i trasmettitori telefonici sono andati in tilt.

    Ci sentiremo più tardi, o domani: non casca il mondo.

    Questa volta l’ambiente esterno era tutt'altro che rilassato: la gente si riuniva a crocchi e gesticolava nervosa parlando a voce altissima, quasi a coprire il silenzio anomalo. Solo poche macchine giravano e le voci si udivano nette nel quasi silenzio che colpiva gli orecchi.

    Molte persone riunite sui marciapiedi: negozianti e clienti; niente casse e niente scontrini, niente bancomat o carte di credito; impiegati in pausa ed in attesa, signore in attesa del parrucchiere, operai che non potevano usare gli attrezzi da lavoro: niente trapani, smerigliatrici o seghe elettriche, niente compressori. Soprattutto niente telefoni per comunicare.

    Tutti avevano in mano il cellulare e lo guardavano sconsolati; abituati a un contatto telefonico pressoché costante, allo scambio di messaggini, alla consultazione dei social, erano tutti sconcertati come se gli mancasse qualcosa di indispensabile, come se il mondo fosse improvvisamente finito e senza avvertirli.

    La situazione di blocco energetico stava effettivamente prolungandosi oltre ogni accettabile condizione, iniziavano a presentarsi problemi che influivano sullo svolgimento normale delle attività. Il nervosismo di qualcuno si mischiava alla passività ed al fatalismo di altri o all'impetuosità di azione e all'irruenza di altri.

    Per qualcuno il nervosismo si stava trasformando in rabbia: battibecchi e scortesie cominciavano ad apparire con frequenza.

    Era l’orario dell’uscita da scuola dei bambini, non la scuola canonica ma quella che sostituiva la scuola per i ragazzi, un doposcuola estivo, un'occasione di stare insieme per i più piccoli e anche per i più grandicelli. Attività varie, chiacchiere, attività sportive nella palestra etc. L'ambiente scuola era il loro mondo, soprattutto serviva per tenerli controllati e fuori di casa. I genitori pagavano rette tutt'altro che basse per goderne i servizi.

    I ragazzi più grandi erano usciti prima, tutt'altro che scontenti della mancanza di campanelle e orologi; unica cosa, l’assenza del segnale telefonico: i ragazzi di oggi non possono vivere senza essere connessi, non sanno proprio come fare. Niente social, niente messaggi, solo contatti diretti e stretti.

    Per ora potevano bastare e bastavano a divertirli. Per loro questa volta almeno era un’occasione per vincere la noia, fare qualcosa di diverso e ne approfittavano volentieri.

    Davanti alle scuole arrivavano le mamme o i papà, scaglionati perché qualcuno si era perso l’orario in assenza del telefono, usato regolarmente come orologio. Si formò il solito ingorgo di auto, biciclette, autobus che caricavano i bambini e i ragazzi. Molte più biciclette del solito e meno motorini, monopattini elettrici di gran moda: meno auto.

    L’argomento di conversazione era sempre e solo uno: questo maledetto blackout: quanto sarebbe durato? «… Possibile negli anni 2000 che succedessero ancora queste cose? … E quando volevate che succedessero? All'epoca del vapore? … Saranno le macchie solari… certo, qualche tempesta cosmica… Beh, passerà: arrivederci... Andiamo bambini, … passiamo dal parco? Ma non avete giocato fino ad ora? … Va bene, solo due giri in altalena…»

    «Ci mancava solo che la macchina mi lasciasse a piedi: sarà morta la batteria, non sono più riuscito a metterla in moto».

    «Anche a lei?»

    A quanto pareva non era uno solo ma erano molti ad aver avuto il problema.

    Tornato alla calma del mio giardino non potevo fare a meno di pensare che era davvero un bel problema l’assenza di corrente elettrica e sperare che non sarebbe durato molto ancora. Potevano essere guai in quel caso.

    Ormai tardo pomeriggio, dopo aver lavoricchiato ancora un poco in giardino, raccolto pomodori e cetrioli maturi, letto parecchie pagine di un libro di avventure che da tempo mi ripromettevo di leggere senza mai trovarne il tempo, o la voglia per farlo, venni sollecitato dalla mia compagna canina… ah la routine che obbliga un uomo a muoversi nonostante preferirebbe rimanersene sdraiato sul divano… mi vestii per uscire e farmi la passeggiata serale attraverso il quartiere. La corrente non era ancora tornata e l’umore della gente stava decisamente peggiorando. Era palpabile nell'aria la scontrosità delle persone.

    Alcune liti anche molto accese erano scoppiate, mi dissero, nelle botteghe e nei caffè, perché la gente che voleva comprare qualcosa non poteva farlo per il mancato funzionamento delle casse e dei lettori di carte.

    Per fortuna molti, la maggior parte, aveva in tasca contanti sufficienti per risolvere alla buona la cosa e al diavolo gli scontrini ma altri, molti altri non più abituati all'uso dei soldi si erano trovati costretti a lasciar perdere la spesa con accuse di sfiducia o di clientelismo ai gestori che servivano solo coloro che avevano contanti e rifiutavano di far credito agli altri pur ben conosciuti. I maligni sussurravano fosse proprio per quello.

    La gente si era rifugiata nei centri commerciali, dove si recava al solito per godere gratuitamente dell’aria condizionata, fornita comunque dai generatori diesel che ognuno di essi possedeva e che garantivano animazione fresco luci e colori, oltre ai servizi essenziali.

    I capannelli di persone annoiate, non abituate alla frequentazione ed al confronto di idee della massa, incapaci di godere della reciproca compagnia e per altro intenzionati a non concedere facilmente la propria, finivano in discussioni animate che vertevano quasi tutte sull'emergenza in corso. Nessuno pareva avere notizie sugli sviluppi della cosa ed era proprio la mancanza di notizie ad esacerbare gli animi. Mi affrettai a tornare a casa.

    Controllai per scrupolo il telefono che iniziava a scaricarsi senza altro segno di vita.

    Fu con un sospiro di sollievo che vidi rientrare mio figlio che si era recato a fare una gita in montagna dove possedevamo una casettina, più un rifugio estivo che altro, piccola ma abitabile, circondata da un grande prato in parte piano e in parte in pendenza e un boschetto sul fondo, con molti alberi anche da frutta: susini, emoli, pere albicocche, fichi, nocciole, meline antiche e molte giovani querce, qualche pino, alcune altre essenze.

    Di fronte alla casetta erano due vetusti alberi di tiglio, maestosi e frondosi che ombreggiavano un rettangolo verde con una splendida vista sulle montagne circostanti.

    A lui, a mio figlio, come del resto a tutti noi, piaceva passarci ogni tanto qualche giorno in relativa solitudine, godendo della quiete assoluta dell’aria più fresca e secca che non in città. Da soli o in compagnia lo consideravamo un rifugio anche per via della sua lunga storia risalente al tempo della Seconda guerra mondiale.

    «Anche qui manca la luce?» chiese lui «credevo fosse un problema solo di lassù. Non me ne ero preoccupato perché là è un continuo».

    «Già. È almeno da stamattina che manca completamente e pare in tutta la città. È tutto bloccato. Tua sorella non è ancora tornata» dissi «sai dove sia finita?»

    «Non ti preoccupare, sono andati con gli amici a fare una grigliata presso il fiume. Ora che scende la sera se la godranno attorno al fuoco a guardare le stelle in cerca di quelle cadenti, cercando di pensare ai desideri da esprimere nell'attimo in cui ne vedono una. Più tardi vedrai che torna».

    «Speriamo» risposi «ma senza telefono, effettivamente non c’è più la possibilità di comunicare».

    «Non puoi dar la colpa alla cattiva volontà ma solo alla imprevedibile impossibilità» ribadì lui.

    «È da quando ero giovane che non mi succedeva; io sono refrattario all'uso continuo del telefono che fate voi ma devo ammettere di essermi abituato alla sua comodità di esistenza». «Va la, va la, cosa ne dici se mangiamo qualcosa? Io ho una fame da lupo».

    Così, mentre lentamente scendeva il crepuscolo da un lato della casa, mentre un tramonto rosso infuocato riempiva di luce l’altro lato, ci dedicammo ad un’attività che ci riuniva sempre allegramente: inventare qualcosa da cucinare. Ci trattavamo bene noi: roba di prima qualità e modestia a parte, anche una certa abilità nel cucinarla.

    Era ormai scesa la sera. Ci eravamo spostati in giardino, lui aveva preso la chitarra e strimpellava mentre io fumavo la mia pipa.

    Uno spettacolo quasi sconvolgente si presentava ai nostri occhi: nel buio incipiente, in assenza dei lampioni stradali, il cielo appariva pieno di stelle come mai mi era capitato di vedere e forse a nessun altro, certamente non stando in città … ma allora deve essere qualcosa di molto grosso il guasto

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1