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Biografia critica di Beethoven
Biografia critica di Beethoven
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E-book213 pagine2 ore

Biografia critica di Beethoven

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Vincent d’Indy (1851-1931), compositore al centro della vita musicale francese della fine del XIX secolo, si dedicò alla diffusione dell’opera beethoveniana che, assieme allo studio rigoroso del contrappunto, fu il fulcro del programma didattico della sua scuola di musica, la Schola Cantorum.
In questa biografia – del tutto in controtendenza – appare un Beethoven diverso da quello che siamo abituati a immaginare poiché d’Indy ne plasma il ritratto a sua immagine e somiglianza. Sebbene sia stato (ed è) un personaggio controverso per le sue idee musicali e politiche, d’Indy fu veramente uno dei più appassionati e competenti promotori della musica di Beethoven, e questa biografia trasuda della passione viscerale di un uomo verso la musica di Beet­hoven e della sincera ammirazione di un compositore verso il lavoro di un altro compositore.
A 250 anni dalla nascita di Beethoven, questa biografia – dopo più di cent’anni dalla prima pubblicazione (1911) – rappresenta una tessera speciale che ora torna ad aggiungersi al cangiante mosaico che, nei secoli, ha composto il ritratto di uno dei compositori più noti e amati della storia della musica.
LinguaItaliano
Data di uscita22 feb 2021
ISBN9788831444057
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    Anteprima del libro

    Biografia critica di Beethoven - Vincent D'Indy

    INDICE

    Copyright

    Prefazione di Federica Rovelli

    Nota bibliografica per il lettore italiano di Federica Rovelli

    Introduzione alla prima edizione italiana

    Nota del curatore

    BIOGRAFIA CRITICA DI BEETHOVEN

    Introduzione

    PRIMO PERIODO: FINO AL 1801

    I – La vita

    II – La musica: primo periodo (imitazione)

    SECONDO PERIODO: 1801-1815

    III – La vita

    IV – La musica: secondo periodo (transizione)

    L’amore per le donne

    L’amore per la natura

    L’amore per la patria

    TERZO PERIODO: 1815-1827

    V – La vita

    VI – La musica: terzo periodo (riflessione)

    Le sonate

    I quartetti

    I lieder e i canoni

    VII – La Nona sinfonia e la Missa solemnis

    Nona sinfonia

    Missa solemnis

    Tabella cronologica delle composizioni

    Albero genealogico della famiglia Beethoven

    Bibliografia

    Vincent d’Indy

    BIOGRAFIA CRITICA DI BEETHOVEN

    Prefazione di Federica Rovelli

    A cura di Giovanni Caprioli

    Questa pubblicazione è basata su:

    Vincent d’Indy, Beethoven. Biographie critique, illustrée de quatorze planches hors texte, (Les Musiciens Célèbres), Henri Laurens, Paris 1913.

    © 2020 LeMus Associazione

    Vincent d’Indy

    Biografia critica di Beethoven

    Prefazione di Federica Rovelli

    Traduzione dal francese e redazione a cura di Giovanni Caprioli

    I edizione digitale febbraio 2021

    ISBN 9788831444-057 (basata sull’edizione cartacea ISBN 9788831444-064)

    L’Editore si dichiara a disposizione per eventuali testi e immagini di cui non è stato possibile rintracciare gli aventi diritto.

    Associazione LeMus / LeMus Edizioni

    via delle Germane 11 – 10015 Ivrea (TO)

    www.lemusedizioni.com – info@lemusedizioni.com

    FB @LeMusEdizioni - TW @EdizioniLemus - IG lemusedizioni

    Prefazione

    – Federica Rovelli –

    Quella di narrare la storia della musica attraverso le vicende biografiche di un singolo individuo è un’idea relativamente nuova. Basti pensare che nel Settecento, l’epoca delle grandi storie universali e della cosiddetta storiografia evoluzionistica, alle biografie dei musicisti veniva dedicato a malapena lo spazio di una voce enciclopedica o di un trafiletto di giornale, per giunta conseguente al decesso dell’interessato e dunque in forma di necrologio. È a partire dall’Ottocento che, finalmente anche per i musicisti, si inizia ad avvertire la necessità di offrire ai lettori un racconto in cui il macrocosmo rappresentato dal contesto storico più ampio e il microcosmo definito dalle vicende personali di un singolo individuo si rispecchiano. Ed è sempre a partire dall’Ottocento che a questa necessità si aggiunge il gusto – mutuato chiaramente dai generi letterari dell’epoca, in primis il romanzo – per una continuità narrativa garantita dalla presenza di un filo conduttore unico: l’uomo al centro della biografia, il suo protagonista.

    Anche se i primi esempi del genere vennero dedicati a compositori vissuti prima di lui, non stupisce che a partire dagli anni Trenta dell’Ottocento la vita di Beethoven abbia rappresentato uno dei temi più studiati e amati della storiografia musicale. Fu il compositore stesso – sebbene una certa reticenza autobiografica sembri emergere da alcune sue dichiarazioni – a riflettere per primo sulla possibilità che la sua vita venisse raccontata attraverso una biografia: Karl Holz ottenne un suo permesso scritto nell’agosto del 1826 proprio per dedicarsi all’impresa, mentre stando alle non sempre attendibili dichiarazioni di Anton Schindler, Johann Friedrich Rochlitz venne designato ufficialmente come biografo ufficiale da un Beethoven ormai sul letto di morte. Sottrattosi Rochlitz a questo impegno e fallito anche l’importante tentativo di Anton Gräffer, toccò quindi a Franz Gerhard Wegeler e a Ferdinand Ries – rispettivamente amico di gioventù e allievo del compositore – assumersi l’onere di elaborare un resoconto il più attendibile possibile. La biografia frutto di questa collaborazione, ormai nota col nome di Wegeler-Ries, non può essere considerata la prima in assoluto, ma il 1838 (anno della sua pubblicazione) rappresenta di certo uno spartiacque per gli scritti biografici dedicati a Beethoven: è infatti da quel momento che vide la luce la maggior parte delle pubblicazioni incentrate sul tema.

    Nel 1840 sarà lo stesso Schindler (originariamente coinvolto anche nel progetto di Wegeler) a dare alle stampe una sua Biographie von Ludwig van Beethoven, un’opera la cui attendibilità venne messa in discussione fin da principio e che ciononostante lasciò un segno indelebile nella storia della recezione beethoveniana. Sempre nel 1840 – e in aperta polemica con Schindler – anche Richard Wagner inizierà a dedicarsi a Beethoven, dando alle stampe una nutrita serie di scritti e preannunciando l’uscita di una sua biografia del compositore, invero mai portata a termine. Gli anni Cinquanta dell’Ottocento furono, se possibile, ancor più densi: a titolo esemplificativo basterà citare gli scritti di Wilhelm von Lenz (generalmente ricordato per aver suddiviso la produzione beethoveniana nei famosi tre stili), quelli di Adolf Bernhard Marx (centrali per la lettura in chiave analitica delle opere del compositore e destinati a fondare la scuola della cosiddetta Formenlehre), e infine – ma non certo per importanza – la biografia che costituisce ancora il punto di riferimento indiscusso per gli specialisti beethoveniani, ad opera di Alexander Wheelock Thayer (oggigiorno consultata soprattutto nell’edizione di Elliot Forbes).

    Questa digressione sul genere biografico e in particolare sulle biografie beethoveniane – che a ben vedere potrebbe occupare uno spazio molto più ampio, ma si conclude qui per ovvi motivi – ha lo scopo di chiarire che nel 1911, quando Vincent d’Indy pubblicò la sua Biographie critique, gli studi principali sulla vita di Beethoven erano già disponibili. Il mito nato attorno alla figura del compositore sordo, del titano in lotta col suo stesso destino, figlio e allo stesso tempo padre della temperie romantica, aveva già favorito il proliferare di racconti più o meno attendibili relativi alla sua vita. I grandi temi erano già tutti sul tavolo. Ciononostante d’Indy ne seleziona e ripercorre i termini con rinnovato interesse attribuendo alle tessere del mosaico che viene via via componendosi dimensioni e colorazioni sempre differenti: non solo la sordità, il testamento di Heiligenstadt, gli anni di crisi e il nipote Karl, ma anche l’amore per la letteratura greca, il rapporto con Napoleone e i mecenati, e soprattutto il ruolo della religione o più in generale della dimensione spirituale.

    Non manca naturalmente il riferimento a uno dei temi prediletti dai biografi beethoveniani (forse il più inflazionato), quello legato all’identificazione della misteriosa amata immortale, la donna cui Beethoven rivolse due delle sue lettere più appassionate, ritrovate nei suoi cassetti all’indomani della sua morte. Ma ad esso va aggiunto, a fare da contrappeso, anche il riferimento ben più sofisticato – e ancora oggi appannaggio di una strettissima cerchia di specialisti – alle Betrachtungen der Werke Gottes im Reiche der Natur und der Vorsehung auf alle Tage des Jahres (Riflessioni sulle opere di Dio nel regno della natura e della Provvidenza in tutti i giorni dell’anno) di Christoph Christian Sturm, testo che Beethoven possedette effettivamente in un’edizione del 1772.

    D’Indy non accetta acriticamente ogni fonte a sua disposizione e mette in dubbio i resoconti aneddotici, mostrando una spiccata sensibilità non solo nel commento delle opere musicali – come ci si aspetterebbe da parte di un compositore come lui – ma anche nella discussione relativa alla veridicità delle testimonianze vagliate. Di questa sensibilità e del desiderio di guardare direttamente ai documenti senza alcuna intermediazione, si scorgono riflessi anche nell’apparato iconografico della sua pubblicazione, in cui viene addirittura riprodotto un foglio di schizzi impiegato da Beethoven per la composizione delle musiche di scena dell’Egmont (op. 84). A inizio Novecento, il proprietario di quel foglio di schizzi, oggi custodito a Londra (British Library), era proprio d’Indy.

    Un altro elemento merita di essere messo a fuoco prima di lasciare il lettore all’oggetto principale di questa pubblicazione. Come si leggerà nell’Introduzione alla prima edizione italiana, d’Indy articola le sue osservazioni sulla base di una personale interpretazione del personaggio storico di Beethoven. In contrasto con la lettura offerta dal connazionale e contemporaneo Romain Rolland, da cui emerge forte l’idea di un Beethoven rivoluzionario, d’Indy offre infatti un’immagine del compositore per certi versi più tradizionalista. Nemmeno questa polarizzazione rappresentata dalle due visioni di Rolland e d’Indy è nuova nel campo del biografismo beethoveniano, ed è anzi tipica della storia della sua recezione, che si dipanò attraverso epoche differenti, rivoluzioni culturali e sconvolgimenti politici consegnando ai posteri un’immagine sempre attuale del compositore di Bonn.

    A titolo esemplificativo basterà ricordare che nel 1870 – in concomitanza delle celebrazioni per il centenario della nascita del compositore e un anno prima dell’unificazione politica della Germania – la musica di Beethoven era divenuta metafora della nazione ed espressione dell’identità tedesca entrando a far parte di molte orazioni politiche. Nella Germania di Otto von Bismarck, Beethoven rientrava a pieno titolo nella galleria di eroi tedeschi che dovevano ispirare le giovani generazioni. Ma non mancavano visioni contrastanti, come quella di Friedrich Engels e Friedrich Nietzsche che vennero man mano assimilate nell’era guglielmina. Contrapposizioni analoghe, a tratti vere e proprie strumentalizzazioni politiche, si registrano infine anche qualche tempo dopo. Gli anni più significativi saranno evidentemente quelli della Repubblica di Weimar, durante i quali fazioni politiche avverse quali la KPD (il partito comunista) e la NSDAP (il partito nazionalsocialista) arriveranno, attraverso le loro testate giornalistiche, ad accostare l’opera beethoveniana a ideali nettamente contrapposti in funzione di questa o quella strategia propagandistica.

    Quanto questo processo storico-culturale di continua riappropriazione del mito beethoveniano sia stato determinante nelle interpretazioni offerte dai singoli biografi e quanto, viceversa, il frutto dei loro studi sia stato decisivo nella visione prevalente della società di cui fecero parte, non può essere definito in maniera netta e univoca. La consapevolezza dell’interdipendenza tra i fattori menzionati aiuterà per lo meno a comprendere il significato più generale e profondo di un lavoro di ricostruzione biografica come quello qui offerto per la prima volta in traduzione italiana. Ecco, dunque, che la pubblicazione di questa Biographie critique, nell’anno in cui si festeggiano i duecentocinquant’anni dalla nascita del compositore, offre la possibilità di riflettere a trecentosessanta gradi sul ruolo che una figura come quella di Beethoven gioca nel mondo contemporaneo per la nostra società; un mondo di cui – che lo si voglia o no – il compositore tedesco è ancora parte fondamentale e una società che, tematizzando tratti diversi della sua vita e della sua opera, non fa altro che ripetere ciò che d’Indy fece: cercare in Beethoven le proprie origini o, detto in altri termini, comprendere meglio se stessa.

    L’anno che si sta per concludere dimostra che anche oggi c’è spazio per parole di grande attualità nei discorsi di chi desideri guardare con rinnovato interesse alle vicende biografiche del compositore: la sua esperienza umana può essere paragonata a quella di un profugo che, partito alla volta di Vienna, smise di avere una patria in cui poter tornare quando la sua Bonn venne invasa dalle truppe francesi; ma (ribaltando uno dei cliché più duri a morire) può essere vista anche come la storia di un animale sociale, un vero e proprio networker il cui operato poggiava su una fitta rete di relazioni, inclusiva delle più disparate professionalità (letterati, editori, musicisti, imprenditori, inventori, copisti, medici, costruttori di strumenti e ricchi mecenati); infine, con ancor meno titubanza, si può essere tentati di mettere in luce l’amore del compositore per la natura e vedere in questo sentimento il pendant della sensibilità ambientalista, la cui diffusione odierna è sotto gli occhi di tutti. Al lettore si lascia quindi il compito di riflettere sulle possibili insidie e forzature celate dietro tutti questi parallelismi e accostamenti: tanto quelli appena enumerati, quanto quelli nascosti tra le righe pubblicate da d’Indy più di un secolo fa.

    Nota bibliografica per il lettore italiano

    – Federica Rovelli –

    Orientarsi nella produzione bibliografica inerente Beethoven non è semplice. Gli scritti dedicati al compositore sono infatti numerosi, eterogenei e non sempre esaustivi. In questa sede si cercherà di offrire qualche indicazione a supporto del lettore italiano, integrando comunque informazioni relative alla produzione in lingua straniera indispensabili al completamento del quadro più generale.

    I documenti principali da cui ricavare informazioni di prima mano sulle vicende biografiche beethoveniane (epistolario, diari e quaderni di conversazione) sono tradotti solo in parte in italiano. L’epistolario (sei volumi contenenti 2292 lettere, di cui 1770 del compositore stesso, le altre indirizzate a lui o comunque a lui strettamente connesse), pubblicato in lingua originale da Sieghard Brandenburg per Henle (Ludwig van Beethoven: Briefwechsel. Gesamtausgabe, München 1996-1998), è stato tradotto da Luigi Della Croce (Ludwig van Beethoven. Epistolario, Skira, Accademia di Santa Cecilia, Milano 1999-2007). La pubblicazione tedesca consta di un settimo e di un ottavo volume aggiuntivi: il settimo, disponibile solo in tedesco, è dedicato agli indici, mentre l’ottavo – dedicato a documenti quali contratti, ricevute, attestati ecc. – attende ancora di essere pubblicato e una sua traduzione italiana sarebbe certamente utile.

    I celebri Quaderni di conversazione – utilizzati dal compositore a partire dal 1818, quando i problemi di udito erano ormai tali da impedirgli di conversare normalmente coi suoi ospiti, dunque fonte preziosissima di informazioni anche relative alla sua vita quotidiana – sono stati oggetto di diverse pubblicazioni e traduzioni in italiano, ma solo parziali. In questo momento l’edizione di riferimento è quella tedesca della Deutscher Verlag für Musik a cura di Karl-Heinz Köhler e Dagmar Beck pubblicata tra il 1972 e il 2001. Un nuovo progetto editoriale in lingua inglese, a cura di Theodor Albrecht, è in corso di pubblicazione e i primi tre volumi sono già a disposizione (Beethoven’s Conversation Books, ed. and transl. by Theodor Albrecht, Boydell & Brewer, 2018-2020). Una selezione tradotta in italiano di questo corpus di documenti venne data alle stampe durante gli anni Sessanta grazie all’opera di Luigi Magnani (Ricciardi, Milano-Napoli, 1962), ma anche in questo caso sarebbe auspicabile disporre di

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