Rida senza dare nell'occhio: Erik Satie tra umorismo e ironia
Di Luca Boero
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Rida senza dare nell'occhio - Luca Boero
INDICE
Copyright
Informazioni sull’autore
Prefazione
UMORISMO E IRONIA
• Umorismo e ironia come concetti sovrapposti?
• Umorismo come fare
del comico: ironia come forma di umorismo?
• Umorismo contro ironia: relazioni e distinzioni
UMORISMO E IRONIA IN MUSICA
• L’umorismo musicale
• Ironia in musica
L’UMORISMO DI SATIE
• Il periodo umoristico
Véritables préludes flasques (pour un chien) / (Veri preludi flaccidi – per un cane)
Descriptions automatiques (Descrizioni automatiche)
Embryons desséchés (Embrioni rinsecchiti)
Croquis et agaceries d’un gros bonhomme en bois (Bozzetti e smancerie di un grosso tizio di legno)
Chapitres tournés en tous sens (Capitoli voltati in tutti i sensi)
Vieux sequins et vieilles cuirasses (Vecchi zecchini e vecchie corazze)
Les Trois Valses distinguées du précieux dégoûté e Heures séculaires & instantanées (Tre distinti valzer del prezioso schifiltoso e Ore secolari e istantanee)
Sports & Divertissements
• Il doppio fondo dei brani umoristici
L’IRONIA DI SATIE
• Ironia contro gli altri: L’insidia di Medusa
• Conformismo ironico
• Autoironia
• Il traguardo dell’ironia
Cronologia della vita
Bibliografia
Luca Boero
RIDA SENZA DARE NELL’OCCHIO.
ERIK SATIE TRA UMORISMO E IRONIA
Prefazione di Elisabetta Piras
Logo LeMus Edizioni© 2020 LeMus Associazione
Luca Boero
Rida senza dare nell’occhio. Erik Satie tra umorismo e ironia
Prefazione di Elisabetta Piras
I edizione digitale febbraio 2021 (basata sull’edizione cartacea ISBN 9788831444-040)
I edizione digitale in EPUB maggio 2021 – ISBN 9788831444-095
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LUCA BOERO (Imperia 1980) ha conseguito il Dottorato di ricerca in Musicologia e Beni musicali presso l’Università di Bologna. Vive e lavora a Bologna dove alterna l’attività di musicista a quella di tecnico musicale in ambito sinfonico e operistico.
Prefazione
«Non c’è da interrogarsi sull’importanza di Satie, egli è indispensabile» (Cage 1961, p. 82, trad. nostra), così scrive John Cage negli anni ’50 del Novecento, e con lui concordano compositori, musicisti, musicologi, artisti e letterati dal tempo in cui Erik Satie animava la vita culturale parigina, sino ai giorni nostri. Certo non sono mancati detrattori e indifferenti, così come al giorno d’oggi non stupisce che il fascino innovativo della musica di Satie sia scoperto e valorizzato – in ambiti accademici e non – solo occasionalmente e, comunque, sia spesso forzatamente incasellato in un’ampia e generica poetica francese di inizio Novecento. Non stupisce nemmeno che solo alcune pagine del nostro siano divenute realmente famose, come le delicatissime Trois Gymnopédies, anche e soprattutto grazie alle trascrizioni di Claude Debussy, oltre che all’abbondante uso mediatico, senza indagarne il mondo sotteso, dall’originale concatenazione accordale alla suggestiva concezione melodica, che risolve sottilmente e senza clamori la ancora vivida dicotomia tra apollineo e dionisiaco nell’allusione ambigua del titolo a torbidi riti spartani o, forse, solamente a una semplice ginnastica.
Il problema non si pone esplicitamente per Satie che – in una Parigi di fine Ottocento costellata di spinte propulsive tra saperi accademici, originalità, innovazione e competizione – non ha remore a presentarsi come gymnopediste (incurante dell’effetto che tale non meglio precisata qualifica avrebbe potuto suscitare) in ambienti ben lontani dalle manifestazioni monumentali che in quell’epoca determinano successo e autorevolezza di un compositore.
Partendo da un presupposto di questo genere, Erik Satie intriga e affascina per i suoi aspetti più bizzarri; la sua biografia pullula di relazioni e situazioni ambigue e conflittuali, che spaziano da aneliti religiosi totalizzanti a caustici giudizi su personaggi e ambienti, senza tema di effetti controproducenti. L’aneddotica prolifera, qualsiasi sua frase è immediatamente citazione
, lo si identifica come il Socrate di Arcueil
che vive in una casa di piccole dimensioni (da lui definita armadio
) dove, in una stanza chiusa a chiave, custodisce una preziosa collezione di ombrelli.
Se si vuole ci si può fermare a tali stravaganze; la lettura del suo Quaderni di un mammifero offre la possibilità di interpretare il personaggio nella sua volatilità più estrema, di assaporare le sue amenità più radicali calandosi nel vivace contesto interdisciplinare che anima con le sue collaborazioni, di ascoltare la sua musica selezionando le pagine che si distinguono per cantabilità e immediatezza, e sorridendo per le insolite indicazioni riportate in partitura.
Si tratta di uno dei tanti modi di conoscere Satie, in un’interpretazione ingenua e diretta della celebre frase di Jean Cocteau: «Satie insegna il gran coraggio del nostro tempo: essere semplici» (Cocteau 1918, p. 38).
Probabilmente, però, in questa frase si possono individuare significati estremamente profondi, soprattutto nell’ottica in cui si voglia guardare il concetto di semplicità non come basso contenuto di complessità, ma come quintessenza della schiettezza
.
Come ci insegna la storia della musica, il fenomeno Satie
è figlio di un movimento di potente messa in discussione dei linguaggi musicali, oltre che di coordinate antropologiche, sociologiche e culturali, che il vicino periodo romantico aveva cristallizzato in tutta Europa. Nel caso di Satie siamo al di là di una espressione musicale e umana da raggiungersi attraverso l’esplorazione di esperienze estetiche, siamo invece davanti a un sentimento pregnante, definibile come «delusione nei confronti della tradizione romantica» (Baroni 2001, p. 15), che si manifesta nella piena schiettezza dell’emancipazione. Lo spirito della reale modernità e del senso innovativo del nostro, affondano quindi profonde radici in una critica lucida e spietata con esiti radicali, e hanno come conseguenza immediata che la sua musica vive di distacco oggettivabile rispetto al passato e alla contemporaneità, mentre si offre come spunto ottimo a influenzare tecniche compositive e poetiche musicali del suo tempo (cfr. Restagno 2009, p. 246), ma anche di molto successive, come sottolinea John Cage.
Con immenso piacere trovo argomentazioni esaustive su questi aspetti nell’elaborazione della brillante mente creativa di Luca Boero che, accettando la sfida di un lavoro musicologico di rara difficoltà, restituisce appieno significati intensi alle pose più ermetiche della musica di Satie.
Se si vuole interpretare una certa forma di distacco
come arma efficace per prendere le distanze da ciò che non si vuole o non si può affrontare, nello scritto di Luca Boero si può evincere chiaramente la modalità con cui Satie mette in atto questo distacco nella sua musica e con la sua musica.
Il lavoro si incentra sui concetti di ironia e umorismo – sovente abusati riguardo a Satie – non perché totalmente inadeguati, ma perché spesso utilizzati nella loro accezione più superficiale che non rende appieno la portata di una produzione musicale che, sebbene delimitata ad hoc allo spaccato che presenta chiari tratti ironici e umoristici, a tutt’oggi sembra una fonte inesauribile di interpretazioni e profezie
per future concezioni del fenomeno sonoro e delle sue possibili funzioni.
Le trattazioni del presente testo riconducono a un ragionamento scientifico che passa con scioltezza dagli elementi di umorismo e ironia, tecnicamente espressi nella musica di Satie, a una concezione storica e generale di questi concetti e viceversa. Con sensibilità, il discorso si articola con la rilevazione del come
all’analisi dei perché
, sviscerando con modalità discorsive cause e effetti della produzione musicale di Satie, in stretto legame con le caratteristiche umane del compositore e della sua biografia, il che cala immediatamente la dimensione della lettura in un’aurea di fascinoso coinvolgimento.
L’elemento che risulta essere imperniante per le caratteristiche di ironia e umorismo nella musica in esame è, in un sottile gioco di differenze tra detto
e non detto
nella definizione di questi concetti, la citazione musicale nell’abbondante intreccio di spunti verbali e figurativi. A mano a mano che si avanza nella lettura, si delinea con sempre maggiore evidenza un uso massiccio di spazio intertestuale che si staglia come colto, sofisticato e sottile, sempre schietto e senza orpelli.
Il testo accompagna nel disvelamento di una tecnica di citazione sempre originale, con funzioni specifiche, e mai indizio di una qualche forma di influenza stilistica. Talvolta si tratta di citazioni letterali di musiche specifiche totalmente decontestualizzate, il caso che si definisce intuitivamente borrowing music (cfr. Burkholder 1994) in altri momenti troviamo citazioni di stili e generi, talvolta con riferimenti e rimandi extramusicali, comunque il tutto è sempre riconducibile all’hic et nunc, nella possibilità di una fruizione completa per chi ha gli strumenti per cogliere immediatamente il senso dell’uso di musica preesistente.
Il mondo ironico e umoristico di Satie si può cogliere da diverse prospettive, il presente contributo rappresenta la piacevolezza dell’approccio scientifico, in cui si può rinunciare a suggestioni tentatrici di ricostruzioni improbabili benché accattivanti, guadagnando perspicuità per cogliere appieno lo spessore umano, culturale e musicale insito in una densa esperienza estetica.
Torino, 7 agosto 2020
Elisabetta Piras
RIDA SENZA DARE NELL’OCCHIO.
ERIK SATIE TRA UMORISMO E IRONIA
Questo libro è dedicato alla memoria di
Ornella Volta (1927-2020)
UMORISMO E IRONIA
Umorismo e ironia sono due termini complessi. È sufficiente scorrere qualcuno dei numerosissimi studi dedicati per rendersi conto della molteplicità dei significati attribuiti a queste due parole. Soprattutto, ci si accorge di come, di volta in volta, si possano considerare ironia e umorismo in accezioni più o meno vaste o, all’opposto, più o meno ristrette, così da avere una separazione netta fra i due concetti oppure, al contrario, la loro fusione con uno dei due compreso nell’altro. Di fronte a questa situazione si può essere tentati di tagliare corto e considerare, in definitiva, umorismo e ironia non quali concetti stabiliti una volta per tutte, ma come risultanti dei diversi significati attribuiti ai due termini in diverse situazioni.
Vero è che il problema si presenta solo nel momento in cui si voglia tentare di costruire una teoria generale che funzioni una volta per tutte, fornendo una definizione fissa e stabile dei termini. Per il resto, l’oscillazione dei significati non impedisce di portare avanti un discorso proficuo nella misura in cui venga chiarito in che senso si utilizzino umorismo e ironia in un particolare contesto. Detto questo, non voglio certo intendere che umorismo e ironia possano essere plasmabili a piacimento nelle più varie accezioni, senza alcun ritegno. Questa premessa serve solo per sfuggire da subito all’ingenua pretesa di poter proporre delle definizioni certe e non problematiche di due vocaboli – e due concetti – fra i più instabili e discussi che sia dato d’incontrare.
La necessità di utilizzare i concetti di ironia e umorismo