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Massafra sotterranea: La Città nascosta
Massafra sotterranea: La Città nascosta
Massafra sotterranea: La Città nascosta
E-book455 pagine2 ore

Massafra sotterranea: La Città nascosta

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Info su questo ebook

Nell’opera vengono descritte le esplorazioni fatte dall'autore nel corso di oltre un ventennio in tutto il territorio di Massafra, corredate di fotografie, planimetrie e notizie storiche, che potrebbero interessare studiosi, tecnici, archeologi, ricercatori, appassionati di storia patria, studenti, turisti.
L’opera è suddivisa in tre sezioni:
- MASSAFRA SOTTERRANEA
- I LUOGHI DELLA PRODUZIONE
- LE NECROPOLI
La presentazione è del prof. Alberto Altamura, componente della Società di Storia Patria.

LinguaItaliano
Data di uscita14 nov 2013
ISBN9781311619792
Massafra sotterranea: La Città nascosta
Autore

Cosimo Mottolese

Cosimo Mottolese è nato nel 1951 a Massafra (TA - Italy), dove vive con la famiglia. Compiuti gli studi superiori nel liceo classico "Archita" di Taranto, si è laureato in ingegneria meccanica presso l'Università degli Studi di Pisa. E' titolare della cattedra di Discipline Meccaniche e Tecnologia nell'ITIS "E. Amaldi" di Massafra. Avviato alla speleologia in una scuola di Martina Franca, non ha mai smesso di ricercare cavità naturali ed artificiali presenti sul territorio di Massafra. Appassionato di storia del territorio e di cultura e tradizioni popolari, conduce indagini allo scopo di raccogliere testimonianze dei beni storico-culturali ancora sconosciuti ma che meritano di essere scoperti e divulgati. Guida turistica abilitato Provincia di Taranto.

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    Anteprima del libro

    Massafra sotterranea - Cosimo Mottolese

    MASSAFRA SOTTERRANEA

    LA CITTA’ NASCOSTA

    Percorsi tra grotte, sotterranei, antichi opifici e necropoli

    Copyright 2016 Cosimo Mottolese

    mailto:cosimomottolese@hotmail.com

    Seconda edizione 2016 - ISBN 9781311619792

    Smashwords Edition

    Licenza d’uso

    Questo e-book è concesso in licenza per solo uso personale e non può essere rivenduto o ceduto ad altre persone. Se si desidera condividere questo ebook con altre persone, si prega di acquistare una copia aggiuntiva per ogni destinatario. Se state leggendo questo e-book senza averlo acquistato, siete pregati di acquistare la vostra copia. Grazie per il rispetto del lavoro di questo autore. L’Autore si scusa per eventuali involontarie inesattezze o omissioni nella citazione dei nomi. I diritti di riproduzione, di traduzione, di memorizzazione totale o parziale sono riservati in tutti i Paesi.

    Libri dello stesso Autore  sul sito Smashwords:

    Chiese rupestri in Massafra – Isbn: 9781310147845

    https://www.smashwords.com/books/view/382360

    Raccolta di soprannomi massafresi – Isbn: 9781301001675

    https://www.smashwords.com/books/view/280425

    L’elaborazione della copertina, il progetto grafico dell’opera, i disegni, le planimetrie e le foto, ove non diversamente indicato, sono dell’Autore.

    *****

    Presentazione

    Le competenze tecniche e la passione per la storia e l’archeologia hanno spinto Cosimo Mottolese, ingegnere meccanico e cultore di storia patria, ad allestire questo volume dai contenuti originali e dal titolo intrigante, Massafra sotterranea – La città nascosta. Lo studioso, muovendosi sulla scia di quegli illustri concittadini che allo studio della storia e dell’archeologia massafrese hanno riservato tante ricerche (da Fonseca a Caprara, da Jacovelli a Ladiana, a Mastrangelo ...), è da oltre un ventennio impegnato nell’esplorazione del territorio al fine di portare alla luce quella realtà sommersa che rappresenta, anche in termini quantitativi, gran parte dell’habitat locale.

    E’ abbastanza evidente che, nonostante gli sforzi personali spesi in questa direzione, molto resti ancora da fare perché il territorio di Massafra è ricchissimo di cavità naturali e artificiali, cunicoli sotterranei, tunnel, trappeti ipogei, vicinanze, pozzi, cisterne, cripte, necropoli (come ammette l’autore) e per una serie di ragioni di ovvia rilevanza. Intanto, non poco di quello che c’era è andato perduto per la sovrapposizione di opere realizzate dalla mano dell’uomo, non sempre provvida ed illuminata, e per la cancellazione e demolizione di quelle preesistenti. La difficoltà, poi, di accedere ormai a quei siti per l’impossibilità pratica di stabilire collegamenti tra una zona e l’altra del territorio rende arduo il lavoro di esplorazione sistematica.

    Tuttavia, per qualche parte di esso, l’autore non dispera che si possa operare in maniera intelligente sì da ricostruire quel mosaico sotterraneo che, alla luce dei risultati ottenuti, oggi appare abbastanza credibile. E per toccare aspetti di carattere generale, non si pensi che Cosimo Mottolese, indotto da questo interesse primario per la Massafra sotterranea e nascosta, un vero scrigno di tesori e di sorprese, non si occupi di quella sub divo, anzi il rapporto tra ‘il sopra’ ed ‘il sotto’ è così stringente che l’una integra l’altra in un sinolo unico.

    Allora, quando ad es. l’autore tratta del Monastero di san Benedetto, si sofferma sì sulle caratteristiche architettoniche dell’opera (e i suoi sotterranei) e correda l’analisi con opportune planimetrie ma traccia anche una storia della fondazione, si sofferma sui vari passaggi di mano della proprietà, il suo utilizzo nel tempo sino ai nostri giorni. Fra i nomi che emergono dalla narrazione, c’è quello di don Michele Imperiali, che fu signore di Oria, nominato erede universale dal canonico Francesco Paolo Capreoli, ma anche principe di Francavilla Fontana e signore di Casalnuovo (Manduria), sicché si possono cogliere i nessi di un più vasto quadro d’insieme, che abbraccia i due versanti della provincia jonica, e leggere più compiutamente la vicenda storica subregionale. E lo stesso discorso vale per il Castello, di cui il Mottolese ricostruisce storia e passaggi di mano sino all’acquisto da parte del Comune di Massafra, facendo risaltare i vari feudatari che lo possedettero, tra i quali un giusto rilievo meritano le figure di don Artusio (Arturo) Pappacoda e del figlio Francesco. L’autore non manca di allegare una relazione, da lui redatta nel corso degli anni ’90 e pubblicata sul locale Corriere del Giorno, sullo stato dei luoghi, prima dell’inizio dei lavori di restauro realizzati secondo il progetto dell’arch. Civita, con cui sollecitava l’attenzione della pubblica amministrazione sull’opera di salvaguardia e conservazione del maniero. Ciò a conferma di una sensibilità che Cosimo Mottolese ha durevolmente nutrito per i beni culturali e la storia della sua terra. Ai principali monumenti della cristianità, dal convento di san Rocco a quello di sant’Agostino, da quello dei Cappuccini al Monastero delle Benedettine, dalla Chiesa dell’Annunziata a quella di Santa Maria della Croce, un vasto e significativo patrimonio religioso, culturale, artistico, Cosimo Mottolese riserva il giusto spazio, quasi a sottolineare lo stretto rapporto che intercorre tra storia cittadina, intendo dire storia civile e politica, e fede religiosa. Nella seconda parte del volume Cosimo Mottolese si sofferma sui luoghi della produzione, dando ampio risalto a quelle attività artigianali che hanno costituito il nerbo della struttura economica massafrese. La tessitura, la tintura e la conceria godono della giusta attenzione, in quanto tra le attività principali della Massafra di un tempo e per le quali il nome di Massafra circolava nel circondario a buon diritto. L’autore analizza le tecniche di lavorazione, la qualità e varietà dei prodotti finiti, gli strumenti di lavoro, i luoghi ancora oggi, per alcuni versi, rinvenibili e visitabili.

    Davvero carica di suggestione la descrizione della cosiddetta Tènde de Macubbe, un personaggio tra il mitico e lo storico, con i suoi epici baffi, la cui tintoria disposta su piani terrazzati sulla dorsale della gravina, doveva avere un forte impatto sul territorio e sulla sua economia, almeno fino al giorno in cui avrebbe, malinconicamente, cessato la sua attività. Inoltre, pagine interessanti sono dedicate all’acquedotto e ai cento canali che solcavano il sottosuolo massafrese, per non dire dei ‘trappeti’, che erano disseminati nel territorio abitato ed extra moenia, in stretta connessione spesso con le masserie. Anche qui le foto danno conto di questa straordinaria rete e illustrano i trappeti più significativi, da quelli a Sud del castello a quelli di Accetta Grande e dell’Amastuola.

    Gli apiari, le colombaie e le necropoli completano il quadro di una ricerca che, anche se si propone un fine informativo e divulgativo (ma ciò si lega all’atteggiamento di modestia dell’autore), è sorretta da serietà d’intenti e da rigore documentario. Senza dimenticare che Cosimo Mottolese, mosso dalla ‘carità del natio loco’, non manca ora implicitamente ora esplicitamente di richiamare i pubblici poteri a prendersi cura di questi beni con la necessaria sollecitudine, in quanto – mi viene da pensare – chi non si cura del passato non è degno di interpretare né il presente né il futuro della propria comunità.

    Taranto, 19 Luglio 2012

    Alberto Altamura

    Società di Storia Patria per la Puglia

    Introduzione

    Nonostante i vari scempi che si vanno compiendo sul suo patrimonio storico, culturale, ambientale, paesaggistico, Massafra è ancora un grande scrigno di pietra che custodisce diamanti e perle ideali, che, messi insieme, ci permettono di ricostruire la storia dei secoli passati: basta aprirlo e osservarlo per convincersi che ciò non è un’iperbole. Come tutti i diamanti, di solito sono sepolti sotto la superficie calpestabile e così, per scoprire gli aspetti più interessanti e peculiari di Massafra, bisogna munirsi di casco e lampada ed immergersi nel mondo sotterraneo.

    Facendo tesoro dell'esperienza speleologica (rimasta, in realtà, isolata) fatta negli anni ’80 del secolo scorso in una scuola di speleologia di Martina Franca, praticando per anni quella che viene indicata come speleologia urbana alla ricerca dell’ennesimo tassello per ampliare la conoscenza del nostro territorio, ho avuto la possibilità di visitare e rilevare cavità naturali ed artificiali come cunicoli, sotterranei, tunnel, trappeti ipogei, vicinanze, pozzi, cisterne, cripte, tombe, necropoli ed altro di cui mi sia capitato di sentire notizia nel territorio di Massafra e in luoghi limitrofi.

    Più che un’unica rete sotterranea di arterie e ramificazioni o una città sotterranea organicamente strutturata, si ritrovano cavità, singoli ambienti e complessi sotterranei, che, ancorché isolati, interessano tutto il territorio di Massafra e costituiscono un unicum, importante testimone dell’habitat rupestre di Massafra, meritevole di essere scoperto e studiato.

    Le numerosissime presenze nel centro storico di Massafra di cavità artificiali come grotte, pozzi, cisterne, tunnel, grandi ipogei piramidali, sono dovute a diverse esigenze di tipo costruttivo, abitativo, difensivo, di comunicazione.

    Queste opere cominciarono ad affermarsi nei sec. XIII¹ e XIV², ma conobbero una grande diffusione solo nella seconda metà del sec. XVI, quando la popolazione massafrese, dall’antico centro medievale che si era andato sviluppando intorno al Castello, si espanse nella zona della Serra di Mezzo, a Nord del Castello, oltre la fascia muraria, attraversata dalle porte della Buona Sera e della Cava, dove i Pappacoda possedevano un palazzo con giardino.

    Si ricavarono le abitazioni e le pertinenze scavando nella tenera roccia tufacea (calcarenite di Gravina) del pianoro, a circa 100 metri sul livello del mare, sul modello della vicinanza.

    Lo sviluppo delle tecniche e delle maestranze di scavo e di costruzione da una parte e l’affermarsi di nuove, più comode e sicure esigenze abitative dall’altra, portarono nel tempo alla realizzazione di svariate tipologie di ambienti ipogei che danno luogo oggi ad un sistema discontinuo, che si può definire Massafra sotterranea.

    Per agevolare la comprensione degli ipogei e per inquadrare storicamente la loro origine, ho ritenuto utile riportare alcuni approfondimenti di aspetti interessanti della storia di Massafra che, ancorché noti agli addetti ai lavori, sono poco conosciuti dal grande pubblico, appartenendo comunque alla sfera della Massafra nascosta. Ho ritenuto opportuno, inoltre, inserire nelle due ultime sezioni materiali relativi a luoghi ormai dimenticati che, pur non rientranti strettamente nel tema della Massafra sotterranea, sono importanti per la storia di Massafra, come gli antichi opifici e le necropoli, su cui le ultime ricerche e rilievi hanno portato ad informazioni e dati nuovi, che ritengo inediti per la storia di Massafra.

    Nel presente lavoro descrivo singolarmente gli ambienti ipogei esplorati, riportandone, ove possibile e disponibile, la cornice storica e una rappresentazione planimetrica o schematica o fotografica. In alcuni casi, per descrivere i siti, ho preferito riportare in corsivo miei articoli pubblicati su quotidiani, lettere, relazioni o schizzi redatti all’epoca delle esplorazioni, giacché, essendo stati i beni alterati, obliterati, sepolti o distrutti, essi sono probabilmente le uniche testimonianze della loro esistenza.

    Supporto di riferimento per la sezione Massafra sotterranea è la planimetria generale che riporta e localizza gli ambienti che verranno illustrati in dettaglio.

    Questa seconda edizione è l’aggiornamento della prima, dove, nella conclusione, elencavo alcuni siti che, pur noti dal sentito dire di alcune persone informate, non avevo ancora esplorato. Ad oggi, ho potuto individuare e rilevare tre nuovi siti non inclusi nella precedente edizione e che illustro in questa nuova: il tunnel della Candelora, la grotta di San Sergio e la grotta di San Marco.

    Fig.  1 - Stemma della Città di Massafra

    ai piedi dell’Altare della Chiesa di S. Benedetto. 1770

    Fig.  2 - Planimetria generale settore occidentale

    Fig.  3 - Planimetria generale settore centrale

    Fig.  4 - Planimetria generale settore orientale

    Storia geologica del territorio

    Le rocce affioranti nel territorio di Massafra si distinguono essenzialmente in Calcare di Altamura (Cretaceo), Calcarenite di Gravina (Plio-Pleistocene) e, localmente, Calcarenite di Monte Castiglione (Pleistocene). Altre unità litologiche presenti a Sud nel sottosuolo sono l’Argilla del Bradano ed i Conglomerati, ghiaie e sabbie (Pleistocene). L’origine del Calcare di Altamura risale al Periodo Cretacico (Turoniano-Senoniano) dell’Era Secondaria o Mesozoica, a circa 90 Milioni di anni fa. Il substrato del Calcare di Altamura è il Calcare di Bari, il quale, formatosi per sedimentazione sui magmi basaltici nel Neocomiano-Barremiano superiore (prima parte del periodo Cretacico, 140 Milioni di anni fa) era dapprima emerso dalle acque tropicali del mare nel quale si era formato e poi, non ancora diagenizzato (consolidato e ben indurito), ma ancora tenero e friabile, si era di nuovo immerso per lenta ma continua subsidenza, nelle acque del mare. Sul Calcare di Bari, già eroso dagli agenti atmosferici nella fase di continentalità, per milioni di anni si depositarono i resti organici degli animali marini e delle alghe, i detriti di fanghi, le polveri atmosferiche, i resti di piante e quanto altro poteva capitare nelle acque del Tetide: si formava così il Calcare di Altamura. Tra la fine del Senoniano e l’inizio del Paleocene (Era Terziaria o Cenozoica), questi sedimenti, solo in parte solidificati, emersero lentamente a loro volta dalle acque del mare, venendo a contatto con l’atmosfera. Quasi tutto il massiccio carbonatico apulo fu di nuovo continente come terra emersa fino al Miocene. Fu in questo periodo di continentalità che si formarono i principali rilievi, si modellò il territorio quasi come oggi ci è dato di osservare, con gli alti e bassi strutturali, sotto l’azione degli agenti atmosferici (venti, precipitazioni) e delle immani spinte tettoniche del sottosuolo. Era questo il periodo dell’inizio delle grandi Glaciazioni e della comparsa degli ominidi sulla Terra. A partire dal Miocene (20 Milioni di anni fa) e nel primo Pliocene, parte del territorio emerso fu invasa ancora dalle acque del mare. Dieci Milioni di anni fa (Pliocene iniziale) la Puglia non esisteva ancora come terra emersa: al suo posto c'era mare; da esso cominciavano ad emergere le principali isole italiane (Sicilia, Sardegna, Corsica, isole toscane) e nelle sue acque, granello su granello, cominciarono a depositarsi gli strati che avrebbero poi dato luogo al territorio della Puglia. Nel Pliocene cominciò il sollevamento delle rocce calcaree che, continuando per buona parte del Pleistocene, portò alla formazione della penisola salentina. Sotto l'azione di immense spinte tettoniche, oltre ad aversi il sollevamento e l’emersione del territorio, si originarono anche numerose fratture negli strati di calcare, lungo tutta la regione tarantina. Secondo alcuni studiosi queste fratture nel calcare di base rappresentano l’origine primitiva delle Gravine, che si formeranno molto tempo dopo. Sulle terre immerse, costituite da Calcare di Altamura, già erose nella fase di continentalità (all’incirca le zone attuali a quota inferiore a 250 m sul livello del mare), per tutto il Pliocene (8 Milioni di anni fa) si depositarono nuovi sedimenti i quali, una volta diagenizzati, diedero origine alla Calcarenite di Gravina, che in parte, salvo pochissime zone ancora lacustri, emerse tra la fine del Pliocene ed il Calabriano (2 Milioni di anni fa), rimanendo esposta agli agenti atmosferici, da cui fu erosa superiormente. A cominciare dal Calabriano e fino al Tirreniano, ossia per tutto il Pleistocene o Diluvium, caratterizzato da un raffreddamento del clima (ci furono 4 glaciazioni), si ebbe una serie di cicli di trasgressioni-regressioni, nel corso dei quali nelle zone paludose ricoperte dall’acqua del mare (tutto il territorio a Sud di Massafra e zone isolate a Nord) sulla Calcarenite di Gravina, già erosa nella fase continentale, si depositarono fanghi alluvionali, detriti organici e minerali, formando successivamente le Argille del Bradano o Subappennine e la Calcarenite di Monte Castiglione.

    La vicinanza

    La vicinanza³ è un tipico complesso ipogeo articolato in più unità abitative (case-grotte) realizzate intorno ad una corte comune. Si scavava nel tufo una trincea a cielo aperto a pianta quadrata o rettangolare profonda dai 3 ai 6 metri, sul cui fondo si accedeva attraverso una scalinata risparmiata dallo scavo, di solito sistemata sul lato a Sud, sul modello dei vici romani. Sulle pareti verticali della trincea venivano scavate le grotte

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