Massafra e altri centri pugliesi in età normanno-sveva
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L’obiettivo è esaminare le tipologie di dipendenze instaurate tra signori e sottoposti a Massafra che emergono dalle fonti in età normanna, e che si possono accostare ai diffusi esempi già noti nella Puglia centrale di quell’epoca, traendo diversi spunti, utili e certamente da approfondire.
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Anteprima del libro
Massafra e altri centri pugliesi in età normanno-sveva - Marco De Bartolomeo
Prefazione
La tesi di laurea magistrale che viene qui pubblicata ha una genesi precisa. Come ha scritto Giuseppe Petralia, da decenni il tema della signoria nel mezzogiorno normanno-svevo era divenuto un vero e proprio ‘buco nero’ della ricerca, un campo gravitazionale rimasto a lungo inesplorato e come non visibile, nel quale il tempo era andato accumulando lacune, contraddizioni, domande irrisolte – quasi come scorie non smaltite, detriti e artefatti non più governabili – dello spazio storiografico
1. In un libro recente avevo tentato una nuova lettura d’insieme, che riprendesse da zero il problema della relazione tra la vita delle società rurali, i poteri locali delle aristocrazie e il ruolo della monarchia. Vi avevo avanzato nuove interpretazioni, allo stesso tempo delle fonti e dei fenomeni storici da esse descritti2.
È stato così che, quando Marco De Bartolomeo mi ha chiesto di scrivere una tesi relativa alla storia meridionale dei territori di origine della sua famiglia, gli ho suggerito di pensare non a un lavoro di semplice storia locale, ma alla possibilità di verificare come nelle fonti relative a Massafra fossero presenti le novità interpretative proposte nel mio libro. De Bartolomeo ha accolto il mio invito, scrivendo in pochi mesi (come ormai richiede la rigida tempistica dei corsi di studio) il lavoro che qui si propone. Dopo una rapida panoramica della storiografia signorile sul Mezzogiorno medievale e su Massafra in particolare, e dopo un’utile presentazione di tutte le fonti disponibili per l’età normanno-sveva, la ricerca inizia – com’è tipico dei libri dedicati a singole località – trattando le origini di Massafra. Ma subito evita i pericoli del localismo: accorda scarso peso a periodi cronologicamente lontani dal focus della sua analisi e a ipotesi genetiche comunque non verificabili, e passa immediatamente al problema della genesi della cosiddetta ‘contea’ di Riccardo Senescalco.
Qui vanno subito ricordate alcune acquisizioni di questa ricerca: se Riccardo d’Altavilla, detto il Senescalco, è stato in effetti, come sempre aveva ricostruito la storiografia, il primo signore di Massafra, dopo la sua morte il centro sembra essere ritornato sotto il controllo del duca di Puglia, per poi passare, dopo la nascita della monarchia, nelle mani di Ruggero II e dei suoi successori. In particolare, quello che veniva tradizionalmente considerato come un altro importante signore di Massafra, Guglielmo Maletta, appare da una più attenta lettura del Catalogus Baronum semplicemente come il più grande possessore aristocratico a Massafra e nel suo territorio: certamente il personaggio di gran lunga più potente, e che magari si considerava in cuor suo il signore; ma da un punto di vista giuridico solo un grande possessore, non un vero e proprio signore. V’è però di più: se De Bartolomeo ha sottratto alla storia patria un signore ben noto come il Maletta, le ha però donato un signore finora sconosciuto, e per certi aspetti misterioso, quell’altrimenti ignoto Tagliacozzo di Montemarano cui nel 1253 una lettera di papa Innocenzo IV ordina di restituire la signoria di Massafra, sottratta alla sua famiglia dall’imperatore Federico II, morto tre anni prima. Una notizia interessante, anche se certamente da sottoporre a ulteriori ricerche.
Il lettore avrà modo di verificare molte altre novità che De Bartolomeo ha potuto raggiungere. Riguardano il problema dei rapporti fra il Senescalco e le facoltà signorili dei monasteri presenti nel territorio di Massafra; la questione dei cosiddetti affidati
, contadini liberi ma sottoposti al dominio signorile; la diffusione di terreni aperti, sui quali gli abitanti esercitavano diritti collettivi e pratiche irregolari di sfruttamento, lasciate all’iniziativa di singoli coltivatori, anche se regolate dalla comunità, e sottoposte al pagamento di terratici solo in caso di effettiva messa a coltura; e altri aspetti ancora. Così come avrà modo di apprezzare il paragone con la storia di due centri vicini, Ostuni e Conversano, più favoriti a livello documentario e, finora, anche dal punto di vista degli studi. De Bartolomeo ne trae diversi spunti, utili e certamente da approfondire. E giunge anche a formulare un’ipotesi suggestiva, sulla base del valore dei patrimoni aristocratici registrati nel Catalogus Baronum: Massafra, pur non avendo mai acquisito il titolo diocesano e pur essendo in età moderna ben più piccola di Ostuni, sembra avere alla metà del XII secolo un numero di abitanti superiore a quello della Città Bianca.
Buona lettura.
Sandro Carocci
1
G. Petralia
, in Archivio storico per la Calabria e la Lucania
, 81 (2015), pp. 240-245: a p. 240.
2
S. Carocci
, Signorie di Mezzogiorno. Società rurali, poteri aristocratici e monarchia (XII-XIII secolo), Viella, Roma 2014.
Introduzione
L’esercizio della signoria è stato per secoli associato al feudalesimo in senso stretto e si è visto affibbiare un immaginario negativo che lo etichettava come una pratica del passato fatta di tiranni dispotici che esercitavano un pesante potere sui propri sottoposti. La storiografia degli ultimi decenni ha invertito però la rotta: se per l’Italia centro-settentrionale la signoria è stata rivalutata come una tappa necessaria verso la nascita degli stati comunali, per il Sud le signorie non sono state più osservate come la causa dell’arretratezza peculiare del Meridione italiano, secondo l’idea illuminista e poi risorgimentale che vedeva nella feudalità la causa del mancato progresso del Mezzogiorno. Tuttavia, gli studi non hanno posto la loro attenzione sulle modalità con le quali la signoria è stata esercitata, quanto invece su altre prospettive1.
Questa tesi ha uno scopo preciso: esaminare i rapporti signorili che si sono instaurati nel Sud in età normanno-sveva in un centro specifico, Massafra. Per essa mancano ricerche che la osservino sotto questa prospettiva: mentre su Mottola e Castellaneta sussistono studi sia sui dominatus loci instaurativisi che sull’aristocrazia che in quei secoli è stata protagonista2 (specie perché i due centri assunsero un ruolo preminente nella signoria di Riccardo d’Altavilla detto il Senescalco
, il primo normanno a dominare gran parte della zona occidentale della provincia di Taranto), su Massafra, colpevole anche la scarsa disponibilità di fonti documentarie di quell’epoca, lo stato delle ricerche è del tutto insoddisfacente.
La storia locale massafrese ha speso gran parte delle sue energie negli ultimi decenni a supportare proprie tesi sulle origini di Massafra, presentando talvolta ipotesi completamente fuorvianti, senza fondamenti o basate su fonti fraintese e mal interpretate. Pochissimo spazio è stato concesso ad un esame del poco che è dato di conoscere circa la società che viveva a Massafra in quei secoli, e raramente si sono sottolineate le pratiche economiche nella contea
di Mottola.
È stato esaminato in maniera più consistente il contesto della civiltà rupestre, che emerge dalla preponderante presenza dei villaggi rupestri neolitici prima e medievali poi, nonché l’arte e l’architettura bizantina che questi custodiscono. Tuttavia, su questi luoghi non si sono effettuate ricerche focalizzate su questioni economiche o sociali, a differenza di quanto fatto invece per altri centri, non avendo a disposizione moltissime fonti documentarie o comunque avendo impostato gli studi diversamente. L’archeologia si è soffermata molto meno sul centro urbano massafrese, principalmente per ragioni di conservazione: il borgo moderno si è sviluppato sovrapponendosi alle stratificazioni medievali, cancellando dunque la quasi totalità delle tracce precedenti, e non sono state condotte campagne archeologiche che consentissero di recuperare importanti informazioni. Non sono stati compiuti ulteriori significativi sforzi di ricerca né documentaria né archeologica negli ultimi decenni, se non qualche caso sporadico che non rientra nell’epoca oggetto di questa tesi, cosicché le fonti a nostra disposizione sono rimaste le stesse e la discussione storiografica si è quasi arenata
per quanto riguarda Massafra.
Dopo una precisazione su quale chiave di lettura interpretativa si è affrontata questa ricerca, oltre che un breve riassunto delle notizie su Massafra antecedenti al periodo preso in esame, il lavoro proseguirà seguendo una duplice ottica. Da una parte, si osserveranno i signori che controllano Massafra o che vi hanno possessi in età normanno-sveva, considerando poi i periodi in cui invece essa risulta essere del demanio regio (dunque non sottoposta nella sua interezza ad un dominio signorile), e la nobiltà massafrese che dai documenti, tra cui il Catalogus Baronum, riusciamo a conoscere, nonché le signorie ecclesiastiche che interessano Massafra. A partire da ciò, verranno osservate le tipologie di dipendenze instaurate tra signori e sottoposti che emergono dalle fonti, e che possiamo accostare ai diffusi esempi già noti nella Puglia centrale di quei tempi. Il lavoro è sviluppato in modo cronologico, con un esame dettagliato dei documenti che riguardano direttamente o trasversalmente Massafra e analizzando tutte le problematiche legate a quanto descritto e soprattutto alle falsificazioni che sono giunte ai nostri giorni e che rappresentano dati importanti per conoscere le liti e i dibattiti che sono intercorsi in quei secoli tra signori, vescovi mottolesi e gli abati cavensi.
La tesi propone un confronto tra Massafra e altri due centri pugliesi che sono stati oggetto di studi più accurati sia sull’aspetto storico che sull’esercizio signorile dei dominati che li hanno interessati: Conversano e Ostuni. Ambedue erano sedi episcopali e vennero inserite in contee, sebbene in tempi diversi, e su entrambe abbiamo a disposizione molte più fonti documentarie superstiti, sulle quali la storiografia ha potuto discutere e studiare molto più di quanto non si sia potuto fare su Massafra. Il paragone, dunque, serve ad esaminare ancora meglio i rapporti signorili che dai documenti sappiamo esservi instaurati, collegandoli a dinamiche simili o differenti che si stabilirono in terre non lontane.
Su Ostuni proporremo un lavoro simile a quanto svolto prima su Massafra, che esamini la signoria del conte di Lecce nella Città Bianca in età normanno-sveva dal punto di vista dei rapporti con i propri subordinati. Un tema che verrà affrontato è anche quello dell’esperienza del villaggio di Petrolla, oggi una località chiamata Villanova, che viene interessato da un popolamento promosso dal conte Tancredi e che ci offre importanti dati che ci fanno comprendere i rapporti signorili tra il conte e gli abitanti di Ostuni.
Di Conversano, invece, osserveremo la formazione e l’esercizio signorile del dominatus di Goffredo (tenendo conto anche dei