I "Promessi Sposi" spiegati ad un *ager.: Planning, Coaching, Complex Systems e altre amenità tra le pagine del Romanzo.
Di Roberto Bera
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Ammetto che questo mio testo sia poca cosa, ma lo ritengo un importante mattoncino per salvare la letteratura da una sua completa cancellazione dall'elenco delle attività umane
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Anteprima del libro
I "Promessi Sposi" spiegati ad un *ager. - Roberto Bera
Presentazione
Sappiamo tutti che il termine manager deriva dal latino manus agere
ma il latino non serve a nulla. In azienda serve l'Inglese. In tale contesto, quindi il termine manager è un termine sessista: implica che chi occupa posizioni apicali in azienda sia man
cioè maschio. Per ovviare al gender gap, useremo il termine più inclusivo di *ager ([ˈpɜːsən-ɪdʒɚ])
Dopo il titolo, presento l'autore: me stesso. Io non sono un letterato: sono un lettore. Se qualcuno si accinge alla lettura di questo mio testo con intenzioni di scoprire chissà che cosa da un punto di vista letterario, sbaglia strada. Io sono un lettore e per giunta anche ignorante, proprio come il pubblico che si attendeva Manzoni. Oltre ai venticinque lettori
che è diventato quasi una circonlocuzione comune nel bagaglio semantico di molte persone per indicare uno scarso pubblico, Manzoni all'inizio del capitolo XXVII scrive:
[...] per un giusto sentimento di noi medesimi, dobbiam supporre che quest'opera non possa esser letta se non da ignoranti,[...]
Quindi, approfitto della mia ignoranza per reputarmi nelle condizioni ideali per una disamina del testo.
Non essendo un letterato, non so quale sia l'approccio del letterato al testo, so però qual è l'approccio del lettore. Il lettore legge a partire da quello che sa. Possiede al suo interno dei codici che gli permettono di avvicinarsi al testo e renderselo in qualche modo comprensibile. Codici grafici: non saprei avvicinare un testo con ideogrammi o caratteri arabi, ebraici, georgiani... codici linguistici: non saprei avvicinare un testo in tedesco in finlandese o altre lingue che ignoro pur con caratteri latini; codici esistenziali: perché vi sono testi che parlano di cose di cui assolutamente non me ne frega niente e come si suol dire, è come entrassero da un orecchio ed uscissero dall'altro. C'è bisogno di un codice interiore che dia un significato al testo, oltre ai significati grafici e linguistici.
Ogni lettore ha il suo codice interpretativo che non è necessariamente quello immaginato dall'autore. Questo codice è generato dalle esperienze, quindi la mia lettura parte dal mio background
culturale. Fatevene una ragione. Ma anche la lettura di un testo è un'esperienza che arricchisce il repertorio dei codici interpretativi del lettore.
Dopo questa premessa, ancora un'altra.
Molti romanzi, soprattutto romanzoni ottocenteschi, hanno una struttura modulare e frattale.
Modulare. Vi sono dei pezzi di romanzo che potrebbero vivere autonomamente. Prendiamo I miserabili
di Victor Hugo. Il capitolo della battaglia di Waterloo potrebbe essere un libro a se stante, indipendente dalle vicende di Jean Valjean. Idem tutta la digressione sulle fogne di Parigi. Nei I promessi sposi
il capitolo XXVIII non cita Renzo Lucia don Abbondio e gli altri personaggi su cui si regge il racconto. Potrebbe essere un saggio a se stante.
Frattale. Esempi tipici di frattali sono i broccoli, che staccando un rametto contengono ancora un alberello e poi focalizzandosi su di un alberello, vediamo che sono composti di ulteriori alberelli, e così via per un certo numero di iterazioni. Il romanzo I miserabili
di Victor Hugo racconta la storia di Jean Valjean, ma per raccontare la sua storia, Hugo racconta la storia del Vescovo di Digne, Myriel, e nel raccontare la storia del vescovo, racconta la storia del deputato caduto in disgrazia ai tempi delle restaurazione... e di storie nelle storie se ne possono fare molti esempi anche nei Promessi Sposi
.
Non solo, ma ci sono storie nelle storie
appena accennate che aprono degli squarci su orizzonti che contengono panorami complessi: nei Miserabili
si accenna che il vescovo di Digne, per stimolare l'alfabetizzazione, indicasse ai suoi fedeli di prendere esempio dai montanari del Queyras che erano disposti a pagare di tasca loro dei maestri ambulanti per essere istruiti nei rudimenti della lettura. Da qui, partono analisi di storici e antropologi sul perché i villici di montagna fossero più svegli
dei villici di pianura. Anche nei Promessi Sposi
vedremo dei brevi flash che aprono argomenti interessanti.
Cosa c'entra tutto questo che ho detto? C'entra per dare un'idea di quale siano i miei codici interpretativi del romanzo che mi accingo a leggere e commentare. Nonostante il titolo che mi piace molto, non userò il romanzo solo come falsariga per un corso di project management. Come ho detto, riverbereranno le mie esperienze: tra queste annovero quarant'anni di lavoro su progetti innovativi, una certificazione ScrumMaster, una certificazione ISIPM-base ® ….
Piccola ulteriore avvertenza: un prerequisito importante è avere, almeno per sommi capi, in mente la trama del romanzo.
Prima dell’introduzione
DOMANDA: Perché Alessandro Manzoni ha scritto I Promessi Sposi
?
RISPOSTA: Perché quel bastardo figlio di buona donna non aveva nient’altro di più urgente e importante da fare nella vita.
Questa risposta, che pare un po’ drastica e scortese, ha la sua discreta percentuale di verità e rilevanza. Esaminiamola.
La vicenda umana di Giulia Beccaria, madre di Alessandro Manzoni, mette in luce i limiti degli illuministi quando si trattava della vita privata ed in particolare dei diritti delle donne: perché farla sposare ad un uomo con ventisei anni più di lei, che per giunta non si piacevano a vicenda, pur di salvare le apparenze? Perché non rispettare la dignità di una madre single, se proprio i Beccaria volevano risparmiare sulla dote da dare ai Verri?
Lasciamo perdere Giulia e vediamo che il figlioletto ereditò il necessario da vivere dal padre legale
. Non solo: Alessandro vide in Carlo Imbonati, il convivente della madre dopo la separazione con Manzoni, una vera figura paterna. Purtroppo Imbonati morì relativamente giovane, lasciando a Giulia una cospicua eredità; Giulia si prodigò a non far mancare nulla al figlio. Quindi Alessandro Manzoni non era costretto dal bisogno a scrivere romanzi pornografici, né articoli colmi di servili encomi verso Napoleone, salvo poi scriverne altri di codardo oltraggio, dopo Waterloo. E non aveva nemmeno bisogno di dare ripetizioni ai ragazzini né altre attività remunerate.
Qui entro in polemica con quel che diceva Mario Calabresi, in un suo intervento tenuto nel teatro Alfieri di Torino, nel 2011. Memoria elefantiaca, dovuta al fatto. che in quel momento mi trovavo in un periodo abbastanza difficile e certi discorsi mi urtavano. Calabresi sosteneva che il problema del declino è che la gente non ha abbastanza fame
. Non è un discorso originale, lo sentivo già fare da giovane. L'ho risentito da chi elogiava la generazione di quelli che erano ragazzi durante la seconda guerra mondiale e poi, avendo fame, hanno fatto la ricostruzione. Bella roba! Hanno lasciato disastri ecologici, infrastrutture che necessitano manutenzione, un debito pubblico pazzesco e molti di loro sono andati in pensione a 55 anni, spesso meno. L'ho risentito di recente da chi riportava il famoso Stay hungry
di Steve Jobs dimenticando lo Stay Foolish
che segue. La logica è che se uno ha fame
allora si impegna di più e la società migliora. Alcuni aggiungono che se uno si impegna di più per la sua
posizione, la somma di egoismi individuali, grazie alla magia della mano invisibile, porta ad un benessere generalizzato. Calabresi non arrivava esplicitamente a tanto, ma faceva altri esempi che mi hanno offeso personalmente e tralascio: