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Alla taverna del gatto guercio
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E-book91 pagine1 ora

Alla taverna del gatto guercio

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Info su questo ebook

Narrativa - romanzo breve (73 pagine) - Persone tormentate, ossessionate, alla costante e febbrile ricerca di qualcosa di perduto, forse irreparabilmente; un qualcosa della cui natura non possiamo che lasciare al lettore la libertà di un’interpretazione necessariamente arbitraria...


Nota introduttiva a cura del traduttore: "Un pirata ossessionato da un fantasma; un pirata che ingaggia un duello mortale – e non ancora concluso – con una statua; un pirata che cerca l’aiuto di una sirena per compiere la propria missione; un pirata che cerca l’immortalità nel più improbabile dei luoghi. Questi sono solo alcuni dei tormentati personaggi che si incontrano scorrendo le pagine mal conservate del manoscritto che ho goffamente iniziato a tradurre per il pubblico italiano".


Genovese, classe ‘63, Alain Voudì collabora fin dai primordi alle collane Delos Digital, per le quali è coautore tra l’altro di tre episodi della serie The Tube. Ha pubblicato numerosi racconti, alcuni dei quali apparsi nei Gialli Mondadori, ed è stato vincitore o finalista di concorsi quali lo Stella Doppia e il Premio Robot. Altri suoi lavori si possono trovare nella serie “365 storie per un anno” di Delos Books, oltre che nelle riviste Robot e Writers Magazine Italia, nella collana FantaErotika di Lite Editions e nelle raccolte Il Cerchio Capovolto (I Sognatori, 2011 e 2012).

LinguaItaliano
Data di uscita22 dic 2020
ISBN9788825414240
Alla taverna del gatto guercio

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    Anteprima del libro

    Alla taverna del gatto guercio - Alain Voudì

    9788825400861

    Questa collana

    Benvenuti a Innsmouth, città immaginaria lovecraftiana descritta nella storia La maschera di Innsmouth, pubblicata nel 1936, e che – con questa nuova collana dal nome omonimo – voglio erigere a capitale della narrativa Weird. Un genere ad ampio raggio che propone storie che dalla normalità fanno confluire improvvisamente elementi estranianti non riconducibili alla realtà che ci circonda.

    Con Innsmouth il lettore passa, da un momento all'altro, da una tranquilla Comfort zone a una Weird zone molto fosca e talvolta terrificante, o semplicemente straniante … Innsmouth è una collana di letteratura Weird, un genere difficilmente catalogabile e che ha come capostipite il solitario di Providence, Howard Phillips Lovecraft.

    Le storie che Innsmouth propone hanno in sé un elemento soprannaturale, la cui sensazione da parte del lettore viene percepita mentre si inoltra nella narrazione. Racconti intrisi di ignoto, di oscuro, le cui radici lovecraftiane si sono espanse nel tempo grazie a opere di molti altri autori come Franz Kafka, Ray Bradbury, James Ballard, Stephen King o, in chiave ancor più moderna, China Miéville.

    Buona lettura.

    Luigi Pachì

    Il segno dei Morti

    e altre strane storie raccolte da me medesimo ai tavoli della Taverna del Gatto Guercio negli anni successivi al mio ritiro dalle attività piratesche tradotte e riadattate dal manoscritto originale dal lontano e improbabile erede Alain Voudì

    Nota introduttiva

    a cura del traduttore

    Un pirata ossessionato da un fantasma; un pirata che ingaggia un duello mortale – e non ancora concluso – con una statua; un pirata che cerca l’aiuto di una sirena per compiere la propria missione; un pirata che cerca l’immortalità nel più improbabile dei luoghi. Questi sono solo alcuni dei tormentati personaggi che si incontrano scorrendo le pagine mal conservate del manoscritto che ho goffamente iniziato a tradurre per il pubblico italiano.

    Non avendo io alcuna ambizione filologica (e non volendo compromettere la già dubbia reputazione di qualcuno dei miei possibili antenati), non mi dilungherò sulle circostanze che hanno portato quest’opera tra le mie mani; basti sapere che questa è anonima, come nella migliore tradizione, e non datata. E che dalle sue pagine, alcune delle quali a mala pena leggibili, altre purtroppo perse per sempre nell’incuria delle generazioni, emergono aspetti poco conosciuti di un mondo che la tradizione romantica ha, ingiustamente, troppo spesso semplificato.

    È lecito chiedersi che bisogno ci sia, già addentro come siamo a questo travagliato ventunesimo secolo, di rispolverare vecchie storie di pirati. Nel mio caso ammetto tranquillamente che, almeno all’inizio, fu semplice curiosità, forse non disgiunta da un impulso ctonio alla ricerca delle mie radici, il cui bisogno è tanto più sentito quanto più frenetici sono i cambiamenti a cui siamo sottoposti ormai ogni giorno. E pure, nel districarmi talora a fatica dal labirinto della poderosa prosa del mio (forse!) avo, non ho impiegato molto a rendermi conto della modernità dei personaggi da lui descritti, chiara al di là delle apparenti – e ovvie – differenze.

    O non sarà piuttosto questa modernità ad essere solo apparente, e dovuta a uno di quei misteriosi fenomeni di sincretismo culturale che di tanto in tanto concorrono a scuotere le nostre incerte certezze? Perché, in fondo, ammettiamolo: non possiamo noi stessi dirci pirati? Siamo violenti, egoisti, litigiosi; millantiamo grandi libertà, che sono in effetti più forma che sostanza; viviamo nel lusso, ma a spese dei restanti cinque sesti dei nostri simili, che sgobbano per un pugno di riso, dodici ore al giorno, per produrre quei beni che noi snobbiamo dopo un mese in quanto ormai sorpassati e fuori moda. E come non comprenderci, quindi, se sentiamo una qualche affinità con queste trasgressive e affascinanti figure del passato?

    Non dovremo allora stupirci nello scoprire che anche i personaggi di queste storie, forse inventate o forse ispirate a fatti realmente accaduti, sono come noi persone tormentate, ossessionate, alla costante e febbrile ricerca di qualcosa di perduto, forse irreparabilmente; un qualcosa della cui natura non possiamo che lasciare al lettore la libertà di un’interpretazione necessariamente arbitraria.

    Di una cosa saremo sicuri, tuttavia: qualunque sia questo qualcosa perduto, non si tratterà certo della dimensione intensamente, profondamente umana degli sfortunati antieroi di questi racconti. Ed è proprio questa umanità, più di ogni altra considerazione, a rappresentare il vero legame tra noi e i nostri (forse!) avi.

    Alain Voudì

    Prologo. Dalla Taverna del Gatto Guercio

    Salpando dalla vasta piazza dell’Impiccato e facendo rotta sulla quarta di tribordo, costeggiando quindi sulla dritta i ruderi del Mercato degli Schiavi, ancora fetidi della paura antica, e bordeggiando poi lungo due o tre di quei luridi e angusti vicoletti che sfociano spurgando ai moli, si giunge infine al traverso di una sgangherata porta di legno grezzo, che rimane chiusa tutto l’anno, indifferente anche all’atmosfera torrida delle nostre brevi notti caraibiche, in cui l’aria è talmente infame da rimanerti appiccicata in gola e l’unico modo di buttarla giù e non morire soffocato è quello di trangugiarci dietro un boccale di quel rum tiepido e annacquato che chiamiamo grog, in mancanza di un nome più appetitoso.

    Non c’è un’insegna, su quella porta, perché chi sa cosa si cela al suo interno non ha bisogno di alcun segnale per riconoscerla, mentre chi non lo sa non vi è benvenuto. Se un visitatore casuale, prendendo il coraggio a due mani e tirando rumorosamente su col naso per darsi un contegno, trovasse nondimeno l’animo di spingerne il battente a una qualsiasi ora del giorno o della notte, si troverebbe all’improvviso immerso in un brodo viscoso fatto di alito cattivo e aria già troppe volte respirata, di grog rovesciato dagli ubriachi innumerevoli e di segatura versata sulle pozze di sangue lasciate da qualche cliente moroso, di risate di scherno e di canti sguaiati. Ma su tutti questi aromi, come ovunque dalle nostre parti, troverebbe a regnare supremo e incontrastato l’odore indefinibile del mare che vive in ciascuno dei suoi frequentatori.

    La Taverna non ha un nome, ma chi è d’uso accostarvi la chiama del Gatto Guercio, per via della mortifera bestiaccia che la proprietaria, nota come la taverniera più grassa e sciancata di tutti i Caraibi, usa per la guardia e per incoraggiare anche i più impenitenti a saldare il conto, prima di essere ramazzati fuori dal locale per far posto ai paganti.

    Per unanime riconoscimento la Taverna è sempre esistita, perché non è nessuno al mondo che ricordi un tempo in cui non fosse. Si dice inoltre che, nel corso di questa sua illimitata storia, abbia accolto le ciurme di ogni singola imbarcazione che si sia mai trovata a solcare i nostri mari, escludendo naturalmente le navi militari di ogni sorta, e quelle mercantili, a meno che non si trattasse delle nostre prede in attesa di ricollocazione.

    Vi furono momenti, nei periodi migliori, in cui non sarebbe stato possibile venire

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