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Personal chef: Harmony Destiny
Personal chef: Harmony Destiny
Personal chef: Harmony Destiny
E-book182 pagine2 ore

Personal chef: Harmony Destiny

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Info su questo ebook

Farsi passare per una personal chef con il milionario Jared Stone sembra essere la copertura perfetta per Bella Reid. La donna deve infatti nascondere la propria vera identità per proteggere se stessa e la sua bambina.
A Jared Bella appare come una madre single in difficoltà, risvegliando in lui un forte istinto protettivo, ma come il calore inizia a riscaldare la cucina e a rendere bollente la camera da letto, il passato riaffiora.
Avrà Bella la forza di mettere tutto a rischio, raccontando a Jared la verità?
LinguaItaliano
Data di uscita21 ott 2019
ISBN9788830505803
Personal chef: Harmony Destiny
Autore

Charlene Sands

Risiede nel sud della California con il marito e i loro due figli. Scrittrice dotata di grande romanticismo, è affascinata dalle storie d'amore a lieto fine ambientate nel Far West.

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    Anteprima del libro

    Personal chef - Charlene Sands

    successivo.

    1

    Francesca Isabella Forte si stava nascondendo. Non da un malvagio stalker, un vecchio fidanzato o perfino un losco strozzino. No, sarebbe stato troppo semplice. Si nascondeva da suo padre. Durante la loro ultima discussione, si era talmente infuriato con lei da diseredarla. Completamente tagliata fuori senza un solo centesimo. C'era di peggio: aveva minacciato di prendersi la custodia di sua figlia. Tutto perché si era rifiutata di sposare un uomo scelto da lui e perché non voleva gestire l'impero della Forte Foods.

    Perciò aveva fatto le valigie e aveva lasciato l'esclusivo quartiere di Pacific Heights a San Francisco, diretta a Dallas. Con il secondo nome abbreviato in Bella e il cognome da sposata Reid, per il mondo lei era solo una giovane vedova disoccupata. La sua migliore amica dei tempi del college, Amelia Gray, l'aveva accolta senza fare domande.

    In quel momento, Bella, al volante dell'auto presa a nolo, percorreva l'interstatale, notando quanto fosse diverso il paesaggio piatto del Texas dalla sua città natale.

    E si sentiva libera.

    Pensò a Sienna, l'amore della sua vita: la sua bambina di ventidue mesi. Sienna, che dormiva serena sul sedile posteriore.

    Tutti sostenevano che Sienna fosse la copia esatta della mamma, con lucenti capelli neri e begli occhi verde prato. Sienna, però, era anche dolce e generosa, qualità che aveva preso dal padre. La piccola era la cosa migliore che lei e Paul avessero fatto.

    Ecco perché era rimasta scioccata quando il padre l'aveva minacciata di trascinarla in tribunale per la custodia della bambina. Marco Forte sosteneva che lei non era adatta a fare la madre. Che non era in grado di provvedere alla figlia. Che aveva subito un crollo mentale dopo la morte del marito.

    Marco aveva il denaro e gli agganci giusti per affrontare un processo. Comunque, non gli sarebbe stato possibile se non riusciva a trovarla. Suo padre non avrebbe mai messo le mani sulla figlia. Mai.

    Erano fuori da Dallas, su una strada buia, mentre si dirigevano all'appartamento di Amy. In quel momento una nuvola di fumo si levò dal lato della strada. C'era un'auto in fiamme. «Oh, no!» Bella frenò all'istante.

    «Bella, cosa c'è?» chiese Amy, alzando lo sguardo dal cellulare. «Oh! Può esserci qualcuno là dentro?»

    A Bella balenò alla mente lo schianto dell'elicottero del marito. Paul era morto sul lavoro, in un incendio simile a quello. Lei lo aveva perso; Sienna aveva perso il padre. Era successo un anno prima e non riusciva ancora a credere che se ne fosse andato.

    Doveva agire. Non poteva starsene seduta a guardare. «Amy, sorveglia Sienna. In quell'auto potrebbe esserci qualcuno.»

    «Vado io» dichiarò Amy.

    «No.» Qualcosa le diceva che doveva essere lei. «Per favore, tu bada alla bambina.»

    «Sii prudente e non ti preoccupare per Sienna.»

    «Sarò prudente» la rassicurò. Doveva andare. Non poteva aspettare che arrivassero i soccorsi. Il soccorso era lei. Se qualcuno avesse raggiunto Paul in tempo, forse sarebbe sopravvissuto e avrebbe visto sua figlia crescere.

    L'auto doveva essere uscita di strada a velocità sostenuta. Quando la raggiunse, era senza fiato. La vettura era capovolta e c'era qualcuno seduto al volante a testa in giù. Un uomo. Non si muoveva.

    «Amy, chiama il 911» gridò.

    «Lo sto già chiamando!»

    Il fuoco non aveva ancora raggiunto l'abitacolo. Al momento, le fiamme erano confinate al motore. Poteva trascinare fuori quell'uomo? Be', doveva tentare. Il fumo era denso e le faceva bruciare gli occhi. Prendendo un respiro profondo, si riempì i polmoni di aria.

    Per quanto si sforzasse, la portiera si rifiutava di aprirsi. Non le restava che rompere il finestrino. Si sfilò la giacca e se l'avvolse intorno al pugno. Quindi colpì il finestrino con tutte le sue forze. Il vetro andò in mille pezzi.

    Si infilò nel finestrino e cercò il pulsante della cintura di sicurezza. Alla fine lo premette e la cintura si sganciò. L'uomo le rovinò addosso come un peso morto. Riuscì ad afferrarlo per le braccia e a tirarlo fuori dal finestrino.

    Il volto dell'uomo era insanguinato, tuttavia capì che era giovane. Non poteva essere più vecchio di Paul.

    Be', lui non sarebbe morto quel giorno. Non se lei lo avesse trascinato lontano dal fuoco. L'auto rischiava di esplodere da un momento all'altro. Lo afferrò per le braccia e lo trascinò vicino alla strada. Facendo appello a tutte le proprie forze, riuscì ad arrivare a distanza di sicurezza.

    L'esplosione riecheggiò nella strada deserta.

    «Oh, mio Dio» gridò Amy. «Stai bene, Bella?»

    «Io sto bene» gridò lei di rimando. «Lui no, però.»

    «I paramedici stanno per arrivare» la rassicurò Amy.

    Udendo in lontananza il debole suono di sirene, Bella si rilassò. Comunque, doveva darsi da fare. In un caso del genere, ogni secondo era prezioso. L'uomo non era cosciente, e lei era abbastanza sicura che non stesse respirando.

    Conosco la tecnica della respirazione bocca a bocca.

    Jared Stone aveva l'impressione che una trivella gli schiacciasse il torace, rendendogli difficile respirare. Gli faceva male dappertutto. Sondò la propria mente cercando di fare chiarezza... niente. Stava vorticando in un buco nero. Cosa diamine gli era successo? L'ultimo suo ricordo era che stava guidando lungo la strada statale e...

    Si sforzò di ricordare qualcosa. Il cellulare suonò e il bip continuò a ronzargli nelle orecchie. Un rumore che gli dava i nervi. No, non era un cellulare. Lottò per aprire gli occhi, e perse la battaglia. Le sue palpebre tremolarono come ali di un uccellino ma rimasero chiuse.

    Un attimo dopo, una mano delicata coprì la sua. Quel contatto lo confortò, alleviando la sua angoscia. Non aveva mai sentito niente di più morbido o gradito. La sua pelle reagì all'istante, avvertendo di nuovo la vita, avvertendo luce dove c'erano state solo tenebre.

    «Andrà tutto bene.» Un'angelica voce femminile si insinuò in lui, dolce come la mano che stringeva tuttora la sua. Era doloroso muoversi e gli occhi si rifiutavano di aprirsi, ma quella dolce voce gli diede speranza. In realtà, più che speranza: le credeva. Quella voce non l'avrebbe ingannato.

    «Ha avuto un incidente. Adesso si trova in ospedale. Sono tutti molto bravi ed efficienti.»

    Lui provò sollievo nello scoprire che c'era un angelo al suo fianco. Chi era? Non ne aveva idea, ma si trovava con lui sulla scena dell'incidente. Perdiana desiderava poter ricordare cos'era successo. Il bip continuava a ronzargli nelle orecchie. Adesso sapeva di essere collegato a un monitor e che quei bip significavano respiro e battito cardiaco.

    Jared ricordava di essere già stato attaccato a un apparecchio simile, dopo che, al ranch, uno stallone l'aveva disarcionato. Suo padre gli aveva detto di non avvicinarsi a quel cavallo, ma lui aveva disobbedito. All'età di dodici anni, aveva sfidato lo stallone e... aveva perso. Aveva rischiato di rompersi l'osso del collo nel tentativo di domare Balboa. Era rimasto privo di sensi per un po', però se l'era cavata con lividi bluastri in tutto il corpo, una lieve commozione cerebrale e l'orgoglio ferito.

    Il giorno successivo suo padre aveva venduto Balboa.

    Quello era stato più doloroso delle ferite.

    Jared tentò di ringraziare la donna con un cenno del capo. Il gesto, però, gli provocò un capogiro.

    «Non si preoccupi» gli disse. «Non la lascerò. Resterò qui fino a quando avrà bisogno di me. È stato fortunato.»

    Lui non si sentiva fortunato. Ogni movimento che faceva gli causava dolore. Però si aggrappò a quelle parole.

    Sono fortunato.

    Bella aprì gli occhi ai raggi di luce che filtravano nella stanza d'ospedale. La sera prima aveva chiesto di restare e il personale glielo aveva permesso dal momento che aveva salvato la vita a quell'uomo. A un certo punto, si era addormentata sulla sedia. Si alzò, si passò la mano nei capelli e si bloccò quando un tampone di garza rimase impigliato nelle ciocche. La mano destra era bendata oltre il polso e per parte del braccio. Aveva dimenticato come aveva rotto il finestrino per trarlo in salvo.

    Agitò le dita per riattivare la circolazione.

    La sera prima il medico aveva insistito perché facesse una radiografia. Be', il paziente che giaceva a letto non era l'unico ad aver avuto fortuna. La sua mano non era fratturata.

    Prese il cellulare con la sinistra e lesse il messaggio di Amy.

    Sienna dorme sodo. Non devi preoccuparti.

    La sua bambina era in buone mani. Amy l'adorava e Sienna adorava la migliore amica della sua mamma.

    All'arrivo dei paramedici, Bella aveva deciso che quell'uomo non sarebbe andato all'ospedale da solo. Doveva sapere che c'era qualcuno con lui. Quando era morto, Paul era solo. Un particolare che l'aveva angosciata.

    Aveva chiesto ad Amy di mettere a letto Sienna per lei. Sua figlia era una dormigliona. Per fortuna, non aveva ereditato l'insonnia della madre.

    Alla luce del giorno, studiò l'uomo che giaceva a letto. Aveva la fronte fasciata, come anche le braccia. Avevano parlato di costole rotte. Si augurava di non esserne stata lei la causa, quando gli aveva compresso il torace. D'altronde in quel momento il suo unico pensiero era stato salvargli la vita. Non aveva emorragie interne. Sarebbe sopravvissuto a quel terribile incidente.

    Era un bell'uomo. Le ombre scure sotto gli occhi e i lividi sul mento non ne guastavano il fascino.

    Proprio in quel momento, il paziente si mosse. Il respiro le si bloccò in gola quando aprì gli occhi. Occhi che erano di un seducente blu oceano. Occhi che, in quel momento, erano colmi di confusione.

    «Salve» bisbigliò Bella. «Sono contenta di vedere che si è svegliato.»

    «Lei è l'angelo» osservò lui, con un filo di voce.

    Bella sorrise e scosse la testa.

    «Non sono un angelo. Sono molto reale. E felice di vedere che sta meglio.»

    «Riguardo al meglio, non sono sicuro. È come se fossi stato investito da un pullman.»

    «Be, non ho visto nessun pullman.»

    «Cosa mi è successo?»

    «Non ne sono sicura. Stavo percorrendo l'autostrada e ho scorto la sua auto in fiamme...»

    «Jared, mio Dio. Ci hai spaventato a morte.» L'uomo biondo che entrò nella camera assomigliava troppo al paziente per non essere un parente. Fino a quel momento, Bella non aveva idea di come si chiamasse; l'ospedale non le aveva fornito quell'informazione.

    Il nuovo arrivato puntò dritto su Jared. «Ehi, fra'.»

    «Già, ehi, fra'.»

    L'uomo fissò le bende e scosse la testa, con gli occhi lucidi di lacrime. Era una scena commovente, e lei si sentiva un'estranea. Era pronta ad andarsene adesso che Jared poteva contare sul fratello.

    «Mi dispiace di non essere arrivato prima. Le autorità hanno avuto difficoltà a rintracciarmi. Accidenti, ieri sera hai rischiato di morire. Non immagini nemmeno quanto sei andato vicino a lasciarci le penne.» Inspirò e fece una lunga pausa, come per controllare le emozioni. «Soffri molto?» Jared annuì con cautela. «Hai due costole rotte e alcune contusioni tuttavia, se non fosse stato per questa giovane signora, adesso non saresti qui.» L'uomo si voltò verso di lei. «Sono Cooper Stone. Jared è mio fratello.»

    «Io sono... Bella» rispose lei, porgendogli la mano sana.

    «Mi risulta che tu abbia trascinato mio fratello fuori dall'auto e l'abbia portato in salvo.» Lei annuì. «E in quel momento l'auto era in fiamme?» Lei annuì di nuovo. «Grazie. Sei stata molto coraggiosa.» Le lacrime velarono di nuovo gli occhi di Cooper. «Anche tu sei rimasta ferita» disse, dando un'occhiata alla mano bendata.

    «Non è niente. Solo qualche graffio.»

    «L'hai fatto tu?» Nella voce di Jared c'era una traccia di incredulità. «Mi hai trascinato fuori dall'auto?» Bella capiva la sua sorpresa. Era alta un metro e sessantacinque e minuta. «Come ci sei riuscita?» borbottò lui.

    Lei sollevò le spalle, arrossendo. Non poteva parlar loro di Paul.

    «Proteine, tutti i giorni.»

    Cooper sorrise. Anche Jared tentò di sorridere, ma dovette causargli una fitta di dolore perché invece aggrottò la fronte.

    «Grazie» borbottò.

    «Sarà meglio che avverta le infermiere che ti sei svegliato» disse Cooper. «Scusatemi per un secondo.»

    Bella aspettò che fosse uscito prima di avvicinarsi a Jared. I suoi occhi erano fissi su di lei. Avere tutta la sua attenzione le procurò brividi, quelli di tipo buono, che ignorò perché il legame che aveva con Jared Stone adesso si sarebbe spezzato.

    Lui non aveva più bisogno di lei.

    Gli sfiorò la mano.

    «Sono contenta di averti potuto aiutare.» Pensò a Paul ed ebbe l'impressione di aver pareggiato i conti. Jared sarebbe sopravvissuto. «Comunque, dal momento che tuo fratello è qui, ti lascio in buone mani.»

    «Sei rimasta perché non avevo nessun altro?»

    «Sì, e per assicurarmi che saresti sopravvissuto.»

    «Lo sono, grazie a te.» La stanchezza gli contrasse i lineamenti del viso e i suoi occhi cominciarono a chiudersi.

    «Adesso me ne andrò. Ti auguro una

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