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Promesse della notte: Serie After Dark vol. 3
Promesse della notte: Serie After Dark vol. 3
Promesse della notte: Serie After Dark vol. 3
E-book479 pagine7 ore

Promesse della notte: Serie After Dark vol. 3

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Info su questo ebook

Dentro e fuori la camera da letto, la passione tra Alex e Angel è un’ossessione, travolgente e continua, a cui i due non riescono a smettere di pensare.
Loro hanno tutto: un’ardente intesa sessuale, un’innegabile connessione mentale, un profondo legame emotivo e anche la fiducia reciproca quando si promettono: “Niente più segreti”. La loro è una storia d’amore sensuale, magica e di proporzioni epiche.
Quando il loro mondo perfetto viene minacciato da un pericoloso criminale che vuole consumare una dolorosa vendetta, il feroce istinto protettivo che domina Alex diventa un chiodo fisso che lo porterà a superare i suoi limiti e a fare delle cose di cui non si credeva capace.
LinguaItaliano
Data di uscita25 lug 2019
ISBN9788855310673
Promesse della notte: Serie After Dark vol. 3

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    Anteprima del libro

    Promesse della notte - Kahlen Aymes

    Kahlen Aymes

    PROMESSE DELLA NOTTE

    Serie After Dark Vol. 3

    USA Today Bestselling Author

    1

    Titolo: Promesse della notte - Serie After Dark Vol. 3

    Autore: Kahlen Aymes

    Copyright © 2019 Hope Edizioni

    Copyright © 2014 Kahlen Aymes

    ISBN EBOOK: 9788855310673 

    www.hopeedizioni.it

    info@hopeedizioni.it

    Progetto grafico di copertina: FranLu

    Immagini su licenza Bigstockphoto.com e Depositpho.com

    Fotografo: Malija Cod. immagine: 259122364 | Fotografo: Dmitrimaruta Cod. immagine: 201310386

    Fotografo: Bordyug Cod. immagine: 226778950 | Fotografo: Phonghan Cod. immagine: 117652652 

    Traduttrice: Marianna N.

    Editor: Francesca Argentati

    Impaginazione digitale: Cristina Ciani

    Questo libro è un’opera di fantasia. Nomi, personaggi, luoghi ed eventi sono frutto dell’immaginazione dell’autore o sono usati in maniera fittizia. Qualsiasi somiglianza con persone, viventi o defunte, o con eventi reali o locali è del tutto casuale.

    Questo eBook è concesso in uso esclusivamente per il tuo intrattenimento personale. Questo eBook non può essere ceduto o rivenduto ad altre persone. Se stai leggendo questo eBook e non l’hai acquistato, o non era stato acquistato per il tuo utilizzo esclusivo, ti prego di restituirlo e acquistare la tua copia. Grazie per il rispetto che vorrai riconoscere al duro lavoro dell’autore.

    Tutti i diritti sono riservati, inclusi quelli derivati dalla riproduzione totale o parziale, in qualsiasi forma. Nessuna parte di questo testo può essere riprodotta, trasmessa, scaricata, sottoposta a decompilazione, fotocopiata, riversata o inserita in qualsiasi sistema di archiviazione e recupero, in qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo, elettronico o meccanico senza l’espressa autorizzazione scritta dell’autore. La scannerizzazione, il caricamento, e la distribuzione di questo libro attraverso Internet o attraverso qualsiasi altro mezzo senza il permesso dell’editore è illegale e punibile per legge. Per favore acquista solo edizioni elettroniche autorizzate e non condividere o incoraggiare la pirateria di materiale protetto dai diritti d’autore.

    L’editore non ha alcun controllo e non si assume alcuna responsabilità per l’autore o siti esterni o i loro contenuti.

    Visita il sito dell’autrice:

    http://www.kahlen-amyes.blogspot.com

    Indice

    1. Tu e io

    2. Forse sono sorpresa

    3. Compromesso

    4. Sotto silenzio

    5. Terrore

    6. Cosa fare

    7. Gioia e dolore

    8. Partenza

    9. Il gatto e il topo

    10. Terrore e fuga

    11. Risoluzione mortale

    12. La festa continua

    13. Alleati inaspettati

    14. Rapita

    15. Incredibile

    16. Tutto o niente

    17. Conseguenze

    18. Il piano

    19. L'uomo che ha tutto

    20. In ogni mio respiro

    Epilogo

    Ringraziamenti

    L’autrice

    Hope edizioni

    1

    1

    Tu e io

    La dottoressa Angeline Hemming era seduta sulla poltrona di pelle di fronte a una delle sue pazienti abituali, e la ascoltava blaterare sull’ex marito violento. La disperata situazione della donna avrebbe dovuto tenere desta la sua attenzione e si rimproverò, scuotendo leggermente la testa per tornare alla conversazione. Aveva sentito la stessa storia nelle precedenti sedute e, sebbene si sentisse solidale con la difficile situazione della paziente, si sentiva anche frustrata perché la donna restava in una situazione che non cambiava. Inoltre, la mente di Angel era occupata con la sua lotta personale per accantonare la paura di essere ferita e di buttarsi a capofitto nei sentimenti meravigliosi che provava per Alexander Avery. Il suo cuore le diceva che era fantastico. Lui era tutto. La testa le diceva che era un grosso rischio. Ma lei non voleva concentrarsi su quell’ultima considerazione.

    Il suo lavoro era dare consigli alle persone e stava facendo una fatica del diavolo a mettere in pratica ciò che predicava, e il paradosso non le era sfuggito. Alex era stato meraviglioso e lei gli aveva già regalato il cuore, ma c’era ancora quell’irritante tarlo, che le diceva di tenere gli occhi aperti e i piedi ben saldi per terra. Era frustrata. Odiava preoccuparsi, odiava avere anche il minimo dubbio, quando si trattava di Alex.

    Stava sprofondando nella relazione con lui, sebbene avesse paura di fidarsi al cento per cento. Avrebbe voluto… moltissimo... e forse c’era quasi, al novanta percento. Era incredibile la loro sintonia mentale e, naturalmente, fisica... Era stordita e incerta, il cuore e la mente pieni di lui, ma capitava ancora di tanto in tanto di sentire una stretta al cuore, quando squillava il telefono, o una delle sue pazienti parlava del fidanzato donnaiolo.

    Angel amava tutto di Alex e aspettava con ansia ogni secondo trascorso insieme; la faceva sentire bella, sexy, insaziabile; completamente e definitivamente inebriata; amata. Il modo in cui lui la desiderava la faceva sentire forte, potente. Era ancora lui che dominava nella loro relazione, ma sentiva che Alex era schiavo dell’attrazione quanto lei, e a volte c’era una tale vulnerabilità nei suoi occhi verdi che avrebbe voluto prendersi a calci per aver dubitato anche solo per un secondo. Chiuse gli occhi al pensiero. Accidenti! Sarebbe riuscita a liberarsi dei suoi dubbi, fosse l'ultima cosa che avrebbe fatto!

    Le ore trascorse lontane da Alex scorrevano lente e si ritrovò a controllare di continuo l’orologio sulla scrivania, il telefono e l’email. Anche se la sua agenda era piena fino alla fine della giornata, desiderava ardentemente il suo tocco, le sue parole, il modo in cui i suoi occhi la accarezzavano e le loro conversazioni.

    Sbattendo le palpebre riportò l’attenzione sulle parole della donna che aveva inconsciamente relegato in una sorta di limbo. Normalmente, Angel pensava che questo tipo di sedute non fossero il modo migliore di usare la sua esperienza e sembrava solo un’altra versione delle cazzate che trattava nel programma radiofonico. Avrebbe preferito piuttosto mettere dietro le sbarre maniaci sessuali, ma i suoi teneri sentimenti per Alex, e la novità della loro relazione ancora appesa a un filo, le davano una visione più empatica delle donne i cui cuori erano anch’essi in equilibrio instabile. Il cinismo di Angel era un po’ diminuito, ma la razionalità non era sparita del tutto. La mente le diceva che quella donna stava facendo molto poco per allontanarsi da quella brutta situazione, ma ora era pienamente consapevole che non si poteva scegliere chi amare, e quanto facesse male allontanarsi da qualcuno che era diventato il tuo mondo. Anche quando si lottava, con le unghie e con i denti, sperando di non sprofondare completamente e lasciare così il cuore aperto e indifeso. La sua stessa vulnerabilità la rendeva più consapevole della sofferenza di coloro che le stavano attorno; la perfezione della sua situazione con Alex indicava chiaramente quanto fosse fragile. E rara.

    «So che dovrei prendere i bambini e lasciarlo, ma lo amo così tanto» gridò la donna, con voce spezzata. «È buono con me in tanti modi, e non fa mai male ai bambini.»

    «Maryanne.» Angel sospirò mestamente, cercando di stemperare la tensione nel petto e la franchezza delle sue parole. Desiderava allontanarsi dalla scrivania e prendere la mano della donna. Sbagliato, suo marito sta facendo del male ai suoi figli. Come fa a non vederlo? Pensò, stringendo i denti mentre deglutiva ma prendendo una conscia decisione per addolcire il tono. «Se le fa del male di fronte ai bambini, è naturale che ferisca anche loro. In maniera orribile. Guardare la propria madre che viene picchiata e denigrata, anche quello è un abuso. So che si è accorta anche lei che la situazione non è delle migliori per nessuno di voi, incluso suo marito. Lui ha bisogno di un aiuto psicologico.»

    Maryanne annuì e si soffiò rumorosamente il naso in un fazzoletto di carta. «Lo so. Sono riuscita a nascondere il fatto di venire qui. Ho provato a dirglielo, ma ha sferrato un pugno al muro nella nostra camera da letto. Non vuole venire alla seduta, pensa che sia come ammettere che sta facendo qualcosa di sbagliato. Non riesce ad ammettere di avere un problema.»

    «Ammetterlo è il primo passo per il recupero. Se non riesce ad affrontarlo e non vuole veramente smetterla, non lo farà.» Angel si mostrò comprensiva verso Maryanne mentre parlava. «Per il bene dei suoi figli, è necessario che lo faccia lei. Ha la responsabilità di togliere se stessa e i suoi figli da quella situazione. Non merita di essere picchiata o di sentirsi in colpa.»

    «So che è quello che mi continua a dire...»

    Angel la interruppe. «Perché è vero. Nessuno merita quello che le ha fatto.»

    Il viso della donna si contorse di nuovo e un singhiozzo scosse il petto. Da una parte Angel provava compassione per lei, dall’altra si sentiva frustrata perché doveva ripetersi e per il rifiuto della paziente a fare qualcosa per la sua situazione. Le vittime di abusi si sentivano inutili; come se in qualche modo fossero loro a chiederlo o meritassero ciò che veniva fatto loro. È così che le persone che abusano manipolano e tengono le vittime in quella condizione, a lungo. Sospirò forte.

    «La mia assistente le darà delle informazioni sulla Harmony House. È una casa protetta dove lei e i suoi bambini potete stare gratuitamente fino a quando non vi rimetterete in piedi. Sarà in grado di togliersi da quella situazione e pensarci; hanno degli psicologi, ed è un posto sicuro.»

    Angel chiamò all’interfono la sua assistente, Liz, e le chiese di portare alla donna l’indirizzo della Harmony House e i recapiti, e poco dopo la seduta terminò. Aveva un’ora da dedicare alle questioni burocratiche su un altro caso di molestie, ma almeno con quello, il colpevole mostrava le caratteristiche classiche di un pedofilo, quindi il suo rapporto aveva basi solide e sarebbe bastato a spedirlo dietro le sbarre.

    Il pomeriggio trascorse a passo di lumaca e il suo ultimo appuntamento fu una donna che era stata violentata nel garage sotterraneo dell’edificio dove abitava. Almeno, in quell’occasione, c’erano prove del DNA, ed era un caso aperto e chiuso. La parte difficile sarebbe stata aiutare la ragazza a superare la terrificante paura che adesso la paralizzava così che potesse andare avanti con la sua vita.

    Angel non riuscì a fare a meno di rabbrividire al ricordo della macchina di Alex che veniva vandalizzata nel garage del suo edificio e di come fosse stata quasi violentata e uccisa da Mark Swanson nel suo stesso appartamento. Adesso era naturale che volesse andarsene da quel condominio, ma non era sicura di essere pronta a trasferirsi da Alex, armi e bagagli, come insisteva lui. Ne avevano passate tante entrambi per far arrestare e accusare quel bastardo. Comunque... era fuori su cauzione, così Alex e Angel sarebbero rimasti sul chi vive fino alla fine del processo.

    Le spalle di Alex si irrigidivano ogni volta che il nome di Swanson veniva menzionato negli articoli di giornale o in una conversazione tra loro o con Kenneth. I suoi occhi verdi si posavano sul viso di Angel per valutare la sua reazione, cercando tuttavia di mascherare la propria, ma il suo atteggiamento era teso. Poteva leggere la preoccupazione dietro al suo sguardo, nonostante i tentativi di sembrare indifferente, ed era certa che fosse ugualmente conscio di quanto fosse impaurita lei, nonostante la sua finta spavalderia.

    Cole, Bancroft e gli altri la seguivano ovunque, e anche se protestava, sapeva che non sarebbe stata una buona idea discutere con Alex. Avrebbe perso comunque, e segretamente, era felice di essere protetta.

    Aveva imparato due lezioni. Uno, Mark Swanson non era uno che si arrendeva facilmente, e due, Alex era un tipo da non sottovalutare sotto tutti i punti di vista. Avrebbe fatto a modo suo, specialmente quando si trattava di Angel. Il pensiero le causò un delizioso brivido che le attraversò tutto il corpo.

    Il telefono suonò nella borsetta mentre usciva dall’ufficio. Cole la stava aspettando in corridoio, appoggiato con disinvoltura al muro, vestito con pantaloni eleganti, e un maglione grigio scuro a collo alto.

    Angel sorrise abbassando gli occhi sulle scarpe lucide. Alex stava cominciando a contagiarlo. La sua mascella forte era ricoperta da un principio di barba e il maglione accentuava le sue ampie spalle.

    Si sentiva in colpa perché passava tanto tempo con lei. Alex lo faceva lavorare come uno schiavo, e gli unici momenti in cui era libero erano quando Alex era con lei, perché Bancroft stava pedinando Swanson. Aveva visto Cole lanciare occhiate furtive a Becca quelle poche volte in cui l’aveva vista. Angel decise che li avrebbe invitati entrambi a cena una volta che la situazione fosse tornata normale. La scarsa opinione che Alex aveva avuto di Cole stava cambiando e anche Angel notava i cambiamenti. Lei adesso si fidava incondizionatamente di Cole.

    «Che cosa c’è?»

    «Niente.» Angel scosse la testa e sorrise. «Stavo solo pensando che sei piuttosto elegante.»

    «Non è ancora un completo.» Cole sbuffò e sorrise. «Sto ancora cercando in tutti i modi di evitarli.»

    «Vero, ma ci sei vicino. Stai bene. Ti sta bene.»

    «È stata una bella giornata, vero?» chiese Cole con un ghigno furbo, prendendole il cappotto e aiutandola a indossarlo. Era autunno, a Chicago faceva più freddo, e c’era stata una leggera nebbiolina per tutto il giorno. Angel si strinse leggermente nelle spalle mentre il telefono segnalava di nuovo l’arrivo di un messaggio.

    «È andata bene. Sono contenta che sia finita.»

    «Non rispondi? Sembra che il fratellino abbia una scopa su per il culo» commentò ironicamente.

    Lei rise e passò un braccio sotto quello di Cole. «Forse, ma sopravvivrà. Oggi non ha telefonato né inviato email.»

    Cole fece il broncio e poi ridacchiò. «Lo vedo. Quindi, adesso lo stai punendo, vero?»

    «Non esattamente.» Angel fece una pausa quando l’idea che stesse punendo apposta Alex colpì Cole. Angel non era il tipo da fare giochetti con gli uomini, ma il fatto che non si fosse fatto sentire le faceva male, nonostante il cervello le elencasse una lunga serie di motivi per cui sarebbe stato impossibile per Alex ritagliarsi qualche minuto di tempo per chiamarla o mandarle una email. Gestiva una società da miliardi di dollari. «Almeno, non lo sto facendo apposta.»

    «No?» Cole inarcò deliberatamente un sopracciglio.

    «No. Ma non voglio neanche essere uno zerbino.» Angel si morse le labbra mentre Cole apriva la portiera della Lincoln berlina nera che guidava. Gli occhi castani di Angel brillavano divertiti quando il fratello di Alex chiuse la portiera e si diresse dall’altra parte dell’auto per mettersi al volante. Cole la fissò mentre avviava l’auto, il suo sorrisetto le diceva cosa gli stava passando per la testa. Angel si prese mentalmente a calci.

    «Giusto. Non sarebbe da te, e stavate entrambi lavorando. Alex ha un grosso problema a Sydney che sta cercando di risolvere senza doverci andare.» Si fermò, lo stupore apparve sui suoi lineamenti decisi. «Gli ho appena fornito una scusa? Davvero incredibile.» Scosse la testa e sbuffò.

    Angel scoppiò a ridere, e gli diede un’occhiata.

    «Seriamente, forse non ha chiamato, ma mi sta sempre addosso. Fidati di me, sei stata nei suoi pensieri per tutto il giorno.»

    «Davvero? Ti sta tormentando perché mi porti a casa sua? Gli ho detto che era troppo lontano per andarci durante la settimana. Ho troppo lavoro da sbrigare per fare la pendolare.»

    «È l’unica ragione per cui non vuoi trasferirti?» Cole girò a sinistra, in direzione dell’edificio in cui entrambi avevano l’appartamento, chiedendo in silenzio ad Angel se era lì che doveva portarla. Alex avrebbe preteso la sua testa, ma preferiva chiedere scusa a lui piuttosto che andare contro il volere di Angel. Quando lei annuì, si infilò nel flusso del traffico e accelerò. «Alex ha menzionato che stavi per trasferirti da lui.»

    «Oh, davvero?» Angel aggrottò la fronte irritata, e sbuffò per la presunzione di Alex. Ne avevano discusso per cinque minuti a letto, una volta o forse due. «È troppo sicuro di sé. Non abbiamo deciso niente.»

    «È preoccupato e innamorato.» Cole fece una smorfia e lanciò a Angel un’occhiata come a voler dire che non riusciva a credere che Alex fosse diventato così sdolcinato. La donna abbassò la testa e sorrise dolcemente, con le dita che giocherellavano nervosamente con le cinghie della borsa. «Non avrei mai pensato di dirlo in questa vita, ma Alex merita una tregua, Angel.» Cole s’interruppe per pochi secondi, ponderando attentamente le parole successive. Angel lo guardò e aspettò che continuasse. «Ha sempre avuto tutto sotto controllo e non riesce ad accettarlo quando non è così. Lui non sa come diavolo comportarsi, ed è confuso. È piuttosto divertente vederlo comportarsi come un pesce fuor d’acqua, ma questa cosa di Swanson lo ha mandato in tilt. È più rilassato quando sei con lui.»

    Angel fece un enorme sorriso. «Grazie, dottor Phil.»

    Cole ridacchiò. «Forse intendevi dire dottoressa Hemming?» ribatté.

    L’espressione di Angel si fece seria. Si sentiva perfettamente a suo agio con Cole, e lui poteva illuminarla su ciò che pensava Alex. «Alex mi spaventa tanto quanto Mark Swanson. Sto cercando di lasciarmi andare, ma i suoi trascorsi non includono relazioni a lungo termine. E capisco anche perché, ma sono già...» Si fermò e diede un’occhiata veloce a Cole.

    C’era un posto riservato per lui nel garage, e Cole vi si fermò. Faceva freddo, quindi esitò prima di spegnere il motore. «Perdonami, ma non saprai mai se riuscirà ad avere una relazione a lungo termine se non gli dai un’opportunità. Le sue relazioni finiscono quando lo vuole lui.» Cole arrossì e lanciò un’occhiata a Angel, pentendosi immediatamente della scelta di parole. Lei sembrava pensierosa e si mordeva le labbra. «Non fallisce mai, soprattutto quando vuole qualcosa. Era solito farmi venire voglia di picchiarlo quando eravamo bambini. Fidati di me. Lui è coinvolto. Completamente. Ci sono cose che potrei dirti per dimostrartelo, ma Alex non mi perdonerebbe mai se te le rivelassi. È veramente necessario?»

    Angel scosse la testa. Non aveva bisogno di prove. Aveva notato la dedizione di Alex nei suoi gesti, e quando erano insieme, il rispetto in ogni suo tocco, i suoi baci appassionati e adoranti. L’intensità non solo del suo senso di protezione ma anche della sua possessività, era una parte importante di ciò che la preoccupava, anche se la rendeva felice. Sapeva che poteva affidargli la propria vita; aveva fatto più che abbastanza per dimostrarlo. Aveva accettato di amarlo, aveva accettato che non ci fosse niente che potesse fare al riguardo, anche se lo avesse voluto, ma la sua mente continuava a lanciarle avvertimenti anche dopo aver tacitamente ammesso che ormai era ben oltre il punto di non ritorno.

    Sentiva la pelle calda e il cuore iniziava a battere forte ogni volta che le veniva in mente l’appassionata dichiarazione scaturita dal cuore di Alex, quasi come se non volesse ammettere i suoi sentimenti a nessuno di loro; Sono innamorato!

    Non si era dichiarato in maniera formale, la loro relazione era iniziata da pochi mesi, ma aveva menzionato di volere dei bambini da lei. Non voleva che lui affrettasse le cose, o avrebbe messo in dubbio la sua salute mentale se le avesse parlato di matrimonio. Stavano passando dei bei momenti insieme. Voleva solo vivere nel presente, buttar fuori dalla finestra ogni possibile aspettativa. Eppure, il suo cuore fece una capriola quando ripensò ai commenti di Alex su Jillian, sorpresa dal bisogno pressante che aveva sentito a quelle parole. Persino Alex a volte perdeva il controllo. Lo aveva fatto quando aveva ammesso i suoi sentimenti per lei, ma anche la sua gelosia per Kyle e Kenneth, o quando aveva quasi ucciso a botte Mark Swanson. Avvertì dei brividi lungo la schiena... Alex avrebbe potuto uccidere così facilmente quell’uomo.

    Il telefono nella borsetta iniziò a suonare. Visto che non aveva risposto ai suoi messaggi, Alex la stava chiamando.

    Angel prese il telefono e contemporaneamente rispose a Cole. «No, non è necessario.» Accettò la chiamata e parlò al telefono. «Ciao.»

    «Ehi» rispose Alex, il sospiro che seguì la parola dimostrò chiaramente che non si aspettava che rispondesse. «Pensavo che lavorassi ancora visto non avevi risposto ai miei messaggi.»

    «Cole e io stavamo giusto parlando di te.»

    Alex esitò e Angel riuscì a percepire quasi fisicamente il suo bisogno di chiederle di cosa si trattasse, eppure non lo fece.

    «Faaaaaantastico.» Il tono di Alex tradì un cenno di fastidio. «Allora, che programmi hai?»

    A quel punto, lei e Cole erano scesi dall’auto e stavano dirigendosi verso gli ascensori. L’aria era fredda rispetto al calore all’interno del veicolo, e il suo respiro creò una nuvoletta di vapore quando parlò. «Siamo appena arrivati a casa mia.»

    Cole premette il pulsante dell’ascensore. La linea era disturbata quando arrivò al livello del garage e le porte si aprirono. Alex sospirò profondamente. Angel sentiva la sua frustrazione; la sua mente evocò l’immagine di lui che si passava una mano tra i capelli scuri, impaziente.

    «Okay. Allora mi allenerò per un po’, e poi mi piacerebbe vederti. Potrei fermarmi al mio appartamento, prendere i vestiti per domani prima di venire lì.»

    Sapeva che avrebbe detto che voleva vederla e che non era dipeso da lui se non l’aveva contattata per tutto il giorno, anche prima che glielo confermasse Cole. Angel sentiva che era irritato per la tacita domanda rimasta in sospeso tra loro. Si stava chiedendo perché Cole non l’avesse portata a casa sua come gli aveva chiesto, ma non domandò il permesso per andare da lei. Sarebbero stati insieme, indipendentemente dal luogo. Angel si morse il labbro.

    Avrebbe potuto tranquillamente rassicurarlo che stava solo prendendo dei vestiti prima di permettere a Cole di fare come aveva chiesto il fratello, ma il problema non era relativo soltanto a quella notte e dovevano parlarne. Angel aveva deciso di affrontare il discorso quando sarebbero stati insieme piuttosto che parlarne per telefono. Inoltre, sentiva la sua mancanza e voleva vederlo quanto lui voleva vedere lei. Aveva bisogno di vederlo, sarebbe stato meglio dire.

    «Perfetto. Com’è andata la tua giornata?» gli chiese.

    «Indaffarata, ma infinita.» Nel suo tono trasparì una certa agitazione. «Sto uscendo adesso dall’ufficio, ma dammi più o meno un’ora e posso portare qualcosa per cena. A meno che tu non voglia uscire.»

    Cole mise il braccio su una delle porte dell’ascensore per impedire che si chiudessero mentre Angel entrava, poi la seguì, premendo il pulsante del terzo piano.

    «No. Preferirei restare a casa. Sono stanca e Cole ha detto che potresti dover lasciare la città.»

    «Sto cercando di evitarlo.»

    «Possiamo guardare un film o fare qualcos’altro.» La bocca si sollevò in un sorriso ironico in previsione del commento scherzoso su cosa potesse essere questo qualcos’altro, ma non ci fu come si aspettava.

    Alex divenne immediatamente nervoso e dalla voce trasparì la preoccupazione. «È successo qualcosa oggi?»

    «Niente fuori dall’ordinario. Preferirei semplicemente restare a casa, specialmente se dovrai stare via per un po’. Voglio parlare con te.» Più che altro voleva semplicemente avere Alex vicino. Non importava dove o come, ma era ancora la Angel di sempre, e non voleva che lui facesse piani che la coinvolgessero senza averla consultata. Non d’abitudine, almeno.

    Dopo che si erano dichiarati reciprocamente il loro amore in uno stato di emotività e vulnerabilità all’indomani del concerto per l’Associazione Leucemia e Linfomi, entrambi avevano dovuto affrontare l’inevitabilità della loro relazione e avevano trascorso tutta la domenica successiva isolati nell’appartamento di Alex, soprattutto nella camera da letto tra le lenzuola e tra le braccia l’uno dell’altra. Era stato magico e surreale, e Angel dovette chiudere gli occhi e riviverlo. Avevano fatto l’amore più volte, senza mai allontanarsi l’uno dall’altra, si erano perfino tenuti per mano mentre cucinavano o mangiavano, e non erano riusciti a trattenersi dal fare l’amore anche quando Alex l’aveva seguita nella doccia.

    Ma, man mano che la domenica passava e arrivava il lunedì, e il mondo reale iniziava a intromettersi nella loro idilliaca bolla, l’insicurezza che Angel odiava ricominciò a serpeggiare appena sotto la superficie. L’unica cosa che sapeva delle precedenti relazioni di Alex era ciò che aveva appreso all’inizio. Il suo cuore si era mai spezzato? C’era qualche altro motivo per i suoi accordi oltre a un’agenda fitta di appuntamenti?

    «Voglio fare più che parlare.» L’umore di Alex era migliorato. Angel non poté fare a meno di sorridere, e il suo corpo reagì immediatamente al significato nascosto dietro quelle parole, anche quando il suo atteggiamento scherzoso alla fine prese il sopravvento. «Sono passati secoli da quando ti ho toccato l’ultima volta.»

    «Mmm... anche per me. Sono ancora dolorante... uhm, dal fine settimana» balbettò, rendendosi conto che Cole stava ascoltando la conversazione dal carattere così intimo. Il viaggio in ascensore sembrò infinito, fino a quando le porte finalmente si aprirono al terzo piano. Con le sopracciglia inarcate, le labbra con un accenno di sorriso, Cole prese la chiave che portava con sé nella tasca dei pantaloni e la infilò nella serratura della porta del suo appartamento. Quando si aprì, Angel entrò, voltandosi per rivolgergli un sorriso imbarazzato e salutare Cole prima di chiuderla dietro di lei, mentre lui si dirigeva nell’appartamento che occupava su un altro piano.

    Alex la ascoltò mentre inseriva l’allarme e i chiavistelli ridendo piano. Il suono era così sexy che le accarezzò la pelle come una carezza. «Ehi, è quello che voglio sentire dalla mia ragazza; peccato che l’abbia sentito anche Cole.»

    «Non la penserai più così tra un po’ quando non potremo ripetere la performance.»

    «Bene, dottoressa Hemming, forse mi basta anche vederti. Comunque hai detto che volevi solo parlare stasera, così è perfetto per i tuoi programmi.»

    «Non ho mai detto di voler solo parlare.» Si diresse verso la camera da letto, passando il telefono alla mano sinistra in modo da poter togliersi la manica destra del cappotto. Lo gettò sul letto e poi si tolse le scarpe décolleté blu con i tacchi alti per riporle nell’armadio. Alex iniziò a ridacchiare, e lei non poté fare a meno di prenderlo in giro. «Ho anche detto che volevo vedere un film.» Quando Alex sbuffò con finto sarcasmo, lei aggiunse con un sorrisetto: «Ma questo comporta dei rischi. Potrei volere te.»

    «La verità è che anch’io potrei essere fuori uso. Non credo di aver mai avuto il cazzo dolorante prima d’ora.»

    Angel scoppiò a ridere nello stesso momento in cui lo fece Alex. «Santo cielo! Davvero?» Continuò a spogliarsi, togliendosi la gonna di crêpe in lana blu scura e la camicetta fucsia, ridacchiando così forte che ne uscì una risata nasale. «È tutto rosso? Voglio dire, più del solito?»

    Alex rise di nuovo, più forte stavolta. «Sta’ zitta. Almeno riesco a camminare senza che sembri che mi sia stirato un muscolo.»

    «Oh, ti tirerò io il muscolo, vedrai, così la smetterai di prendermi in giro» lo pungolò, continuando a sorridere.

    Angel sentì la sua risata al telefono. Così sexy. «Suppongo sia lecito sognare.»

    «Riguardo al tirare o al prendermi in giro?» disse in tono vivace.

    «Entrambe le cose. Ma, non smetterò mai di prenderti in giro» disse, e il suono della sua risata bassa vibrò attraverso il telefono.

    Angel fu sommersa dalla felicità mentre si toglieva le calze e le calciava lontano per poi far scorrere l’acqua nella doccia. L’acqua che scendeva colpiva le piastrelle di marmo e Alex riuscì a sentire il rumore.

    «E, non ho mai giocato secondo le regole. Te ne ricorderai tra una decina di minuti.»

    «Ugh!» gemette Alex, ma con una risata divertita. «Sarei deluso se lo facessi, e posso solo immaginare.»

    Angel sorrise, allungandosi per verificare la temperatura dell’acqua sotto il getto. «Non dovrai immaginarlo» disse lei felice e scherzosa. «Sono nuda e sto per fare una doccia.»

    «Questo è il momento di lasciar perdere il maledetto telefono e portare il mio culo in palestra. Prima finisco con gli allenamenti, prima posso venire a darti una lezione.»

    Lei rise di nuovo, sbuffando. «Bah! Credi ancora di potermi insegnare qualcosa? Povero illuso.»

    «Sono sicuro che mi verrà in mente qualcosa. Tesoro, adoro parlarti, ma devo proprio andare. Darian è sull’altra linea. Verrò il prima possibile. Non vedo l’ora di vederti.»

    «Okay. Anch’io.» Angel sorrise sentendo un tuffo al cuore.

    Alex era bello, incredibile e sorprendente, e al contempo la faceva sentire al sicuro, e lei era più determinata che mai a superare la preoccupazione che alla fine tutto sarebbe potuto finire. Lasciati andare, ricordi? ricordò a se stessa con un lungo sospiro. Avrebbe dovuto vivere un giorno alla volta, confidando sempre più sui loro sentimenti reciproci man mano che il tempo passava. Fino a quel momento, lui non l’aveva delusa. Neanche una volta. Le parole successive lo dimostrarono di nuovo.

    «Ti amo.»

    Le apparve un sorriso all’angolo della bocca mentre il cuore le si gonfiava di gioia.

    «Va tutto bene, puoi dirlo... non ti scioglierai.» La voce di Alex era persuasiva, come morbido velluto o miele caldo che scivolava sulla pelle.

    «Forse è quello che voglio. Sciogliermi, voglio dire.» Risero insieme.

    «Vedrò di provvedere.»

    «Okay...» disse Angel in tono lamentoso, come se ammetterlo fosse un supplizio. «Ti amo.»

    «Lo so» ribatté lui senza esitazione, in tono arrogante e sensuale.

    Un sorriso illuminò i bellissimi lineamenti di Angel facendole brillare gli occhi.

    «Stronzo.»

    Alex scoppiò a ridere per la sua secca risposta, e Angel terminò la chiamata, con l’intenzione di tenerlo sulle spine.

    La stanza cominciò a riempirsi di vapore e, nonostante il suo attuale stato di euforia, l’atmosfera le faceva ancora accapponare la pelle. Non poté fare a meno di pensare all’attacco di Mark Swanson, che era iniziato in una situazione simile e solo poche settimane prima in quella stessa stanza. Rabbrividì leggermente e pensò di chiudere la porta del bagno, ma non voleva lasciare che il bastardo avesse più controllo su di lei di quanto non ne avesse già. La sicurezza dell’intero edificio era stata intensificata e Angel sapeva che doveva tornare alla normalità. Doveva cercare di allontanarlo dai suoi pensieri e concentrare la mente su cose migliori.

    Sollevò il telefono, quello che adesso chiamava affettuosamente il telefono di Alex, per farsi una foto seminuda che intendeva inviargli per torturarlo. Tenne davanti a sé un asciugamano bianco e soffice, coprendo quanto bastava lasciando però visibile la curva dei fianchi e del fondoschiena mentre si girava di profilo verso lo specchio. I capelli erano arruffati e cadevano sciolti lungo la schiena. L’immagine sarebbe apparsa offuscata, ma sarebbe stata sufficiente a mettere in moto Alex. Le guance le facevano male tanto sorrideva, anche se faceva del suo meglio per avere un’espressione imbronciata e uno sguardo sensuale negli occhi mentre fotografava lo specchio. Passava le giornate a consigliare alle donne di non farlo, ma stuzzicare Alex era troppo eccitante per resistere. Inoltre, era convinta che lui non avrebbe mai condiviso qualcosa di così intimo, indipendentemente da cosa potesse accadere tra di loro.

    Sospirò, posando il telefono sul piano e lasciando scivolare l’asciugamano ai suoi piedi entrò nella doccia e il calore dell’acqua penetrò attraverso la pelle e i muscoli. Chiuse gli occhi, ansiosa che Alex facesse la sua comparsa.

    ***

    Salvando l’immagine provocatoria del corpo quasi nudo di Angel al sicuro sul suo telefono, Alex decise di rinunciare all’allenamento e declinò l’invito di Darian a prendere un drink. I suoi muscoli avevano bisogno di esercizio, ma lui aveva preso il telefono già sei volte, e non vedeva l’ora di andare dalla donna da cui non riusciva a stare lontano. Respirava meglio ogni volta che si stava per recare da lei. Era impaziente. Sempre impaziente, e se da una parte era una sensazione meravigliosa, allo stesso tempo era sconcertante.

    Per quanto volesse entrare di soppiatto e cogliere Angel di sorpresa, Alex non voleva spaventarla, e lei non lo aspettava così presto. Era ancora nervosa, e riusciva a vederla rilassarsi visibilmente ogni volta che tornava a casa. Un piccolo sorriso gli incurvò le labbra mentre si rendeva conto che non importava dove fossero, casa era ovunque fosse Angel, anche se avrebbe voluto averla nella sua proprietà se fosse dipeso da lui.

    Non riusciva a credere quanto fosse cambiato il suo modo di vedere le cose. Quattro mesi prima, se qualcuno gli avesse detto che sarebbe cambiato totalmente, gli avrebbe detto di andare a farsi fottere. Non lavorava più fino a tardi senza pensare al tempo che passava. Adesso quando il lavoro si protraeva, non vedeva l’ora di andarsene, guardava l’orologio ogni cinque minuti e praticamente ringhiava contro chiunque lo trattenesse in ufficio.

    Le aveva chiesto di sposarlo in un modo un po’ casuale, ma voleva farlo meglio, e aveva bisogno che fosse ufficiale. Era un azzardo, perché Angel stava ancora faticando ad accettare una convivenza, quindi poteva solo presumere che sarebbe stata ancora più contraria a un fidanzamento ufficiale. La prima cosa che aveva in mente era incontrare il padre e poi presentarla ai suoi genitori. L’avevano vista la notte di quell’evento benefico, ma in realtà non l’avevano conosciuta. Per la prima volta nella vita, moriva dalla voglia di far conoscere una donna ai suoi e perché l’amassero quanto lui. Quel pomeriggio aveva chiesto a Mrs Dane di trovare il miglior gioielliere della città. Di solito la mandava ad acquistare gioielli quando cercava di rabbonire Whitney o una delle sue ex, ma mai per qualcosa del genere.

    «Che cosa devo comprare?» chiese la donna in modo pratico.

    «Niente. Ci penso io

    «Oh. È il compleanno di sua madre?»

    «No. Devo comprare un anello di fidanzamento.»

    Sul volto di Mrs Dane apparve un’espressione sorpresa che lei cercò rapidamente di mascherare. Era l’ultima cosa che avrebbe pensato comprasse il suo giovane capo. Alex non poté fare a meno di notare il sopracciglio inarcato mentre la donna sistemava i documenti finanziari che Alex aveva approvato per lei. Si sentiva a disagio, e il silenzio lo costrinse a dare una spiegazione quando di solito non si sarebbe mai interessato a ciò che pensava la sua assistente. «Uhm, niente di troppo vistoso. Elegante.»

    La donna aprì e richiuse la bocca senza dire una parola, e fissò Alex come se fosse un alieno venuto dallo spazio. Una cosa era certa; non era da lui dedicare del tempo a fare ricerche sui diamanti per capire perché uno fosse migliore dell’altro. Aveva passato alcune ore leggendo tutto quello che poteva e aveva trovato varie gemme online, ma voleva sceglierlo lui stesso. Doveva essere perfetto.

    Quando la donna continuò a non parlare, Alex alzò lo sguardo dal contratto che stava controllando, scoprendo che era ammutolita per lo shock. «Dica loro che voglio che sia perfetto e unico nel suo genere, e vorrei che venissero a mostrarmeli prima della fine della settimana.» La donna rimase immobile per alcuni secondi prima di annuire e andare a fare quello che le aveva chiesto, adesso la sorpresa era mista a qualcosa di simile all’orgoglio. 

    «Mi perdoni, Alex. So che non sono affari miei, ma non è per quella Whitney, vero?»

    Alex fece un sospiro unito a un sorriso che fino a quel momento non si era reso conto di trattenere. Mrs Dane era una sua impiegata, ma teneva in considerazione la sua opinione su molte questioni e provavano un rispetto e un affetto reciproco che andava ben oltre l’ambito professionale. Era più come la zia preferita o una nonna giovanile. Si stava chiedendo se avesse ascoltato lo show di Angel e sapesse chi fosse.

    «No. Abbiamo smesso di vederci mesi fa.»

    «Grazie a Dio» disse Mrs Dane facendo un respiro di sollievo e poi si fermò. «Ma non è troppo presto per farsi avanti con un’altra? So che non sono affari miei, ma…»

    Alex sollevò la mano per bloccarla. «No, va bene, Mrs Dane. Mi rendo conto che in passato le mie scelte in fatto di relazioni hanno lasciato molto a desiderare, ma questa volta è diverso. Dovrà semplicemente fidarsi di me.» Le fece l’occhiolino con aria furba.

    «E la ragazza sta con lei per le ragioni giuste?»

    Il cuore di Alex si scaldò davanti alla preoccupazione della donna. «Sì. So che sembro un idiota, ma lei le piacerà.»

    «Sarà meglio!» disse Mrs Dane con finta severità e tornò alla questione iniziale. «Allora, un diamante o un’altra gemma preziosa? Più tradizionale? Stile vintage o moderno? Un solitario?»

    Alex considerò attentamente le varie opzioni, sapendo che un grande e vistoso anello di fidanzamento non avrebbe avuto alcun significato per Angel, ma dannazione voleva assicurarsi che il mondo sapesse che lei gli apparteneva. E voleva che Angel non avesse dubbi sui suoi sentimenti o intenzioni. Il

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