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L'impero sovietico: (1917-1990)
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L'impero sovietico: (1917-1990)
E-book1.079 pagine15 ore

L'impero sovietico: (1917-1990)

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Il colpo di Stato del 1917 soffoca i fermenti di rinnovamento che dalla fine del secolo XIX si sviluppano nella società civile e nella Chiesa e che trovano espressione nella legge sulla tolleranza religiosa del 1905 e nella convocazione, dopo anni di titubanze, del grande Concilio del 1917-1918 che delibera la ricostituzione dell’istituto del Patriarcato, abolito da Pietro il Grande nel 1721. Lo scontro del nuovo regime con la Chiesa è segnato sin dall’inizio dalla violenza e dalla coercizione cruenta, che viene sospesa solo a seguito dell’invasione nazista, quando Stalin si rende conto che per aggregare la popolazione contro il nemico è necessario ricostituire l’antico legame tra Ortodossia e patriottismo, concedendo alla Chiesa uno spazio di libertà. Prende allora avvio la Nep religiosa staliniana, la quale ha vita assai breve, lasciando il posto a una fase di asservimento del Patriarcato di Mosca ai fini della politica sovietica, durante la quale si procede nell’URSS e nei Paesi limitrofi alla soppressione violenta della Chiesa greco-cattolica e alla sua forzata aggregazione all’Ortodossia, nel dichiarato tentativo di dar vita a un Vaticano moscovita, finalizzato ad assegnare alla Chiesa di Mosca, pienamente controllata dal regime, un ruolo di guida sul piano internazionale al servizio della politica estera comunista. Nel contempo riprende dal 1947 una nuova fase di intolleranza che trova il suo culmine con Chruščëv, il quale, avviando il processo di destalinizzazione, finisce inconsapevolmente col favorire la nascita del dissenso civile e religioso, che contribuirà in modo significativo al progressivo sfaldamento del sistema negli anni di Gorbačëv.
LinguaItaliano
EditoreJaca Book
Data di uscita12 mag 2021
ISBN9788816802858
L'impero sovietico: (1917-1990)
Autore

Giovanni Codevilla

Allievo di Orio Giacchi, grande canonista dell’Università Cattolica di Milano, ha insegnato per quarant’anni Diritto dei Paesi dell’Europa Orientale e Diritto Ecclesiastico comparato nell’Università di Trieste. È autore di diverse monografie dedicate alle relazioni tra Stato e Chiesa in Urss e nell’Europa Orientale e di numerosi contributi scientifici pubblicati in Italia e all’estero.

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    L'impero sovietico - Giovanni Codevilla

    L’IMPERO SOVIETICO

    1917-1990

    1. L’OSTILITÀ DEL BOLSCEVISMO VERSO LA RELIGIONE

    All’indomani degli avvenimenti dell’Ottobre 1917 la religione e la Chiesa in Russia¹ divengono oggetto di una particolare attenzione da parte del regime comunista, anche se molti storici hanno sottovalutato, e talora ignorato, il problema, come giustamente sottolineato da Richard Pipes².

    La dottrina comunista, così come si è consolidata nel mondo russo, ha della religione, e conseguentemente della Chiesa, una concezione assai semplice, ma precisa e determinata: la religione altro non è che l’espressione dell’alienazione dell’individuo, il quale, non riuscendo a conseguire la felicità su questa terra, oppresso e sfruttato, si crea un immaginario mondo ultraterreno nel quale poter realizzare tutte le sue aspirazioni. Da parte sua la Chiesa altro non è che l’istituzione volta a mantenere la divisione del genere umano in sfruttati e sfruttatori e di porsi al servizio della classe al potere di turno. Basta leggere in proposito le pagine di Origine della famiglia, della proprietà privata e dello Stato pubblicate da Friedrich Engels nel 1884. Parimenti chiara è la posizione di V.I. Lenin, il quale condanna in modo perentorio l’idea religiosa in quanto tale. Nella lettera a Maksim Gor’kij del 14 Novembre 1913 Lenin scrive: «ogni idea religiosa, ogni concezione di qualsiasi buon dio, ogni flirt, persino, con l’idea religiosa è un’abominazione inenarrabile […], è la più pericolosa delle abominazioni, il più infame dei contagi. La folla scorge più facilmente un milione di peccati, porcherie, violenze e contagi fisici, i quali, appunto perciò sono meno pericolosi, che non l’idea del buon dio, sottile, spirituale e circondata da vivaci fronzoli ideologici»³.

    Da parte loro i teorici sovietici dell’ateismo per decenni hanno incessantemente ribadito, con termini più o meno rozzi e triviali, il postulato della nocività della religione. In linea con l’unanime e uniforme dottrina sovietica, il Kiričenko afferma che: «Essendo in contraddizione inconciliabile con la teoria marxista-leninista, l’ideologia religiosa avvelena la coscienza degli uomini, li storpia (uroduet) moralmente e non di rado anche fisicamente, distoglie i lavoratori da una operosa attività produttiva e sociale e pertanto arreca un danno non indifferente all’edificazione del comunismo»⁴.

    ¹Nel 1917 gli ortodossi in Russia sono circa 117 milioni, la Chiesa Ortodossa Russa conta 67 eparchie (di cui una in Nord America), 48.000 parrocchie con 80.792 chiese e cappelle aperte al culto, 1.025 monasteri (oltre 94.629 monaci e monache, compresi i novizi – poslušniki), 35.000 scuole elementari, 185 istituti diocesani, 57 seminari, 4 accademie teologiche e 34.497 biblioteche; i sacerdoti e i diaconi sono 66.140, i lettori (psalomščiki) 46.489 e i vescovi 130, cfr. O. Vasil’eva, Russia martire. La Chiesa ortodossa dal 1917 al 1941, op. cit., p. 19 e fonte di archivio ivi citata. Michail Škarovskij fornisce i seguenti dati riferiti all’inizio del perevorot bolscevico del 1917: 78.767 chiese e cappelle, circa 120.000 tra sacerdoti, diaconi e psalomščiki, 130 tra metropoliti, arcivescovi e vescovi (archierei), 1.256 monasteri ed eremitaggi con 107.000 tra monaci e novizi di ambo i sessi, 185 istituti religiosi, 62 seminari e 4 accademie teologiche con oltre 53.000 allievi, cfr. M. Škarovskij, Russkaja Pravoslavnaja Cerkov’ v XX veke, op. cit., p. 60 e fonti citate; assai utile è la tabella che presenta i dati statistici relativi al periodo 1914-2000, riportata alle pp. 429-431. Per i dati del 1905-1907 cfr. Vsepoddannejšij otčët ober-prokurora Svjatejšago Sinoda po vedomstvu pravoslavnogo ispovedanija za 1905-1907 godu. Priloženija, op. cit., passim. Nel 1905-1907 il clero secolare, compresi gli psalomščiki, conta 103.437 anime, cfr. ivi. p. 26 e ss. e A. Palmieri, La Chiesa russa: le sue odierne condizioni e il suo riformismo dottrinale, op. cit., pp. 161-162. Per i dati dal 1900 al 1914 forniti dal Santo Sinodo cfr. anche Gosudarstvenno-cerkovnye otnošenija v Rossii (opyt prošlogo i sovremennoe sostojanie), a cura di F.G. Ovsienko, M.I. Odincov, N.A. Trofimčuk, op. cit., pp. 238-239. Per i dati del 1914 si veda quanto esposto nella mostra itinerante preparata dal PSTGU nel 2012-2013, in http://download.pstgu.ru/misc/preodoleniye/pixiq_preodoleniye.html. Sul numero dei monasteri dell’Impero russo nel 1917 cfr. A.I. Klibanov, Narodnye protivocerkovnye dviženija, in AA.VV., Russkoe pravoslavie: vechi istorii, a cura di A.I. Klibanov, izd. Pol. Lit., Moskva 1989, p. 552 e ss. Sui dati statistici del 1914 e del 1936 cfr. V. Cypin, Russkaja Cerkov’ 1925-1938, izd. Sretenskogo monastyrja, Moskva 1999, p. 286 e ss.; P.N. Zyrjanov, Russkie monastyri i monašestvo v XIX i načale XX veka, op. cit., p. 19. I dati non sempre coincidono, perché sono scomposti in modo differente dai vari Autori. Secondo i dati riportati da E. Senko, prima della rivoluzione del 1917, quindi compresi i territori polacchi, le moschee erano 24.582, le sinagoghe 6.059, le chiese cattoliche 4.233, cfr. E. Senko, Storia della Chiesa cattolica in Russia. Dagli inizi ai nostri giorni, op. cit., p. 78, nota 198. Per alcuni dati statistici dall’età petrina ai giorni nostri (popolazione, chiese e cappelle, sacerdoti, diaconi e cerkovnoslužiteli, istituti teologici, monasteri, monaci, monache, novizi e novizie) cfr. V. Cypin, Istorija Russkoj Pravoslavnoj Cerkvi. Sinodal’nyj i novejšij periody. 1700-2005, op. cit., pp. 793-796.

    ²«Nei libri sulla storia della rivoluzione russa, lo spazio dato alla religione è poco o nullo. W.H. Chamberlin dedica a questo argomento meno di cinque pagine in un libro di quasi mille. Altri studiosi (per esempio Sheila Fitzpatrick e Leonard Schapiro) lo ignorano totalmente. Tale mancanza di interesse può essere spiegata soltanto con il laicismo degli storici moderni», cfr. R. Pipes, Il regime bolscevico. Dal terrore rosso alla morte di Lenin, op. cit., p. 390. Peraltro, J.W. Cunningham nella introduzione al suo A Vanquished Hope. The Movement for Church Renewal in Russia, 1905-1906, St. Vladimir’s Seminary Press, Crestwood, NY, 1981, p. 9, sottolinea che lo stesso Pipes nel IX capitolo di Russia under the Old Regime recepisce acriticamente quanto sulla Chiesa affermato da Miljukov, personaggio di spicco del partito cadetto e notoriamente anticlericale, in una serie di conferenze tenute negli Stati Uniti nel biennio 1903-1904, nelle quali si presenta un’immagine distorta della situazione della Chiesa di allora. A dire il vero, la Fitzpatrick nel suo lavoro sul mondo contadino negli anni Trenta pubblicato anche in Russia (Stalinskie krest’jane. Social’naja istorija sovetskoj Rossii v 30-e gody: derevnja, Rosspėn, Moskva 2001) affronta il tema religioso in modo del tutto banale, per lo più rinviando a fonti sovietiche del tempo, che accoglie passivamente, accreditando lo stereotipo comunista che coltivatori e braccianti legati alla Chiesa altro non fossero che fannulloni e alcolizzati, cfr. S. Fitzpatrick, Stalin’s Peasants. Resistance and Survival in the Russian Village After Collectivization, Oxford University Press, New York-Oxford 1994, pp. 33-37 e 204-214; in un altro studio dedicato alla vita quotidiana sotto Stalin nel medesimo periodo non fa alcun cenno al problema religioso, cfr. S. Fitzpatrick, Everyday Stalinism. Ordinary life in Extraordinary Times: Soviet Russia in the 1930s, Oxford University Press, New York-Oxford 1999 (Rosspėn, Moskva 2001). Lo stesso va detto per la Storia della Russia moderna. Dal 1500 a oggi di Lionel Kochan, Einaudi, Torino 1968. E. Cinnella, nel suo La tragedia della rivoluzione russa (1917-1921), Luni editrice, Trento 2000, non accenna alla religione e alla Chiesa, peraltro affronta ripetutamente questi temi nel suo bel saggio, più volte ricordato, sulla rivoluzione del 1905, nel suo contributo La collettivizzazione e la carestia nel carteggio segreto dei gerarchi comunisti, in Atti del Convegno: La morte della terra. La grande carestia in Ucraina nel 1932-33, a cura di G. De Rosa e F. Lomastro, Viella, Roma 2004, pp. 175-176 e nell’ultimo lavoro 1932-1933 Ucraina. Il genocidio dimenticato, Della Porta Editori, Pisa-Cagliari 2015, pp. 87 92 e pp. 292-293. Hans Rogger nel suo studio sulla Russia negli anni precedenti la rivoluzione dedica al tema solo tre scarne paginette, cfr. H. Rogger, La Russia prerivoluzionaria 1881-1917, Il Mulino, Bologna 1992. Anche G.K. (von) Rauch, Istorija Sovetskoj Rossii, izd. Frederic A. Praeger Publishers, New York 1962, dedica alla persecuzione religiosa negli anni Venti solamente tre pagine (184-186), limitandosi ad accennare alla svolta staliniana del 1943 (pp. 414-415) e a menzionare soltanto di sfuggita il problema della strumentalizzazione della Chiesa nella politica estera sovietica (p. 520). Considerazioni analoghe valgono per alcuni storici russi dell’emigrazione, così, ad esempio, Viktor Zaslavsky, nella sua Storia del sistema sovietico, Carocci, Roma 1998, dedica al problema una sola, seppure chiara, paginetta (pp. 116-117); del problema religioso si interessano del tutto marginalmente M. Geller e A. Nekrič, Storia dell’URSS dal 1917 a Eltsin, Bompiani, Milano 1998, ad esempio: p. 152 e ss.; M. Korjakov, Živaja istorija 1917-1975, Echo Press, München 1977, oltre ad accennare in più parti alla decristianizzazione della Russia imposta dal comunismo (pp. 106-108 e 156-157), si sofferma solamente sul tema della «NEP religiosa» staliniana (pp. 224-232). Lo stesso Pipes, tuttavia, nel suo lavoro La rivoluzione russa. Dall’agonia dell’ancien régime al terrore rosso, in 2 voll., A. Mondadori, Milano 1995, non dedica alla religione e alla Chiesa ortodossa che dei brevissimi cenni, a parte quanto esposto alle pp. 104-108 del primo volume. Si veda, per contro, l’estrema rilevanza data al problema religioso in T.G. Masaryk, La Russia e l’Europa. Studi sulle correnti spirituali in Russia, op. cit., passim. Nel suo saggio Raccolto di dolore. Collettivizzazione sovietica e carestia terroristica, Liberal Edizioni, Roma 2004, Robert Conquest dedica un intero capitolo al tema Le Chiese e il popolo (pp. 233-248), degna di nota è anche l’ampia e documentata postfazione di E. Cinnella, il quale mette in chiara luce la mancanza di obiettività della Fizpatrick e quella di Lynne Viola, p. 404 e ss.; altri Autori, come A. Graziosi, trattano ripetutamente il problema della repressione della Chiesa e delle religioni in generale, cfr. A. Graziosi, L’URSS di Lenin e Stalin. Storia dell’Unione Sovietica. 1914-1945, Il Mulino, Bologna 2007, p. 158 e ss., 180 e ss., 239 e ss., 250 e ss., 381 e ss., 411 e ss., 418 e ss., 453 e ss., 480 e ss., 516 e ss., 532 e ss.; Ejusdem, L’URSS dal trionfo al degrado. Storia dell’Unione Sovietica. 1945-1991, Il Mulino, Bologna 2008, p. 62, 73, 97, 106 e ss., 165, 226, 268, 333 e ss., 382 e ss., 470, 559 e ss. e passim.

    ³Cfr. Lenin, Sulla religione, Edizioni di coltura sociale, Bruxelles, Feltrinelli reprint, Milano, senza data, p. 52. In una successiva lettera allo scrittore del Dicembre dello stesso anno Lenin ribadisce: «Oggi, in Europa, come in Russia, ogni difesa, sia pure la più raffinata, la meglio intenzionata, od ogni giustificazione dell’idea di dio, conduce a una giustificazione della reazione», ivi, p. 56.

    ⁴Cfr. M.G. Kiričenko, Svoboda sovesti v SSSR, Znanie, Moskva 1960, p. 27. Si vedano anche: F.M. Rudinskij, Sistema ličnych konstitucionnych prav i svobod, ich vidy, in AA.VV., Konstitucionnyj status ličnosti v SSSR, izd. Jur. Lit., Moskva 1980, p. 193. Sul rapporto tra religione e malattie psichiche si veda, ad esempio, M.K. Kokin, G.A. Gabinskij, Religija i psichičeskie bolezni, izd. Medicina, Moskva 1969.

    2. IL TRIBUNALE RIVOLUZIONARIO: LA GIUSTIZIA AL SERVIZIO DELLA POLITICA

    Il criterio dominante nell’amministrazione della giustizia del regime comunista è quello della legalità rivoluzionaria e l’organo preposto all’espletamento di questa funzione è il Tribunale Rivoluzionario, il quale, prima ancora di essere ufficialmente costituito, ma già chiaramente prefigurato nella mente di Lenin e dei suoi collaboratori, viene espressamente menzionato nel decreto sulla terra, che è il primo atto normativo adottato dal nuovo potere bolscevico, in seduta notturna, immediatamente dopo il colpo di Stato¹.

    Il Tribunale Rivoluzionario e la legalità rivoluzionaria si impongono con la presa di potere bolscevica e il rovesciamento del Governo provvisorio, anche se il legislatore costituzionale non ritiene opportuno fare nella Carta costituzionale del Luglio 1918 alcuna menzione in proposito². Per contro, la legislazione ordinaria, i documenti partitici e la stampa fanno ripetuti e puntuali riferimenti sia alla legalità rivoluzionaria, sia al Tribunale Rivoluzionario.

    A una seduta di un Tribunale Rivoluzionario Provvisorio tenuta in data 4 (17) Novembre 1917 fa menzione il «Delo naroda» del 6 (19) Novembre 1917: questa fonte si limita, peraltro, ad affermare che questo Tribunale, composto dai rappresentanti dei Comitati Esecutivi locali, della Duma di quartiere, dell’Unione degli operai metallurgici e dei Soviet dei comitati di abitazione e di fabbrica, ha esaminato in tre ore dodici cause seguendo la seguente procedura: «dopo la lettura dell’atto di accusa (processo verbale) l’accusato viene interrogato, si dà poi ascolto alle sue dichiarazioni personali. In seguito viene concesso a due membri del Tribunale il diritto di difendere l’accusato, mentre altri due hanno il diritto di sostenere l’accusa. Dopo aver deliberato, il Tribunale pronuncia la sua decisione»³. In realtà, a quella data, il Tribunale Rivoluzionario non è ancora stato istituito, né ci risulta che si sia provveduto a emanare alcuna norma giuridica che istituisce un Tribunale Rivoluzionario Provvisorio.

    A dar vita al Tribunale Rivoluzionario provvede, peraltro ben presto, il decreto sul Tribunale №. 1, elaborato dallo stesso Lenin e approvato dal Soviet dei Commissari del popolo il giorno 22 Novembre (5 Dicembre) 1917⁴.

    Si tratta di un atto normativo di fondamentale importanza, giacché mediante questo decreto il legislatore rivoluzionario distrugge le precedenti istituzioni giuridiche, detta i criteri per la riorganizzazione del sistema giudiziario e, soprattutto, introduce i princìpi assiologici ai quali il giudice si deve obbligatoriamente attenere nell’amministrazione della giustizia. In assenza di una normativa che regolamenti la volontà politica del bolscevismo, il giudice viene investito di poteri discrezionali estremamente ampi, ma nel contempo estremamente precisi, dal momento che sin dai primi giorni dalla presa di potere sono assai chiari i fini che il nuovo regime intende perseguire.

    In attesa che vengano stabilite le procedure elettorali, i giudici vengono scelti dai Soviet dei deputati degli operai, dei soldati e dei contadini competenti per territorio, rinnegando in tal modo l’autonomia del potere giurisdizionale e subordinandolo al potere politico dei Soviet dominati da precise fazioni politiche. Non è, dunque, casuale che la Costituzione non faccia alcun cenno all’indipendenza del giudice. Le strutture investigative del Tribunale vengono abolite e il potere di svolgere le indagini preliminari viene affidato direttamente al giudice locale, al quale spetta pure l’emissione dei mandati di arresto e di comparizione, previa ratifica del Tribunale locale.

    Di particolare importanza è l’art. 5 del decreto in cui si stabilisce che i Tribunali locali pronunciano le loro sentenze in nome della Repubblica di Russia e sono vincolati dalle Leggi del Governo rovesciato in quanto queste non siano state abrogate dalla rivoluzione e non siano in contrasto con la coscienza e la consapevolezza rivoluzionaria. Nel timore che questa affermazione possa non essere chiaramente colta dal giudice, il legislatore aggiunge, a maggior precisione, una nota che recita: «Tutte le Leggi che sono in contrasto con i Decreti del Comitato Esecutivo Centrale dei Soviet degli operai, dei soldati e dei contadini ed anche con i programmi minimi del partito operaio socialdemocratico russo e del partito socialista rivoluzionario devono ritenersi nulle» (nota all’art. 5).

    I programmi politici dei due partiti allora dominanti acquistano, dunque, una precisa rilevanza come fonti di diritto. Con la successiva estromissione dei socialisti rivoluzionari, avviata dallo scioglimento dell’Assemblea Costituente il 6 Gennaio 1918, il monopolio dell’amministrazione della giustizia resta affidato ai soli bolscevichi.

    Si deve ricordare, come giustamente annotato da Nofri e Pozzani, che in quel periodo (e sino al 1922) «non vi è nessun Codice generale, e non tutti i casi sono previsti dalle Leggi speciali. Così i Tribunali hanno il diritto di pronunziare una Sentenza arbitraria secondo le convinzioni od il capriccio dei Giudici. Essi hanno pure diritto di considerare come reato una qualsiasi azione, non essendovi né una nomenclatura, né una lista precisa dei reati intesi socialmente come tali!»⁵.

    La norma di maggior rilievo del decreto sul Tribunale № 1, unitamente all’art. 5 e relativa nota, è quella sancita all’art. 8, che dispone: «Per la lotta contro le forze controrivoluzionarie, al fine di proteggere la rivoluzione e le sue conquiste da queste forze, e parimenti per giudicare i casi di saccheggio (marodërstvo), di rapina, di sabotaggio e di altri abusi dei commercianti, degli industriali, dei funzionari e di altre persone, vengono istituiti i Tribunali rivoluzionari degli operai e dei contadini (Rabočie i krest’janskie revoljucionnye tribunaly) che hanno in organico un presidente e sei assessori (zasedateli) eletti dai Soviet dei deputati degli operai, dei soldati e dei contadini». Orbene, non solo il legislatore bolscevico affida l’elezione di questo nuovo organo a delle strutture solo apparentemente rappresentative della volontà popolare e delle quali si è garantito il pieno controllo, ma, per poter disporre strumentalmente della legge a proprio piacimento, avverte la necessità di fare ricorso a una terminologia vaga e imprecisa: come interpretare altrimenti l’impiego del termine altri abusi (pročimi zloupotreblenijami), per di più riferiti a categorie di persone (torgovcy, promyšlenniki, činovniki) verso le quali il bolscevismo non è certo avaro nel manifestare tutta la sua ostilità, giungendo a dichiarare la volontà di annientarli?

    Il decreto istitutivo dei Tribunali rivoluzionari, emanato dal Commissariato del popolo per la Giustizia in data 19 Dicembre 1917, quattro settimane dopo l’approvazione del decreto sul Tribunale № 1, afferma che il Tribunale rivoluzionario ha giurisdizione sulle persone che «fomentano rivolte contro il potere degli operai e dei contadini, che si oppongono ad esso o che incitano altri a disobbedire o ad opporsi», su coloro che «usano la loro posizione di impiegati statali o pubblici al fine di ostacolare od organizzare il lavoro nelle istituzioni o nelle imprese in cui operano (sabotaggio, falsificazione di documenti, ecc.)», sulle persone che «sospendono o riducono la produzione senza averne l’autorità» e, infine, su coloro che «non eseguono i decreti, le decisioni, le direttive e gli altri ordini emessi dagli organi del potere degli operai e dei soldati» se questo comportamento provoca conseguenze tali «da richiedere un procedimento davanti al Tribunale rivoluzionario» (art. 1). Nel decidere la pena da applicare il Tribunale deve tener conto delle circostanze e dei princìpi della coscienza rivoluzionaria (art. 2).

    L’art. 4 stabilisce che le sedute del Tribunale rivoluzionario sono pubbliche; merita, comunque, ricordare che Lenin nella lettera a I.S. Unšlicht del 31 Gennaio 1922 afferma che «la pubblicità dei Tribunali rivoluzionari non è necessaria» (glasnost’ revtribunalov ne objazatel’na) e soggiunge che bisogna rafforzare il legame tra i Tribunali rivoluzionari e la VČK, per incrementare la velocità e la forza della repressione. La sentenza del Tribunale rivoluzionario è definitiva e non può essere appellata.

    Alla coscienza di classe dei lavoratori e alla coscienza rivoluzionaria dei giudici fanno riferimento numerosi atti legislativi emanati in quel periodo e, in particolare, il decreto 22 Febbraio 1918, noto anche come decreto sul Tribunale № 2⁶ e altri⁷.

    Come struttura posta al servizio del potere bolscevico il Tribunale rivoluzionario svolge una decisa azione antiecclesiastica⁸.

    Un decreto del 12 Aprile 1919⁹ abroga ogni norma precedente sulla competenza del Tribunale rivoluzionario e afferma che «I Tribunali rivoluzionari sono istituiti specialmente al fine di perseguire gli atti diretti contro tutte le conquiste della rivoluzione sovietica o a sminuire la forza e l’autorità del potere sovietico» e conferisce ad essi poteri illimitati per definire la propria sfera di competenza e determinare la pena da infliggere ai colpevoli. Inoltre, il decreto sopprime la figura dei giurati e stabilisce che il Tribunale rivoluzionario si compone esclusivamente di un presidente e di due membri (Trojka), eletti dal Soviet territorialmente competente per la durata di un mese, termine che di fatto non ha alcuna validità dal momento che il collegio viene regolarmente rieletto.

    Nota giustamente il Vichniac che: «In realtà, il potere è assolutamente irresponsabile e non è limitato né dal diritto, né dalla Legge e nemmeno dall’elettorato. Lungi da essere legati da forme giuridiche, i Tribunali si conformano alle impulsioni arbitrarie della coscienza e dell’equità rivoluzionaria. Crediamo di non errare, affermando che, in condizioni simili, il potere abbia perduto le qualità essenziali, che caratterizzano il potere repubblicano. In simili condizioni, crediamo di aver ragioni ben fondate di chiedere se si può, giuridicamente, applicare al regime soviettista il nome di Repubblica, non fosse altro che di Repubblica soviettista»¹⁰.

    ¹Cfr. Raccolta delle leggi (Sobranie uzakonenij i rasporjaženij rabočego i krest’janskogo pravitel’stva RSFSR, di seguito citata come «SU RSFSR»), 1918, № 1, art. 3.

    ²Il primo documento di rilevanza costituzionale che menziona la legalità rivoluzionaria è il Trattato sulla formazione dell’URSS, approvato dal Primo Congresso dei Soviet dell’URSS il 30 Dicembre 1922 (art. 12); successivamente essa viene citata all’art. 43 della prima Costituzione dell’URSS del 31 Gennaio 1924.

    ³Cfr. R. Labry, Une législation communiste. Recueil des lois, décrets, arrêtés principaux du Gouvernement bolchéviste, Payot, Paris 1920, p. 499.

    ⁴Cfr. Dekret o Sude, № 1, in «SU RSFSR», 1917, №. 4, art. 50; cfr. altresì: D. S. Karev, Organizacija suda i prokuratury v SSSR, Gos. izd. Jur. Lit., Minsk 1960, p. 87; testo inglese in M. McCauley, The Russian Revolution and the Soviet State 1917-1921. Documents, Macmillan, London 1975, pp. 179-181.

    ⁵Cfr. G. Nofri, F. Pozzani, La Russia com’è, Edizioni della «Critica sociale», R. Bemporad e figlio, Firenze 1921, p. 34.

    Dekret o Sude 2, in «SU RSFSR», 1918, 26.

    ⁷Si vedano ad esempio il decreto 29 Febbraio 1918, art. 8; il decreto 22 Marzo 1918, che definisce la coscienza proletaria come criterio al quale devono uniformarsi i Tribunali per la retta applicazione delle Leggi non ancora abrogate, il decreto 7 Maggio 1918, che fa riferimento al sentimento giuridico delle classi lavoratrici, il decreto 2 Luglio 1918, che pone il criterio delle esigenze della coscienza rivoluzionaria e, soprattutto, il decreto 30 Novembre 1918 che vieta al giudice di applicare le leggi del Governo prerivoluzionario ed eleva la coscienza giuridica socialista a fonte del diritto (art. 22), così che al giudice viene assegnato il potere di creare la legge, cfr. Dekret o narodnom sude RSFSR, in «SU RSFSR», 1918, 85, 889; si veda, altresì, il decreto 28 Dicembre 1918, che, nell’elencare i princìpi fondamentali del diritto penale della Repubblica sovietica, stabilisce che il giudice deve ispirarsi a criteri di classe e considerare se l’imputato appartiene o meno alla classe oppressa. Sulla medesima linea si pongono i decreti 12 Febbraio 1919 e 12 Aprile 1919, che espressamente finalizzano l’amministrazione della giustizia «agli interessi della rivoluzione proletaria» e a quelli «della Repubblica socialista, della sua difesa contro il nemico ed agli interessi della guerra di classe e della vittoria del proletariato», intesi «secondo il sentimento giuridico comunista e la coscienza rivoluzionaria»; analogamente il decreto 27 Maggio 1920. Sull’argomento cfr. L. Bach, Le droit et les institutions de la Russie soviétique, Librairie générale de droit et de jurisprudence, Paris 1923, p. 177.

    ⁸Su tale attività svolta negli anni 1918-1920 cfr. A.I. Mramornov, K istorii anticerkovnoj dejatel’nosti Moskovskogo revoljucionnogo tribunala 1918-1920, in «Cerkov’ e vremja», Aprel’-Ijun’ 2011, № 55.

    ⁹Cfr. L. Bach, Le droit et les institutions de la Russie soviétique, op. cit., p. 157.

    ¹⁰Cfr. M.V. Vichniac, Il regime soviettista. Studio giuridico e politico, Libreria russa Slovo, Roma 1921, p. 68.

    3. L’ISTITUZIONE DELLA ČK E L’INIZIO DELLA VIOLENZA CONTRO LA CHIESA

    I giorni e i mesi che seguono il colpo di Stato, avvenuto nella notte tra il 24 e il 25 Ottobre 1917¹, vedono l’immediata instaurazione di un regime dittatoriale con l’assegnazione di poteri illimitati alla polizia politica, la famigerata Commissione straordinaria (ČK)², che ricorda per molti aspetti l’Opričnina di Ivan IV il Terribile, la quale procede sin da subito all’arresto indiscriminato dei nemici veri o presunti della rivoluzione e segnatamente di numerosi esponenti della gerarchia, di sacerdoti, monaci e laici, i quali a migliaia sono eliminati fisicamente, di modo che intere province, come Perm’, Stavropol’ e Kazan’, vengono a trovarsi prive di una guida spirituale.

    La barbara violenza contro gli uomini di Chiesa si scatena sin dall’inizio del potere sovietico: Vladimir (Bogojavlenskij) metropolita di Kyïv e della Galizia, viene assassinato nella sua città il 25 Gennaio 1918. Il 30 Maggio 1918 vengono arrestati, assieme ad alcuni esponenti del vecchio regime, il protoierej Ioann (Vostorgov)³, famoso predicatore, teologo e uomo di vasta cultura, e il vescovo di Selenginsk, Efrem (Kuznecov), i quali avevano svolto un ruolo molto attivo al Concilio del 1917-1918. Essi vengono dapprima rinchiusi nel carcere interno della Čeka di Mosca e poi alle Butyrki. Dopo alcuni mesi di indagini la Commissione investigativa decide che i due imputati devono essere giudicati in via extragiudiziaria: saranno fucilati nel giorno stesso in cui è approvato il decreto Sul terrore rosso (5 Settembre 1918) assieme ad altri esponenti del vecchio regime⁴.

    A Perm’ viene barbaramente ucciso l’arcivescovo Andronik (Nikol’skij): nella notte del 20 Giugno, a tre giorni dal suo arresto, è costretto a scavarsi una fossa, nella quale viene sepolto quando è ancora vivo. Nello stesso mese Germogen (Dolganëv), vescovo di Tobol’sk, viene affogato nel fiume Tura assieme al sacerdote Pëtr Karelin⁵.

    Il 14 Agosto 1918 (18 Settembre, secondo alcune fonti) viene fucilato Vasilij (Bogojavlenskij), arcivescovo di Černihiv e di Nežinsk, che con l’archimandrita Matfej (Pomerancev), rettore del seminario di Perm’, e il missionario laico di Mosca Aleksej D. Zverev aveva fatto parte della Commissione di inchiesta per l’uccisione dell’arcivescovo di Perm’, Andronik (Nikol’skij). Il treno sui cui l’arcivescovo Vasilij viaggia da Perm’ verso Mosca viene fermato nei pressi di Vjatka: il presule, costretto dai soldati dell’Armata Rossa a scendere, viene subito fucilato senza processo insieme ai suoi collaboratori e il suo cadavere è gettato nel fiume Kama. Il corpo dell’arcivescovo viene recuperato dai fedeli e tumulato, ma il luogo della sepoltura diviene subito meta di pellegrinaggi, per cui i bolscevichi decidono di dissotterrare il corpo e di bruciarlo. Secondo il Mel’gunov, gli aguzzini del vescovo avevano preso in considerazione l’idea di seppellirlo ancora vivo⁶.

    Varsonofij (Lebedev), vescovo di Kirillov, viene ucciso a Novgorod il 2 Settembre 1918; due giorni dopo Makarij (Gnevušev), vescovo di Vjaz’ma, viene fucilato nei pressi di Smolensk.

    Su ordine di Trockij (Lejba Davidovič Bronštein), il 19 Agosto 1918 viene fatto fucilare al termine di un processo farsa Amvrosij (Gudko), vescovo di Sarapul (in Udmurtija) e di Elabuga (in Tatarstan).

    Gli eccidi di esponenti del clero e di fedeli si moltiplicano a far tempo dal Settembre 1918 a seguito dell’avvio del Terrore rosso: alla fine di Settembre viene ucciso nella prigione di Kronštadt lo starec Aleksij Stavrovskij come rappresaglia per l’assassinio del presidente della ČK di Pietrogrado Mojsej Solomonovič Urickij perpetrato il 30 Agosto.

    L’accorato appello alla rappacificazione del patriarca Tichon del 25 Ottobre 1918⁷ resta inascoltato.

    Lavrentij (Knjazev), vescovo di Balachninsk, e due sacerdoti, arrestati a Nižnij Novgorod il 3 Settembre 1918 e condannati a morte per aver respinto la proposta di abiurare, vengono fucilati il 6 Novembre 1918 da un plotone di soldati lettoni, a causa del rifiuto dei militari russi di eseguire la sentenza. I loro corpi vengono gettati nella Volga. Il 24 Dicembre 1918, a Perm’, Feofan (Il’menskij), vescovo di Solikamsk, viene fatto denudare a una temperatura di 30 gradi sotto zero, immerso ripetutamente in un foro praticato nel fiume ghiacciato Kama e poi soffocato assieme a due sacerdoti e a cinque laici. Nella notte del 15 Gennaio 1919 a Tartu, in Estonia, nei sotterranei della Banca di Credito viene assassinato Platon (Kul’buš), vescovo di Tallinn, assieme ai due protoierei Michail Blejve e Nikolaj Bežanickij e ad altri prigionieri. Mitrofan (Krasnopol’skij), arcivescovo di Astrachan’, viene arrestato su ordine di Sergej Mironovič Kirov il 26 Maggio 1919 e condannato alla fucilazione; le numerose istanze di liberazione presentate dai fedeli vengono respinte da G.A. Artabekov, responsabile cittadino della ČK. L’arcivescovo benedice il plotone di esecuzione, i cui componenti si rifiutano di eseguire la sentenza: Mitrofan viene allora fucilato dai cekisti.

    Nello stesso mese di Maggio viene arrestato German (Kosalopov), vescovo di Vol’sk e vicario dell’eparchia di Saratov, già condannato nel 1918: nell’occasione viene istruito il primo processo antiecclesiastico pubblico che si conclude, dopo complesse e contraddittorie vicende giudiziarie, con la condanna a morte da parte del Tribunale rivoluzionario del vescovo German, del protoierej Andrej Šanskij e del sacerdote Michail Platonov, fucilati assieme a dieci laici nella notte del 10 Ottobre 1919⁸.

    L’arcivescovo di Omsk, Sil’vestr (Ol’ševskij), arrestato nel Giugno del 1919, muore a distanza di pochi mesi a causa delle torture subite.

    A queste vittime del terrore bolscevico vanno aggiunti: 10 protoierej, 41 sacerdoti, 5 diaconi, 4 psalomščiki e 36 tra monaci e novizi⁹.

    D.V. Pospelovskij afferma che negli anni 1918-1920 vengono uccisi non meno di 28 esponenti della gerarchia, alcune migliaia di sacerdoti e monaci e 12.000 laici, prevalentemente membri delle Confraternite e delle associazioni in difesa della Chiesa¹⁰. Secondo Nikolaj Evgen’evič Emel’janov (1939-2010), decano della Facoltà di matematica applicata e di informatica dell’Università di San Tichon di Mosca, autore di un imponente data base sui martiri per la fede nell’URSS¹¹, negli anni 1917-1919 sono oggetto di repressione 20.000 tra sacerdoti e laici, dei quali 15.000 fucilati; 171 dei 564 membri del Concilio locale del 1917-1918 vengono perseguitati: 75 di questi sono uccisi; 45 verranno elevati agli onori degli altari dalla Chiesa Ortodossa Russa¹². Andrej Zubov scrive che durante la guerra civile (1918-1920) 8.000 tra monaci e sacerdoti ortodossi cadono vittime del terrore ateo¹³. Il protopresbitero Michail Pol’skij (Polsky), riprendendo i dati del Pospelovskij¹⁴, sostiene che il numero delle vittime della repressione per motivi religiosi alla fine del 1922 sarà superiore alle ottomila anime: oltre ai laici, cerkovnye pričetniki e diaconi vengono uccisi 2.691 sacerdoti, 1.962 monaci, 3.447 monache e novizie¹⁵. D.A. Volkogonov, scrive che negli anni di Lenin († 21 Gennaio 1924) i sacerdoti, i monaci e gli uomini di Chiesa arrestati, deportati e fucilati sono non meno di 20.000¹⁶.

    La Commissione straordinaria non è l’unico organo repressivo extragiudiziario: essa si affianca, infatti, ai Comitati militari-rivoluzionari (Voenno-revoljucionnye Komitety), istituiti il 7 Novembre 1917 con il compito di eliminare i nemici veri o presunti del nuovo ordine. Accanto a questi organi funziona anche il Tribunale rivoluzionario, il quale, come si è detto sopra, è guidato non dalla legge ma dalla «coscienza rivoluzionaria»¹⁷.

    L’assassinio di vescovi, monaci, monache, sacerdoti e fedeli, documentato da un’ampia letteratura¹⁸, non si limita ai primi anni del potere sovietico, ma riprende anche in epoca successiva, segnatamente alla metà degli anni Trenta¹⁹.

    ¹7 Novembre secondo il calendario gregoriano.

    ²L’acronimo ČK (pron. Cekà) pri SNK significa Commissione straordinaria per la lotta alla controrivoluzione, il sabotaggio, la speculazione e per i reati di ufficio presso il Soviet dei commissari del popolo. L’acronimo VČK indica la medesima struttura organizzativa a livello repubblicano (RSFSR), dove V sta per Vserossijskij. ovvero di tutta la Russia. La ČK viene fondata in data 7 (20) Dicembre 1917. L’ordinanza del Soviet dei commissari del popolo (SNK) che la istituisce (cfr. CGAOR SSSR, F. 130, Op. 1, D. 1, L. 31) non viene pubblicata nella Raccolta delle leggi («SU RSFSR») e viene menzionata per la prima volta soltanto nel 1922 da Martyn Ivanovič Lacis (pseudonimo di Jan Fridrichovič Sudrabs), uno dei suoi massimi dirigenti (cfr. «Izvestija» del 10 Febbraio 1922): si ripete così quanto era avvenuto con Pietro il Grande, il quale nel 1697 aveva istituito la polizia politica (Preobraženskij Prikaz) senza un ukaz ufficiale (cfr. R. Pipes, La Russia, Leonardo, Milano 1992, p. 186). La ČK è sostituita il 6 Febbraio 1922 dalla GPU pri NKVD (Direzione Politica Statale presso il Commissariato del popolo degli Affari Interni), la quale diventa OGPU (Direzione Politica Unificata Statale) presso il Soviet dei commissari del popolo (SNK) dell’URSS il 2 Novembre 1923. In data 10 Luglio 1934 la OGPU è sostituita dalla GUGB (Direzione Generale della Sicurezza dello Stato) presso l’NKVD (Commissariato del popolo degli Affari Interni). Nel Febbraio 1941 all’NKVD si affianca l’NKGB (Commissariato del popolo della Sicurezza dello Stato), nuovamente unificati nell’NKVD nel Luglio 1941, per poi separarsi ancora nell’Aprile 1943. Nel 1946 la NKVD diventa MGB, Ministero della Sicurezza dello Stato e l’NKVD (Commissariato del popolo degli Affari Interni) diventa MVD. Dopo la morte di Stalin i due Ministeri sono fusi nell’MVD (Ministero degli Affari Interni), ma dopo la fucilazione di L.P. Berija la competenza in materia di Sicurezza Statale è affidata al KGB, Comitato per la Sicurezza dello Stato presso il Soviet dei ministri dell’URSS, che resta attivo dal 13 Marzo 1954 alla fine del bolscevismo (Dicembre 1991). Con il crollo del regime comunista la denominazione è modificata in FSB, Servizio Federale di Sicurezza. La denominazione originaria di čekista che designa i membri dell’organizzazione resta affibbiata anche ai dipendenti delle successive istituzioni poliziesche, ivi compresi gli attributi, come quello di glorioso čekista (slavnyj čekist), poiché, per dirla con Putin, non ci sono ex čekisty (net byvšich čekistov)! Sull’argomento cfr. V.V. Korovin, Istorija otečestvennych organov bezopasnosti, Norma-Infra, Moskva 1998; Organy VČK-OGPU-NKVD-NKGB-MGB-MVD-KGB 1917-1991. Spravočnik, sostaviteli A. Kokurin, N. Petrov, Meždunarodnyj Fond «Demokratija», Moskva 2003; si vedano inoltre i lavori di carattere divulgativo di V.V. Rybnikov, G.V. Aleksušin, Istorija pravoochranitel’nych organov Otečestva, izd. Ščit-M, Moskva 2008; I. Simbircev, VČK v leninskoj Rossii. 1917-1922. V zareve revoljucii, Centrpoligraf, Moskva 2008 e Specslužby pervych let SSSR. 1923-1939. Na puti k bol’šomu terroru, Centrpoligraf, Moskva 2008; S. Kobjakov, Krasnyj sud. Vpečatlenija zaščitnika v revoljucionnych tribunalach, in AA.VV., Zarja sovetskogo pravosudija (iz archiva russkoj revoljucii), a cura di M. Geller (Heller), Overseas Publications Interchange, London 1991, p. 11 e ss.; si veda, infine, il sito http://www.pseudology.org/Abel/Moscow_KGB.htm curato da F. Vergasov.

    ³Sul caso Vostorgov cfr. Pravoslavnaja Moskva v 1917-1921 godach. Sbornik dokumentov i materialov, op. cit., pp. 231-308, in cui è riportata tutta la documentazione.

    ⁴I.G. Ščeglovitov, già presidente del Consiglio di Stato, N.A. Maklakov, già ministro degli interni e A.N. Chvostov, già governatore di Vologda. La condanna a morte viene pronunciata il giorno prima dalla Commissione investigativa del Tribunale rivoluzionario.

    ⁵Sulla figura del vescovo Germogen (Dolganëv) cfr. Ieromonach Damaskin (Orlovskij), Episkop Germogen (Dolganev), Kučkovo Pole, Moskva 2015.

    ⁶Cfr. S.P. Mel’gunov, Il terrore rosso in Russia (1918-1923), a cura di S. Rapetti e P. Sensini, Jaca Book, Milano 2010 p. 144 e nota 20. Questo fondamentale lavoro, pubblicato a Berlino nel 1924, ha avuto diverse edizioni in lingua russa (Krasnyj terror v Rossii 1918-1923): Brandy Publishing, New York 1979, Teleks, New York 1989, SP Puico, Moskva 1990 e Ajris Press, serie «Belaja Rossija», Moskva 2005.

    ⁷Cfr. infra, nota 19, p. 34.

    ⁸L’ampia documentazione è raccolta nel saggio di A.I. Mramornov, Sudebnyj process protiv saratovskogo duchovenstva v 1918-1919gg., con nota introduttiva di Ilarion (Alfeev), metropolita di Volokolamsk, izd. Saratovskoj eparchii, Saratov 2013.

    ⁹Cfr. M. Škarovskij, Russkaja Pravoslavnaja Cerkov’ v XX veke, op. cit., p. 83 e fonti citate.

    ¹⁰Ejusdem, Podvig very v ateističeskom gosudarstve, in AA.VV., Russkoe zarubež’e v god tysjačeletija kreščenia Rusi, a cura di M. Nazarov, izd. Stolica, Moskva 1991, pp. 61-67, altresì cfr. D.V. Pospelovskij, Russkaja pravoslavnaja cerkov’ v XX veke, op. cit., p. 54.

    ¹¹Il prof. Emel’janov è stato uno dei fondatori del PSTGU. Il data base, che raccoglie i profili di 34.000 confessori della fede e martiri del tempo sovietico, è liberamente accessibile sul sito http://www.regels.org/documents.htm.

    ¹²Cit. da M. Škarovskij, Russkaja Pravoslavnaja Cerkov’ v XX veke, op. cit., p. 83. Un elenco dei chierici ortodossi uccisi e condannati nell’URSS sino al 1930 è in AA.VV., Krasnyj terror v gody graždanskoj vojny. Po materialam Osoboj Sledstvennoj Komissii po rassledovaniju zlodejanij bol’ševikov, a cura di Ju.G. Fel’štinskij e G.I. Černjavskij, Moskva, Terra-Knižnyj Klub, 2004 (reprint del volume pubblicato a Londra da Overseas Publ. Interchange nel 1992). L‘opera è anche disponibile sul sito krotov.info/history/20/1910/felst_06.htm, nel quale si riporta anche un elenco dei vescovi perseguitati nello stesso periodo. Il protoierej Vladimir Vorob’ëv e gli altri coautori, N.A. Krivova, S.N. Romanova e A.V. Ščelkaev, nell’ampia prefazione allo studio Sledstvennoe delo patriarca Tichona. Sbornik dokumentov po materialam central’nogo archiva FSB RF, Pamjatniki Istoričeskoj Mysli, Moskva 2000, affermano che secondo i dati non completi della VČK del tempo «nel 1918 sono stati fucilati 827 sacerdoti, nel 1919 altri 19 e 69 sono stati incarcerati. Le cifre approssimative della prima ondata di persecuzione sono molto più terribili: il numero complessivo dei repressi è di 11.000 persone, delle quali 9.000 fucilate. Inoltre nel 1918 vi sono 3.000 fucilazioni e 1.500 altre forme di repressione nei confronti del ceto ecclesiastico (duchovenstvo) e nel 1919 1.000 fucilazioni e 800 persone represse», p. 15 e fonti citate. Come ricordato alla nota 12, p. 108 del Volume secondo, del ceto ecclesiastico (duchovenstvo o klir) fanno parte non solo i vescovi, i sacerdoti, i monaci e i diaconi, ma anche tutti coloro che a vario titolo collaborano nella Chiesa (cerkovnoslužiteli).

    ¹³Cfr. Chiesa, società e stato in Russia, in AA.VV., Da Lenin e Putin e oltre. La Russia tra passato e presente, a cura di V. Strada, Jaca Book, Milano 2011, p. 115.

    ¹⁴D.V. Pospelovskij, Russkaja pravoslavnaja cerkov’ v XX veke, op. cit., p. 106.

    ¹⁵Cfr. M. Pol’skij, Novye mučeniki rossijskie, Holy Trinity Monastery, Jordanville 1949, tom 1, p. 214 (Reprint, T-vo Svetljačok, Moskva 2004; il volume è stato recentemente pubblicato anche da AST, Moskva 2004 ed è liberamente disponibile sulla biblioteca elettronica di Jakov Krotov (http://www.krotov.info/); una versione ridotta, M. Polsky, The New Martyrs of Russia, è stata pubblicata nel 1972 a Montreal dal Brotherhood of Saint Job of Pochaev; cfr. altresì Archivy Kremlja. Politbjuro i cerkov’ 1922-1925, in 2 voll., vol. 1 a cura di N.N. Pokrovskij, Sibirskij Chronograf, Rosspėn, Novosibirsk-Moskva 1997, p. 78.

    ¹⁶Cfr. D.A. Volkogonov, Lenin, političeskij portret, in 2 voll., Novosti, Moskva 1994, vol. 2, p. 217.

    ¹⁷Sull’argomento rinvio al mio lavoro Dalla rivoluzione bolscevica alla Federazione Russa, op cit., pp. 91-92, 94-104 e passim.

    ¹⁸Sulla persecuzione religiosa si veda la documentazione d’archivio ripresa nel monumentale lavoro di Damaskin (Orlovskij), Mučeniki, ispovedniki i podvižniki blagočestija Russkoj Pravoslavnoj Cerkvi XX stoletija, in 7 volumi, izd. Bulat, Tver’ 1996-2002; sull’argomento cfr. altresì: Za Christa postradavšie. Gonenija na Russkuju Pravoslavnuju Cerkov’, 1917-1956. Biografičeskij spravočnik, a cura di V. Vorob’ëv, PSTBI, Moskva 2000; A. Wenger, La persecuzione dei cattolici in Russia. Gli uomini, i processi, lo sterminio, Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo 1999; Ejusdem, Rome et Moscou: 1900-1950, Desclée de Brouwer, Paris 1987; M. Polsky, Les nouveaux martyrs russes, a cura di M. Ellemberger Romensky, Editions Résiac, Montsurs 1976 (edizione ridotta di M. Pol’skij, Novye mučeniki rossijskie, op. cit.); A. Martin (M. Winowska), Les croyants en URSS. L’Église officielle conteste: persécution et procès, Fayard, Paris 1970; M. Bourdeaux, Patriarchs and Prophets. Persecution of the Russian Orthodox Church Today, MacMillan, London 1969; W. Fletcher, L’Église clandestine en Union Soviétique, Éditions Alain Moreau, Paris 1972; A. Riccardi, Il secolo del martirio. L’olocausto cristiano, A. Mondadori Editore, Milano 2000, pp. 25-62; S.S. Byčkov, Bol’ševiki protiv Russkoj cerkvi. Očerki po istorii Russkoj cerkvi 1917-1941, II tom, izd. Sam&Sam, Moskva 2006; E.L. Šapošnikov, Gosudarstvenno-cerkovnye otnošenija v XX načale XXI veka, Nižegorodskij gumanitarnyj centr, Nižnij Novgorod 2007. Il tema della persecuzione religiosa è trattato, peraltro in modo assai sintetico, anche da Ilarion (Alfeev), La Chiesa Ortodossa Russa. Profilo storico, op. cit., pp. 267-291.

    ¹⁹V. Peri ricorda che secondo i dati forniti dall’accademico Aleksandr Jakovlev, presidente della Commissione per la riabilitazione delle vittime delle repressioni politiche presso il presidente della Federazione Russa, solo nel 1937 si contano 136.900 religiosi ortodossi arrestati, di cui 83.000 fucilati; a essi, nel periodo 1938-1939 vanno aggiunti 29.800 sacerdoti, dei quali 22.400 fucilati. Dal 1917 al 1935 risultano uccisi duecentoquarantadue vescovi ortodossi, cfr. V. Peri, Società civile e Chiesa in Ucraina (1939-1959), in AA.VV., La notte della Chiesa russa, a cura di A. Mainardi, Ed. Qiqajon-Comunità di Bose, Magnano 2000, p. 89. Probabilmente i dati riferiti da Peri comprendono anche gli addetti alla chiesa (cerkovnye pričetniki) e non i soli sacerdoti. Secondo M.I. Škarovskij, le repressioni del 1937-1938 colpiscono per motivi religiosi 165.000 persone, delle quali 107.000 fucilate, cfr. La ricezione del Concilio di Mosca in epoca sovietica, in AA.VV., Il Concilio di Mosca, op. cit., p. 305.

    4. I PRIMI PROVVEDIMENTI NORMATIVI SULLA CHIESA

    I primi provvedimenti del Governo comunista colpiscono direttamente la Chiesa Ortodossa Russa, poiché sanciscono l’esproprio delle terre¹, l’abolizione dei privilegi², il trasferimento allo Stato degli istituti confessionali e il divieto dell’insegnamento della religione nelle scuole³, la chiusura di tutte le istituzioni educative ecclesiastiche, comprese quelle diocesane⁴, l’introduzione del divorzio e il disconoscimento della validità civile del matrimonio religioso⁵, l’esproprio delle opere pie, di assistenza e beneficenza e la loro incorporazione nel Commissariato del popolo per l’assistenza sociale⁶, la chiusura e la conseguente requisizione della Tipografia sinodale di Pietrogrado ad opera del Commissariato del popolo per l’Istruzione popolare⁷. Inoltre, il decreto priva gli enti religiosi della personalità giuridica e nazionalizza tutti i beni della Chiesa⁸, compresi i monasteri, in cui era custodita sin dall’antica Rus’ la più genuina tradizione ortodossa.

    I giorni del Gennaio 1918 vedono il susseguirsi dei decreti di esproprio delle grandi compagnie russe, lo scioglimento forzato dell’Assemblea costituente (6 Gennaio)⁹, l’organizzazione dell’Armata Rossa Operaia-contadina (15 Gennaio)¹⁰, l’istituzione del Tribunale rivoluzionario della stampa (28 Gennaio)¹¹, con il quale si pone fine a ogni libertà di informazione, e la subordinazione totale della giustizia alla politica bolscevica sancita dal menzionato decreto sul Tribunale № 2 del 15 Febbraio 1918¹².

    Il primo provvedimento organico che regola le nuove relazioni tra lo Stato e la Chiesa è il decreto del Soviet dei commissari del popolo del 23 Gennaio 1918¹³, conosciuto come Decreto sulla separazione della chiesa dallo stato e delle scuola dalla chiesa, mediante il quale si introduce in Russia il modello separatista (La Chiesa è separata dallo Stato, art. 1)¹⁴ e si proclama la laicità dello Stato. Il decreto accoglie alcuni principi fondamentali del separatismo e segnatamente: il divieto di emanare leggi che limitino la libertà di coscienza o che istituiscano privilegi, ovvero privilegia odiosa a beneficio o a danno dei cittadini in relazione alla professione o non professione di «qualsiasi» religione (artt. 2 e 3) e il divieto di creare uno ius singulare per le associazioni a finalità religiosa (art. 10: «Tutte le società ecclesiastiche e religiose sono sottoposte ai regolamenti generali sulle società e associazioni private¹⁵ e non godono di alcun privilegio e sussidio, né da parte dello Stato, né da parte delle sue istituzioni locali e autonome»). La Repubblica sovietica proclama, altresì, la propria laicità, ossia la neutralità di fronte al fenomeno religioso e questo principio sarà costantemente ribadito dalle norme costituzionali emanate successivamente¹⁶.

    Va rilevato in proposito che nel sistema comunista mancano i presupposti della laicità dello Stato, giacché secondo la costante dottrina bolscevica lo Stato si pone come strumento del partito, il quale per incontrastata e ininterrotta affermazione non può essere neutrale in materia religiosa, dovendo essere ad essa ostile: Lenin, infatti, scrive: «Noi esigiamo che la religione sia un affare privato nei confronti dello Stato, ma non possiamo in alcun modo considerarla come un affare privato per il nostro proprio partito»¹⁷.

    Per questa ragione, la proclamata equiparazione giuridica delle associazioni religiose alle organizzazioni sociali utili ai lavoratori è destinata a essere rinnegata nei fatti e nelle norme, giacché le seconde hanno l’obbligo statutario di porsi in funzione ancillare rispetto al partito e, quindi, di svolgere direttamente o indirettamente un’attività antireligiosa ed antiecclesiastica, rendendo in tal modo vano il citato disposto dell’art. 10 del decreto.

    Vero è che l’atteggiamento del nuovo regime nei confronti della religione e della Chiesa, lucidamente preconizzato e denunciato in numerosi documenti pontifici¹⁸, travalica abbondantemente i programmi dello Stato laico, nel senso magistralmente illustrato dal mio maestro Orio Giacchi¹⁹, dal momento che non si pone l’obiettivo dei finium regundorum, ossia di ridimensionare la sfera d’azione della religione e della Chiesa, bensì quello del loro definitivo superamento, nel presupposto che la religione altro non è che un fenomeno intrinsecamente dannoso. L’intento del bolscevismo non è, infatti, quello di regolamentare i limiti di attività del Sacerdotium, ma di estirparlo dalla società, giacché si vuole spezzare per sempre l’identificazione tra Ortodossia e Nazione, sostituendola con quella tra partito e internazionalismo proletario.

    La Costituzione del Luglio 1918, all’art. 13, recita: «Al fine di garantire ai lavoratori una effettiva (dejstvitel’naja) libertà di coscienza²⁰, la chiesa è separata dallo stato e la scuola dalla chiesa e la libertà di propaganda religiosa e antireligiosa è riconosciuta a tutti i cittadini».

    In coerenza con l’obiettivo strategico di eliminare la religione il legislatore costituzionale non enuncia affatto il principio di uguaglianza dei cittadini indipendentemente dalla loro appartenenza confessionale²¹ e per le medesime ragioni la Repubblica dei Soviet non attribuisce il diritto d’onore di difendere la Patria con le armi in pugno a coloro che non appartengono alla categoria dei lavoratori (art. 19), e tra questi «i monaci e i ministri spirituali delle Chiese e dei culti religiosi» (art. 65 sub d), considerati cives non optimo iure e privati espressamente del diritto elettorale attivo e passivo e, conseguentemente, delle tessere alimentari, in un momento di tremenda difficoltà di approvvigionamento che sfoceranno nella prima grande carestia del 1921-1922.

    Il decreto di Gennaio e la Costituzione di Luglio non contengono una specifica affermazione dell’uguaglianza delle varie Chiese e Confessioni: questo silenzio del legislatore, che sottintende una sorta di benevolenza nei riguardi delle minoranze religiose, è determinato dal fatto che a quel tempo la lotta del bolscevismo è diretta primariamente a spezzare il monopolio della Chiesa ortodossa, obiettivo che pone in secondo piano, per motivi puramente tattici, la lotta contro i gruppi religiosi minoritari, discriminati nel sistema zarista, del cui sostegno in origine il regime intende avvalersi. Una volta consolidato il proprio potere politico, il nuovo regime non mancherà di estendere la sua inflessibile e barbara repressione anche ad essi²².

    L’ostilità dello Stato verso la Chiesa si esprime nella chiusura dei luoghi di culto²³, ivi comprese le cappelle private²⁴, e dei monasteri²⁵, molti dei quali vengono riadattati a campi di concentramento per i nemici del popolo²⁶, nell’assassinio di sacerdoti e monaci, soprattutto ad opera degli agenti e truppe della Čeka²⁷, e nei processi contro il clero e la gerarchia che frequentemente si concludono con sentenze capitali e deportazioni, in un clima di assoluta violenza e illegalità²⁸.

    È chiaro che in un simile contesto non si può accogliere la tesi dell’affermata separazione della Chiesa dallo Stato, dovendosi piuttosto parlare di estromissione della Chiesa dalla società, che è l’esatto opposto di quanto un regime separatista normalmente si propone.

    Il Paese si trova nella tempesta scatenata dalla legalità rivoluzionaria, diretta contro le forze dichiarate ostili al nuovo ordine, tra le quali figurano in prima linea il clero, la gerarchia e la Chiesa in generale. In coerenza con la proclamazione della nuova forma di legalità, il legislatore comunista concede ai giudici un’assoluta discrezionalità: i Principi direttivi di diritto penale emanati nel 1919 legittimano l’introduzione del principio analogico nel diritto penale e quello dell’indeterminatezza della pena, prevedendo «la privazione della libertà per un periodo determinato, ovvero per un periodo indeterminato, sino al verificarsi di un evento stabilito» (na neopredelënnyj srok do nastuplenija izvestnogo sobytija), il che significa, ad esempio, legittimare sentenze di condanna alla reclusione, ovvero ai lavori forzati, «sino alla completa vittoria del comunismo», «sino alla totale sconfitta della borghesia» e via dicendo!²⁹.

    ¹Deliberato in data 26 Ottobre/8 Novembre 1917, cfr. Dekrety Sovetskoj Vlasti, izd. Pol. Lit., Moskva 1964, tom I, p. 17 e ss. Testo italiano in G. Codevilla, Dalla rivoluzione bolscevica alla Federazione Russa, op. cit., p. 18 e ss.

    ²Provvedimento del 2/15 Novembre 1917, cfr. «SU RSFSR», 1917, № 2, art. 18.

    ³Con questa ordinanza dell’11/24 Dicembre 1917 tutte le scuole parrocchiali e religiose di ogni ordine e grado sono trasferite con i loro beni mobili e immobili al Commissariato del popolo dell’Istruzione, NKP, cfr. «SU RSFSR», 1917, № 9, art. 126, altresì Dekrety Sovetskoj Vlasti, tom I, op. cit., pp. 210-211. Secondo i dati del Santo Sinodo relativi al 1905-1907 le scuole parrocchiali ortodosse sono 25.478, cfr. Vsepoddannejšij otčët ober-prokurora Svjatejšago Sinoda po vedomstvu pravoslavnago ispovedanija za 1905-1907 godu, Priloženija, Sinodal’naja Tipografija, SPb 1910, p. 210. Il decreto del 23 Gennaio 1918 vieta l’insegnamento della religione nelle scuole pubbliche e private, ma consente ai cittadini di «insegnare e studiare la religione in forma privata» (art. 9). In base alla spiegazione del Commissariato del popolo dell’Istruzione del 23 Febbraio 1918 l’insegnamento della religione nelle chiese e nelle case ai minori di 18 anni è vietato in quanto equivale a ricostituire gli istituti teologici soppressi; il medesimo Commissariato in data 3 Marzo 1919 delibera di «Vietare alle persone che appartengono al clero di tutti i generi e di tutte le professioni religiose di assumere qualsiasi incarico in tutte le scuole. I colpevoli della violazione di questo divieto sono sottoposti al giudizio del Tribunale rivoluzionario» («Samarskie eparchial’nye Vedomosti», 1924, №2). Il primo Codice penale della RSFSR emanato nel 1922 (art. 121) e parimenti il successivo Codice del 1926 (art. 122), rimasto in vigore sino al 1960, prevedono per questo reato la condanna ai lavori forzati (prinuditel’nye) sino a un anno. Tuttavia, nonostante il divieto normativo, l’attività educativa della Chiesa non si arresta immediatamente, come pure non cessa l’opera caritativa e assistenziale da essa svolta, cfr. sull’argomento M. Škarovskij, Russkaja Pravoslavnaja Cerkov’ v XX veke, op. cit., pp. 82-83.

    ⁴Con l’unica eccezione dell’Accademia teologica di Kazan’, che verrà chiusa nel 1921, dopo l’arresto del rettore Anatolij (Grisjuk), vescovo di Čistopol’ e del corpo docente con l’accusa di aver violato il decreto di separazione. Tra i provvedimenti adottati in quei giorni merita di essere ricordato il decreto del Commissariato del popolo per gli Affari militari del 16 Gennaio 1918, № 39, che stabilisce di «licenziare (uvolit’) dall’esercito tutti i sacerdoti», cfr. RGIA, F. 806, op. 5, d. 10525, l. 1 e A.P. Beljakov, Istorija flotskogo duchovenstva i ego rol’ v vospitanii voennych morjakov dorevoljucionnoj Rossii, in www.delorus.com/medialibrary/detail.php?ID=2292, p. 608.

    ⁵Il provvedimento è del 16/29 Dicembre 1917, cfr. «SU RSFSR», 1917, № 10, art. 152, altresì Dekrety Sovetskoj Vlasti, tom I, op. cit., p. 239. Si veda anche il decreto del Comitato esecutivo centrale di tutta la Russia e del Soviet dei commissari del popolo del 18 (31) Dicembre 1917 sul matrimonio civile, sui figli e la tenuta dei registri dello stato civile, in «SU RSFSR», 1918, № 11, art. 160 e Dekrety Sovetskoj Vlasti, tom I, op. cit., p. 247 e ss. L’impatto dell’introduzione del divorzio è limitato dal fatto che la Chiesa Ortodossa Russa ammette la cessazione (prekraščenie) e lo scioglimento (rastorženie) del matrimonio, seppure in casi limitati, cfr. lo Statuto dei concistori ecclesiastici approvato dall’imperatore del 27 Marzo 1841, № 14409, in PSZRI, 2-oe sobr., tom XVI, pp. 221-264, capo VI, artt. 229 a 260, pp. 249-252.

    ⁶Disposto dal decreto del medesimo Commissariato il 19 Novembre 1917.

    ⁷Deliberato il 3 Gennaio 1918.

    ⁸Sull’argomento cfr. l’istruzione del 24 Agosto 1918 sulle modalità di attuazione del decreto di separazione del 23 Gennaio, in «SU RSFSR», 1918, № 62, art. 385.

    ⁹Cfr. Dekrety Sovetskoj Vlasti, tom I, op. cit., p. 329 e ss.

    ¹⁰Calendario giuliano, ivi, p. 352 e ss.

    ¹¹Calendario giuliano, ivi, p. 432 e ss.

    ¹²Calendario gregoriano, dopo l’abolizione del calendario giuliano, il quale rimane, peraltro, in uso nella Chiesa Ortodossa Russa, ivi, p. 463 e ss.

    ¹³Il decreto del Soviet dei commissari del popolo del 23 Gennaio (5 Febbraio) 1918, in realtà approvato in data 20 Gennaio (2 Febbraio) è in «SU RSFSR», 1918, № 18, art. 263 e in «Gazeta rabočego i krest’janskogo pravitel’stva» del 23 Gennaio (5 Febbraio) 1918, № 15, 60, p. 1. Testo italiano in G. Codevilla, La libertà religiosa in Unione Sovietica, La Casa di Matriona, Milano 1985, p. 172 e ss. Questo decreto è il risultato di un lungo processo di gestazione che prende avvio dall’ordinanza del Soviet dei commissari del popolo dell’11 (24) Dicembre 1917, presentata da A.V. Lunačarskij, Sul trasferimento delle questioni dell’educazione e dell’istruzione dal dicastero per gli affari religiosi alla competenza del Commissariato per l’istruzione popolare («SU RSFSR», 1917, № 9, art. 126, altresì in: Dekrety Sovetskoj Vlasti, tom I, op. cit., pp. 210-211): in quella occasione viene costituita una Commissione speciale per la preparazione del decreto sulla separazione della Chiesa dallo Stato, della quale fanno parte lo stesso Lunačarskij, commissario del popolo dell’Istruzione, il social rivoluzionario di sinistra I.Z. Štejnberg, commissario del popolo della Giustizia (sino al Marzo 1918), P.I. Stučka, presidente del Comitato militare-rivoluzionario di Pietrogrado e dal Marzo 1918 commissario del popolo della Giustizia, il giurista M.A. Rejsner, il sacerdote scomunicato M.V. Galkin, autore di diverse pubblicazioni antireligiose con lo pseudonimo di Maksim Gorev, nonché l’esperto dei problemi religiosi del Commissariato del popolo della Giustizia P.A. Krasikov. Il progetto del decreto, in 13 punti, viene pubblicato sul «Delo Naroda» del 31 Dicembre 1917. Sulla bozza di questo decreto, intitolato Decreto sulla libertà di coscienza e sulle società ecclesiastiche e religiose e sulle correzioni apportate da Lenin si veda Dekrety Sovetskoj Vlasti, tom I, op. cit., p. 371 e ss.

    ¹⁴Cerkov’ otdeljaetsja ot gosudarstva,

    ¹⁵Ben presto, tuttavia, le associazioni a finalità religiosa vengono assoggettate a un particolare regime giuridico. Infatti, la Commissione per l’attuazione della separazione della Chiesa dallo Stato presso il CC dell’RKP(b) e del VKP (b), più nota come Commissione antireligiosa (ARK), con delibera assolutamente segreta del 21 Novembre 1922 dispone che il decreto del VCIK e del SNK del 3 Agosto 1922 Sulle modalità di approvazione e di registrazione delle società e delle unioni che non perseguono fini di lucro e delle modalità di sorveglianza su di esse («Izvestija » del 12 Agosto 1922) non deve applicarsi alle associazioni a finalità religiosa. La sorveglianza sull’attività di tutte le strutture associative è affidata all’NKVD. Cfr. V.V. Lobanov, Protokoly komissii po provedeniju otdelenija cerkvi ot gosudarstva pri CK RKP (b)-VKP (b) (Antireligioznoj komissii) 1922-1929, izd. PSTGU, Moskva 2014, p. 38.

    ¹⁶Nulla dice il decreto sulle immagini religiose negli edifici pubblici; provvede in tal senso una disposizione segreta della Commissione antireligiosa del 27 Dicembre 1922, che sotto la voce Sull’iconoclastia (ob ikonoborčestve) recita: «Dare istruzione al Narkominspekcija [Commissariato del popolo dell’ispezione operaia e contadina] di eliminare tutte le raffigurazioni religiose appese nei luoghi sociali, pubblici, come negozi, mense e simili», cfr. V.V. Lobanov, Protokoly komissii po provedeniju otdelenija cerkvi ot gosudarstva pri CK RKP (b)-VKP (b) (Antireligioznoj komissii) 1922-1929, op. cit., p. 47.

    ¹⁷Cfr. «Novaja Žizn’», № 26 del 3 (16) Dicembre 1905, altresì Stato e rivoluzione, Editori Riuniti, Roma 1970, p. 147. Sull’argomento cfr. O religii i cerkvi. Sbornik dokumentov, izd. Pol. Lit., Moskva 1965; Kommunističeskaja partija i sovetskoe pravitel’stvo o religii i cerkvi, Gospolitizdat, Moskva 1961; O religii i cerkvi. Sbornik vyskazyvanij klassikov marksizma-leninizma, dokumentov KPSS i sovetskogo gosudarstva, izd. Pol. Lit., Moskva 1977, p. 51 e ss.; I.A. Kryvelev, Lenin o religii, izd. Akad. Nauk SSSR, Moskva 1960, passim e in particolare p. 130 e ss.; V.I. Lenin, Sulla religione, Ed. Rinascita, Roma 1949.

    ¹⁸Basterà ricordare le Encicliche di Pio IX (Qui pluribus del 1846, Nostis et nobiscum del 1849, la quarta proposizione del Sillabo, in appendice alla Quanta cura del 1864); di Leone XIII (Quod Apostolici muneris del 1878, Diuturnum illud del 1881, Humanum Genus del 1884, Dall’alto dell’Apostolico Seggio del 1890, Rerum Novarum del 1891); di Benedetto XV (Ad Beatissimi Apostolorum del 1914); di Pio XI (Divini Illius Magistri del 1929, Quadragesimo Anno del 1931, Caritate Christi compulsi del 1932, Divini Redemptoris del 1937); di Pio XII (Orientales omnes del 1952); di Giovanni XXIII (Mater et Magistra del 1961), di Paolo VI (Ecclesiam Suam del 1964) e di Giovanni Paolo II (Centesimus Annus del 1991).

    ¹⁹Cfr. O. Giacchi, Lo Stato laico. Appunti sulla formazione e sviluppo dell’idea, pro manuscripto, Milano (senza data). Il maestro ha sempre lasciato questo saggio nella forma di appunti universitari, che sintetizzano le sue dotte e indimenticabili lezioni all’Università Cattolica di Milano. Il tema è stato recentemente ripreso e sviluppato da Ombretta Fumagalli Carulli nel volume, «A Cesare ciò che è di Cesare, a Dio ciò che è di Dio». Laicità dello Stato e libertà delle Chiese, Vita & Pensiero, Milano 2006. Per una puntuale rassegna della dottrina italiana sul tema della laicità dello Stato cfr. P. Stefanì, La laicità nell’esperienza giuridica dello Stato, Cacucci editore, Bari 2007.

    ²⁰Sul peculiare contenuto semantico attribuito nella Russia bolscevica al concetto di libertà di coscienza si veda più avanti (§ 34).

    ²¹L’art. 22 della Costituzione riconosce, infatti, uguali diritti ai cittadini solo «indipendentemente dalla loro appartenenza razziale e nazionale».

    ²²Peraltro, il legislatore non fornirà mai un’elencazione completa delle sette proibite, limitandosi a menzionare a titolo esemplificativo i muraškovcy, i postniki, i testimoni di geova, i pentecostali e i veri cristiani ortodossi, stante il loro carattere antisociale, cfr. F.M. Rudinskij, Svoboda sovesti v SSSR, izd. Jur. Lit., Moskva 1961, p. 49, nota 1. Sull’argomento cfr. G. Codevilla, Dalla rivoluzione bolscevica alla Federazione Russa, op. cit., p. 304 e fonti citate; L.P. D’jakonov, Sovetskoe zakonodatel’stvo o cerkvi, Gosizdat, Moskva 1926.

    ²³Cfr. ad esempio la disposizione del 29 Ottobre 1920 di P.A. Krasikov, direttore dell’Ottava Sezione del Commissariato del popolo della Giustizia, che impone la chiusura di tutte le cappelle e chiese negli ospedali e nei luoghi di cura, in Pravoslavnaja Moskva v 1917-1921 godach. Sbornik dokumentov i materialov, op. cit., p. 214, in risposta a una richiesta della Direzione generale militare-sanitaria che denuncia il rischio di contagi (ivi, p. 213).

    ²⁴Ricorda M. Škarovskij che la chiusura delle cappelle private prende avvio dall’ordinanza emessa il 7 Agosto 1918 dall’SKSO (Unione delle comuni della Regione del Nord), che impone, appunto, la liquidazione di «tutte le chiese domestiche e cappelle di ogni religione esistenti negli istituti di istruzione e di educazione di ogni livello e anche presso le istituzioni governative», anche se, come ricorda questo Autore una parte significativa di queste sopravvivrà sino alla fine della guerra civile, cfr. Russkaja Pravoslavnaja Cerkov’ v XX veke, op. cit., p. 81 e fonti citate.

    ²⁵«Tra il 1918 e il 1921 furono chiusi 722 monasteri; nel 1929-1930 non esisteva più alcun monastero entro i confini dell’Unione Sovietica», cfr. A. Piovano, Santità e monachesimo in Russia, op. cit., p. 171; sull’argomento cfr. J.J. Wynot, Keeping the Faith: Russian Orthodox Monasticism in the Soviet Union, 1917-1939, Texas A&M University Press, College Station, Texas 2004; M.I. Odincov, Gosudarstvo i Cerkov’, 1917-1938, izd. Znanie, Moskva 1991; A.N. Kaševarov, K voprosu o sud’be pravoslavnych monastyrej v pervye gody sovetskoj vlasti, in «Nestor» № 1, 2000, pp. 331-342 e in http://www.krotov.info/history/20/1940/kashevarov1.html. Del medesimo Autore si devono segnalare anche le seguenti importanti pubblicazioni: Russkaja Pravoslavnaja Cerkov’ i sovetskoe gosudarstvo (1917-1922), Krutickoe Patriaršee podvor’e. Obščestvo ljubitelej istorii, Moskva 2005; Gosudarstvenno-cerkovnye otnošenija v sovetskom obščestve v 20-30ch gg. Novye i maloizučënnye voprosy, izd SPb GTU, SPb 1997; Cerkov’ i vlast’. Russkaja Pravoslavnaja Cerkov’ v pervye gody sovetskoj vlasti, izd. SPb GTU, SPb 1999; Gosudarstvo i Cerkov’: iz istorii vzaimootnošenij sovetskoj vlasti i Russkoj Pravoslavnoj Cerkvi 1917-1945 gg., izd. SPb GTU, SPb 1995. È sempre utile la lettura di J.S. Curtiss, The Russian Church and the Soviet State 1917-1950, Little Brown & Co, Boston 1953, anche se si deve ricordare che questo Autore accoglie acriticamente le versioni dei fatti presentate dagli innovatori (p. 135 e ss.). Si veda anche, di fonte sovietica: V.F. Zybkovec, Nacionalizacija monastyrskich imuščestv v Sovetskoj Rossii (1917-1921), Nauka, Moskva 1975. La chiusura dei monasteri avviene con i pretesti più diversi, come, ad esempio, quello della necessità di disporre di nuovi spazi abitativi per la popolazione, cfr. Pravoslavnaja Moskva v 1917-1921 godach. Sbornik dokumentov i materialov, op. cit., p. 173, che riporta la comunicazione del 31 Luglio 1918 sulla cacciata dei monaci dall’antico monastero Simonov (Uspenskij) di Mosca, fondato nel 1370 dal prepodobnyj Fëdor, nipote e discepolo di san Sergij di Radonež, che prende il nome dal monaco Simon (il bojaro Stepan Chorvin) che aveva donato le terre per la sua edificazione. Il processo di esproprio dei beni ecclesiastici termina nell’estate del 1920. Nella sola città di Mosca la Chiesa Ortodossa Russa viene espropriata di 551 case di abitazione, 100 negozi, 52 edifici ecclesiastici, 71 ospizi, 6 asili infantili e 31 ospedali (cfr. V. Zybkovec, Nacionalizacija monastyrskich imuščestv v Sovetskoj Rossii (1917-1921), op. cit., p. 63). Il direttore dell’Ottava Sezione del Commissariato del popolo della Giustizia, P.A. Krasikov, afferma che nel primo anno del potere sovietico la Chiesa viene espropriata di tutti i capitali privati, delle terre, degli edifici, delle chiese, dei depositi, delle botteghe, eccetera (cfr. «Revoljucija i cerkov’», 1919, № 1, p. 27).

    ²⁶Cfr. A.I. Solženicyn, Arcipelago Gulag, Mondadori, Milano 1974-1078 in 3 voll. vol. II, p. 21 e ss.; S.P. Mel’gunov, Il terrore rosso in Russia (1918-1923), op. cit., p. 222 e p. 225. I primi monasteri trasformati in campi di concentramento sono quelli più antichi di Mosca: il Novospasskij, o Monastero Nuovo del Salvatore, fondato nel XIII secolo dal gran principe Daniil, figlio di Aleksandr Nevskij (e padre di Ivan I Kalita), lo Spaso-Andronikovskij (o Andronikov monastyr’), fondato nel XIV secolo, che prende il nome dal suo primo igumeno, sant’Andronik, allievo di san Sergij di Radonež, e il monastero femminile Ivanovskij, o Ioanno-Predtečeskij, del XV secolo, dedicato a san Giovanni Battista (il Precursore).

    ²⁷Cfr. S.P. Mel’gunov, Il terrore rosso in Russia (1918-1923), op. cit., pp. 70, 73, 75, 76, 112, 116,

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