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E-book259 pagine3 ore

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Info su questo ebook

Lucrezia e Federico vivono a Milano, sono amici da alcuni anni, anche se in realtà sanno molto poco l’uno dell’altra. Lucrezia non riesce più a fidarsi degli uomini, a Federico invece non interessa crearsi un legame.
Spesso tutto comincia da un imprevisto ed è quello che accadrà a loro. Proprio quando Lucrezia non se lo aspetta, il suo cuore “gelato” inizierà a sciogliersi.
Pensa di conoscere da tempo quel “qualcuno”, donnaiolo, preso da sé stesso e dal suo indiscutibile fascino, in realtà dietro quegli occhi scuri così intensi, troverà un mondo inesplorato che la travolgerà.
L’effetto Federico Cavelli!
LinguaItaliano
EditoreCorry
Data di uscita3 mar 2021
ISBN9791220272100
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    Anteprima del libro

    Oltretutto - Corradina Vella

    Maria

    1 - Il premio

    In tutta fretta stavo riordinando la mia scrivania. Alessia mi osservava divertita.

    «Ciao Ale, buon week-end, devo scappare! Sento già quei due appiccicarmi addosso il solito Miss ritardo». La porta a vetri si chiuse alle mie spalle; in quel momento, nessuna delle due poteva immaginare quanto, il week-end che stava per iniziare, avrebbe stravolto le nostre vite.

    Fui costretta a sveltire il mio passo, anche se mi sarebbe piaciuto godere del tardo pomeriggio di quell’aprile, tiepido e soleggiato. Adoro passeggiare per il centro di Milano, mi dona tranquillità. Quel venerdì, però, sarei dovuta arrivare alla fermata del tram il prima possibile. Tutto doveva andare come da programma: prima delle 19:00 sarei dovuta entrare in doccia e alle 20:00 Loris e Federico sarebbero passati a prendermi, per dare inizio a un venerdì sera davvero particolare.

    Loris e Fede li conosco ormai da alcuni anni. Loris è il mio migliore amico anche se, prima di diventare il mio best friend, aveva provato a flirtare con me. Ma l’aveva fatto nel momento sbagliato, quando stavo raccogliendo i cocci di me stessa per colpa di quel pazzo. È stato meglio così perché insieme ci divertiamo da matti; non riesco proprio a immaginare di fare coppia con lui, di andare insieme a trovare i miei genitori o di trovarci nudi l’uno sopra l’altra. Sono invece sicura del fatto che sia una colonna portante della mia vita: nei momenti di fragilità, in cui vedo tutto nero, è lui il primo che ho bisogno di sentire. Purtroppo, da quando Gianluca mi ha torturato psicologicamente, non sono più riuscita a vedere un uomo come qualcuno con cui fare progetti. I corteggiatori non sono mancati, ma, come sostiene Alessia, il mio cuore si è congelato.

    Federico, invece, è un grande amico di Loris e di conseguenza è diventato anche amico mio. Introverso e maledettamente bello, ha gli occhi scuri, lo sguardo intrigante e il fisico di chi la palestra la frequenta assiduamente. Senza dubbio il suo vero segno distintivo resta il neo vicino alle labbra carnose, che ti costringe, inevitabilmente, a guardarle. Non ha una ragazza fissa, credo ne frequenti diverse: nella nostra compagnia ha la fama del latin lover!

    Nonostante la doccia calda solitamente mi rilassi, quel venerdì mi sentivo agitata e più passavano i minuti più mi sentivo invasa da quella sensazione; pensai che dipendesse dal fatto di dover fare tutto di corsa, in un’occasione in cui avrei voluto essere perfetta. Mentre stavo pensando a cosa indossare mi prese un colpo e la mia agitazione non fece altro che aumentare... L’abito rosso con le spalle scoperte, quello elegantissimo che avrei voluto indossare per quella serata, mi ricordai di non averlo visto dentro l’armadio, quando la mattina avevo preso il maglione blu a pois.

    «Avrebbe dovuto essere lì!» pensai a voce alta. «Vuoi vedere che l’ho dimenticato in tintoria? Che oca!» mi dissi. Una volta appurato che l’abito rosso non si trovasse in casa, mi resi conto che avrei dovuto trovare velocemente delle possibili alternative. Il punto era proprio questo: per una precisina come me trovare, velocemente, una soluzione su cosa indossare, in una serata così particolare, era pura fantascienza. Spalancai tutte le ante dell’armadio e cominciai a fissarlo. Alla fine, dopo un’accurata selezione dell’intero guardaroba, optai per due completi: pantaloni neri e camicetta in seta (sarei risultata elegante ma non eccessiva) oppure gonna a pieghe con top in lurex e giacchino nero. Cominciai a provare i pantaloni neri attillati, indossai il reggiseno a balconcino che Alessia mi aveva regalato a Natale e completai il tutto con la camicetta di seta chiara. Non indossai i collant, scelsi le decolleté più fashion del mio armadio e la borsa minimal luccicante. Come giacca, optai per il trench chiaro che mi avrebbe dato un aspetto sofisticato. Mi guardai allo specchio un po’ da tutte le angolature e mi dissi: «Approved!». Vista la convinzione che mostrai sin da subito, decisi di escludere la gonna più il top, senza nemmeno provarli.

    Scelsi di raccogliere i capelli, partendo da una asciugatura con effetto spettinato. Spruzzai sulla pelle profumo in gran quantità, poi mi dedicai al trucco: fondotinta, fard, contorno labbra, mascara nero, tutto meccanicamente come facevo di solito. Infine, indossai il mio ciondolo portafortuna e l’anello che mi regalò mia madre per il diciottesimo compleanno.

    Quando guardai con la coda dell’occhio la sveglia sul comodino, mi resi conto che, strano a dirsi, ero già pronta sebbene mancassero dieci minuti alle 20:00. Controllai il cellulare e proprio in quel momento Loris mi stava chiamando; ecco lo sapevo, ancora una volta sono in anticipo e poi si divertono a farmi passare per la ritardataria!

    Risposi alla telefonata scherzosamente: «Ciao boy, ma non dovevate passare a prendermi alle otto? Siete già qui, vero? Ma stavolta sono pronta… Ho vinto io!»

    «Ciao Lu, guarda, purtroppo…» il suo tono era stranamente mesto. «Mio padre ha avuto un malore, probabilmente si tratta di un ictus. È successo poche ore fa, non me la sento proprio di venire a Brescia»

    «Santo cielo, mi dispiace Loris. Ma come sta ora?»

    «Non so molto, non è in pericolo di vita però stanno facendo un’infinità di accertamenti. È stato portato in ospedale con l’ambulanza. Mia madre e Riccardo sono con lui, io sto per partire da Milano. Ho già avvisato Fede, ma mi dispiace che vada da solo a ritirare il premio che si è conquistato; lo so che il programma non era questo, ma ti andrebbe di accompagnarlo almeno tu?»

    «Certo Loris, non preoccuparti per Fede, andrò io con lui. E poi non voglio assolutamente rinunciare alla super cena a scrocco!» aggiunsi con enfasi, per smorzare un pochino l’ansia che gli sentivo addosso.

    «Ci sentiamo dopo, ok? Ora chiamo Fede e parlo con lui»

    «Ciao Lu, buona serata.»

    Terminata la telefonata con Loris, venni travolta da un pensiero che mi creò un certo disagio: sarebbe stata la mia prima volta da sola con Federico. È vero ci conosciamo da parecchio tempo, ma non era mai capitato che condividessimo, solo lui e io, uno spazio ristretto come quello di un’automobile e poi cosa ci saremmo detti in quell’ora e mezza di strada? Io odio il silenzio e lui non è sicuramente un chiacchierone. Provai a chiamarlo al cellulare, ma risultava sempre occupato.

    «Cominciamo bene!» sbottai.

    Dopo qualche tentativo, mi buttai sul divano: «Vedrai che sarà un venerdì sera di quelli che trascorrerò a casa da sola, a mangiare schifezze, guardando un film strappalacrime», borbottai tra me e me. Alle 20:10 ancora nessuna chiamata. Forse era meglio togliere quelle maledette scarpe tacco dodici! Stavo cominciando a irritarmi. Pochi istanti dopo il mio cellulare cominciò a squillare e sullo schermo vidi la sua foto (Fede che si stava tuffando nel mare blu di Ibiza). Quella foto l’avevo scattata io l’estate precedente, quando Loris e Federico raggiunsero me e le ragazze della compagnia in Spagna.

    «Ciao Fede», risposi.

    «Ciao Lucrezia, hai saputo del papà di Loris?»

    «Sì, mi ha chiamato poco fa»

    «Guarda, non c’è problema se non vuoi venire alla premiazione stasera, ti capisco»

    «Perché dici così? Vengo volentieri e stranamente sono già pronta», feci una risatina e continuai: «Tu dove sei?»

    «Praticamente sotto casa tua»

    «Bene, allora scendo subito»

    «Ok.»

    Non riuscii subito a riconoscere la macchina di Fede, ero certa fosse nera, il problema è che a me sembrano tutte uguali e quei maledetti tombini stavano rischiando di rovinare i tacchi delle mie bellissime decolleté. Fortunatamente, poco dopo, notai un ragazzo sbracciarsi dall’altra parte del marciapiede; era proprio lui, per cui attraversai la strada per raggiungerlo.

    «Ciao Fede»

    «Ciao Lu».

    Appena mi avvicinai, mi scappò, in modo naturale, un complimento: «Come sei bello stasera!»

    «Solo stasera?».

    Spesso mi spiazzava con le sue risposte e facevo fatica a capire quanto stesse scherzando o quanto fosse serio.

    «No, latin lover», risposi. «Tu sei sempre bello, ma stasera con la camicia bianca lo sei particolarmente. Contento della mia risposta?» aggiunsi con tono ironico.

    Fece un sorrisino compiaciuto che mi fece riflettere su quanto fosse sicuro del proprio fascino.

    Per i primi dieci minuti mi isolai con il cellulare, un po’ da maleducata, ma, per discolparmi, pensai che a Federico non dispiacesse stare per i fatti suoi. Dovevo avvisare Alessia, la mia amica, collega, confidente, praticamente seconda sorella, dei grandi cambiamenti che stavano avvenendo. Come immaginavo, appena le scrissi che ero sola in macchina con Fede, cominciò a elettrizzarsi. Insomma, lei aveva un debole per lui (persino la sua introversione la estasiava).

    Ah sì!!! Voi due soli in macchina andata e ritorno da Brescia, con tanto di cena?!

    Come ti sei vestita? La biancheria intima è quella delle grandi occasioni? Mi scrisse.

    Che stupida sei! Lo sai che Fede non è il mio tipo. Risposi io .

    Non so neanche che serata sarà, spero vivamente non sia noiosa. Loris non mi ha mai voluto rivelare che premio avrebbe ritirato Fede, mi ha sempre e solo detto che durante la cena, preparata da chef stellati, ci sarebbe stato questo evento.

    Ora ti lascio, non è giusto che stia in macchina con lui a guardare tutto il tempo il cellulare.

    Così terminai poco dopo i miei aggiornamenti via chat.

    Hai ragione, con quello che hai da guardare… molla il cellulare! Ahahah. Scrisse Ale per finire.

    «Allora Fede, che tipo di premio ritirerai? Loris non ha voluto anticiparmi niente». Lo osservai mentre facevo questa domanda, aveva un’espressione seria. Aggiunsi subito: «Se ti va di parlarne…» come se volessi discolparmi di una curiosità più che legittima.

    Mi rivolse uno di quei suoi sguardi intensi e mi rispose con un termine per me sconosciuto: «Online-fit».

    «Ti spiego di cosa si tratta», aggiunse sorridendo.

    «Nella palestra in cui mi alleno, mi hanno chiesto di registrare dei tutorial di fitness che fossero facili da emulare e che diventassero popolari velocemente. Vogliono provare la strada del web per ampliare l’attività, ma esistono già tanti filmati del genere», continuò. «Per questo ho proposto di registrare dei tutorial che, in primis, fossero utili ai giovani con problemi nei movimenti: un aiuto e un incitamento alla riabilitazione, alla voglia di farcela, per vincere la paura o il dolore, conseguenza di un evento traumatico, per esempio. Hanno accettato e i miei tutorial sono stati diffusi in tutti i centri riabilitativi del nord Italia, riscuotendo molto successo. Non sono ancora stati diffusi in rete, perché prima bisognava essere sicuri che i messaggi fossero corretti dal punto di vista terapeutico e positivi per chi li guardasse»

    «Ma che bel progetto Fede! Come ti è venuta un’idea così interessante?».

    Prima che potesse rispondermi, squillò il suo cellulare e la chiamata fu in viva voce.

    «Ciao bellezza»

    «Ciao Katia»

    «Ma dove sei? Ho preso le pizze e sono sotto casa tua, ma non rispondi».

    Si creò un generale imbarazzo in macchina, io non sapevo più cosa fare né dove guardare.

    «Katia, non ti ho mai detto che avremmo mangiato la pizza insieme stasera», rispose Federico con tono categorico.

    «Infatti, era una sorpresa»

    «Comunque sono in macchina e sto andando a Brescia per il premio»

    «Hai ragione, me ne ero completamente dimenticata, peccato perché ho indossato il completino più bello…»

    «Katia, ti chiamo io domani, ok?».

    A quel punto, senza nemmeno attendere una risposta, interruppe la telefonata. Dopo un paio di minuti di pesante silenzio, ripresi le domande sul premio: «Mi stavi dicendo… anzi io ti stavo chiedendo: come ti è venuta un’idea così originale?»

    «A sedici anni ho avuto un brutto incidente in scooter, ho tagliato la strada a un furgone che mi ha colpito in pieno alle gambe. Giocavo a calcio; ero pure una promessa delle giovanili locali. Per tanto tempo i medici hanno creduto che non sarei più riuscito a camminare bene, ma con la fisioterapia e, soprattutto, grazie a Gigi, il mitico fisioterapista di Rho, sono tornato a fare tutto normalmente dopo appena un anno dall’incidente. È stata dura, ma il suo supporto è stato determinante».

    Non sapevo di questa terribile esperienza, pensai in silenzio. Ma d’altronde, ci eravamo conosciuti diversi anni dopo quell’incidente e Federico parlava sempre pochissimo della sua vita privata.

    «Quindi è stata la tua esperienza di riabilitazione a darti l’idea giusta?»

    «Sì, dopo l’incidente, pur amando lo sport, ho potuto dedicarmi solo alla palestra: non posso più giocare a calcio, tennis o sciare perché i movimenti bruschi e frenetici potrebbero danneggiarmi. Ma ho scoperto che la palestra non migliora solo il fisico, fa bene alla testa e può permetterci di muovere muscoli di cui ignoriamo l’esistenza. È solo questione di esercizio»

    «Si capisce che ti piace tanto. Io, invece, sono pigra come un bradipo», aggiunsi.

    «Non hai mai praticato sport?»

    «Da bambina ho frequentato diversi corsi, mia mamma era fissata con la piscina. Poi sono passata alla ginnastica ritmica, ma l’istruttrice era una iena e mi sono stancata presto. Nel periodo dell’adolescenza ho giocato alcuni anni a pallavolo, però durante il liceo ho piantato tutto»

    «Hai la fortuna di essere comunque magra senza svolgere attività fisica?»

    «Sì, questa fortuna l’ho ereditata da mio padre. Però ora che mi sto avvicinando ai trenta dovrei cominciare a pensare di muovermi un po’, purtroppo cambierà anche il mio metabolismo.»

    Credo che Fede e io facemmo la discussione più lunga da quando ci eravamo conosciuti. E feci una riflessione sul fatto che, dopo tutto, se con lui parli di qualcosa che gli interessa, non è poi così introverso.

    Poco prima delle 21:30 arrivammo a destinazione, sul filo del rasoio, visto che la cena stava per iniziare. Si sarebbe svolta in uno di quei palazzi antichi dove tutto appare sontuoso: Palazzo Monti. Lasciammo l’auto a un ragazzo alto, vestito di scuro, che si sarebbe occupato di parcheggiarla. Fede appoggiò la mano sulla mia spalla e mi indicò l’ingresso da cui saremmo dovuti entrare; consegnò due pass al tizio sulla porta che gli strinse la mano energicamente (probabilmente sapeva già che fosse uno dei premiati).

    Entrammo in una sala gremita di gente, un po’ di tutti i generi: giovane, di mezza età, elegante, informale, stravagante.

    In fondo alla sala era stato allestito un palco con un’insegna fluo, gigantesca: VIAGGIO NEL FITNESS 2015 (TERZA EDIZIONE). E vicino al palco, notai anche le telecamere, quindi ci sarebbe stata anche la tv a riprendere l’evento?

    Che serata pazzesca, strana, insolita… Mi sentivo addosso sempre quella strana sensazione, che non mi mollava dalla doccia.

    Mentre Federico andò a salutare un paio di persone che conosceva, pensai a Loris e provai a chiamarlo, purtroppo senza ricevere risposta. Poco dopo, Fede mi fece cenno di avvicinarmi e mi presentò a Filippo Magri e Angela Bottini, due giovani sulla quarantina che sembrava conoscere molto bene: si trattava dei manager della palestra. Disse loro che ero la sua cara amica Lucrezia. Ci indicarono il tavolo dove avremmo dovuto cenare, noi due da soli, come due piccioncini. Devo dire che, francamente, la situazione cominciava a gasarmi. A tavola, Fede si lasciò andare più del solito e, dopo aver bevuto un paio di bicchieri di prosecco, cominciò a farmi delle domande che da lui non mi sarei di certo aspettata. Mi chiese dell’anello: «Che bell’anello che indossi stasera, regalo speciale di un ragazzo?»

    «No», risposi io ridendo. «È il regalo di mia madre per il mio diciottesimo, ci tengo tantissimo».

    Non mi aveva mai rivolto domande personali. In realtà quella doveva essere la nostra prima volta solo lui e io, quindi la situazione stava favorendo una certa confidenza.

    «Quindi, nessun uomo nella tua vita?» continuò.

    «No, sono single da tempo ormai»

    «Come mai?».

    Ma che domanda è come mai? Questa risposta mi limitai a pensarla e non la dissi a voce alta. «Ho avuto una brutta storia e boh non riesco più a provare…»

    «Amore?» completò lui la mia frase.

    «Sei giovane perché non pensi a divertirti. L’amore viene di conseguenza: prima è giusto conoscersi, frequentarsi, solo così si potrà avere la possibilità di capire se c’è del sentimento o se si tratta solo di un diversivo».

    Non avevo mai affrontato l’argomento da questo punto di vista: io e le mie amiche siamo sempre state promotrici del ti innamori… e solo allora gli permetti di conoscerti a fondo… Solo allora ti lasci andare e bla bla bla. E se invece avesse ragione lui? Federico aveva appena compiuto ventisette anni, a luglio per me sarebbero stati trenta. In più, per carattere, il suo punto di vista era sicuramente più leggero del mio.

    Attenta Lucrezia (suonò un campanello d’allarme dentro la mia testa)! È lo stesso ragazzo che prima ha liquidato quella Katia come se fosse un passatempo, bello fare esperienza così!

    Tanti pensieri cominciarono a distrarre la mia mente, Federico se ne accorse e mi scosse il braccio per farmi notare che l’antipasto era stato servito. Subito dopo fece un’affermazione che mi lasciò sbalordita: «Scusami Lucrezia, non so nemmeno cosa tu abbia vissuto e ho fatto il facilone. Non dovevo».

    Chi l’avrebbe mai detto? Che profondità di pensiero. Appoggiai la mia mano sul suo braccio e, fissandolo negli occhi, gli dissi: «Non ti preoccupare Fede, probabilmente hai ragione tu.» Scoppiammo simultaneamente a ridere e quella fu la prima risata sonora della serata. Ne seguirono tante altre, grazie alla complicità delle bollicine Franciacorta di cui i nostri bicchieri vennero costantemente riempiti. Ridemmo dei miei ritardi cronici, delle mie gaffe involontarie, delle sue petulanti ammiratrici. E festeggiammo insieme, abbracciandoci, il premio che poco dopo le 23:00 fu inviato a ritirare sul palco. L’applauso dei presenti fu sonoro. Lo vidi emozionarsi, soprattutto quando vide diffondere le proprie immagini sul maxischermo, girate insieme ai ragazzi della fisioterapia. Alcuni di loro li trovò sul palco a festeggiarlo e a ringraziarlo.

    Che bella serata stavo trascorrendo, inimmaginabile! Quando Federico estese l’invito anche a me, l’avevo sì pensata come una serata atipica, ma completamente diversa. Quello che stavamo vivendo, noi due da soli, non era semplicemente atipico, stava assumendo dei toni profondi che non mi sarei mai aspettata e ci stava permettendo di conoscerci. Per un attimo mi chiesi se… fosse possibile che… ma scossi la testa: Fede per me era un amico e il contesto stava indubbiamente amplificando tutto. Si si è tutto amplificato dal premio, dalla cena, dal vino… ripetei a me stessa.

    Il discordo di Federico sul palco fu come doveva essere: semplice e sintetico. Ma senza dubbio quel ragazzo aveva fatto centro con altro: furono le immagini a parlare per

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