Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

Angelo della notte: Serie After Dark vol. 1
Angelo della notte: Serie After Dark vol. 1
Angelo della notte: Serie After Dark vol. 1
E-book380 pagine5 ore

Angelo della notte: Serie After Dark vol. 1

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

Uno scontro irriverente e sexy tra un geniale imprenditore e una bellissima psicologa quando la sua quasi ex telefona durante il programma radiofonico notturno della donna per lamentarsi di lui. 
Cosa succede quando un’impertinente e bellissima psicologa si scontra, dentro e fuori dal letto, con un favoloso e geniale imprenditore? Una lotta sexy da non perdere!
La dottoressa Angeline Hemming è una ragazza bellissima, impertinente e determinata che ha superato un passato difficile per diventare uno dei più rispettati e conosciuti profiler di Chicago. In cambio di spot pubblicitari gratuiti per promuovere le sue cause benefiche preferite, Angel risponde alle telefonate in un programma radiofonico del venerdì notte, dando consigli sulle relazioni.
Alexander Avery è un imprenditore geniale, affascinante e di successo che non crede nell’amore. Quando la sua “fidanzata di comodo” telefona ad Angel durante il programma per lamentarsi di Alex, lui si arrabbia con la conduttrice perché ritiene che dispensi consigli alla cieca, senza conoscere tutti i fatti.
E allora decide di chiamare per dirgliene quattro e darle la sua versione della storia!
Angel, però, fa capire ad Alex che è lui quello che avrebbe bisogno di una bella lezione e tra queste due personalità dominanti si scatena subito l’inferno.
I due si affronteranno non solo per il controllo della mente e del cuore, ma anche a letto, lottando sia tra loro, sia per difendere le loro convinzioni.
Non è chiaro chi sia il più forte, ma entrambi scopriranno che, per ottenere ciò che più disperatamente desiderano, dovranno cedere un po’ o... del tutto.
LinguaItaliano
Data di uscita26 apr 2019
ISBN9788855310024
Angelo della notte: Serie After Dark vol. 1

Leggi altro di Kahlen Aymes

Autori correlati

Correlato a Angelo della notte

Ebook correlati

Narrativa romantica per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Categorie correlate

Recensioni su Angelo della notte

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    Angelo della notte - Kahlen Aymes

    Prologo

    1

    Mark Swanson era un verme ripugnante della peggiore specie. Angeline Hemming se lo sentiva. Era una di quelle sensazioni istintive che ti ghermiscono e covano in profondità, erodendoti le viscere, facendo risalire la bile alla gola e che ti tengono sveglia la notte. Purtroppo, nell’osservare quel bastardo, non c’era niente che dicesse apertamente sono un pedofilo o sono un criminale, ma non era la stessa cosa per i più fottuti pervertiti della storia? Jeffrey Dahmer, Denis Rader, Ted Bundy; tutti avevano un aspetto innocuo, e questo bastardo non era diverso. Forse era un po’ viscido, ma niente di più.

    Il suo lavoro come profiler criminale aveva portato la dottoressa Angeline Hemming ad avere a che fare con la sua buona dose di tipi poco raccomandabili, però Mark Swanson le faceva accapponare la pelle. Dopo aver interrogato la sua figliastra e aver ascoltato le storie terrificanti della ragazza, di come fosse stata ripetutamente aggredita e violentata negli ultimi tre anni, niente, nemmeno la mancanza di prove, aveva convinto Angel che quell’uomo non fosse colpevole. Peccato che le prove fossero l’unica cosa su cui potesse basare il suo parere in merito. Nulla la faceva infuriare più del fatto che maniaci come Swanson avessero la capacità di scivolare facilmente tra le maglie della giustizia. Maledetto pervertito!

    Angel rabbrividì mentre entrava nell’Home Depot, il negozio di bricolage vicino a Lincoln Park. Nonostante il caldo primaverile, i suoi pensieri l’avevano scossa e non era sicura se fosse per la rabbia o la paura. Il suo cervello non si spegneva mai e la stava facendo impazzire, oltre a farle venire il mal di testa. Aveva davanti a sé un intero sabato pomeriggio e aveva bisogno di qualcosa che le tenesse la mente lontana dai brutti pensieri per qualche ora. Sembrava un buon momento per ridipingere la stanza degli ospiti del suo appartamento, o almeno cominciare i preparativi. La sua migliore amica, Becca, e la sua bambina, Jillian, si fermavano spesso a dormire da lei e Angel aveva pensato che sarebbe stato bello rallegrare la stanza dipingendola, ordinando tende e biancheria per il letto nuove. Forse avrebbe potuto utilizzare anche quella pittura a effetto lavagna su una delle pareti. Jillian l’avrebbe sicuramente adorata. Con un sospiro, si rese conto che Becca avrebbe protestato perché insegnava alla bambina a disegnare sui muri, ma intanto non vedeva l’ora di scegliere i colori.

    Il nuovo progetto poteva essere un bel modo per trascorrere la serata, e le avrebbe dato parecchio tempo per riesaminare il maledetto caso cui stava lavorando. La sua vita era piena, ma a volte la solitudine le pesava. Aveva pensato di prendere un animale domestico, anche se non si sentiva sola nel vero senso del termine. Era troppo occupata, ma sarebbe stato bello avere qualcuno da amare e di cui prendersi cura.

    Scelse un tenue verde acqua e un fresco color panna, progettando di dipingere due delle pareti con il primo colore e le altre, compreso il soffitto, con il secondo, per creare un contrasto. Il bagno annesso alla stanza sarebbe stato color panna con tocchi di marrone e verde acqua negli accessori e gli asciugamani. Dopo aver deciso di acquistare un cavalletto per Jillian, invece di optare per la pittura effetto lavagna, portò tutto alla cassa. L’uomo che mescolava le sue vernici le rivolse una bella occhiata. Era alto e magro con i capelli grigi che si diradavano e baffi folti dello stesso colore che crescevano grottescamente sopra il labbro superiore. Ugh! Lo stomaco di Angel si rivoltò. Vecchio sporcaccione, pensò disgustata.

    Indubbiamente, il suo lavoro l’aveva resa cinica. Ormai, era arrivata alla conclusione che gli uomini fossero solo degli strumenti che ogni tanto erano necessari, con suo grande dispiacere. Erano passati tre anni da quando aveva avuto una relazione che andasse oltre il sesso. Non c’era stato più nessuno dopo Kyle. Era stato l’ultimo uomo per il quale aveva provato una qualche sorta di sentimento vero, ma si era rivelato una grande delusione. Ora era più serena e forte. A voler essere onesta, era molto più facile, e certamente meno doloroso, tenere alta la guardia. Tenere sotto controllo la sua vita e le emozioni. Gli uomini erano creature disordinate, egocentriche, e la maggior parte di loro aveva bisogno della mamma che gli dicesse cosa fare, e Angel trovava quell’aspetto fastidiosamente poco attraente. Chiunque avesse descritto le donne come problematiche e governate dalle loro emozioni, non aveva mai considerato che questo fosse preferibile al farsi comandare da un’appendice rigonfia. Sembrava, almeno a Angel, che quando i loro cazzi erano eretti, i cervelli degli uomini perdessero ogni pensiero razionale. Quasi tutti si trasformavano in cani in calore, la loro mente si dibatteva come il proverbiale pesce fuor d’acqua, del tutto incapace di determinare il risultato delle loro azioni.

    Sbuffò così rumorosamente che la donna a pochi metri da lei nella corsia le lanciò un’occhiata e Angel arrossì.

    Erano le loro scuse che Angel non tollerava. Spesso sembrava che avessero cinque anni e nessun autocontrollo. Anche Kyle. Quant’era deprimente quando qualcuno che pensavi fosse forte sceglieva la scusa più stupida, la più banale per uscire da una relazione. Angel non aveva più tempo per quelle stronzate.

    Camminava su e giù davanti al bancone, e l’uomo delle vernici si guardò alle spalle più di una volta, fissandola apertamente, poi staccò i barattoli dal miscelatore uno a uno e glieli consegnò. Mentre lo faceva, le sue dita sfiorarono quelle di Angel.

    «Buona giornata» le sussurrò, trattenendo l’ultimo barattolo di vernice. Guardò in basso, con il palese intento di dare un’occhiata dentro la sua camicetta, con gli occhi che vagavano sui morbidi rigonfiamenti sotto il cotone viola, sulla pelle cremosa e sulle splendide curve visibili dove i primi tre bottoni erano stati lasciati aperti.

    Angel si fermò e gli lanciò uno sguardo feroce, inarcando le sopracciglia. Si schiarì la gola per riportare gli occhi dell’uomo sul suo viso. «Se ha finito di guardare, posso per favore avere la mia pittura?»

    L’uomo arrossì di colpo e gliela consegnò, chiaramente imbarazzato per essere stato sorpreso a guardare. «Ugh, sì, signora» balbettò. «Mi scusi.»

    Angel mise i barattoli nel carrello e si voltò senza parlare, mentre l’impiegato si precipitava fuori dal bancone poi lungo una corsia. Non si era messa in ghingheri. Aveva un top da cinque dollari acquistato da Wet Seal, un vecchio paio di Levi’s tagliati corti e delle infradito da due dollari. Il suo viso era privo di trucco salvo la crema idratante e un tratto di eyeliner sugli occhi, i capelli erano legati in una crocchia disordinata. Si fermò a guardare tra i pennelli e i rulli, chiedendosi di cosa avesse ancora bisogno per finire il suo piccolo progetto.

    «Che altro vuole fare la mamma?»

    Angel alzò la testa al suono della profonda voce maschile che proveniva da un paio di corsie più in là.

    «Vuole far dipingere la veranda e rifare parte del patio attorno alla piscina. Il calcestruzzo è spaccato. Vorrebbe uno di quei pavimenti in pietra» rispose la voce di un altro uomo. Aveva la stessa profondità, ma era più anziana e molto solenne.

    «Non che mi dispiaccia aiutare, papà. Ma assumi qualcuno per farlo.»

    Tre uomini girarono l’angolo, tutti alti, quasi della stessa altezza, due con capelli scuri, quasi neri, e il terzo con una spruzzata di grigio. Angel allungò la mano per prendere un rullo e alcune spazzole, aggiungendole poi al suo carrello prima di spostarsi sull’altro lato degli scaffali che le arrivavano in vita.

    «Non sarebbe male se aiutassi tua madre, Cole» disse la voce più anziana.

    Angel percepì un movimento di fronte a lei e si ritrovò a fissare un paio di bellissimi e profondi occhi verdi, il viso più attraente che avesse mai visto in un uomo. Lineamenti forti, bellissimi; ma anche molto virili. I capelli, quasi neri, cadevano fitti sulla fronte e sfioravano il colletto della sua leggera T-shirt verde acqua, rendendo i suoi occhi ancora più vibranti e sorprendenti.

    Angel restò a bocca aperta, senza fiato. L’uomo aveva un colorito dorato nonostante la stagione, come se fosse appena tornato da un’isola tropicale. Era alto, e lei era senza tacchi così lui torreggiava su di lei. Le sue spalle ampie, il petto aitante, e le braccia possenti dicevano che si allenava spesso. Era muscoloso, ma non così enorme da farsi classificare come tutto muscoli e niente cervello. I vestiti erano casual, ma costosi, anche se aveva a malapena notato quello che indossava, ipnotizzata com’era dal sex appeal che trasudava.

    Quando quegli occhi si posarono su di lei, la sua reazione fu completamente diversa rispetto a quella che aveva avuto con il commesso del negozio. Si sentì viva, e non aveva nessuna voglia di impedirgli di ammirarla. In effetti, era bastata quell’occhiata per agitarla e s’innervosì. Batté le palpebre e si leccò le labbra; cercò qualcosa da dire, ma non venne fuori nulla. Con i sensi obnubilati da quel momento surreale, si diede mentalmente una scossa. Non era tipo da svenire per gli uomini; si teneva sotto stretto controllo, e non aveva intenzione di iniziare adesso.

    L’uomo sollevò qualcosa dal divisorio pieno di accessori per dipingere che li separava. Angel allungò automaticamente la mano per prenderlo e abbassò gli occhi notando che si trattava di un telo di protezione. Il suo cervello le disse che ne avrebbe avuto bisogno e le fece capire che lui aveva controllato il contenuto del suo carrello.

    In silenzio, lo prese dalle sue mani e le dita sfiorarono brevemente quelle di lui. L’elettricità le attraversò tutto il corpo, e rialzò di colpo gli occhi, fissandolo.

    «Grazie» mormorò dolcemente.

    Lui fece un cenno con il capo, due secondi prima che l’uomo anziano, che Angel desumeva fosse il padre, si guardasse alle spalle. «Che ne pensi di questo colore, figliolo?»

    L’uomo accennò un sorriso come se volesse dire qualcosa, ma non lo fece.

    Le labbra di Angel si curvarono in risposta mentre un rossore si diffondeva sulle sue guance. Che cazzo non va in me? si domandò. Sì, era affascinante, ma non era solo il suo aspetto che la attirava come una falena davanti a una luce. Era l’intelligenza divertita dietro quegli incredibili occhi che la lasciava senza parole.

    «Figliolo?» Il padre lo chiamò di nuovo nello stesso momento in cui trillò un telefono. Lui infilò una mano nella tasca dei suoi pantaloncini corti color cachi e lo tirò fuori, dando una breve occhiata allo schermo. Il sorriso svanì dal suo volto.

    Angel mise il telo di protezione nel carrello, che poi spostò leggermente, senza sapere se aspettare o andarsene. Si sentiva ridicola. Ovviamente, lui non aveva intenzione di dire nulla, e adesso era al telefono. Non poteva passare il tempo nel reparto pitture a fissarlo senza sentirsi e sembrare un’idiota, così iniziò a spingere il carrello. Poteva sentire lo sguardo di lui seguirla e suo padre che lo chiamava di nuovo, con più insistenza.

    Angel deglutì e si avviò lentamente verso la cassa, sperando che se avesse indugiato abbastanza, avrebbe potuto rivederlo, e lui magari ne avrebbe approfittato per parlare. Poi il suo cervello le fece presente che se stavano comprando della pittura, l’idiota del negozio avrebbe dovuto miscelarla, e ci sarebbe voluto più tempo di quello di cui aveva bisogno lei per pagare e caricare i suoi articoli in macchina. Fece un respiro profondo mentre usciva dal parcheggio, delusa dal fatto che, per la prima volta da tanto tempo, un uomo avesse suscitato un vero interesse e lui non avesse detto una dannata parola.

    Non voleva credere che fosse solo un altro imbranato e sperava che fosse stata solo l’interruzione del padre a impedirgli di parlare. Sì, lei era forte e credeva che le donne dovessero essere autosufficienti e non dipendere da un uomo, ma voleva comunque che l’uomo facesse l’uomo quando si trattava di sesso, di iniziare una conversazione o fare progetti per gli appuntamenti. Perlomeno quando lei era davvero interessata. E qualcosa nel suo profondo non voleva credere che l’affascinante sconosciuto fosse meno che perfetto.

    ***

    Alex si passò una mano tra i capelli esasperato mentre la bellissima ragazza si allontanava con il suo carrello. Fanculo!, urlò mentalmente.

    Con riluttanza, si avvicinò a suo padre e a suo fratello, dandosi un’occhiata alle spalle mentre lei scompariva in un’altra corsia, desiderando di poterla seguire. Avrebbe voluto parlare subito con lei, ma aveva due problemi: la sua voce era fuori uso dopo aver urlato per tutta la partita dei Blackhawks con Cole la notte prima, e sapeva che sarebbe solo riuscito a gracchiare. E, naturalmente, Whitney. Dentro di sé, fece una smorfia. La sua telefonata durante il gioco di sguardi con la favolosa brunetta lo aveva riportato alla realtà.

    Al diavolo!

    Whitney era una specie di fidanzata, ma questo non aveva impedito al suo cazzo di diventare duro quando si era visto davanti una ragazza bella come quella che se n’era appena andata. Per l’amor di Dio! L'aveva fissata con sguardo inebetito in mezzo alla corsia delle vernici; doveva essere sembrato un coglione.

    Suo padre gli tese alcuni campioni di pittura da controllare. A lui non fregava un cazzo della differenza tra Mandorla Bianca e Crema Vaniglia; dubitava che sua madre sarebbe stata in grado di notare che si trattava di due colori diversi. Non capiva perché il padre non avesse assunto un arredatore e l’avesse fatta finita. Invece aveva trascinato in giro lui e Cole per tutta la domenica pomeriggio.

    Lui sospirò. «Papà, non m’interessa» gracchiò. «Sono entrambi bianchi. Cosa importa?»

    Alex sapeva che quel piccolo progetto di bricolage era un modo da parte del padre e della madre di costringere suo fratello a passare più tempo con loro. Cole era la pecora nera della famiglia, privo di responsabilità e indirizzo. Preferiva dormire tutto il giorno che essere produttivo e francamente, Alex era stanco di farsi coinvolgere nei loro tentativi di farlo cambiare. Il loro padre si rifiutava di lasciarlo perdere nonostante le esortazioni di Alex. La sua sorellina, Allison, era la principessina e ad Alex restava la maggior parte delle responsabilità.

    Si guardò intorno ancora una volta, sperando di riuscire a intravedere la camicetta viola della donna tra le corsie. Il suo cuore si era fermato quando l’aveva vista; era molto bella, nonostante l’abbigliamento semplice e l’assenza di trucco. Si era sentito inspiegabilmente attratto da lei e non era riuscito a non avvicinarsi di più, lasciando suo padre e Cole dietro di lui a selezionare i campioni. Il suo cuore si era messo a battere più forte, e, naturalmente, il suo cazzo si era risvegliato all’istante, eccitato. Era perfetta. I seni rotondi e pieni, i fianchi dolcemente arrotondati e le gambe nude lunghe e tornite. C’era una morbidezza nella sconosciuta che Alex trovava veramente interessante, come se potesse affondare in lei per fondersi insieme, eppure c’era una leonessa dietro la sua espressione. Alex trovava intrigante e insieme semplice quella combinazione, che faceva sembrare Whitney finta in confronto.

    Con Whitney era diventato come scopare una Barbie; dura e tenera. Si ritrovò a chiedersi come avrebbe reagito al suo tocco la bellezza del negozio di bricolage, che odore avrebbe avuto, e se le labbra erano turgide come sembravano. Forse il suo forte interesse per quell’incontro casuale era il segnale che era ora di chiudere con Whitney, ma gli piaceva la comodità del loro accordo.

    Alex si fermò un attimo a riflettere su come suonasse cinico quel pensiero, ma la loro relazione non era basata sui sentimenti e non lo era mai stata. Il sesso però gli procurava ciò di cui aveva bisogno, e lei era perfetta nelle vesti di bella statuina quando doveva partecipare a qualche evento. Lui era sempre così dannatamente occupato che non aveva proprio bisogno di complicazioni romantiche.

    In lontananza sentiva il padre e il fratello chiacchierare con il commesso, mentre valutava l’idea di cercare la donna e attaccare bottone, forse chiederle il numero di telefono. Si passò la mano sulla barba corta e scura che gli ricopriva la mascella. Per quanto lo desiderasse, non era giusto farlo mentre era ancora tecnicamente impegnato. Non sarebbe stato giusto nei confronti di Whitney, dell’altra donna, o francamente, di se stesso. Quello non era il tipo di uomo che voleva essere e non sopportava i tipi che lo facevano. Non era innamorato di Whitney... forse non credeva nemmeno nell’amore, ma, accidenti, non sarebbe venuto meno alla parola data. Non voleva diventare uno stronzo.

    1

    1

    Un buon consiglio

    La dottoressa Angeline Hemming si tolse le cuffie dalla testa, irritata, e le gettò facendo un gran fracasso. Quelle dannate cose prudevano, erano pesanti e terribilmente scomode. Le sembrava fossero di tre taglie più grandi.

    «Uffa» gemette. Erano già sei settimane che faceva lo show settimanale alla radio e aveva avuto parecchi ripensamenti. Non era da lei. Era una psicologa clinica, per l’amor del cielo. Trascorreva i suoi giorni a farsi pagare quattrocentocinquanta dollari l’ora per aiutare le persone a risolvere i loro problemi reali, non a sbandierarli in pubblico.

    Si era fatta il culo per arrivare a quel punto, letteralmente e in maniera figurata. Crescendo povera, aveva avuto poche prospettive, e occasioni come la Northwestern University non capitavano spesso alle ragazze di Joplin, Missouri. Suo padre, Joseph, faceva il bidello in una scuola superiore e la madre di Angel era scappata quando lei era piccola, lasciandosi alle spalle un uomo distrutto, senza le capacità necessarie per crescere una bambina. Da allora, Angeline aveva dovuto superare la sua buona dose di ostacoli, ma con molta intelligenza e coraggio, era riuscita ad arrivare dov’era. Adesso, era in grado di prendersi cura finanziariamente di suo padre e usare la sua istruzione per aiutare la gente. Aiutarla davvero. Quel lavoretto alla radio... era una sciocchezza, ma serviva a uno scopo, e aveva contribuito a distrarla dai tipi più pericolosi con cui aveva a che fare normalmente.

    «Angel, c’è qualche problema?» le domandò il suo produttore, Darian Keith. Era chiaramente impaziente mentre lei si passava una mano tra i lunghi capelli scuri, grattandosi il cuoio capelluto irritato dalle cuffie. Darian era un ragazzo eccezionale e professionale, per quanto ne sapeva di lui, e non era molto. Un afroamericano snello, vestito in jeans e una T-shirt celeste sotto la giacca blu scuro. Aveva un atteggiamento socievole che le era piaciuto subito.

    Angel sorrise al suo tono ironico, premendo i tasti sul computer per mandare in onda la pubblicità e far partire il brano successivo. Le linee telefoniche davanti a lei iniziarono a lampeggiare.

    «È solo... Beh, tanti di quelli che chiamano sono così dannatamente ingenui! La maggior parte sono donne, che è prevedibile, ma mi brucia il culo per il modo in cui si lasciano trattare dagli uomini! Per la miseria!» Prese una borraccia di acqua ghiacciata che teneva sempre sulla scrivania e bevve un lungo sorso.

    Darian rise piano, e Angel gli lanciò un’occhiataccia.

    «Che c’è?» chiese impaziente.

    «Quando aumenteremo la pubblicità, chiameranno anche gli uomini, e tu avrai la possibilità di sentire le due campane. Anche i ragazzi hanno problemi con le relazioni.»

    Angel sbuffò. «Lo so, Darian. Ho un dottorato in Psicologia clinica. So che sia le donne sia gli uomini sono incasinati; non preoccuparti.»

    Lei era una giovane donna esile, col viso dai tratti delicati, la pelle luminosa, e capelli folti e castani, che assumevano sfumature ramate sotto una certa luce. Sembrava troppo giovane per essere una potenza nel dipartimento contro gli abusi su minori a Chicago, eppure le sue valutazioni sui sospetti e sulle vittime potevano far vincere o perdere una causa. Angel era orgogliosa del suo lavoro ed era stata un po’ titubante quando Darian le aveva proposto di condurre un programma radiofonico notturno sulle relazioni, nella sua stazione di soft rock. All’inizio lo aveva deriso, battendo il piedino nelle sue costose scarpe Prada dal tacco alto sul lucido pavimento in legno di ciliegio e incrociando le braccia sul suo vestito blu di Givenchy, facendosi apertamente beffe di quell’opportunità.

    C’era voluto un po’ per convincerla, ma alla fine aveva ceduto, pensando che sarebbe stato divertente e molto più spensierato rispetto alla sua solita occupazione. Ma era stata la promessa di offrire spazio ai comunicati di servizio pubblico sugli abusi domestici e sui minori che l’aveva convinta definitivamente. Era una cosa così maledettamente buona che aveva accettato l’accordo. La stazione radiofonica sarebbe andata in rovina se avesse dovuto pagarle l’onorario, nonostante i ricavi pubblicitari in aumento durante la sua fascia oraria, dalle dieci di sera fino alle due del mattino ogni venerdì notte.

    «Rilassati, Angel. È solo per divertirsi e aumentare gli ascolti.» Le sorrise.

    Christina Michaels, la stagista di produzione, bussò sulla vetrata, e Angel guardò nella sua direzione. Era bionda e arguta, una sorta di maschiaccio con i capelli corti e il naso all’insù. Alzò due dita, indicando che sarebbero tornati in onda fra un paio di minuti. «Linea tre, Angel.»

    Mentre Angel afferrava le cuffie incriminate e le premeva sulle orecchie, Darian ammirò il modo in cui il suo seno sodo premeva contro la sua T-shirt bianca quando le braccia si sollevavano. Angel sembrava totalmente diversa dalla donna lucida e distaccata che aveva incontrato cinque mesi prima nel suo ufficio in centro. Si diede mentalmente una scossa. Lei era dannatamente sexy. Così forte e sicura di sé, eppure le sue curve erano morbide e femminili.

    Darian era un po’ mortificato perché Angel sembrava intoccabile e troppo bella per essere vera. Comunque non importava; lui era il suo capo, e non c’era modo di poter uscire con lei, anche se lei lo avesse permesso. Si consolò pensando che valeva la pena di perdere la sua tipica serata da scapolo del venerdì sera anche solo per guardarla. Una volta che lei e Chris avessero capito che cosa voleva da loro, avrebbe potuto evitare di stare nello studio, se voleva. Comunque i suoi amici non lo attiravano più come una volta. Sospirò dispiaciuto.

    Darian si aggiustò le cuffie. «Okay, conto alla rovescia: cinque, quattro...» Alzò le mani e usò le dita per comunicare il resto. Tre, due, uno e le segnalò di cominciare.

    «Salve, è mezzanotte e trentacinque e questa è la trasmissione Angelo della notte. Rispondiamo alle vostre telefonate per consigli e dediche, con Christina Michaels al centralino e il nostro produttore, Darian Keith.» La voce sensuale di Angel sembrava fare le fusa al microfono mentre premeva un pulsante sul telefono di fronte a lei. «Salve, sei in onda. Hai una domanda? O, forse, una confessione?»

    Le orecchie di Darian si drizzarono, e iniziò a scrivere furiosamente sul taccuino accanto a lui. Gesù, com’era sexy.

    «Salve, è la dottoressa Hemming?» domandò una voce timida di donna all’altro capo del telefono. «Sono in onda?»

    «Sì, sono Angeline. In cosa posso aiutarti stanotte?» Dottoressa Hemming sembrava così formale per quel tipo di circostanza e, comunque, essere chiamata Angeline o Angel le rendeva più accettabile il fatto di usare i suoi studi in modo meno professionale. Dentro di sé rabbrividì a quel pensiero.

    La voce della donna s’incrinò mentre singhiozzava sommessamente al telefono. «Il mio fidanzato... Ho scoperto che... è sposato

    Che diavolo!, pensò Angel e indicò l’auricolare, mimando la parola Visto? all’uomo seduto di fronte a lei. Darian sorrise e si rilassò sulla sedia con un’espressione sardonica sul volto mentre osservava con attenzione le espressioni facciali di Angel mutare da disgusto a calma condiscendenza.

    «Come ti chiami, tesoro?» La voce di Angel assunse il tono riservato e gentile che usava quando era in onda.

    «Celeste. Cosa dovrei fare?»

    Sembrava molto giovane. Angel aveva solo ventotto anni, ma dannazione, quella ragazza sembrava appena uscita dal liceo. Il cuore di Angel soffriva per lei, domandandosi perché una ragazza dovesse lasciarsi coinvolgere da un uomo che non è libero.

    Oh, giusto. Gli uomini mentono.

    Il suo alter ego professionale la prese mentalmente a schiaffi per ricordarle che non doveva generalizzare. Qui non si trattava della sua esperienza personale con gli uomini, ma di quella povera ragazza al telefono. Deglutì prima di continuare.

    «È un nome molto carino. Sono molto dispiaciuta per quello che stai passando. Potrei farti un sacco di domande sulla tua situazione, ma non cambia il fatto che lui sia sposato. Non aveva il diritto di prendersi gioco di te, viste le circostanze. Non è giusto né per te né per sua moglie.»

    «Ma... ma, lui diceva di amarmi... io non intendevo...» disse piangendo. «Io non lo sapevo!»

    «Celeste, so che non è quello che vorresti sentirti dire, ma la posizione in cui ti trovi è autolesionistica. Al culmine della passione le persone dicono qualunque cosa per ottenere ciò che vogliono, ma in fondo a volte non sono sincere.» Angel trasalì quando i singhiozzi al telefono aumentarono, ma insistette. «Come l’hai scoperto?»

    «Mi ha chiamata sua moglie. Ha trovato il mio numero sul suo cellulare. Pensavo che fosse lui quando ho risposto, ed è stato orribile.» Angel si appoggiò allo schienale della sedia e sospirò forte. Aveva voglia di inveire contro la ragazza per essere stata così fottutamente stupida. «Mi ha chiamato puttana. Ma lui mi aveva detto che la stava lasciando.»

    «Quando te l’ha detto?»

    «Quando l’ho affrontato.»

    Le sopracciglia di Angel si sollevarono in un’espressione incredula. Poi scosse la testa. Oh, per l’amor di Dio, pensò.

    «E tu lo stai vedendo ancora?» Quando non ci fu risposta, Angel continuò. «Celeste, io sono qui per aiutarti. Allora, voglio che tu lo obblighi a fare una scelta, come te. Anche tu puoi scegliere.»

    «S... sì» balbettò l’ascoltatrice.

    «Lui sta ancora con la moglie, vero?» Era più che altro un’affermazione, che venne confermata quando Celeste non rispose. «Per favore smetti di ascoltare le sue parole, e inizia a guardare le sue azioni. A lui va bene così. La moglie non lo lascia, tu neppure, allora che motivo avrebbe di cambiare e dare a entrambe ciò di cui avete bisogno?» Angel cercava di parlare con calma, ma una vampata di rabbia le stava arrossando la pelle del viso e del collo. «In questa situazione, sono entrambe le donne che stanno male. Tu devi fare un passo indietro e guardare la faccenda con obiettività. Come ti fa sentire? E non mi riferisco al sesso o quando cerca di convincerti che tu sei l’amore della sua vita. Mi riferisco a quando sei seduta da sola al buio, e lui è andato a casa dalla moglie.»

    «Orribile. Sola. Ho il cuore spezzato. Fa male.» La ragazza tirò su col naso.

    «Lo so che fa male, e tu meriti molto di più. Tu meriti di essere l’unica, di essere apprezzata e amata. Non usata quando gli fa comodo.»

    «Ha ragione» ammise Celeste riluttante.

    «Bene. Allora cosa hai intenzione di fare?»

    Dopo una pausa, la donna rispose. «Lasciarlo.»

    «Ottimo. Lo stai facendo per te stessa, Celeste. Probabilmente lui implorerà e supplicherà, ed è così che uomini come lui manipolano le donne. Ma rimani forte, e non cedere alle sue stronzate. Trova qualcuno che ti meriti. Va bene, tesoro?»

    «Okay. Grazie, dottoressa Hemming» disse tirando su con il naso.

    «Prego. Chiamami fra un paio di settimane per farmi sapere come va. Sii forte, Celeste.»

    Angel fece un respiro profondo. La rabbia sul viso era evidente dalla linea sottile della sua bocca e il solco tra le sopracciglia ben curate. Scosse la testa, e Darian si chiese se stesse per dire qualcosa di dispregiativo sul tipo dell’ultima ascoltatrice. Agitò le mani e scosse la testa. C’era una cosa che aveva imparato nel poco tempo in cui aveva conosciuto Angeline Hemming: lei non faceva sconti a nessuno e diceva quello che pensava senza ragionarci prima.

    No, Angel. Non insultare il bastardo, la mente di lui galoppava. Non in diretta.

    «Bene, qui è la dottoressa Angeline Hemming» disse Angel prendendo la telefonata successiva, «qual è il tuo problema?»

    Darian tirò un sospiro di sollievo.

    «Il problema è che non ne posso più del mio arrogante fidanzato, delle sue maniere brusche e del modo in cui mi tratta!»

    «Come ti chiami?»

    «Whitney» disse la donna come se odiasse il proprio nome.

    «Bene, Whitney, sembri abbastanza sicura di te, quindi scommetto che conosci già la risposta che stai cercando» disse Angel al microfono, ridendo. «È un sollievo, in realtà» aggiunse, con un’espressione divertita sul volto.

    «È diventato un tale bastardo! Mi dà totalmente per scontata. Voglio dire, io gli do tutto, e lui non sa nemmeno che esisto! Lavora sempre, e non andiamo mai da nessuna parte che non sia un obbligo societario o eventi di beneficenza. Passa la maggior parte del suo tempo libero con i suoi maledetti amici, e quando facciamo sesso, se

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1