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Crimini in estate
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E-book120 pagine1 ora

Crimini in estate

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Info su questo ebook

Siamo nel 1983. A Boad Hill si scopre il cadavere senza testa di una bambina, fatto piuttosto strano in una cittadina dove non accade mai nulla di interessante. Contemporaneamente sparisce la figlia di Big Bob, Carietta. Lo sceriffo Aston e i suoi agenti si trovano alle prese con la ricerca di un assassino e di una persona scomparsa. Ma non sono gli unici. Anche Peter Bray, un ragazzino di soli otto anni, ed il suo gruppo di amici cercano di scovare la verità e sarà proprio nell'intento di svelarla che Peter sfrutterà il suo dono. "La luce".

LinguaItaliano
EditoreBadPress
Data di uscita28 set 2020
ISBN9781071567272
Crimini in estate

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    Anteprima del libro

    Crimini in estate - Claudio Hernández

    Crimini in estate

    1

    La testa aveva gli occhi aperti, ma non si trovava lì vicino, dove tutto era accaduto. Era dall'altra parte della foresta di Boad Hill. Correva l'anno 1983 e il caldo divorava l'aria densa e appiccicosa. Quella mattina del 3 agosto non si percepiva il sole in quegli occhi vitrei; anche se i suoi raggi filtravano tra i rami degli alberi, dei frassini, quegli occhi non avrebbero potuto più battere ciglio, nemmeno una volta.

    Peter Bray, che aveva solo otto anni, si trovava vicino ai binari del treno, dall'altra parte del bosco, oltre il lago Lakehill. I suoi occhi stavano fissando una mano violacea che spuntava tra i cespugli e le foglie secche, il dito medio era teso, mentre le altre dita erano curve. Sembrava che, dopo la morte, quella mano lo stesse mandando a farsi fottere. Ingenuo come qualsiasi altro bambino, Peter si accovacciò lentamente ed in modo spontaneo fino ad avere vicina quella mano. Stese la sua nel cielo illuminato dai raggi del sole che attraversavano i dannati rami degli alberi. Era un pezzo di strada conosciuta persino ai pellicani; in fondo c'era un ponte che risplendeva come un diamante.

    Nonostante la sua testa pulsasse, le dita di Peter sfiorarono la pelle ruvida e maleodorante sul dorso di quella mano ed è allora che scoprì qualcosa che abitava dentro di lui.

    Vide un immenso tunnel oscuro, sentì le vertigini e finalmente iniziò a scorgere l’immagine del viso di un uomo con la barba lunga. Quegli occhi profondamente oscuri e dall’espressione malata, mai vista prima, gli rimasero impressi come fuoco nella mente.

    In una delle mani, la destra, aveva una sega arrugginita.

    I resti di quella bambina di sei anni erano sparsi e nascosti nell’area di un chilometro di quel fitto bosco.

    E Peter Bray aveva visto il volto dell’assassino.

    Ritirò in fretta la mano e il suo cuore iniziò a battere all’impazzata. Un dolore lancinante lo attraversò dal collo fino alla testa, rimanendo ridicolmente intrappolato sulla bocca da uno strano sorriso.

    Sua madre lo sapeva. Suo padre anche. Lui no.

    Era «La luce».

    2

    Perlustrarono ogni angolo del fottuto bosco, fecero un’intensa ricerca e strapparono via tutti i cespugli per trovare, quasi in ognuno di essi, un pezzo di quella povera disgraziata. Le luci della festa, quelle delle due auto della polizia, si riflettevano sulle foglie, alcune verdi e altre rosse. I loro volti scarni formavano una specie di paralume.

    Anche Peter Bray era lì. 

    Nonostante avessero percorso alcuni chilometri a piedi ed essere ritornati con le chiappe molli sul sedile posteriore di una di quelle rumorose macchine, almeno tutto questo risultava loro divertente; sembravano auto da luna park per quanto rimbalzavano.

    A quei tempi a Boad Hill dettava legge Aston Halloran; beh, in realtà quello di Aston era un soprannome perchè trascorreva giornate intere a parlare di quella fabbrica di auto. E no, non era una fabbrica di Plymouth.  Il suo vero nome era Robert. Spesso si arrabbiava quando all’epoca la moglie lo chiamava con il suo nome di battesimo, finchè un anno dopo gli mise le corna con un forestiero chiamato semplicemente Dick. Aveva vent’anni meno di lei.

    Così Aston la chiamò puttana.

    E ora stava con le mani sui fianchi osservando il posto, mentre i raggi del sole filtravano tra i rami falsando tutto e creando un ambiente da discoteca. Essi si muovevano a causa di un vento maledetto che si era levato come il coperchio di una caffettiera. All’improvviso. E le linee bronzee disegnavano strisce sul pavimento già pieno di segni di un giallo del cavolo, tipo piccoli numerini.

    Sembravano davvero belli.

    David, il ragazzo dell’ambulanza che non smetteva di brontolare come un dannato, doveva raccogliere soprattutto le buste di plastica. Quel bastardo, trasandato, si era dimenticato di togliere l’allarme.

    Aston, con i suoi occhiali marroni – o almeno così sembravano – dalle lenti che risplendevano in modo impressionante, sputò del catarro delle dimensioni di un rospo, verde e gelatinoso. Poi i suoi occhi scuri cercarono il viso pallido di questo David e aggrottò il sopracciglio, quando il volto di quel disgraziato si raggrinzì in uno strano sorriso come l’uvetta secca.

    Il bel dito tornito di Aston stava indicando la fottuta ambulanza.

    Era tutto uno schifo.

    Dal momento che non succedeva mai niente di straordinario in quel paese fantasma, questo aveva acquistato fama grazie al paese vicino, nel quale invece capitavano cose molto strane; ma questa volta era successo lì, in un certo Castle Pock o qualcosa del genere.

    Aston non aveva baffi o barba. Quell’idiota si rasava bene ogni mattina, i suoi occhi erano castano scuro ed era quasi obeso, beh, diciamo che era abbastanza grosso. A volte sembrava di vedere gli occhi di una persona sul punto di suicidarsi, per quanto erano profondi e oscuri. Aveva un'altezza di quasi un metro e ottanta e non aveva la pancia. Non era malaccio, riusciva ancora a sollevare le gambe senza che si strappassero i pantaloni sul di dietro.

    Era circondato da persone inutili. «Come chiunque», era solito dire. Un certo Arnie, Jack e Andrew. Le loro madri non si erano sforzate con i loro nomi. I loro cognomi... Lì tutti si chiamavano Hill. Era una sana abitudine come lasciare andare una scorreggia con il suono di una motosega.

    La verità è che da quel giorno in poi Boad Hill dovette affrontare qualcosa di serio; nessuno conosceva bene Peter Bray, ma suo padre John Bray sì, uomo noto per il suo savoir faire, le sue lunghe passeggiate nel bosco ma anche per le case che aveva costruito con le sue mani callose.

    Non ne era crollata ancora nessuna.

    Fu l’unico omicidio in tutta l’estate a Boad Hill. Non fu così nei dintorni, cioè nei paesi più vicini. Senza dubbio si trattava di un assassino seriale, o peggio ancora, di uno psicopatico, uno squilibrato, uno svitato. O una.

    Chi diavolo poteva saperlo?

    Il piccolo Peter Bray.

    Però quella mattina non disse nemmeno una parola.

    Neppure a suo padre.

    Neppure sua madre, detta Mammi, della quale tutti avevano dimenticato ormai il vero nome, lo seppe con certezza.

    Ho detto con certezza?

    Quella mano, quel volto impresso nella mente, quell’oscurità penetrante, poi quei vaghi ricordi ed il terrore di avergli visto il viso.

    Il sole disegnò strane forme sul suo volto ed i suoi pori iniziarono a sudare.

    Ad un certo punto, dentro la macchina della polizia, i suoi occhi iniziarono a vedere qualcosa.

    Sembravano budella.

    3

    Parlò solo al tramonto. E lo fece con lo sceriffo Aston. Fu una conversazione diretta, sincera. Era successo dopo che l'avevano portato a casa dai genitori, avevano fornito loro una breve spiegazione e lo avevano riaccompagnato nuovamente sulla scena del crimine. Quella mattina aveva fatto due viaggi e le sue gambe erano sollevate, non come la sua coscienza. Anche se a quell'età si pensava poco alla questione, chiunque ci pensava poco.

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